Il presente trattato è in realtà un breve resoconto di una trasmissione radiofonica che ebbe un largo larghissimo seguito per almeno una ventina d'anni nel nostro paese. Una trasmissione capace di assurgere a fenomeno, fino a generare numerosi tentativi di applicazione dei propri meccanismi, per tacere dei tentativi di imitazione (ma la domanda sarebbe: qual è l'originale?). Questo modesto lavoro intende ripercorrere le tappe di un programma di genere trasversale, tra l'intrattenimento e l'informazione, compreso un periodo in cui ha pagato dazio alla fiction. Questo breve excursus parte dall'ipotesi che lo spirito che animava la Hit Parade nella sua funzione originale, vale a dire fare ascoltare canzoni riconosciute come molto popolari, e al tempo stesso fornire un servizio informativo, si sia man mano perduta negli esasperanti meccanismi della programmazione radiofonica legata al mondo della musica cosiddetta "leggera". Etimologia Hit Parade: dall'inglese "hit" = "colpo" nell'accezione di "cosa ben riuscita", quindi "successo", per estensione canzone con un buon successo discografico, e "parade" = "parata" intesa come sfilata, rassegna; dunque, parata di successi, intesi come i dischi più venduti della settimana nel territorio nazionale, in base a una classifica redatta da un istituto demoscopico, da cui il sinonimo italiano di "classifica di dischi". Va da sé che i dischi più venduti siano i dischi più graditi dal pubblico in quel momento.
Genesi La Hit Parade nasce negli Stati Uniti alla metà degli anni '50, dopo alcuni prodromi anteguerra che erano semplici borsini di vendita delle singole case discografiche. Col mercato in pieno boom, insieme al proliferare del rock'n'roll e delle altre tendenze musicali "nere", si era verificato un aumento del potere d'acquisto delle classi medie, soprattutto di età giovanile, a incrementare sempre più il numero degli acquirenti di dischi, nel neonato formato a 45 giri che soppiantava l'obsoleto "78". Parallelamente nasceva il fenomeno radiofonico, legato ai programmi musicali che diffondevano le canzoni di Elvis Presley e compagnia, assumendo il ruolo di veri e propri termometri del gusto e delle tendenze dei teen-ager. Le major discografiche ponevano intanto le basi sulle politiche promozionali che sarebbero diventate poi delle autentiche regole auree, ancora valide in buona parte, per vendere il prodotto - canzone, e per diffondere la merce-cantante. Tra le operazioni promozionali definibili come "indirette", il passaggio radiofonico risultava essere il meno costoso (anzi, ne fruttava le royalties) e il più disinvolto. Alla programmazione spontanea, si collegavano rubriche tese a evidenziare determinate canzoni, sulle quali le radio, pressate o no dalle case di produzione, ne caldeggiavano l'acquisto, tessendone le lodi attraverso la voce dei primi speaker. Per inciso, lo speaker (= colui che parla) andrebbe distinto dal disk jockey, (= lett. giullare del disco) che opera sui giradischi delle discoteche, miscelandone le varie canzoni. Incerta è comunque l'origine del termine, tanto è vero che anche i conduttori radiofonici sono stati così denominati, come se essi stessi, e non i tecnici della consolle, mettessero materialmente le puntine sui solchi. Il punto d'arrivo di queste frequenti rubriche erano appunto le Hit Parade, dette anche "charts" (= tabelle), grazie alla quale i dischi a lungo pubblicizzati ricevevano il giusto riconoscimento del pubblico, e le radio la conseguente gratificazione per l'opera di persuasione condotta sul pubblico. Se si aggiunge che la migliore pubblicità per un disco è saperlo già tra i più venduti, si riconosce la validità della formula-classifica, autentica cartina di tornasole del mercato, utile e per il consumatore e per il produttore. Sulla veridicità delle classifiche, basate su punti vendita presi a campione, e sulla relativa speculazione, si potrebbe parlare a lungo. Ma non è questa la sede adatta. Sta di fatto che, verso la fine degli anni '50 appaiono in Italia i primi rilevamenti di vendita su testate specializzate, alcuni dei quali sorti dalla collaborazione con la statunitense Billboard, la prima rivista a occuparsi anche di classifiche non americane. Numerosi istituti demoscopici si fanno avanti per fornire questo che era inizialmente un servizio informativo. A metà degli anni sessanta la Hit Parade, affidata alla Doxa, mantenendo l'esotico nominativo anglosassone, emette il suo primo vagito in Italia, e lo fa con l'unico canale possibile, la Radio Tv di Stato.
