( da Musica & Dischi )
Qui sotto la classifica della settimana con le quotazioni di Giancarlo Di Girolamo, uno
dei più noti collezionisti e commercianti italiani di vinile. Il prezzo segnato a margine
dei titoli corrisponde a quello assunto dai dischi in condizioni ottime (non
usati) nelle odierne mostre-mercato.
Nonostante la primavera inoltrata e l'avanzare di nuove canzoni e di
nuovi ritmi (posizione 11 e 12) sembra che la semina invernale della
Cinquetti e di Bobby Solo, i due minorenni di Sanremo alla loro prima
vera uscita ufficiale nel mondo della canzone che conta, stia dando
ancora buoni frutti. Le vendite record dei loro dischi, sebbene
notevolmente calate in questo periodo, li mantengono nelle primissime
posizioni delle classifiche. Il merito del record di quasi tre milioni
di dischi venduti va alla nuove leve Bobby Solo, Gigliola Cinguetti,
Bruno Filippini, Roby Ferrante e alle glorie internazionali come Paul
Anka e Gene Pitney. Falliscono clamorosamente cantanti come Pino
Donaggio, Modugno, Giorgio Gaber, Tony Dallara, Tony Renis, diventati
improvvisamente vecchi. Fino agli anni cinquanta la stragrande
maggioranza del pubblico acquirente era costituito da adulti. Poi, con
l'avvento del rock, degli urlatori e dei cantautori (1958-59), i negozi
venivano assaltati dai ragazzi che si chiudevano nelle salette di
ascolto per poter sentire gli ultimi successi e poi scegliere quello che
preferivano. Le case discografiche speculano sulla caccia alla novità e
al nuovo interprete sfornando a getto continuo cantanti senza neanche
collaudarli, cantanti che poi dureranno qualche mese soltanto. Qualche esempio
del periodo? Roby Castiglione, Eugenia Foligatti, Loris Banana, Lilly
Bonato, Paolo Dani. Chi li ha più sentiti finito il '64? Addirittura la
RCA costituisce un'etichetta appositamente, l'ARC, anagramma della casa
madre, che mette nel simbolo un arco pronto a scagliare una freccia, che
dovrebbe simboleggiare il successo. Sono sei per ora le frecce pronte ad
essere scagliate e faranno, chi più chi meno, centro tutte quante. Roby
Ferrante è il capofila. Una sua canzone è anche stata un grosso successo
per la Pavone, ALLA MIA ETÀ. Poi c'è Dino, scoperta di Teddy Reno, che
esplode subito con la canzone ERAVAMO AMICI, incisa poi anche dai Rokes.
Arriva Oscar, che altri non è che Oscar Prudente, nome vero del
cantante, il quale si riciclerà nel decennio successivo come autore ed
interprete molto quotato, vicino alla sfera protettiva battistiana. La
canzone con la quale si presenta al pubblico è ASCIUGA QUEL VISINO
BAGNATO. Poi Giancarlo Guardabassi, da Perugia, voce molto bella,
impostata. Ha una laurea come avvocato ma preferisce il mondo della
canzone. Quella che ci presenta alla sua prima uscita è DA' RETTA A ME.
Guardabassi diverrà anche un giornalista-presentatore-produttore-autore
molto noto. Poi Luigi Chiocca, scoperto da Nico Fidenco. Compone anche
le sue canzoni sebbene non conosca le note. Canta con voce roca e molto
slancio PENSACI SU DUE VOLTE, scimmiottando un po' Celentano. L'ultima
del gruppo è una carinissima sedicenne bolognese che si chiama Ivana
Borgia e che canta una canzone dal titolo un po' ambiguo, FIOCCA, LA
NEVE FIOCCA. Più che del titolo di una canzone sembra quello di un
fumetto de IL MONTATORE o di LANDO. Un disco ghiacciato per una stagione
che va per il bello. L'ARC è solo all'inizio. La sua vita durerà fino al
1969 contribuendo a scoprire altri grandi talenti di cui parleremo
appena ce ne sarà l'occasione. BOBBY SOLO Tornando ai giovani, passiamo ai trionfatori delle classifiche e di Sanremo, Bobby Solo e Gigliola Cinquetti. Per Bobby Solo, il discorso è differente rispetto alla Cinquetti. Mentre lei suscita tenerezza nelle madri italiane per i suoi sedici anni portati in maniera virginale, Bobby diventa un divo, un ragazzo da imitare sia nella maniera di vestire che in quella di pettinarsi. Sempre bardato con pullover che recano l'immagine dei Peanuts (Charlie Brown, Snoopy etc.) o la testa di Brahms. Ai piedi, nelle foto ufficiali, sempre calzini di lino bianco. Si vede che all'epoca ancora non erano considerati kitsch (ma poi chi l'ha stabilito?). Ha la stoffa del divo, è un ragazzo moderno ma senza esagerare e sicuramente piace molto alle ragazze. Non è un ragazzo yè-yè così come vuole la moda oggi. Ha diciannove anni, una voce con le tonalità calde e i toni bassi alla Elvis Presley e il fisico giusto per diventare un divo già il giorno dopo Sanremo. Si è messo in luce l'estate scorsa a Milano alla "Ribalta per Sanremo" e i suoi due dischi pre sanremesi hanno avuto una discreta accoglienza. I titoli sono ORA CHE SEI GIÀ UNA DONNA e BLU È BLU. Ora si sposta col suo press agent accanto perché la sua casa discografica, La Ricordi, vuole sia presente ad ogni intervista. Il suo vero nome è, come risaputo, Roberto Satti ma in realtà sarebbe dovuto essere Saht se suo padre, triestino di origine slava, dirigente di una compagnia aerea, 18 mila ora di volo alle spalle e trasvolatore atlantico con Italo Balbo, non avesse provveduto ad italianizzarlo. I suoi idoli musicali si chiamano Elvis (naturalmente), Brenda Lee, Eddie Cochran, Billy Fury e Ray Charles. La sua carriera musicale è nata per scherzo o quasi. Nel 1962, a diciassette anni, al circolo