
Un periodo abbastanza tranquillo nel mondo. Sempre movimentata però la
vita dei governi italiani che hanno il merito di non fare annoiare mai i
cittadini. Moro ha appena accettato l'incarico di formare un nuovo
governo di centrosinistra presentando la lista dei ministri (23
febbraio). Per la prima volta nella storia italiana un governo si
costituisce con un programma preciso da attuare in un tempo definito che
è quello della legislatura, secondo tappe prestabilite. Si sa quindi
quello che verrà fatto e quello che non verrà fatto. Un governo
destinato a durare fino alla fine della legislatura, secondo alcuni. Ma
che invece durerà ben poco. Il Presidente del Consiglio è Aldo Moro
mentre il Vice Presidente del Consiglio è Pietro Nenni . Altri ministri
tra i più noti sono: agli Esteri Amintore Fanfani, agli Interni Paolo
Emilio Taviani, al Tesoro Emilio Colombo, alla Difesa Roberto
Tremelloni, alle Finanze Luigi Preti. Ai Trasporti e Aviazione Civile
Oscar Luigi Scalfaro, alle Industrie e Commercio Giulio Andreotti , allo
Spettacolo Achille Corona.
Gigliola Cinquetti & Caterina Caselli
Se è vero che le brave ragazze vanno in paradiso non è altrettanto vero
che tutte le altre vadano all'inferno. Anche le meno "osservanti", la
loro porzione di paradiso se la sanno guadagnare. E' il caso di due
diciannovenni, una di Verona, l'altra di Sassuolo. Una è una fanciulla
acqua e sapone, l'altra è una ragazza simil-beat "casereccia e
ruspante". Una ha vinto il Festival di Sanremo, l'altra è arrivata
seconda ma è prima nelle classifiche di vendita. Una si chiama Gigliola
e l'altra Caterina. La prima, che di cognome fa Cinquetti ha appena
vinto il primo premio in coppia con Modugno con
DIO COME TI AMO
e questa settimana si ritrova sesta classificata. L'altra si chiama Caselli ed è
prima in classifica, e staccherà nettamente il suo partner sanremese Gene
Pitney. Ma tornando alla coppia vincitrice, si può senz'altro dire che
si tratti di una coppia vincente. Modugno ha all'attivo, con questa,
quattro vittorie e Gigliola Cinquetti due. Le parole di questa canzone
si intonano, tuttavia, più al suo mondo che a quello del cantautore
pugliese. E' una dichiarazione d'amore più femminile e per giunta
"adolescenziale" per quel suo modo enfatico e poetico di vivere l'amore.
Anche se a ben pensarci, anticipa di qualche anno le tematiche di COME
HAI FATTO, la canzone che fece rinascere artisticamente Modugno dopo
anni di oblio effettivo. La canzone DIO COME TI AMO ha una particolare
atmosfera che fa pensare ad una pagina tratta dal diario di
un'adolescente alle prese col suo primo amore. Dove tutto - dalle
nuvole, al mare, al sole - è partecipe dell'amore che sente sconvolgerle
il cuore. Modugno è leggermente fuori luogo. Ma Gigliola viene comunque
criticata da varie parti. 19 anni e non sentirli, anche se questa volta
si intende il contrario. E' la reginetta delle mamme, delle zie e delle
nonne, cioè di tutti coloro che sono fuori dal mondo reale. Mettiamoci
di mezzo anche i bambini ai quali Ola si è dedicata con una serie di
canzoncine come TESTA DI RAPA e CINQUE SONO LE DITA. In fondo, anche lei
ha diritto di cercarsi un pubblico e, visto che non attecchisce tra i
suoi coetanei, bisogna darsi da fare ed arrabattarsi un po'. Per una che
si fa vedere spesso e volentieri con Maurice Chevalier (che potrebbe
essergli bisnonno) cosa volete? Le canzoni oggi si cantano sempre più
spesso negli stadi e nei velodromi (come il Vigorelli che ha ospitato
una grandissima festa del settimanale CIAO AMICI). La canzone nel 1966
è, come sostengono certi critici, un fatto giovane e provocatorio, un
fenomeno in continua evoluzione paragonabile solo all'entusiasmo che
circonda il mondo del calcio. Lei invece canta solo in "salotto", con un
filo di voce e con la gonna della prima comunione. Va bene che
l'Osservatore Romano, durante il Festival l'ha ricoperta di elogi, ma
l'Italia non è un paese di soli chierichetti. Attraverso la sua
immagine, qualcuno vorrebbe compiere un'opera di moralizzazione che
comunque non può riuscire. Siamo troppo avanti coi tempi. Non si può più
presentarsi in carrozza quando ci si muove coi jet. Da una parte c'è
lei, da un'altra le minigonne, i Beatles, gli Apollo. Insomma, Gigliola
non può lamentarsi se i quindicenni se ne fregano di comprare i suoi
dischi. Perché come detto piacerà ai bambini, alle nonne e alle mamme.