La prima Hit Parade radiofonica italiana La Hit Parade si inserisce in un palinsesto ancora piuttosto variegato, dove i programmi musicali ne costituiscono una piccola parte, esistendo gli specifici canali della filodiffusione. Al programma, diffuso sul secondo canale radiofonico in una fascia pre-pomeridiana, intorno alle 13, viene conferita una giusta aura di intrattenimento. La stessa sigla, destinata a essere collegata al programma stesso, è di natura circense: le attrazioni più ambite sfilano sotto un unico tendone del consenso popolare. Come in ogni circo che si rispetti, ci vuole un conduttore che possa presentare i vari numeri con quell'entusiasmo imparziale che non lasci spazio a preferenze, che sono esclusivo appannaggio del pubblico. Questa è la differenza sostanziale con altre trasmissioni coeve come Alto gradimento della coppia Arbore-Boncompagni, o il neutro Canzoni per tutti, uno dei tanti titoli dei riempitivi del palinsesto diurno. Il 6 gennaio del 1967, venerdì alle ore 13, la Hit Parade vede la luce sotto l'egida di Lelio Luttazzi, già conduttore televisivo di Studio Uno, compositore di diverse canzoni di successo ma solo "per sbarcare il lunario", e appassionato di jazz, quindi in grado di guardare alla musica leggera con quel giusto distacco. Nei primi tre mesi verranno trattati solo i dischi italiani, o meglio cantati in italiano, ma già in aprile la classifica è completa. L'articolo di presentazione del Radiocorriere parla di una classifica di gradimento, più che di vendita (e la firma della Doxa lascerebbe pensare a questo): si ignora il momento in cui il gradimento si sia accostato al numero di copie vendute. Più volte nel corso degli anni, Luttazzi andrà a ricordare quel primo numero 1: Bang Bang, cantata da Dalida. I raccordi tra una canzone e l'altra sono conditi da sapidi monologhi, curati da un certo Sergio Valentini, nei quali Luttazzi tocca argomenti di attualità legati al mondo dello spettacolo, alle cronache rosa, ai personaggi più in voga, spesso al di fuori della classifica; altrimenti ne venivano menzionati soltanto i tratti extra artistici. I dischi vengono annunciati con enfasi, un minimo di due volte, all'inizio e durante la canzone che è spesso sfumata, cioè non arriva alla conclusione per motivi di tempo. La distinzione tra cantanti e gruppi sottolineata dalla professionalità del conduttore è che questi ultimi "eseguono" ciò che i singoli si limitano a cantare. I titoli sono accolti da un ipotetico pubblico che applaude entusiasta, dopo essersi fatto molte risate dalle salaci battute del conduttore, un effetto molto in voga proprio nelle "situation commedy" della televisione americana. Al termine della sigla conclusiva e dell'urlo rimasto celebre "Hiiiit Paraaaade!!!", una voce riepiloga le canzoni ascoltate, citandone titolo e autore, tralasciando l'interprete. Il ruolo istrionico, a tratti clownesco del musicista triestino, conferisce al programma quella parte di fiction che scomparirà con la sua dipartita dalla radio. Questo permette alle canzoni di restare tali e al tempo stesso non tradisce l'intento informativo del programma, che si pone quindi al servizio del consumatore di musica che vuole sapere se il suo disco preferito o il suo beniamino ha o non ha successo, e per quanto tempo riesce a detenerlo. La conduzione inoltre garantisce un'imparzialità d'ascolto che non esclude neanche le canzoni il cui genere fosse poco radiofonico, o in sintonia con una minoranza del pubblico, (oggi detto "target") che però si presentava allora abbastanza eterogeneo. Quindi, se un disco vende, è giusto che lo si mandi in onda: il servizio è garantito. Le poche eccezioni riguarderanno quei dischi sottoposti alla censura della RAI, e per questo banditi dalla pubblica diffusione. Luttazzi non segue l'ordine crescente della classifica, bensì si sposta dalla decima alla quarta posizione seguendo le fila dei suoi discorsi. Tiene altresì conto delle oscillazioni (se un disco è in progressione, in regressione oppure stabile) e dei brani che escono di classifica: inoltre mette in evidenza i dischi che appaiono per la prima volta, denominati con una figura retorica pleonastica che molta fortuna farà nel linguaggio comune, non solo musicale: la "nuova entrata" o "nuovo ingresso" mutuata presumibilmente anche questa dall'inglese "new entry". Il cosiddetto podio, espressione che verrà mutuata dal linguaggio olimpionico negli anni seguenti, costituisce la parte conclusiva della puntata. Fa eccezione quando la canzone che si trovava la settimana precedente al numero uno, ribattezzata canzone regina, scende al secondo posto, altrimenti detto, della "damigella d'onore": in quel caso, il n.2 anticipa il n.3 per creare l'effetto suspense prima di conoscere il nuovo disco più venduto. In questi casi,dal circo ci si trova in un corteo reale, a chiudere il quale ci sono le personalità più prestigiose.