ufficiali di Verona si era messo a cantare. Poi qualche mese dopo arriva a Milano alla Ricordi accompagnato da un suo amico e mentre quest'ultimo si stava intrattenendo con Micocci, direttore artistico, Bobby in un angolo si era messo a suonare la chitarra cantando delle canzoni in stile western. Micocci drizza le orecchie e gli fa firmare un contratto quadriennale. Ora sembra una cosa troppo banale, quasi da favola, ma a quel tempo i cantanti si presentavano alle case discografiche a centinaia ogni giorno. Il disco era il vero business (insieme all'edilizia) dell'Italia degli anni sessanta. Si sfornavano centinaia di dischi ogni settimana e un buon 60% aveva probabilità di diventare un successo, anche se per poche settimane. Gioca a fare il duro ma in realtà è un timido e i suoi pochi anni, la poca esperienza escono fuori in determinate occasioni. Alla Ricordi di Piazza Venezia per poco non si faceva prendere da una crisi di pianto. Tutte quelle ragazze che urlano il suo nome con un disco da fare autografare lo spaventano e lo commuovono allo stesso tempo. È già in fase di lancio la nuova canzone che si intitola CREDI A ME, tutta giocata sui toni caldi della precedente, possibilmente cercando di modulare la voce in maniera ancora più suadente. La linea artistica pare calzare a pennello al figurino Bobby Solo. Sul retro LE COSE CHE NON HO con un testo banale (la storia di un povero che, avendo la ragazza che ama, crede di avere tutto). Stona sentire annoverare tra le cose che non ha i soldi. Detto da un pariolino come Bobby. GIGLIOLA CINQUETTI Dal canto suo la vincitrice ufficiale di Sanremo non ha di che lamentarsi. La sua canzone vende molto bene. Si è creato (o gli hanno creato)un personaggio acqua e sapone, melenso, che se all'inizio le farà gioco, col passare degli anni diverrà un etichetta antipatica e quasi indelebile. Il suo modo di cantare, il suo vestire piace alle mamme che la indicano come modello alle proprie figlie ma non piace alle stesse figlie, quelle che acquistano i dischi. Resta il fatto che se devono scegliere tra un disco della Hardy ed uno della cantante di Cerro Veronese, a parità di ritmica, sicuramente acquistano quello della Hardy se non altro per il personaggio particolare che la cantante francese ha saputo costruirsi. Francoise Hardy è la ragazza intellettuale, colta, che si scrive le canzoni da sola. La Cinquetti è quella che si fa accompagnare dal padre in ogni occasione per tenere fede alla sua canzone dichiarante di non avere l'età (per fare nulla). La noia regna sovrana. Nelle interpretazioni si attiene scrupolosamente allo spartito senza improvvisare nulla, una coloritura, un fuoriprogramma di quelli che hanno fatto la fortuna della Pavone. Niente. L'inciso del pezzo che recita "lascia ch'io viva un amore romantico" richiedeva una voce più potente e, a meno che non si sia sordi, lei non la possedeva ancora. Non possiede nemmeno un senso del ritmo particolarmente sviluppato. È lo stereotipo della ragazzetta che va a Messa con i calzini bianchi mentre le altre coetanee la guardano sconsolate indossando collant. Quella che quando arrivano ospiti a casa si siede al piano ammorbando tutti con il Chiaro Di Luna. Quella che ascolta la radio o vede la tv insieme alla mamma mentre sferruzza. Non usa trucco, smalto, nulla che possa abbellire un visino aggraziato solo dalla giovinezza. Una patata lessa ha più sex appeal di lei. La si ascolta distrattamente, non suscita particolari emozioni. I giornali, l'indomani della vittoria, titolano: "Ha vinto l'innocenza". C'è addirittura chi l'appella "la bambina che nessuno ha mai baciato", credendo di creare un soprannome ad effetto, bollandola invece come una sfigata tremenda. Lezioso e stucchevole. Come fa, una ragazza adolescente, con tutte le sue spontanee pulsioni di varia natura a rispecchiarsi in un personaggio simile? Ma questo è quanto fino al momento ci riserva la Cinquetti, che da qui a tre anni, nonostante una massiccia produzione, faticherà ad entrare in hit parade. Ma naturalmente la Rai, profondamente democristiana e religiosissima di allora, accoglie la fanciulla a braccia aperte riuscendo ad infilarla in ogni trasmissione. "Questa è la cantante che ci voleva", avranno pensato. Gigliola è una creatura di Gianni Ravera che la volle a tutti i costi nella competizione di Castrocaro, dedicata alla nuove voci. Vincendo si conquistò il posto assicurato a Sanremo. Comunque non nasce a Castrocaro come artista. Da piccola seguiva tutti i festival e il giorno dopo ripeteva a memoria come una pappagalla tutti i brani, compresi quelli eliminati. E i genitori a dire brava Gigliola. Tanto è vero che il padre la convinse a presentarsi ad un concorso per cantanti a Verona e manco a farlo apposta, vinse. Non oso pensare cosa sarebbe potuto succedere se fosse entrata al Casino di Sanremo, quella sera! Non si può certo dire che difetti nella fortuna, quindi. Dopo Sanremo vince anche l'Eurofestival che si svolge a Copenaghen. Eurofestival movimentato da un ridicolissimo ciccione che sale sul palco per protesta contro Franco e Salazar spaventando la creaturina (Gigliola, naturalmente) che da lì a poco avrebbe dovuto cantare (presto, i sali). Naturalmente la tv non ha ripreso questo inconveniente saltando