Ma le figlie, non c'è dubbio, preferiscono quella Caterina di cui si
parlava poc'anzi.
Dedichiamoci ora alla seconda diciannovenne, ossia
Caterina Caselli, alla quale Sanremo ha portato notorietà immediata,
anche grazie ad una canzone (scarto del Clan di Celentano) che nasce
come tango e viene trasformata in un ritmo più al passo coi tempi. Il
tanto vilipeso genere beat, che a Sanremo ha avuto la peggio, trionfa,
grazie a Caterina, in tutt'Italia. Quel casco d'oro, creato per lei da
Vergottini, famosissimo parrucchiere milanese, le crea subito un
personaggio. Da semplice "ragazza del Piper" (fu la prima, poi venne
Patty Pravo), nomignolo che non le valse poi a molto se non a vendere
quei pochi dischi, grazie anche alla partecipazione al girone B del
Cantagiro nell'anno precedente con SONO QUI CON VOI (cover di BABY
PLEASE DON'T GO dei Them). Lei diventa la sacerdotessa del beat
all'italiana, un beat ruspante e paesano, la vestale dello yè-yè di
provincia. Perché, comunque la si voglia girare,
NESSUNO MI PUO' GIUDICARE
non può essere definita una vera canzone beat. Assomiglia
molto a FENESTA CA LUCIVE ed è addirittura ricavata da un tango, come
abbiamo già detto prima. Chi ha avuto successo, allora, la canzone o il
personaggio? Cosa racconta la canzone di Caterina? E' una canzone a suo
modo "insurrezionale", che agita una qualunque ribellione e non può non
piacere ai giovani. Perché è la storia di una ragazza che incontra un
secondo uomo e decide di prendersi una vacanza dal primo; poi torna,
chiede scusa ma pretende di non essere giudicata, anche perché è stata
proprio lei a riconoscere l'errore e a chiedere scusa. Lui pretende di
giudicarla ma lei gli nega questo diritto: se le vuol bene davvero non
può farle pesare il suo passato come un ricatto morale. E' anche una
critica all'uomo italiano che è pronto a vantare una conquista, ma a
condannare la partner stessa perché gli ha ceduto. Poi questa canzone,
nel tempo, è diventata un leit motiv dei gay pride italiani (così' come
I WILL SURVIVE per gli americani) che amano la stessa Caterina in toto.
Il suo secondo personaggio, questo del 1966, (il primo era un Robin Hood
dei poveri) è tutto proteso a seguire le nuove mode optical e Courreges,
il sarto francese che avrà il suo apice proprio quell'estate, vestendo
le donne con abiti a righe bianche e nere. Di suo, lei ci mette le
manone, ruotandole una attorno all'altra con scatti improvvisi: "così ho
visto fare a mia nonna intenta a mungere le mucche, così ho fatto io sul
palco". Viva la sincerità, per quella che sembrava una mossa studiata a
tavolino. Cosa ci può essere di veramente "beat" in una dichiarazione
del genere è ancora da capire. Una mossa, una gesticolazione presa da
una nonna e per giunta mungitrice ! Mah... Resta il fatto -
inconfutabile - che la signorina Caselli diventa un piccolo fenomeno di
costume , tanto che l'altra signorina, Rita Pavone, comincia a tremare.
