Canzoni Rubate
Vogliamo addentrarci con questa monografia in un terreno spinosissimo, a proposito del quale anche tra i più autorevoli musicologi e compositori esistono posizioni assolutamente antitetiche ed opposte pregiudiziali di fondo. Parliamo del plagio. Ennio Morricone ha recentemente affermato che le combinazioni armoniche e melodiche tra le sette note sono ormai da considerarsi esaurite, e che quindi è inevitabile che si ripetano alcune successioni musicali in diversi brani, senza peraltro che nessuno possa rivendicarne la paternità ab origine, essendo indimostrabile che nessuno prima di lui abbia messo assieme quella frase musicale che, proprio per l'esiguità degli abbinamenti possibili, probabilmente era già apparsa. Dunque, per il grande compositore, di plagio è improprio parlare. Un altro argomento di cui si fanno assai forza i negatori dello scopiazzamento, o quanto meno i paladini della buona fede dei "copioni", è che per essere degli autori originalissimi bisognerebbe nascere completamente sordi, perché ascoltando la musica alla tv, in auto, alla radio, la nostra mente ricorda, anche inconsciamente, le varie successioni melodiche ed è probabile che anche a distanza di anni una particolare frase musicale che andremo a comporre possa contenere reminiscenze di un altro artista in quanto tale ricordo, come un fenomeno carsico, potrebbe essere rimasto a scorrere silente all'interno della nostra mente ed all'improvviso possa zampillare fuori. Eppure, oltre questo partito delle "colombe", esiste anche un esercito di inquisitori pronti a sbugiardarli proponendo esempi difficilmente confutabili di somiglianze clamorose, di assonanze speculari, di ritmi e armonie uguali tra loro in modo imbarazzante e sospetto. Cominciamo dalla fine, ovvero da uno dei casi più recenti di presunto sbirciamento nelle opere altrui. Ricorderete che il cantante Al Bano Carrisi aveva un "contenzioso" in sospeso con il grande Jacko - Michael Jackson - per una questione di plagio di una propria canzone dal titolo I cigni di Balaka, - parole di Willy Molco e musica di Al Bano - prodotta dal cantante nel 1987. L'interprete italiano, infatti, aveva accusato la star internazionale di aver copiato il suo pezzo "clonandolo" nel brano Will you be there inserito nel 1990 dalla pop-star nell'album "Dangerous". I due motivi, pur cercando di rimanere obiettivi nella nostra veste di cronista, presentano fraseggi musicali quanto meno molto simili. Il tribunale ha dato recentemente ragione al Carrisi condannando Michael Jackson ad una multa di quattromilioni di lire più le spese processuali con l'accusa di aver copiato la canzone del pugliese (Jackson dichiarerà bancarotta, visto che solo lo spot della Pepsi Cola gli ha fruttato 67 miliardi...). Al Bano ha fatto sapere di aver sollecitato un risarcimento di 5 miliardi di lire con l'intenzione di devolverlo in beneficenza (...anche se poi sembra che la cifra sarà ben più cospicua...). Molti si sono chiesti se davvero Michael, con tutto il rispetto per il nostro bravo connazionale, avesse davvero bisogno di copiare un pezzo da Al Bano. Eppure, come ha sostenuto il legale di Al Bano, non solo il cantante italiano è conosciuto in tutto il mondo ma i due artisti hanno anche la stessa casa discografica - la WEA . Un motivo dunque in più per ipotizzare che Jackson sia stato a conoscenza del brano originale. Quando Jackson venne in Italia e si presentò in Pretura, si assunse ogni responsabilità e l'intera paternità della canzone, eppure il verdetto del giudice fino a questo grado di giudizio ha rappresentato per Al Bano una graditissima vittoria anche se lui stesso ha dichiarato che spera che questo contenzioso cessi al più presto. Inizialmente aveva espresso l'intenzione di ritirare la denuncia se Michael avesse consentito a citarlo tra gli autori del brano, successivamente ha addirittura proposto a Michael Jackson di seppellire l'ascia di guerra e di effettuare un concerto assieme magari a favore dei bambini del Kosovo. Sembra che Jacko non abbia neppure risposto alle proposte di pace... Eppure, questo è solo l'ultimo di una serie di casi, alcuni clamorosi, altri passati più o meno sotto silenzio, che partono davvero da molto lontano, addirittura dai grandi classici.