da una parte e l'altra del palco con la telecamera. Renato Tagliani, il presentatore per l'Italia, rassicurava il pubblico di casa nostra che non era successo niente. Anche perché in un attimo il ciccione è stato fermato dalla polizia danese tanto che neanche in sala il pubblico si era reso conto di cosa volesse quel tizio, attendendo il giorno dopo per leggerlo sui giornali. Come si diceva prima, poche cantanti sono state così apertamente baciate dalla fortuna all'inizio della loro carriera. Ricapitolando, in due mesi due vittorie prestigiose, le porte spalancate della televisione di stato ed ora, appena messo piede a Parigi, vende in Francia ben duecentomila copie di NON HO L'ETÀ. Il celebre chansonnier Maurice Chevalier, ultra settantenne, incide un disco insieme alla petite fille d'Italie (altro soprannome dato all'incolpevole Gigliola dai francesi), che in Francia si intitola LE LECON D'ITALIEN e in italiano verrà tradotta con il titolo L'ITALIANO. Certo è che anche se la sua carriera dovesse finire qui potrebbe considerarsi soddisfatta ugualmente. Magari non ha l'età ma in compenso c'ha un bel... BEATLES I Beatles sbarcano in Italia in termini di prodotto discografico. E l'impatto con le nuove generazioni è tremendo. Un boom incredibile che diventa maniacale quando la Rai mostra le scene della beatlesmania in Usa e in Uk, del favore incondizionato che loro suscitano nei teen agers anglosassoni ed americani. Scatta l'operazione emulazione, tipica degli italiani. Anche se i Beatles per adesso non verranno in Italia i loro dischi si vendono come il pane. Tre loro composizioni del primo periodo si affacciano contemporaneamente tra le prime 15 classificate. Lo stile ye-ye, come poi la moda beat, nasce da loro. Proprio quello yè yè alla fine di SHE LOVES YOU colpisce la fantasia di tutti e fa presa istantanea sulla musica mondiale che comincia quella rivoluzione a cadenza quasi semestrale che la porterà a rinnovarsi periodicamente fino a tutto il 1970. Da questo momento, chi ha buon orecchio, partendo soltanto dagli arrangiamenti o dalle introduzioni dei singoli brani, può capire l'anno preciso di nascita d'una qualsiasi canzone. L'esatto contrario di adesso che, se sei in un centro commerciale e ti capita di ascoltare una canzone degli anni ottanta, nel 90% dei casi la puoi scambiare tranquillamente per una scritta in questi giorni. E non è certo una buona cosa. Lord Alec Douglas Home, primo ministro inglese credette di avere ottenuto la sua prima vera attestazione di simpatia all'aereoporto di Heathrow quando giunse in volo dalla Scozia. Stipati lungo le transenne centinaia di ragazze che recavano cartelli di benvenuto. Il politico, quasi commosso, con un gran sorriso scese dall'aereo credendo che quelle manifestazioni di simpatia spontanea fossero per lui ma, come nel più classico dei cartoni animati, mentre si accingeva a ringraziare la folla per cotanto affetto, le ragazze urlanti si diressero dalla parte opposta lasciando così il ministro allibito e deluso. L'altoparlante aveva appena annunciato il volo da Liverpool con sopra i quattro dell'apocalisse. Forse per far pace con l'establishment politico, i Beatles si fanno ritrarre insieme al leader del partito laburista Harold Wilson a caccia di voti. Il meeting è avvenuto al Variety Club, un locale londinese molto noto che è solito organizzare incontri tra personaggi dell'attualità e della politica. Nello stesso periodo quello che sarà il complesso più importante di tutti i tempi viene tramandato ai posteri sotto forma di statue di cera al museo di Madame Tussaud. Per i paesi di lingua anglosassone loro sono già delle superstar senza pari. L'Inghilterra, la vecchia e paludata Inghilterra, è scossa dal fenomeno Beatles. Le loro canzoni, come si sa, mandano in delirio milioni di ragazzi e nemmeno ai tempi di Presley accadevano cose simili a quelle che accadono ai loro concerti. Con ragazzine impazzite, piangenti, svenute. Non rappresentano un fenomeno soltanto musicale ma un fatto di costume. Il comandante di una nave da guerra ha tenuto consegnati una trentina di giovani marinai che pretendevano il taglio dei capelli alla Beatles. A Londra fece parlare di sé la fila di circa 300 metri davanti ai botteghini per acquistare i biglietti per il concerto al Covent Garden di Maria Callas. Una settimana dopo, la fila per comprare i biglietti per l'esibizione dei Beatles era lunga 1400 metri tanto che un centinaio di ragazze furono ricoverate per principio di congelamento. A Newcastle 23 ragazzine sono state accompagnate dallo psicologo perché dopo aver visto i loro idoli cantare in tv avevano trascorso la serata e la notte a piangere e gridare. A Glasgow un teatro è stato praticamente sbriciolato dopo un concerto dei Beatles tanto che il giorno dopo il SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE venne sospeso a causa delle condizioni in cui era stata ridotta la sala. Questo solo per citare alcuni casi accaduti tra il gennaio e l'aprile del 1964. Parlare dei Beatles in questi termini, dopo circa un anno e mezzo di commenti alle classifiche mi sembra davvero pleonastico. Come lo è ricordare i commenti della stampa dell'epoca e le previsioni sulla loro carriera. Da "ultime parole famose". Occupiamoci invece dell'Italia