Fino ad allora, nei giradischi dei ragazzini dagli otto ai sedici anni
c'era solo lei. Ora la lotta si fa dura. Trecentomila dischi venduti in
tre settimane, mezzo milione di lire per un'ora di esibizione al Piper
di Roma. Prima dell'exploit sanremese lo stesso palco le aveva offerto
solo trentamila lire e lei, naturalmente, aveva accettato! Un film
realizzato apposta per lei dal titolo (e come poteva essere altrimenti)
NESSUNO MI PUO' GIUDICARE. Caterina amministra l'improvvisa fortuna con
ferma saggezza dichiarando che quello che desidera più di tutto, sono
due mesi di vacanza. Della sua canzone hanno detto e scritto di tutto:
che è la Marsigliese delle ragazze yè-yè (neologismo che sarà presto
dimenticato), la rivolta delle ragazze dai facili costumi. O che
Caterina ha cantato la storia di un qualsiasi ragazzo/a del 1966. Ogni
giorno che passa, la vendita dei dischi si fa sempre più cospicua. Per
tutto febbraio e la prima decade di marzo, il ritmo è di diecimila
dischi al giorno. La CGD stampa solo lei. Celentano e Pitney sono
distanziati di molto e naturalmente non c'è confronto neanche con i
vincitori. Come si diceva prima, le quotazioni degli spettacoli sono
aumentate vertiginosamente: 500 mila lire contro le 30.000 di un mese e
mezzo prima. E questo solo in Italia per uno show di circa un'ora. In
Spagna e in Francia, dove ha già firmato per delle apparizioni in tv e
non solo, se la vogliono, devono offrire di più. Caterina gioca al
rialzo e francamente fa bene. Ha lavorato sodo due anni e non si è mai
risparmiata. Ogni giorno una balera o una festa di piazza. Non era
ancora nessuno ma l'impegno era grande lo stesso. Lavorava da grande
professionista senza esserlo. Poi il boom, tra il 28 e il 29 gennaio.
Sanremo. Con lei, su quel palco, sono apparsi tanti cantanti molto più
bravi ed importanti di lei. Ma è il suo motivo, la sua canzone e la
straordinaria orecchiabilità del pezzo commisto alla grinta
dell'esordiente, del tipo o la va o la spacca, a fare la differenza. I
ragazzi come gli adulti il giorno dopo la finale di Sanremo avevano
nella testa quella frase "nessuno mi può giudicare nemmeno tu". Non
c'erano fiori o ragazzi di periferia o nuvole che vanno verso il mare
che tenessero. Nessuno mi può giudicare nemmeno tu. Difatti davanti ad
un successo del genere è difficile giudicare una ragazza. 1) non aveva
ancora un repertorio da passare in esame 2) c'era in lei una freschezza
ed un aria strapaesana dietro a quell'aria da finta ribelle che faceva
quasi tenerezza. Il suo accento così tipicamente romagnolo così come i
suoi modi sfacciatamente villerecci e contadini, erano in netto
contrasto col personaggio che man mano la sua casa discografica voleva
appiccicarle addosso. Caterina è ancora fisicamente inguardabile:
polpacci da calciatore, gengiva campagnola, modi bruschi da minatore. La
ragazza deve raffinarsi anche perché davanti a lei c'è un futuro
lastricato d'oro. Come potrebbe una contadinotta della bassa diventare
un giorno la signora Sugar? Lo staff che si occupa di lei è già al
lavoro. Prima di tutto, dimagrire. Gli abiti che deve portare, di sarti
famosi, non si addicono alle sue rotondità agresti. Il prototipo di
parrucca a casco deve anch'esso essere rivisto. Così com'è sembra un
fungo che non dona un'aria molto intelligente alla ragazza di Sassuolo.