L'altra Hit Parade: i Dischi Caldi La formula della classifica italiana non subisce modifiche, se non la riduzione del numero di dischi da primato, da dieci a otto, in coincidenza con la nascita di un programma satellite di Hit Parade, che vede la luce domenica 7 ottobre 1973 alle ore 12 sul canale Nazionale (qualche anno dopo andrà su Radiodue, di lunedì pomeriggio). L'industria del disco viveva un periodo di un sempre più crescente allargamento del mercato, che traeva giovamento sia dalle popolari manifestazioni canori nostrane, sia dalle sigle dei programmi televisivi, sia dal proliferare dei primi cantautori, sia da un graduale interesse per le proposte musicali estere, equamente divise tra i grandi nomi del pop e le situazioni più frivole, i cui interpreti spesso facevano la parte dei "re per una notte (leggi: stagione)". Erano insomma maturi i tempi per un secondo appuntamento con la hit, in concomitanza con l'ingrandimento del palinsesto musicale. L'occasione veniva data anche alle canzoni che risultavano immediatamente al di sotto dei dischi più venduti: più che una classifica raddoppiata, essa considerava solamente i dischi non ancora entrati nel famigerato olimpo, in predicato di esservene assurti, tralasciando così quelli in fase calante e mantenendo il carattere di vetrina o di anteprima virtuale della classifica "iridata" del venerdì successivo. Ciò non succedeva con tutti i dischi, ma ciò era sufficiente per denominarli "dischi caldi". Questo titolo merita un qualche approfondimento, utile a mio avviso per comprendere il livello e il modo di fruibilità del prodotto musicale. É presumibile anche in questo caso l'origine del termine dalle classifiche americane, molto più ampie, fino a comprendere i primi cento, le quali in prossimità delle prime dieci o venti posizioni, erano soliti denominare la zona calda, in un crescendo emotivo che portava a un interesse maggiore e a una suspense più ricca, fino a svelare quei dischi più venduti, più ascoltati, più consumati, capaci di surriscaldare gli apparecchi e di conseguenza gli stessi dischi. Questa ipotesi di natura meccanica è la più plausibile, se non si vuole considerare l'eventualità di un termine fortemente contraddittorio: una chiave di lettura meteorologica farebbe apparire i dischi in testa come dischi freddi, ma spesso si è accennato alla cima della graduatoria come zona caldissima. Lo stessa discesa nel centro del globo musicale, contrasta con l'ascesa dalle posizioni basse a quelle più alte. Rimane pertanto sconosciuta l'accezione originaria del termine disco caldo, o le modalità della sua diffusione. In Italia, l'uso dei dischi caldi, a cui non corrispondeva né un freddo, né un più caldo riguardo alla Hit Parade ufficiale, offre il destro a una ulteriore possibilità interpretativa del titolo, ben lungi dall'essere una leziosa analisi semantica. In un paese di forte tradizione culinaria, il disco caldo appare come un prodotto appena uscito dal forno che è il mercato discografico, fresco, pronto per l'assaggio, in attesa di essere servito al banchetto solenne della hit, dove col passare delle settimane, viene consumato, indi diventa via via sempre più stantio, fino a uscire di classifica. Più rimane tra i primi posti, e più risulta essere… gradito al palato, per essere poi annoverato alla guisa di un prodotto di alta cucina. In base alla sua lunga conservazione e alla combinazione degli ingredienti, che fanno di un motivo un successo, il disco, il quale essendo a 45 giri ha un'unica porzione, insieme a un involucro non scindibile che è la facciata B, in taluni casi altrettanto commestibile, entra a far parte del menu delle canzoni celebri, la cui permanenza, (leggi: immortalità) dovrà negli anni essere messa alla prova del tempo e delle tendenze. Caldo starebbe pertanto per "fresco". D'altro canto una canzone che facesse il suo ingresso direttamente nei primi posti, "senza passare per i dischi caldi", starebbe a significare una pietanza così appetita dagli spettatori da non necessitare neanche un assaggio.