e delle tre canzoni beatlesiane in classifica da noi. In SHE LOVES YOU c'è l'inconfondibile atmosfera di quei giorni, quella spensieratezza che ben presto lascerà il posto a problemi manageriali, a ripicche e screzi di natura artistica e privata. La canzone è stata scritta nel 1963, in una stanza d'albergo il 26 giugno, registrata il 1 di luglio e stampata il 23 agosto. Il 7 settembre, incredibile ma vero, era già prima nelle classifiche di tutta la Gran Bretagna e resta ancora oggi il disco più venduto in assoluto dei Beatles in Inghilterra. Una canzone gioiosa, scritta per i ragazzi con un linguaggio giovane e comunicativo, direi quotidiano. Il testo non è gran ché. Siamo ben lontani dai Beatles maturi di REVOLVER. Qua si privilegia la gioia e lo stupore di essere diventati, dopo 4 anni di gavetta, il gruppo numero uno al mondo, col quale i loro stessi idoli di sempre (Little Richard e Elvis Presley) fanno a gara fra loro per posare insieme, davanti ai fotografi. PLEASE PLEASE ME, è stata scritta mentre il loro singolo LOVE ME DO si muoveva tentennante in classifica in Inghilterra. Sentivano che questa canzone li avrebbe portati in alto. John scrisse il testo usando la prima frase di un testo di Bing Crosby degli anni trenta. Una ballata per voce solista con toni drammatici alla Roy Orbison. Alla fine della registrazione Gorge Martin disse ai ragazzi: Complimenti! Avete appena finito di registrare la vostra prima numero uno in Hit Parade. L'11 gennaio il disco viene dato alle stampe, il 16 febbraio arriva al primo posto in classifica. TWIST AND SHOUT è stata incisa dopo dodici ore filate di sala di registrazione. George Martin stava cercando una canzone bomba per chiudere il long playing PLEASE PLEASE ME e l'occhio e l'orecchio caddero su questa canzone incisa e scritta dagli Isley Brothers, un gruppo di colore di Cincinnati. John era stanco e senza voce. Si mise in bocca una caramella per schiarirsi la gola ed attaccò con un vigore incredibile questa TWIST AND SHOUT. Facendo finta di avere dvanti un pubblico e non dei tecnici di sala, i 4 Beatles si diedero la carica trasformando una semplice esecuzione da studio di registrazione in performance dal vivo. Il risultato fu sorprendente tanto che tutti i tecnici rimasero stupefatti da cotanta grinta e quel "hey" di Paul alla fine del brano la dice lunga. Era un "hey" di stupore. Più in la, i tecnici presenti in sala dissero che niente di così vitale era mai stato inciso in uno studio di registrazione fino ad allora. E questa canzone divenne il momento clou degli spettacoli dal vivo che i Beatles diedero fino al 1966, quando Paul e John verso la fine della canzone, scuotendo le loro classiche capigliature primo periodo mandavano in delirio le fans. Questi erano i Beatles prima maniera, quando la voglia di divertirsi e di divertire era più forte di ogni altra cosa. Poi si cresce e non sempre una strepitosa crescita artistica corrisponde ad un periodo di eguale splendore dal punto di vista della tranquillità e dell'amicizia. Ma non si può volere tutto dalla vita. Neanche i Beatles sono stati immuni da questa regola. MINA
La cantante più nota, fotografata e chiacchierata d'Italia è
artisticamente e interiormente molto cambiata. Non ha più i capelli con
la frangia sulla fronte ma si è lasciata crescere una lunga chioma tinta
color ebano. Non è più la ragazza aggressiva per troppa timidezza, al
limite dell'isterico, che cantava TINTARELLA DI LUNA o UNA ZEBRA A POIS.
Nel suo modo di posare davanti al fotografo si nota una naturalezza
istintiva, una dolcezza nei lineamenti del viso non più sopra le righe
come un tempo. La maternità, come succede in tutte la mamme, le ha
donato un alone per lei insolito di pacata dolcezza. Un'annata nera,
quella del 1963. La Rai l'allontana dal video perché è diventata una
ragazza madre. Nel 1962 non nasconde il suo legame con Corrado Pani,
uomo sposato, e qualche mese dopo si mostra vistosamente ingrassata a
causa della gravidanza (trenta chili sovrappeso). Lei è felice di tutto
questo e non ci sta ad essere sottoposta a questa specie di tiro al
bersaglio che i media hanno cominciato a fare sulla sua pelle e su
quella del suo bambino di cui rivendica con orgoglio la maternità.
Sarebbe bastata un po' più d'ipocrisia, cospargersi il capo di cenere ed
affrontare una predica da parte del mondo perbenista e forse Mina
avrebbe potuto vivere in maniera meno travagliata l'anno appena
trascorso. Ma questa prova d'orgoglio, un figlio nato da un'unione
"clandestina", non benedetto da un vero matrimonio, un figlio comunque
voluto a tutti i costi, le alienano le simpatie degli stupidi ma
specialmente della Rai-Tv. Mina non vuole vivere come un peccato questo
avvenimento così importante nella sua vita. Perché dovrebbe? Sta di
fatto che senza alcun supporto televisivo e radiofonico non riesce a
primeggiare come sempre tra le nuove leve della canzone, che come ogni
anno si fanno spazio a scapito dei veterani. Due nomi su tutti, Rita
Pavone e Gigliola Cinguetti. Delle due Mina dice di preferire molto di
più Rita, per la sua carica di positività. C'è chi dice che Pani
influisce negativamente sulla sua carriera ma Mina replica che invece le
ha donato quella sicurezza e tranquillità che da anni andava cercando.