Certe asprezze comportamentali così come la dizione, devono essere
tenute d'occhio. Insomma, bisogna costruirla pezzo per pezzo, se non si
vuole bruciarla alla prima canzone, anche se c'è chi poi si lamenterà
del fatto che Caterina, in un anno, è diventata un'altra donna e
rimpiange la sua spontaneità di un tempo. Ma la CGD conta molto sul suo
accrescimento artistico. Prima di Sanremo, in scuderia, si ritrovavano
due cantanti come Betty Curtis e Gigliola Cinquetti sulla quale c'erano
parecchi dubbi. La prima stava ormai passando di moda: reduce dal
periodo degli urlatori non entusiasmava più il pubblico. La sua voce
limpida e cristallina non si discuteva ma il mercato esigeva cose
diverse. Oggi, avere una bella voce può non bastare. Quanti se ne
accorgeranno! L'altra, partita con il piede giusto, è ingabbiata in un
personaggio difficile da modificare, quella della brava ragazza. Troppo
brava per piacere ai ragazzi. Sembra il ritratto vivente di una di
quelle fanciulle di provincia che portano i calzini fino alle ginocchia
e passano il loro tempo libero all'oratorio. Cosa per nulla disdicevole
ma, si sa, i giovani hanno bisogno di altre emozioni. Quindi, scoperta
la gallina dalle uova d'oro, la cosa da fare assolutamente è dirigere
tutte le forze su di lei. Ivo Callegari è il suo factotum-cugino. Ha
sempre creduto in lei. La storia è pressappoco questa: nasce in una
famiglia agiata ma la guerra fa volgere al declino le sue fortune.
Caterina non era ancora nata e si ritrova già con un padre che da
possidente finisce a lavorare in un salumicio di Sassuolo. A 13 anni il
genitore muore. Finita la scuola (le medie) trova un lavoro come
segretaria in una piccola ditta di confezioni per bambini e la sera va
da un'amica che studia computisteria a prendere delle lezioni. E' il
periodo dei mille festival paesani: ogni frazione ha un Ravera locale
che si è messo in testa di scoprire nuovi talenti. Ivo Callegari è uno
di questi. Caterina si presenta cantando TINTARELLA DI LUNA ma lui gli
fa capire che "non è cosa". Ma non si perde d'animo ed ogni giorno, per
due ore, comincia ad esercitarsi con dei vocalizzi. A quattordici anni
si presenta al teatrino parrocchiale dell'Istituto Don Bosco di
Sassuolo. Canta e davanti al suo paese (cinquecento anime in quella
sala) ottiene successo, forse più per simpatia che per altro. Un ragazzo
che aveva vinto una borsetta alla lotteria, per dimostrarle che aveva
fatto bene, gliela regala. Nel frattempo, nel piccolo complessino di
Callegari, uno dei ragazzi che ne facevano parte, deve andare a fare il
militare e rimane il posto vacante. Lo occupa Caterina che non lo
lascerà più. E cominciano tre anni di andirivieni per le balere di tutta
l'Emilia. Raggiungono le destinazioni come possono: in bicicletta, sui
carri da fieno, sul camioncino del latte. I loro manifesti sono delle
foto fatte stampare da un amico che fa il tipografo, così, alla buona,
come dal resto tutto quello che gira intorno al loro mondo. Poi c'è
Castrocaro 1964: arriva in finale ma non a Sanremo. Tuttavia
l'organizzatore, Gianni Ravera, non la perde di vista e la propone alla
CGD. Nella primavera del 1965, il clan di Caterina si trasferisce a
Roma. Nella capitale è appena nato un locale che molto presto diventerà
un luogo di culto in tutto l'emisfero mondiale, il Piper. Caterina e il
suo gruppo si esibisce per venti giorni ottenendo un successo clamoroso
e lei diventa la prima ragazza del Piper, prima ancora di Patty Pravo.