Questa terminologia dei Dischi Caldi, e per estensione dell'intero
universo della hit conferisce, in definitiva, al 45 giri l'idea di un
prodotto di largo consumo da digerire più o meno in fretta, ma offre il
destro anche a un eventuale contributo alla formazione della memoria
storica della musica e del patrimonio culturale collettivo. La trasmissione Dischi Caldi è curata da un certo Enzo Lamione, e condotta da Giancarlo Guardabassi, un addetto ai lavori più vicino all'ambiente della musica di consumo rispetto allo stesso Luttazzi, presentatore anche televisivo di programmi rivolti alle nuove tendenze musicali. La conduzione si presenta priva degli orpelli più spettacolari della hit tesi a innalzare le canzoni anche al di sopra dei loro effettivi valori. Pur con qualche ricorso alle battute scherzose o agli aneddoti, c'è qui un taglio più giornalistico, senza applausi o enfasi, la quale è riservata solo al disco più caldo, situato intorno alla nona posizione (in una hit da otto posti). Il disco caldo è quello che più verosimilmente si potrà trovare nella hit del venerdì successivo. La stessa declamazione del titolo del programma non è urlata, anzi viene sussurrata con un effetto di eco, (dischi caldi -aldi -aldi- aldi…) quasi come una informazione sottobanco del tipo: "ehi, sono questi i prossimi dischi da primo posto". Analoga alla trasmissione principale, è invece l'abitudine di parlare sulle canzoni, sebbene con uno stile più estroverso, imprevedibile, aldilà della semplice enunciazione del brano. Guardabassi si sbizzarrisce a ripetere "dischi caldi" o queste due parole intervallate da un verso della canzone, badando ad entrare nei frammenti non cantati, proclamando, anch'essi frantumati, titolo e interprete, dando un marchio inequivocabile tale da rendere l'ascoltatore in grado di riconoscere la trasmissione anche durante il passaggio della singola canzone. Le ragioni di questo "sporcare" le canzoni, minandone un ascolto attento, un serpente che si morde la coda, è dettato in parte dalle esigenze delle case discografiche, per evitare la registrazione privata e invogliare all'acquisto, e in parte dal desiderio di emulare la già citata "Alto gradimento", i cui presentatori spesso invertivano la matrice musicale del programma, introducendo le gag di Marenco e Bracardi col sottofondo musicale, e non viceversa. Si può attribuire allo spigliato Guardabassi il titolo di precursore di molti conduttori radiofonici, che negli anni 80 (se ne farà cenno) si propongono come voci amiche di numerosi ascoltatori non solo giovani, mirando scrupolosamente a conciliare la ridondante invadenza tipica dei disc-jockey americani, con la garbata eloquenza dei funzionari d'azienda e la affabile comunicatività degli intrattenitori nostrani. I dischi caldi seguono il destino della Hit Parade: entrambi, concluderanno le trasmissioni, sotto questa veste, alla fine del 1976, alla vigilia della riforma Rai, dell'avvento del colore televisivo che riuscirà a colorare un po' persino la radio, e soprattutto all'alba della radiotelevisione privata che, puntando molto sul pubblico dei teen-ager, modificherà la maniera di diffondere la musica, fino alla rivoluzione stereofonica.