TU QUOQUE MOZART... Dall'opera dei compositori di musica classica molto è stato plagiato a man bassa. E anche il grande Mozart non disdegnò di cercare ispirazione in maniera furba. E' recente la scoperta di un suo plagio da un musicista napoletano, oggi pressochè sconosciuto, ma famoso nel Settecento, Pasquale Anfossi. In particolare dal Confutatis maledictis del Requiem emergono analogie molto evidenti con la Sinfonia Veneziana, composta sedici anni prima della celebre opera mozartiana. Lo studioso che ha fatto questa scoperta, un musicista ricercatore dell'Orchestra da camera di Napoli, Enzo Amato, ha affermato che "del resto Mozart era un geniale copione, un genio che assorbiva influenze diverse come una spugna". Ma a parere del critico della Stampa, Sandro Cappelletto, il plagio può essere stato involontario "perché Mozart aveva una prodigiosa memoria, e gli bastava ascoltare una volta un brano per poterlo trascrivere in ogni minimo dettaglio", come dimostrò allorché fanciullo, visitando la Cappella Sistina, trascrisse tutto il Miserere di Allegri appena uscito dal palazzo papale (un brano che dura una quindicina di minuti). Dure accuse sono mosse anche ad un altro grandissimo, Rossini, accusato di saccheggio verso il meno noto J. S. Mayr. Peter Lichtental parla della Sinfonia della Semiramide rossiniana come autentico plagio della Gran Marcia dell'Attila di Mayr appunto (e se si ascolta, a dire il vero...); sempre nella Semiramide ci sono temi tratti dal S. Luigi Gonzaga, difficile confutarne la parentela. Rossini prende temi anche dal Samuele, sempre di Mayr: la marcia greca dell'Ouverture dell'Assedio di Corinto è somigliantissima infatti al secondo Atto del Samuele. E si potrebbe continuare con altri autori altrettanto noti. Ciò significa che può capitare a tutti, anche ai grandissimi, agli eccelsi, un plagio più o meno "involontario"; tuttavia, a qualcun altro che vola un po' più in basso del grande Amadeus o di Rossini, si concede senz'altro minor "beneficio del dubbio" e si può più malignamente guardare come a un bambino sorpreso con le mani nella marmellata. Per esempio, negli anni sessanta, vera età dell'oro per i copioni...
Gli anni '60 Gli anni '60 dicevamo. Anni ruggenti, il boom, i giovani smettono di vestirsi come i padri e scoprono la consapevolezza di loro stessi, di potere e di dover fare qualcosa per cambiare il mondo. La discografia conosce un momento di irripetibile sovrapproduzione, l'Italia è pervasa da ritmi e suoni d'importazione, prodotti oltreoceano o meglio ancora dalla vicina Inghilterra; ma se le sonorità sono quelle giuste, l'inglese suona ancora come un idioma arcano ed incomprensibile per le orecchie dei nostri connazionali. Meglio allora italianizzare i successi stranieri più in voga; nasce così il fenomeno delle "cover", versioni italiane, appunto, dei più famosi successi d'oltralpe. E tante, ma proprio tante hit dell'epoca sono d'origine forestiera, alcune risapute (Senza luce dei Dik Dik = A whiter shide of pale dei Procol Harum; Pregherò di Celentano = Stand by me di Ben E. King; Sognando la California dei Dik Dik = California dreamin' dei Mamas & Papas), altre forse meno (L'ora dell'amore dei Camaleonti = Homburg dei Procol Harum ; Riderà di Little Tony = Fais-la rire di Hervè Vilard; Bang bang dell'Equipe 84 = Bang bang di Cher, proprio lei...). Ma stiamo parlando di cover, ovvero di copie si, ma... autorizzate, e non è proprio questo il tema della nostra monografia. Dobbiamo considerare che la certezza del diritto (discografico) in Italia in quegli anni non era forse garantita come adesso, e l'esiguità dei contatti col pianeta musicale straniero, riservati a pochi specialisti, facevano si che esistessero ben poche possibilità di smascheramento