Dopo il Piper il complesso passa al Caprice, altro tipo di locale, molto
più raffinato, vicino a Via Veneto. Da Milano si sentono come possono
sentirsi dei giocatori professionisti quando hanno nelle mani un poker
d'assi. La mandano al Cantagiro ma sia la canzone che il "costume" non
piacciono e i propositi di gloria finiscono ben presto. Certo, le cose
sono cambiate: ora si viaggia in auto, in treno e in aereo ma, fuori dei
locali, Caterina resta ancora un'emerita sconosciuta. Non ha un pezzo
giusto per lei e quando glielo trovano è molto lontano da ciò che
vorrebbe interpretare: un tango. Si decide allora di cambiargli il ritmo
e di farne una canzone al passo coi tempi. Il resto è noto. Ora il
problema è trovarle una canzone che regga il passo con NESSUNO MI PUO'
GIUDICARE. Non è facile, ma quando la ruota gira per il verso giusto non
la fermi neanche prendendola a fucilate: non un pezzo, ma addirittura
due. Due lati A in un solo 45 giri. Questa è la proposta della Caselli
per l'estate '66. Ma di questo parleremo in un'altra occasione.
Domenico Modugno
Domenico Modugno è anch'egli il vincitore di Sanremo ma questa volta è la
Cinguetti che ha trainato il vecchio leone e non il contrario come si
poteva presupporre soltanto qualche anno fa. Il Mimmo nazionale vuole
tornare ad essere uno dei numeri uno della musica leggera ma non è
impresa facile. Dopo il periodo d'oro (dal 1957 al 1962) il suo successo
ha cominciato a scemare pian piano per varie ragioni: canzoni poco
indovinate, lunghe e frequenti lontananze dall'Italia a causa di
numerose tournèe estere e le frequentazioni teatrali. Il grosso
pubblico, la gente semplice, è difficile che frequenti teatri, specie in
provincia. Quel pubblico si è sentito in qualche maniera abbandonato, e
lo accusa di aver lasciato la canzone commerciale per un genere più
raffinato (anche se non era vero). Diciamo però che la vena di Modugno
stava andando ad esaurirsi. I gusti del pubblico nel frattempo erano
radicalmente cambiati. L'avvento dei Beatles e della musica beat non
potevano considerarsi semplicemente una moda. Nuovi personaggi avevano
soppiantato i vecchi e così , da un momento all'altro, gli idoli di ieri
(Tony Dallara, Joe Sentieri, Betty Curtis, Umberto Bindi) avevano
lasciato il posto ad un esercito di minorenni agguerritissimi (Dino,
Gianni Morandi, Caterina Caselli, Equipe 84, Rokes). Sopravvivevano e
bene Mina e Celentano solo perché già cinque anni prima erano molto più
moderni degli altri cantanti. Comunque, come abbiamo detto tante volte,
il 1966 è l'anno in cui la musica cambierà radicalmente. Tornando a
Modugno, ecco per lui un'estate di grande lavoro televisivo nel corso
della quale ha girato Scaramouche, sceneggiato che era in onda fino a
poche settimane avanti e che ha raccolto strepitosi consensi (anche
perché il soggetto era tale da esaltare le doti mimiche ed istrioniche
del nostro). Modugno si è visto accettare
DIO COME TI AMO
dalla commissione esaminatrice. Gioco forza perché Ravera, non potendo
limitarsi a scegliere tra i campioni di vendita della discografia si è
orientato su personaggi che, indipendentemente dalle vendite dei dischi,
fanno sempre un certo effetto sul pubblico. Cantanti che comunque sanno
creare un trait d'union con la platea. Restava da vedere fino a che
punto la lontananza dal pubblico - soprattutto giovanile - abbia nociuto
al cantante di Polignano. La voce è rimasta quella calda ed appassionata
di sempre e la sua tecnica di compositore non sembra aver fatto passi
indietro, così legato com'è alla melodia italiana. Certo, non è più un
personaggio di rottura come al tempo di NEL BLU DIPINTO DI BLU, ma è pur
sempre Domenico Modugno. E come tutti i campioni di razza, quando si
mette d'impegno riesce anche a vincere. Ma una rondine non fa primavera.