Il suo legame con Pani le frutterà un processo per concubinato promosso
dalla moglie legittima di lui, Adriana Monteduro. Che poi si concluse
con una remissione di querela. Il marito si impegnò a versarle una somma
di dieci milioni oltre agli alimenti mensili, sessantamila lire, Con la
speranza di ottenere il consenso per poter procedere all'affiliazione di
Massimiliano. Pani invece vive un momento di delusione artistica. In tv
Jane Eyre, Graziella e Il Caso Mauritius sono andati benissimo. Invece
la compagnia messa su insieme a Volontè, alla Gravina e alla Occhini ha
fatto fiasco in teatro presentando La Buona Moglie, di Goldoni. Nella
stessa sera, per fare un esempio, Albertazzi e il suo Amleto faceva 10
volte tanto d'incassi. Strana cosa per un quartetto che in tv, in
teleromanzi diversi, raccoglieva milioni di spettatori grazie solo alla
presenza dei suoi componenti. Mina rinuncia a Sanremo nonostante che
Carlo Alberto Rossi e Giorgio Calabrese le avessero confezionato una
canzone su misura, E SE DOMANI. Lei ha paura di essere criticata,
scrutata, e decide di non partecipare, anche se a malincuore. Perché un
ritorno a Sanremo, dopo quello disastroso del 1961, nella sua situazione
le avrebbe fatto piacere. Cercare un riscatto su due fronti: quello
pubblico e quello artistico. Invece, nonostante le preghiere dei due
autori, se ne sta a casa e vede la sua canzone, cantata da Gene Pitney e
Fausto Cigliano, eliminata al primo ascolto. Durante una di quelle
riunioni che avrebbero dovuto servire per convincere Mina ad andare a
Sanremo, C.A. Rossi fece una sfuriata alla cantante perché mentre stava
ascoltando per l'ennesima volta il provino del disco, sovrappensiero,
con un temperino giocherellava sul tavolo incidendo il titolo della
canzone. Al che Rossi disse che invece di inciderne il titolo, avrebbe
dovuto incidere il disco. Lei riprende la canzone in seguito e sappiamo
tutti come la trasformerà. PAUL ANKA Dopo OGNI NOTTE e OGNI GIORNO ecco la canzone che avrebbe dovuto vincere a Sanremo, secondo gli addetti ai lavori. Scritta da Roby Ferrante (in coppia con Paul Anka a Sanremo) e arrangiata da Morricone. Paul Anka non riesce a vincere ma a vendere, che poi è quello che ha sempre contato di più. Questa settimana lo troviamo ancora abbarbicato al decimo posto. Sarà forse merito di quei tacchetti spessi sette centimetri che lo fanno sembrare più alto? Alla vigilia del festival si erano sentite dire cose poco simpatiche, come ad esempio che la RCA si fosse data da fare per assicurargli la vittoria finale. Il fatto di essere un cantante sulla cresta dell'onda lo ha avvantaggiato ma è cosa normalissima. Ha affrontato il festival e anche il pubblico italiano, che stavolta si è prestato, senza assumere quell'aria di sufficienza con la quale è solito far fallire tutti gli stranieri partecipanti. Lui si è impegnato, lo si è visto, e il pubblico lo ha premiato. Unico della colonia straniera (a parte Gene Pitney) ad aver imbroccato la via delle classifiche. Di certo OGNI VOLTA è una canzone che si fa ricordare a partire dall'introduzione (poi copiata senza vergogna da Morandi sei anni dopo per CAPRICCIO) voluta da Morricone, all'epoca un grande musicista ed arrangiatore. La sua canzone primaverile si intitola GLI AMICI E TU ed è accoppiata a IL TUO COMPLEANNO, entrambe scritte per lui da Rossi e Migliacci, che non riescono a trovare lo spazio giusto per esplodere, perché schiacciate dal successo di OGNI VOLTA. Paul Anka fa parte di quella schiera di cantanti stranieri che approdano in Italia perché il mercato tira alla grande. Il peso che aveva allora la musica leggera italiana era enorme e tutti si prodigavano per interpretare un brano nella nostra lingua. Gli unici a non farlo furono i Beatles. E quel 1964 fu particolare se a Sanremo scesero in massa cantanti di levatura internazionale non come ospiti d'onore ma come partecipanti. Per Paul Anka quel Sanremo fu in un certo senso una rinascita artistica dato che in Usa non andava più così bene come nei primi tempi. DIANA era già lontana anni luce, un'altra epoca. Il suo nome era stato soppiantato da nuovi idoli. Non aveva l'irruenza del primo Elvis, ma non era neanche un salame tipo Pat Boone. Non si produceva in contorsioni esagerate per arruffianarsi il pubblico ma non era neanche un compassato col bicchiere in mano alla Sinatra. Ma grazie a OGNI VOLTA tutti i suoi successi anche passati vissero in Europa una seconda giovinezza. Solo OGNI VOLTA vendette due milioni di copie. Il merito di questo va innanzitutto alla RCA italiana che nel 1963 lo portò qua in contemporanea o quasi con un altro grande americano in cerca di un rilancio europeo, Neil Sedaka. Che dell'Italia fece una seconda patria. GENE PITNEY Ma c'è anche un altro cantante, facente parte delle pretty face americane che funziona alla grande se canta in lingua italiana. Si chiama Gene Pitney e da quando viene all'attacco delle classifiche nostrane ha già colpito ben 14 volte in quelle degli Stati Uniti. A differenza di Anka e Sedaka è in pieno boom artistico e nonostante la sua faccia da bravo ragazzo della porta accanto, proprio adesso che stanno passando di moda, è un hit maker di proporzioni colossali. Burt Bacharach è uno dei principali responsabili del successo di Pitney, molto del quale è legato a colonne sonore come ad esempio TWENTY FOUR HOURS FROM TULSA e THE MAN WHO SHOT LIBERTY VALANCE. Grazie a questi successi Gene trova una nutrita schiera di acquirenti dei suoi dischi che solitamente ascoltano musica country. Nel 1964 parte per l'Italia e l'Inghilterra