del copione che magari aveva sentito il tal pezzo a Londra piuttosto che ad una notturna trasmissione radio pirata, e lo riproponeva sul mercato italiano spacciandolo per suo. Recentemente i Pooh hanno manifestato il loro disappunto per essere costantemente depredati dei pezzi in America Latina, dove artisti locali usano appropriarsi dei loro brani, li confezionano con un testo spagnolo e fanno quattrini nel loro paese, senza che i bravi Facchinetti e Negrini, dall'Italia, abbiano speranza di veder riconosciuto qualche diritto. Giuste rimostranze, ma è praticamente quello che succedeva da noi negli anni '60 a parti invertite, quando, tanto per dire, i Beach Boys si vedevano sistematicamente scippati delle loro hit che sgorgavano dalle ugole dei nostrani Jaguar con un testo italiano non appena fosse uscito un loro nuovo disco. Esiste un'intervista recente negli archivi RAI in cui gli ormai ingrigiti Jaguar affermano che, in quel periodo, loro e tanti come loro erano praticamente delle "macchine da musica", ricevevano i pezzi dalla casa discografica senza conoscere nemmeno gli autori dei brani da loro eseguiti. Ovviamente non possono negare la specularità di almeno 4 loro maggiori successi (Non ti voglio più, Credimi ti amo, Ritornerò in settembre, Barbara) con altrettanti pezzi dei Beach Boys, di cui nemmeno l'ultimo, la notissima Barbara Ann, si è salvato dalla spudoratezza del plagio. Maurizio Vandelli, ex leader dell'Equipe '84, ha raccontato la storia di un plagio da lui effettuato suo malgrado. Dopo aver scritto la musica di Cominciava così, si sentiva ronzare in testa l'idea che forse quella melodia non gli era proprio nuova; mesi dopo, riascoltando il musical "Hair", trovò nel tema Frank Mills la fonte della sua ispirazione, ma ormai la frittata del plagio involontario era fatta. Del Prete, paroliere del clan di Celentano, racconta che un giorno De Luca, arrangiatore, si presenta con un tema musicale assai carino, sul quale viene composto il testo da lui e da un suo collaboratore. Nasce così Viola, successo dell'Adriano primi anni '70. Peccato che il tema musicale sia identico a I miss you dei Drafters, uscito due anni prima negli USA; ancora oggi lo sbigottito Del Prete non riesce a capacitarsi di come possa averlo spacciato per suo il collega arrangiatore. Quindi, dato il particolare clima degli anni '60, la sovrapproduzione ed il particolare momento socio-culturale, si è proposto di dare il classico colpo di spugna, procedendo ad un'assoluzione di massa dei copioni nostrani, con benevolo decreto salvacopioni. Del resto, oltre alla disinformazione ed alla sconoscenza dell'inglese, anche la normativa vigente allora riduceva sensibilmente la possibilità di vedersi condannati per scopiazzamento. Per far configurare il plagio, appunto, era necessaria venisse riconosciuta l'identità tra due brani per 8 battute. Anche sapendo poco di musica, si arriva a capire che 8 battute rappresentano l'intera esposizione di un tema, praticamente il rifacimento di un brano intero; oggi tale tendenza si è modificata, prestando particolare attenzione agli "attacchi" ed ai "refrain", che sono i momenti salienti di una composizione e che maggiormente la caratterizzano. Qui di seguito vi propongo dei files .mp3, scaricabili, tramite i quali potrete voi stessi effettuare delle comparazioni. Purtroppo (detto da un battistiano doc), provate a confrontare I giardini di marzo (1972) del compianto Lucio con Mister soul di Neil Young uscita qualche anno prima... ma anche Toffee (1985) di Vasco Rossi con Vendo casa (1971) di Mogol - Battisti, o la recente Laura non c'è (1997) di Nek con Più ci penso (1974) di Gianni Bella. Scrivetemi cosa ne pensate, e si continua, ve lo garantisco... Maurizio Targa  
|