La vittoria al Festival di Sanremo non gli porta molta fortuna. I
riscontri nelle vendite sono bassi e comunque non tantissime copie
vendute della canzone vincitrice vedono in netto vantaggio la cantante
di Cerro Veronese. Per rivedere il "vero" Modugno dobbiamo aspettare
ancora tre anni e mezzo.
Adriano Celentano
Una strada di periferia di Milano,
un ragazzo che se ne va per cercare fortuna nel cuore della city che
torna dopo otto anni (neanche fosse stato in capo al mondo!) e trova
tutto cambiato.
IL RAGAZZO DELLA VIA GLUCK
non è solo la metafora della
vita di Adriano Celentano, ma un simbolo. E' colui che ha lasciato il
paese natio in cerca di nuove mete ed un giorno, quando è riuscito nel
suo intento, si accorge di non essere davvero felice perché la parte
migliore di sé è rimasta laggiù, dove magari non c'era la possibilità di
lavarsi in casa, nonostante ci fosse un mondo amico e conosciuto. E' una
canzone furba, che strizza l'occhio all'attualità (il mostro edilizio
contro il verde che comincia a scarseggiare). Una canzone comunque molto
sentita da Celentano, che rinuncia a fare cose strambe in palcoscenico
assumendo una posizione da vero professionista . Cosa che non impedisce
una clamorosa bocciatura ed eliminazione dalla competizione. Adriano
veniva da una serie di canzoni a sfondo pseudo religioso e non manca di
inserire una canzone della stessa tematica sul lato B del disco
sanremese, CHI ERA LUI. C'è comunque il bisogno di rinnovarsi: come
abbiamo scritto molte volte in queste pagine, un anno dell'epoca, in
ambito musicale e del costume, equivaleva a dieci anni dei nostri (e
forse di più). Le mode si avvicendavano velocissimamente dopo essere
state sfruttate fino all'osso. Non si poteva più prescindere dalla
musica che proveniva dall'Inghilterra e dall'America e anche i cantanti
italiani ne erano consapevoli. Essendo strano un Celentano
beatleseggiante, lui opta per la ballata in stile americano. Ma ancora
non era convinto del tutto. IL RAGAZZO DELLA VIA GLUCK l'aveva presa,
poi scartata, poi ripresa, poi data a Teo Teocoli, poi gliel'aveva
ripresa e decidendo di far il grande passo, presentarla a Sanremo dove
mancava dal 1961. Cinque anni ma, per la teoria di cui si accennava
prima, quasi un quarto di secolo. Nel 1961 c'erano i mari nei cassetti,
i mandolini, le Caroline, le patatine. Sembrava fossero passati decenni!
Dov'erano finiti i cantanti di quel 1961? Dov'erano i Rocco Granata, i
Tony Dallara, i Sergio Bruni, Arturo Testa e la Torielli? Celentano,
Milva, Pino Donaggio, Claudio Villa , Edoardo Vianello e Giorgio Gaber
erano i pochi sopravvissuti di quel "lontanissimo" festival. Bando agli
indugi, deve aver pensato Adriano: sono sempre un grande della musica
italiana e quindi mi seguiranno. Ma non andò così: la canzone, come
detto prima, fu bocciata. Ma si prese quella sonora rivincita che
conosciamo ormai da quarant'anni.