e il suo acuto spirito di industriale lo guida all'investimento: prima di partire per l'Europa avvia una società chimica e quattro società finanziarie che gli fanno guadagnare tantissimi soldi. Gene partecipa ai Sanremo degli anni d'oro, quelli cioè del 1964, 1965, 1966 e 1967. Quelli che, oltre a Paul Anka, vedono la partecipazione di artisti come gli Yardbirds, Marianne Faithfull, Petula Clark, Dusty Sprinfield, gli Hollies, Dionne Warwick, Cher. Tanto per fare dei nomi. Da noi incide anche due album in italiano. Nel 1964 GENE ITALIANO e nel 1966 NESSUNO MI PUÒ GIUDICARE, che canta insieme alla Caselli a quello stesso Sanremo. In questo momento è in lizza con due canzoni: QUANDO VEDRAI LA MIA RAGAZZA, presentata a Sanremo in coppia con Little Tony che distanza di parecchie lunghezze nella vendita dei dischi, e RITORNA (accoppiata nel disco a OH CARA). A Sanremo sfodera una voce maschia, cosa che fino ad ora sembrava non avesse, riuscendo a prendere le note più alte senza sforzo e senza andare in falsetto. Quello che può far stupire è la commercialità del personaggio che, nonostante una voce definita da Gorni Kramer come un trapano, riesce a vendere così tanti dischi. Molto lo deve alla sua presenza fisica. Non bellissimo ma di nobile aspetto, come si diceva cento e passa anni fa. RITA PAVONE
Il passaggio di Rita Pavone dai juke boxe alla letteratura avviene in
questi giorni. Esce difatti un libro scritto ad più mani da Michele
Straniero, Sergio Liberovici, Emilio Jona e Giorgio De Maria dal titolo
LE CANZONI DELLA CATTIVA COSCIENZA nel quale i numerosi autori si
affannano ad intraprendere, da bravi intellettuali sinistroidi, un
attacco senza precedenti al malcostume musicale. A "quel museo degli
orrori" che gravita attorno alla canzone. La prefazione la scrive un
altro nome noto, l'ampolloso e presuntuoso Umberto Eco. Cosa c'entra
Rita Pavone? Essendo lei un fulgido esempio di musica adolescenziale del
periodo, non potevano non parlarne. E ne analizzano la parte
psicologica. Dicendo che Rita appare la prima diva della canzone a non
essere nè donna nè bambina. Mentre per Mina e Paul Anka fa leva anche
l'interesse erotico con la Pavone c'è un richiamo ben più sfumato ed
impreciso. In realtà lei, rappresentando una sorta di modello per gli
interessi adolescenziali, diventa anche un punto di riferimento intorno
al quale ruotano i problemi delle nuove leve. In quanto mito incarna i
problemi dei suoi fans, le ansie per un amore non corrisposto (CUORE),
le prime titubanze affettive (NON È FACILE AVERE DICIOTTO ANNI), il
dispetto nei confronti della rivale (DATEMI UN MARTELLO). Proprio in
questo testo dice che il martello lo vuole dare in testa a quella
smorfiosa che tutti quanti fan ballare lasciandomi a guardare (e te
credo!). Poi ci sono le feste nelle quali il ballo non viene vissuto
come svago sociale ma come approccio alla sessualità (IL BALLO DEL
MATTONE). Ora non posso fare esempi con altre canzoni perché il
repertorio della Pavone per adesso si limita ancora a pochi titoli, tra
i più rappresentativi sull'argomento del quale si sta trattando. I
quattro saggi se la prendono anche con gli ascoltatori in quanto spenti
ed anonimi ma soprattutto succubi e complici della corruzione
canzonettistica. Zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz... svegliatemi alla fine del
libro.
Intanto, molto presto Rita Pavone vestirà i panni di Gian Burrasca in tv
per la regia di Lina Wertmuller. Ma anche questa vicenda ha un suo
risvolto. Tutto sembrava pronto per l'allestimento dello sceneggiato
televisivo quando i dirigenti Rai fecero sapere di non vedere di buon
occhio questo mutamento di sesso della Pavone (???) mentre le
registrazioni delle puntate intanto continuavano. Poi Rita dovette
essere ricoverata alla clinica romana Salvator Mundi per un'appendicite
ma nonostante queste assenza gli altri attori registravano gli
interventi nei quali Rita non era presente. A questo inconveniente si
era aggiunto un nuovo supplemento di lavoro. In fase di montaggio la
Wertmuller si accorse che lo sceneggiato non riusciva a mantenere un
ritmo uniforme a causa dei disegni che intermezzavano le puntate con una
voce fuori campo, quella della Pavone. Allora si decise di metterle
all'inizio delle puntate per una sorta di riepilogo delle precedenti.
Mentre Rita continua i suoi scherzi a parenti e amici fittizi, il
fenomeno Rita Pavone sembra sfuggire anche dalle mani a tenaglia del suo
producer Teddy Reno che ha declinato la responsabilità di sceglierle da
solo la canzone per l'estate 1964. Attraverso un sondaggio fatto in
alcune scuole di Roma, Milano, Torino, Bologna, Firenze e Padova si
sceglie TI VORREI PARLARE, scritta dagli stessi autori di ALLA MIA ETÀ,
cioè Robi Ferrante e Carlo Rossi. All'inizio dell'anno passato Rita era
niente più che un curioso fenomeno nato ad ALTA PRESSIONE, trasmissione
anticonvenzionale di Enzo Trapani e prelevata dalla culla dalle manone
di un altro promettente ragazzino della RCA, Gianni Morandi. I due
cantano ANDAVO A CENTO ALL'ORA e LA PARTITA DI PALLONE. Basta quella
partecipazione a farla diventare una stella di prima grandezza. Poi
STUDIO UNO, nel quale sfonda clamorosamente nello stesso ruolo che
l'anno prima era stato di Mina, ora accantonata dalla tv per le
vicissitudini private di cui abbiamo parlato precedentemente. Ed è così
che i campioni del 1962 che erano stati Mina, Celentano e Di Capri,
fanno un passo indietro cedendo le armi a questo metro e cinquanta di
donna. In un anno lancia sei canzoni che diventano veri inni nazionali.