La Hit Parade dopo "Hit Parade" La trattazione della Hit Parade intesa come la trasmissione radiofonica del secondo canale RAI, sarebbe già esaurita, essendo anche irreperibile qualsiasi fonte magnetica presso gli stessi archivi, che della radio conservano solamente i notiziari. Per un approfondimento ulteriore, le uniche fonti certe possono essere gli stessi conduttori sopraccitati, per tacere dei curatori di cui è stato appena possibile rintracciarne i nomi. Tuttavia è doveroso accennare a cosa è stata la hit negli anni a seguire, almeno presso i canali della radio statale e a come l'impostazione della hit di Luttazzi abbia dato origine a numerosi programmi di carattere musicale. Innanzitutto, nel 1977, la stessa televisione mutua lo stile della hit radiofonica, modificandola a proprio uso e consumo. Presso le emittenti private, hanno inizio le trasmissioni di "Superclassifica show", legata alle classifiche pubblicate da "Sorrisi e Canzoni Tv", acerrimo concorrente del Radiocorriere TV. Qui la classifica è presa a pretesto per introdurre ospiti musicali, alcuni invitati appositamente negli studi televisivi, altri presentati con i primissimi video-clip. Con un'analoga impostazione, meno frammentata e più incentrata sull'ospite, aldilà della hit, nascerà sulla RAI "Discoring". Ma questa è un'altra storia. La radio pubblica riprende a diffondere le classifiche propriamente dette nel gennaio 1979, a cura di Massimiliano Fasan, sempre di venerdì intorno all'una di pomeriggio: a fornire i dati non è più la Doxa, ma la LCM Ianus, divenuta in seguito AGB. Sempre più marcata è la matrice anglosassone, a partire dal conduttore italo americano dal nome d'arte Foxy John. La sigla, anch'essa destinata a sopravvivere a lungo, scomoda un altro campo, essendo un conto alla rovescia, in inglese, a tempo di musica, con le parole "emission, we have left out" che stanno a significare la partenza del missile (di per sé un altro evento spettacolare) con dentro i dischi più venduti lanciati in una ideale orbita. Non a caso, la scalata alla vetta è ora in ordine crescente dal decimo al primo. Quanto alla musica di sottofondo, essa passerà da un'anonima colonna sonora ritmata alle note della Washington Post, famosa marcia militare la quale conferirà ulteriore sfarzo alla classifica e nello stesso tempo farà confluire il mondo militare nell'ambito delle manifestazioni rituali, accostandole alle altre già menzionate. Il marchio di fabbrica della RAI garantisce ancora la totalità d'ascolto di tutti i brani, anche se non nella versione integrale. L'appuntamento con i dischi caldi, sempre di lunedì pomeriggio, pur mantenendo il titolo originario, comprende i secondi dieci dischi più venduti, trasmessi dal 20 all'11: quest'ultimo è ancora chiamato "disco caldo", anche se scende dalla classifica soprastante. Al microfono delle hit, nell'arco dei primi cinque o sei anni, si alterneranno le voci più celebri della radio: dai veri e propri intrattenitori del calibro di Francesco Acampora, Anna Pettinelli, Silvio Piccinno, Cinzia Donti, Mario Tagliaferri, Antonella Condorelli, ai professionali funzionari di azienda dai molteplici interessi, tra cui Emilio Levi, Antonella Giampaoli, Barbara Condorelli, Paolo Testa (uno dei lettori ufficiali), fino a comprendere giornalisti come Maurizio Catalani e Tiberio Timperi. Il popolare lettore del TG4 soleva aprire e chiudere le sue trasmissione con un suo slogan tutto suo: "Dal Tiberio nazionale, il saluto allo stivale!". I conduttori si danno il cambio in un periodo che oscilla fra i tre e i quattro mesi, conducendo entrambe le rubriche riguardanti i 45 giri. Diverso invece è l'intrattenitore scelto per la hit dei 33 giri, chiamata guarda caso "Long-playing Hit". É questa la novità sostanziale di questo nuovo corso: un nuovo appuntamento di martedì pomeriggio. Con l'espansione del mercato, la classifica dei dischi è diventata sempre più un'esigenza sia delle case discografiche, sia degli utenti, i quali, quando non sono interessati dei singoli piazzamenti dei loro cantanti preferiti, aspettano i vari appuntamenti così denominati per ascoltarne gli ultimi successi. Il pubblico, agli inizi degli anni 80, comincia ad orientarsi verso il disco di più grande formato, tanto è vero che la classifica relativa nello stesso autunno del 1979 è promossa nella meno angusta fascia del sabato mattina, ore 11, e ampliata da sette a dieci posizioni. Un 33 giri permette l'alternanza del brano da ascoltare dal medesimo disco, nel corso della sua permanenza, spesso più longeva di un 45. É in questa peculiarità che si concentra la riuscita della formula classifica nel corso degli anni, un autentico termine di verifica