Sanremo 1966
Cessati i saturnali della tre giorni Sanremese
proviamo a fare un bilancio. Doveva essere un Festival moderno, zeppo di
musica ed invece è stata una rassegna sotto l'egida della tradizione. I
complessi invitati al Festival non hanno avuto l'occasione di farsi
apprezzare veramente a causa di un impianto audio scadente. Era stato
chiesto di non agitarsi e vietato l'uso di amplificatori, strumenti
indispensabili per un certo tipo di musica. Cosicché L'Equipe 84, gli
Yardbirds, i Renegades, I Ribelli (quest'ultimi avevano fatto una
versione di A LA BUENA DE DIOS bellissima, precorrendo i tempi) cadevano
sul campo come soldati feriti a vantaggio dei melodici e dei cantanti
singoli. Il 1966 non era ancora pronto al contatto tra smoking e
pellicce e complessi che facevano una musica così distante dal genere
che giustamente i signori in platea avrebbero voluto sentire, e questi
non erano ben predisposti. Beat e melodia non collimano. E' solo
questione di mesi, comunque. Perché i personaggi esclusi erano
rappresentanti di un mondo che faceva sentire il suo peso nelle vendite
dei dischi ed era un peso non indifferente. Rappresentanti di un genere
che comunque - piaccia o non piaccia - era quello che mandava avanti la
baracca discografica, già col fiato corto dopo il boom degli anni
1960-1965. In ogni manifestazione che abbia un impronta di ufficialità,
i cantanti che realmente piacciono al pubblico acquirente dei dischi
sono regolarmente estromessi. Non si capisce quindi perché dovrebbero
fare la parte di agnelli sacrificali a favore dei vari Villa e Milva o
dello stesso Modugno. Tanto ormai è un fatto indiscutibile che il
mercato discografico è di totale predominio loro e di quel genere che
sistematicamente viene fatto fuori da ogni competizione e sbeffeggiato
come fosse solo una moda passeggera.
In questa edizione del festival ci
sono state scene abbastanza curiose, come ad esempio, la gazzarra
inscenata da alcuni del Clan Celentano dopo la bocciatura del boss. O la
sconcertante esibizione di Peppino Gagliardi alle prese con SE TU NON
FOSSI QUI, che ha cantato tenendo in mano un rosario. Al termine
dell'esibizione, dietro le quinte, sviene. Buongiorno, il presentatore,
non nasconde il suo disappunto ed in diretta dice di "non aver mai visto
una cosa simile". Ma l'episodio più ridicolo del festival è stata la
decisione presa a tavolino da parte di una certa stampa, atta a demolire
i complessi intervenuti alla gara. Un ostracismo e un astio palese anche
nei confronti di un grande complesso inglese, gli Yardbirds, subito
rinominati "gallinacci" da Mike Buongiorno che traduce malissimo il loro
nome per il gusto di ridicolizzarli. Sono colpevoli di portare i capelli
un po' più lunghi di come li portano gli altri cantanti. Hanno al loro
attivo il best seller mondiale
FOR YOUR LOVE,
ma questo non importa
assolutamente a chi intende punirli in base alla lunghezza dei capelli.
L'Equipe 84, i Ribelli ed i Renegades sono buttati fuori tra la gioia
ingiustificata della stampa. Addirittura viene sparsa la voce che Kim
Brown dei Renegades, sia in realtà una "signorina" travestita. Avranno
la loro rivincita al Piper Club di Roma dove lanceranno la nota
CADILLAC, loro successo estivo. Mentre si attende il verdetto della
giuria si diffonde la notizia dei sette nuotatori italiani, tra i
migliori primatisti europei, morti in un disastro aereo in quel di
Brema. Ma il festival va avanti e il re delle gaffe, Buongiorno, non
rinuncia ai suoi proverbiali (ed in questo caso inopportuni) "allegria".