Il 1963 si conclude a Milano, dove tra Natale e Capodanno, in un teatro
di periferia e con prezzi ridotti, con il solo richiamo della sua voce
strapazza le compagnie Gianrico Tedeschi/Delia Scala in MY FAIR LADY e
il traballante Modugno di MASANIELLO. Incassi da record rispetto alle
acclamate compagnie sopraccitate. UN ANNO DI "CIAO AMICI" L'11 aprile al Palazzetto dello Sport di Milano nasce la prima manifestazione italiana per i giovani. Loro non lo sanno ancora, ma quel pomeriggio l'entusiasmo dei ragazzi è enorme, la voglia di aggregazione ancor di più. Le telecamere della televisione li hanno ormai abituati a vedere immagini di manifestazioni di musica leggera e rock d'oltremanica e d'oltre oceano piene zeppe di persone in delirio. In Italia ancora non c'è una cosa del genere. I ragazzi di questo 1964 si distaccano di molto dai loro coetanei di un paio di anni prima. Sarà forse un altro tipo di educazione loro inculcata, sarà qualche retaggio ancestrale per cui divertirsi sconsideratamente può sembrare una cosa blasfema. Sta di fatto che questa nuova generazione di quindici-sedicenni, cresciuti nel boom economico, tutti con la Vespa e con qualche lira in tasca affrontano il mondo con grinta e sicurezza prendendo come loro idoli dei ragazzi come loro, magari forse un po' più grandi di loro. Ragazzi che dimostrano all'Italia intera che con una chitarra e con una canzone giusta si possono fare soldi a palate, molto più che spezzandosi la schiena in quarant'anni di lavoro. Forse è l'inizio della fine, ma non possiamo ancora dirlo. Il 1968 sembra lontano anni luce. Qui il bambinello appena svezzato dai dischi di Rita Pavone si preoccupa solo di "uscire la domenica solo con lei" e "la cosa più importante è di avere una ragazza di sera". Abbandonando questo preambolo che ai più sembrerà noioso andiamo a vedere cosa successe quel fatidico pomeriggio primaverile. Successe che l'allora ancora mensile rivista musicale CIAO AMICI organizza uno spettacolo per festeggiare il primo anno di vita, spettacolo presentato dall'onnipresente Mike Buongiorno. I cantanti sono parecchi. Noti e meno noti ma l'entusiasmo è uguale per tutti. In quel palazzetto dello sport c'è giovinezza allo stato puro, non inquinata come tra poco accadrà dalla politica o da eventi più grandi di quei sedici anni che quasi la totalità degli astanti portano con grande ma leggera spensieratezza. C'è posto solo per l'entusiasmo. Gli spinelli che faranno il loro ingresso trionfale al Piper di Roma nel 1966, qui si chiamano chewing gum e il libretto rosso di Mao sono i poster di Celentano. Il primo complesso è quello di Augusto Righetti. Poi arrivano i gemelli Virginio e Giuseppe, di 17 anni, lanciati da Betty Curtis (che dopo l'avvento delle minorenni è tagliata fuori dal mercato) che si agghindano come i Beatles. Dall'America arriva Bobby Vee che canta DEVIL OR ANGEL, best seller da cinque milioni di copie in Usa. Poi Fabrizio Ferretti che canta FINO ALL'ULTIMO GIORNO DEL MONDO, motivo che ha cantato a Sanremo. Un altro giovane sconosciuto, Fausto Leali si presenta sul palco ma mentre sta cantando un grido si alza dalla folla: Adriano. Celentano viene avvistato dalla gente proprio mentre il povero Fausto sta cantando. Tutta l'attenzione si sposta sul molleggiato che penso sarà stato odiato dal cantante di Nuvolento per parecchio tempo! Quando sale sul palco Adriano Celentano gigioneggia come sempre chiedendo alla folla perché non ride più visto che adesso lui è lì con loro. Spunto per attaccare CIAO RAGAZZI che nella prefazione recita queste parole. Che poi sarebbe la sua nuova canzone, un disco a quattro canzoni che reca anche VOGLIO DORMIRE di Don Backy, CHI CE L'HA CON ME (sempre di Adriano - un twist che potrebbe definirsi tribale) e SONO UN FALLITO (cover italiana di BUSTED di Ray Charles) affidata a Gino Santercole, il suo nipotone, per l'esordio discografico. Celentano era solito far uscire i suoi famosi dischi tris, con tre canzoni: qui ha voluto esagerare, assemblandone quattro. Intanto la Jolly, sua vecchia casa discografica, produce un disco che contiene due canzoni ormai datate: HELLO MARY LOU e UNA NOTTE VICINO AL MARE. Poi Vasso Ovale, Francoise Hardy, Beppe Cardile, Gianni Morandi, Gino Paoli, Piero Focaccia. Una parte dei cantanti citati nella prima parte non arriveranno all'annata successiva, discograficamente parlando, ma quel breve periodo di gloria sarà ricordato da loro come indimenticabile. ADRIANO CELENTANO e LA RAGAZZA DEL CLAN Tornando all'Adriano nazionale, bisogna dire che la sua ultima pensata ha avuto successo. Cosa prevedibile perché preceduta da un'imponente battage pubblicitario. Chi sarà la ragazza del Clan? È la domanda che si pongono tutti in questi giorni. Sarà la moglie Claudia Mori o la ex fidanzata Milena Cantù? O un'altra nuova cantante? In una trasmissione televisiva (ADRIANO CLAN) Adriano presenta la cantante dicendo che per ragioni segretissime è impossibilitato a rivelarne l'identità e la fa cantare da dietro un vetro da cui si intravede una silhouette e si ascolta la voce. Ma ormai pare chiaro a tutti che dietro a questo mistero c'è niente popodimeno (come direbbe Mario Riva) che la sua ex ragazza, ripudiata improvvisamente con l'apparire della bella Claudia. Erano insieme dal 1958, non un giorno. Come mai, improvvisamente, il Clan decide di lanciare proprio ora questa ragazza dato che l'aveva a disposizione da anni? Forse per compensarla di questo abbandono repentino. Ma perché, poi? Coda di paglia? Rimorso? La lancia come cantante sebbene la sua voce sia più sgraziata che altro. Dispiace dirlo, ma è la verità. EH GIÀ è il prosieguo ideale di SABATO TRISTE (al Clan erano abituati a queste furbate, basta pensare a PREGHERÒ e a TU VEDRAI di Ricky Gianco). La parte canora è caratterizzata dal dialogo tra la ragazza e il suo uomo che l'aveva lasciata, che non sa come confessarle di non essere più innamorato di lei. Una storia che Milena Cantù conosce molto bene. E come SABATO TRISTE anche questa canzone è costruita sulle falsa riga dei brani spiritual e gospel di Ray Charles, modernizzato da un