del modo di concepire il caleidoscopico mondo della hit, nonché specchio fedele dello stile del suo conduttore - giullare, chiamato spesso disk-jockey, ma senza averne l'aria, o forse avendone troppa per una classifica. Fermo restando l'idea della Hit Parade intesa come servizio, migliore servizio è reso da coloro i quali hanno presentato la hit a 33 ruotando l'ascolto delle singole tracce, in modo da fornire un'idea più completa possibile di ciò che un album può contenere, aldilà delle canzoni più famose che ne costituiscono il traino. Viceversa, altri conduttori tendono a trasformare gli album in "45"; si fossilizzano sui cosiddetti "singoli estratti" o spesso sulle cosiddette "titol-track", canzoni che danno il nome al disco. Per ogni disco c'è, in questo caso, al massimo una rotazione di due soli pezzi il che rende monotono anche l'ascolto delle prime tre posizioni, aventi diritto a due ascolti (tre per il numero uno). Questa mancanza comporta una caduta verticale dell'interesse oggettivo di una classifica le cui oscillazioni sono meno frequenti della omologa a 45 giri, e ha come conseguenza dei blocchi di puntate con più o meno le stesse canzoni quasi nello stesso ordine: una tendenza che si fa consuetudine nella metà degli anni 80, quando i conduttori si raddoppiano, allargando lo spazio dedicato alle chiacchiere, e riducendo la parte musicale a parentesi. Solo nell'estate del 1986 e nella successiva, si riscontra una lodevole eccezione. Chi scrive si ricorda di un certo Gerri Romano, speaker dalla parlantina fluida e leggermente ammiccante, autentico specialista della rotazione, in grado di dissertare, con un linguaggio ricco e fantasioso, sui dischi o sui cantanti in classifica introdotti con la giusta attenzione, senza enfasi, ma evidenziando il carattere precipuo del programma, finanche sottolineando alcune canzoni particolari. Tanto per fare un esempio, dall'album di Zucchero Fornaciari "Blue's", nelle prime tre settimane di leadership, sono stati tratti tutti i nove pezzi (tre per ogni settimana). La differenza delle ultime puntate degli anni 80 con la versione alla Luttazzi, non risiede tanto nella componente comunicativa, quanto nella scarsa attenzione all'autentico protagonista del programma, il disco, che genera una spaccatura tra le conversazioni garbate degli intrattenitori, lontane dal chiasso e dai compressori delle altre radio, e la musica, il cui "clock" con le canzoni più richieste, va a somigliare sempre più a quello di un qualsiasi network.
La hit sul secondo canale conclude il suo ciclo nei primi anni degli
anni 90, seguendo il destino della hit a 45, il cui mercato esala
l'ultimo respiro all'inizio del decennio. Gli ultimi successi discografici
di un certo rilievo della fine degli anni 80 detengono infatti record di
permanenza dovuti soprattutto alla scarsa concorrenza. Chi scrive allude
alla versione originale della "Lambada", e all'inno ufficiale dei mondiali
di calcio del 1990, cantato dalla coppia Bennato - Nannini.
Una rubrica di RAI Stereo Due L'8 novembre del 1982 segna l'inizio delle trasmissioni in stereofonia della RAI, che da questa data diffonde, su tre canali, il segnale sulla modulazione di frequenza, restando con il palinsesto tradizionale sulle onde medie. Un passo di estrema importanza per la comunicazione di massa, il cui ricordo genera già nostalgie, essendo stata riunificata la programmazione nel 1994, a danno del palinsesto musicale. All'interno dei singoli contenitori pomeridiano (dalle 15 alle 19,30) e serale (dalle 20 alle 24) Rai Stereo Due, con un numero di conduttori da due a tre, introduce numerose rubriche, tese soprattutto alla promozione delle novità discografiche. Tra queste, la Hit Parade costituisce il punto d'arrivo (se ne è parlato anche nella parte storica del presente lavoro): non a caso la rubrica pomeridiana "I magnifici dieci" è sottotitolata "dischi in caccia, in cerca di Hit Parade", cosa che si verifica quasi sempre. Per inciso, fino al 1986 la classifica dei 45 giri andava in onda nella fascia pomeridiana, e quella degli album nella fascia serale. Dopo, entrambe andavano in onda in ambo le fasce, diluite dal martedì al sabato, rompendo la sacralità del venerdì di… luttazziana memoria. Sul merito che queste rubriche possano prendersi per l'entrata in classifica di un brano, vale il discorso dell'uovo e della gallina. Quante volte infatti vengono segnalate canzoni dal successo assicurato! Viceversa, quelle che per un qualsiasi motivo fanno parte della programmazione di un diverso canale radiofonico, entrando nella hit "con le proprie gambe" ne rischiano l'ostracismo, quanto meno l'indifferenza: è qui che si nota la professionalità del