accompagnamento ritmico a twist. Sta di fatto che la sua prima canzone diventa un successo con tutti i crismi. Anche l'etichetta del disco è significativa: c'è la figurina nera di una ragazza impossibile da identificare. Una campagna pubblicitaria degna delle maggiori agenzie americane. In queste cose Celentano ci piglia. E nonostante la voce poco adatta al bel canto Milena mostra di saperci fare supplendo alla scarsa tecnica con ritmo ed irruenza. Sul retro è incisa OGNI SERA AL TRAM in cui il coro gioca a botta e risposta con la cantante, un po' alla maniera di PLEASE PLEASE ME dei Beatles. Nel secondo disco la voce della ragazza del Clan non accenna a raffinarsi. Il disco comprende tre canzoni: UN MONDO DI BENE, brano ritmato e ben sottolineato dall'accompagnamento dei Ribelli, gruppo sotto contratto alla Clan, capitanato da Natale Massara, IL TRENO, che segue la moda del surf inteso come ballo e STRANA, canzone curiosa eseguita perlomeno con un po' di stile. A fine anno, quando anche le pietre sanno ormai di chi è quella voce che si nasconde (forse per la vergogna?) dietro l'etichetta di ragazza del Clan, i Ribelli lanceranno un inutile quesito ma divertente: CHI SARÀ LA RAGAZZA DEL CLAN, quella che canta con la voce da rock. Molto carina. Milena Cantù mostrerà poi una spiccata predisposizione per i cantanti sposando nel 1967 Fausto Leali. Purtroppo continuerà ad incidere dischi con il suo nuovo look da "separati alla nascita" alla Cher. Praticamente identiche se non fosse che Cher era molto più bella e credibile con quell'immagine. Tornando al 1964, poteva Celentano far incidere un disco alla sua ex e tenere in disparte sua moglie? Ed ecco un brano che Claudia Mori incide sfoggiando una voce ben calibrata che valorizza la struttura melodica del pezzo, NON GUARDARMI. Sul retro la versione italiana di un brano americano, THE LOCOMOTION, che diventa QUELLO CHE TI DICO. Certo, lei non è una vera cantante visto che il suo mestiere originario è quello di attrice, però ce la mette tutta. Il disco non esce sotto l'etichetta Clan ma sotto quella della Fantasy, consorella della Clan e fondata per essere affidata a Micky Del Prete, fedele paroliere di Adriano. VASSO OVALE Per l'angolo delle meteore, questa è la volta di Vasso Ovale, all'ottavo posto questa settimana in hit parade. Diciottenne, già inserito nelle classifiche di vendita sempre più alla ricerca di nuovi idoli da abbandonare dopo appena una canzone per far posto ad un altro che a sua volta sarà illuso da un successo effimero. Vasso Ovale costituisce con la sua aria timida da bravo ragazzo l'equivalente maschile della Cinguetti. Davanti al microfono sa far fruttare egregiamente gli abili trucchi del mestiere. Timbro non originalissimo ma gradevole. Riesce ad arricchire di trovare ritmiche interessanti un brano sostanzialmente melodico e piatto come PIETÀ. Canzone che comunque sia diventa uno degli hit più importanti del 1964, tanto che la casa discografica Pathè farà passare parecchi mesi prima di immettere un altro singolo sul mercato. Era questo il secondo disco dell'interprete leccese, figlio di Achille Ovale, un musicista che ebbe le sue maggiori fortune discografiche componendo proprio per il figlio. Ovale padre era il titolare di un'orchestra in stile piano bar ma molto rinomata nell'ambiente artistico. Per dare un'idea del livello qualitativo, un gradino sotto un'orchestra in stile Bruno Martino. Vasso esordisce nel 1963 con la versione italiana di SHERRY, canzone di Frankie Valli e i Four Seasons. Ignorato completamente o quasi. Poi, subito dopo, PIETA'. Che comincia a marciare molto bene in classifica alla fine del 1963, anno di edizione. Ora, maggio '64, la Pathè decide di lanciare il nuovo singolo per l'estate dal titolo CON ME VIVRAI L'ESTATE (accoppiato a NON TI CERCO PIU') ma non si ripete il miracolo del secondo singolo. Altri due singoli con la Pathè, altri due buchi nell'acqua e poi deluso cambia scuderia e approda all'Ariston. L'anno è il 1966 ma questa è un'altra storia. Su Vasso è anche circolata una leggenda metropolitana che lo definisce scomparso. Per sua buona sorte invece ci risulta che sia vivo e vegeto. TRINI LOPEZ È l'interprete del celebre brano IF I HAD A HAMMER che in italiano è cantato dalla Pavone col titolo DATEMI UN MARTELLO. Il brano lancia il surf in Italia, quel ballo in cui si sta praticamente fermi muovendo soltanto le braccia e le mani. Avrebbe dovuto partecipare alla trasmissione di Mike Buongiorno, LA FIERA DEL SOGNI, ma sebbene il suo intervento sia stato registrato la tv ha deciso di tagliarlo. Ma Trini, con la sua bella faccia d'atzeco (in realtà è di origine messicana) è in classifica anche da noi con il rifacimento surf di un brano tratto da WEST SIDE STORY dal titolo AMERICA. IF I HAD A HAMMER è una canzone, nella versione originale, integrazionista, che predica la tranquilla convivenza tra bianchi e neri e per questo motivo parecchie stazioni nel sud degli Usa si rifiutano di trasmetterla. Circola anche un'altra versione della canzone ed è quella di Hal Prince che ne offre un'interpretazione molto sensuale e calda. Trini è uno dei cantanti meglio pagati al momento anche perché le sue esibizioni dal vivo con orchestra sudamericaneggiante hanno un grande riscontro presso il pubblico americano. Le incisioni, sempre registrate dal vivo danno modo di rendersi conto della comunicativa dell'artista e della sua maestria nel trascinare gli ascoltatori e il pubblico. Incide per la Reprise, casa discografica di Sinatra che ora lancia anche in Italia il suo LP TRINI LOPEZ AT PJ'S. Un trentatré era un po' la prova del nove di ogni artista. Una quarantina di minuti per dare un idea sufficiente di quello che era il reale valore del cantante. Anche qui Trini Lopez è dal vivo e chi non l'ha mai visto all'opera non può giudicare la sua capacità espressiva e d'intrattenitore. Un po' azzardato fare uscire un 33 del genere dopo solo un paio di 45. Il disco comunque si vende abbastanza se non altro per il nome di richiamo sulla copertina. Christian Calabrese
 
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