conduttore. I più professionali infatti, finché se ne hanno tracce via etere, rispettano le regole della hit, inserendo in assoluta imparzialità anche brani avulsi dal target, (un esempio per tutti: le canzoni per bambini) rivolto ovviamente alle fasce di teen-ager, salvo accrescerne l'anagrafe negli anni successivi. Il caso più esemplare si verifica con la coppia Levi - Giampaoli, la più longeva della fascia pomeridiana, la quale dedica uno spazio ampio ai dischi più venduti, senza mutilarne l'ascolto come troppo spesso faranno altri colleghi, che mostrano una certa apprensione nel non sottrarre troppo tempo alla scaletta ordinaria. I due presentatori sono soliti anche condire la hit con garbate battute volutamente demenziali, conferendo alla rubrica la parte più goliardica del contenitore, e rinnovando in parte i fasti dell'era Luttazzi. La rotazione della Long-playing Hit è anch'essa garantita, sottolinea alla massima potenzialità la presenza di brani particolarmente significativi, il cui concetto si può riassumere così: "sentite cosa vi facciamo ascoltare oggi da questo disco, e speriamo di farvi cosa gradita". I primi cedimenti sorgono comunque dal modo un po' bislacco di condurre la classifica dei 33 giri e musicassette. (C'era chi specificava anche "musicassette e stereo otto", dimentico che questo formato ridotto è scomparso dal mercato intorno al 1980.) Inserita all'inizio soltanto nella fascia serale, dalle sonorità più ricercate, è affidata a speaker raramente compatibili con lo stile della classifica. Solamente con l'inserimento nella fascia pomeridiana, più popolare, la Long-playing Hit riacquista inizio un po' del suo smalto, come detto, salvo perdersi poi, con altri conduttori, tra i flutti di una programmazione sempre più livellata dallo strapotere dei network. La stessa rotazione dei brani, quando c'è, non è per tutti i dischi, essendocene alcuni con uno o due soli pezzi "radiofonici". Alcuni dischi non sono per niente in sintonia con le sonorità abituali, e si saltano a piè pari. Si assiste così alla rottura della regola aurea della hit parade, ormai costretta alle lettere minuscole, con il solo scheletro della sigla che la accomuna con la Hit Parade degli anni precedenti. Così, se nessuno rimpiange il sabotaggio di Cristina D'Avena, Nino D'Angelo, Squallor, Enrico Musiani, et similia, che di quando in quando potevano capitare tra i più venduti (Pavarotti no, veniva trasmesso, pena la lesa maestà!), si deve prendere atto che il carattere informativo della classifica, intesa come servizio all'utente, è ormai un caro retaggio del passato. Tra le poche eccezioni, giova ricordare la professionalità di un'altra speaker di cui si sono perdute le tracce: Cristiana Niro, conduttrice insieme a Silvio Piccinno di una fascia serale dai contenuto di altissimo livello, quindi della fascia pomeridiana con Luciana Biondi, entrambe molto ferrate in materia e capaci di commentare con cognizione di causa le nuove uscite discografiche. Con la sempre citazione del disco non ascoltato, che non dà allo spettatore neanche la facoltà di scandalizzarsi per certe proposte musicali, si asservisce la hit alla programmazione che la contiene. Non è solo questa selezione arbitraria, legata alle decisioni dello speaker o del curatore del canale stereofonico che ne fa le veci, a uccidere la hit. Nel corso degli anni, si assistono a numerose papere radiofoniche, difusissime soprattutto in quanto la maggior parte del pubblico non se ne avvede, e dunque non rendono necessarie alcuna ammissione di errore o scusa alcuna, che infatti non si verifica mai. Per tacere dei titoli erronei o non annunciati o pronunciati in pessimo inglese, alcuni dischi saltano solo perché il conduttore si è dimenticato il disco; a volte si confonde un pezzo con un altro dello stesso disco, sia qualora se ne annunci un titolo differente, sia quando la classifica è a 45 giri e sul piatto c'è un LP che provoca un errore di solco; a volte da una raccolta di successi, o da una compilation, si estrapola una canzone che non ne fa parte, generando equivoco verso l'ipotetico acquirente; analogamente, di un 45 giri si propone spesso la versione "disco mix", spesso stravolta rispetto all'originale che si va poi a comprare nel negozio; altre volte il disco saltato non è nemmeno citato, oppure si manda in onda la hit della settimana precedente; il foglio da cui si legge la graduatoria porta a una confusione nella casella della posizione precedente, vale a dire che quando un disco è in discesa si dice che è in salita o viceversa; altre volte l'opinione dello speaker è sfacciata (la più frequente suona più o meno come: "finalmente una bella canzone"). L'insofferenza più grande si è avuta quando in classifica regnava la musica prodotta da Claudio Cecchetto, facente capo ai network concorrenti vicini alla Fininvest, in testa Jovanotti prima maniera. Ma anche in altre circostanze, chi scrive ha sentito apprezzamenti del tipo: "L'interesse per questi brani non è grandioso, lo riconosciamo, però ci fa piacere trovare al numero 13...". Come se ci facessero un favore a trasmettere la hit: non a caso la durata era a volte molto ridotta, frettolosa, al contrario della programmazione ordinaria che passava i dischi quasi per intero. La logorrea di certi conduttori riesce anche a rovinare la suspense che ha sempre caratterizzato la scalata al numero uno: si è presi cioè dall'insana abitudine di dire all'inizio quante nuove entrate ci sono, e addirittura se, in vetta, c'è un cambio della guardia (ennesima citazione dall'immaginario spettacolare collettivo!). Si percepisce, all'ascolto, una scarsa simpatia dell'addetto ai lavori verso una rubrica il cui contenuto è guidato, non lo può selezionare lui, e a volte porta alla ribellione dello stesso, il quale con un velato disservizio vuole imporre il suo marchio di fabbrica dell'intera trasmissione anche sullo spazio più neutrale. A parte le polemiche, sulle quali chi scrive si assume le responsabilità, la Hit Parade era comunque destinata a morire, come molte altre trasmissioni che segnano un'epoca, la relativa genesi ed epigone, e scompaiono con l'avvento di nuove tendenze. Le classifiche trasmesse oggi riguardano solo i Compact Disc, formato che ha di fatto modificato il rapporto del consumatore con il prodotto musicale, rendendolo sempre meno simbiotico rispetto a un acquirente di vinile di venti anni prima. Le classifiche trasmesse dalla RAI, che ha unificato nel 1994 le programmazioni AM e FM, contengono in un'ora scarsa ben venti posizioni, e dunque partono già dal presupposto che non tutti i dischi possono essere ascoltati. La selezione selvaggia dello speaker non tiene neanche conto delle nuove entrate o dei dischi in progressione da preferire agli altri in regressione, per tacere della rotazione talmente monotona che, quando si ascolta un nuovo estratto, è segno che è diventato il nuovo brano di punta, spesso il video-clip appena edito. Per riempire gli spazi lasciati vuoti dal palinsesto nel resto della settimana, si è ripiegato ormai sulle hit inglesi e statunitensi. Nel 1994 Piero Chiambretti tenta di resuscitare la prima leggendaria hit, intitolandola proprio al presentatore storico: "la Hit Parade di Lelio Luttazzi ma lui non lo sa". Le doti di fine intrattenitore certo non gli fanno difetto: purtroppo, particolare non trascurabile, le canzoni sono scelte da lui, e dunque non si può parlare più di classifica dei dischi più venduti. Questa operazione amarcord dura lo spazio di una stagione, risultando uno dei pochi insuccessi dell'estroso presentatore torinese.
Conclusione (della Hit) La Hit Parade è ormai storia, è graffiti radiofonici rivivibili con l'ascolto di quei dischi stessi che ne facevano parte, e la ricerca sulle classifiche settimanali dell'epoca (almeno quelle sono messe in archivio!). É la sintesi di un momento del mercato discografico se vogliamo effimero: cosa sono una trentina d'anni di dischi a 45 e 33 giri su vinile nero deteriorabile, di fronte ai cent'anni della storia del microsolco, e ai futuri secoli di vita a cui è destinato il CD o l'eventuale supporto che ne prenderà il posto? La stagione della hit, in compenso, corrisponde a un'epoca della musica leggera (in tutte le sue accezioni rock, pop, discomusic, country e quant'altro ne può derivare) relativa ad alcuni decenni il cui ricordo (altrimenti detto mito) è intramontabile, destinato magari a essere celebrato (e perché no? analizzato) nei secoli futuri come un Rinascimento della musica popolare. Recentemente, è stata riproposta da Mario Pezzolla, speaker di elevata preparazione musicale, una carrellata di questi successi. Il programma "Magic moments" di Radiouno ha ripercorso quarant'anni di 45 giri (e di quei pochi 78 giri), facendo ascoltare, non senza una breve introduzione storico-statistica, i numeri uno più longevi delle classifiche italiane, inglesi, e statunitensi: il tutto in ordine alfabetico, nel pieno rispetto di una neutralità che è diventata merce rara in tutta la radiofonia attuale. Questa è l'unica strada percorribile per riproporre quell'habitat comunicativo nel quale il prodotto discografico può conciliare la sua duplice natura di bene di consumo e di espressione musicale, in certi casi anche di opera d'arte: riproporre la storia della vera Hit Parade. Mario Bonatti  
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