Per la prima volta i russi possono vedere il festival di Sanremo. Ma
dalla trasmissione vengono "oscurati" i complessi perché "attentatori
alla dignità morale" ed al posto della loro esibizione viene fatto
ascoltare l'inno sovietico. Mentre i giovani moscoviti si chiedono
perché la loro beniamina italiana, Rita Pavone, non sia stata
"precettata" per l'evento, fa la sua timida apparizione in un bar di
Mosca un juke box della fine degli anni '40. E' di fabbricazione
cecoslovacca e la selezione è leggermente fuori tempo: valzer, tango e
il "modernissimo" cha cha cha. Comunque, meglio un valzer che il gulag.
Mina
Ci voleva Mina per far diventare un successo due canzoni tratte dal
festival, riunite in un unico 45 giri: UNA CASA IN CIMA AL MONDO e SE TU
NON FOSSI QUI. La prima è una canzone interessante, ma stranamente
incompiuta nella versione di Donaggio (per non parlare della
versione di Claudio Villa).
Con l'ausilio della voce di Mina, rivela tutta la sua
musicalità, si arricchisce e si svela nella sua completezza al pubblico.
L'altra
(SE TU NON FOSSI QUI)
stava vendendo bene anche nella versione di
Gagliardi (quella di Pat Boone è già in classifica come retro di MAI MAI
MAI VALENTINA), ma l'esecuzione di Mina le taglia le gambe, come era
prevedibile. Delle due canzoni, la più elegante e raffinata è quella
scritta da Carlo Alberto Rossi (musica) e da Marisa Terzi (parole),
ossia SE TU NON FOSSI QUI. Certo, le si può imputare di ricalcare
sfacciatamente E SE DOMANI (il dubbio dell'abbandono e la paura della
solitudine aleggia dall'inizio alla fine) ma Carlo Alberto Rossi è fatto
così. Trovata una formula, la ripete fino all'esaurimento. La canzone
vive anche di una bellezza propria: che si rifaccia ad un'altra canzone
non sminuisce il suo valore. Peppino Gagliardi la canta magnificamente
ma il suo aspetto fisico (così come quello di Nicola Di Bari che
presentava LEI MI ASPETTA) non viene premiato. Per i due verranno altri
anni e altri momenti nei quali dire la loro. Pat Boone (che presenta
anche MAI MAI MAI VALENTINA) piace abbastanza ma soprattutto alle nonne.
Non ha per niente un' immagine moderna e il suo appeal verso il pubblico
italiano è decisamente in calo. Il fatto che Mina riprenda ogni anno un
paio di canzoni sanremesi diventa l'incubo dei cantanti i quali sperano
che non tocchi alla loro. Successe così per E SE DOMANI, per CANTA
RAGAZZINA, per LA VOCE DEL SILENZIO. Un buco nell'acqua con MA CHE
FREDDO FA e da allora non riprese più sui 45 giri brani della
manifestazione.
I giornali argentini dedicano titoli a quattro colonne
all'incidente avvenuto all'auditorium di Radio Mar Della Plata dove
duemila persone hanno devastato l'interno delle sale della stazione
radio nel tentativo di aggredire Mina. Dopo aver aspettato per otto ore
la popolare cantante, hanno perso la pazienza quando hanno saputo che
Mina non avrebbe cantato perché non c'era l'orchestra che eventualmente
l'avrebbe dovuta accompagnare. Lei non aveva preparato nulla visto che i
dirigenti della radio le avevano parlato solo di un'intervista
intervallata da canzoni su disco. Capito l'equivoco, i dirigenti hanno
pregato Mina di andare in playback mentre lei mimava le parole. Ma il
pubblico, capito l'inganno, ha cominciato a far volare in aria poltrone
e sedie mandando in frantumi vetri, mobili e microfoni. Solo
l'intervento della polizia ha ristabilito l'ordine. Intanto Mina era
attesa all'hotel Hermitage da un ristretto pubblico (un migliaio di
persone) che aveva pagato un prezzo di biglietto molto alto per
assistere al suo show. Mina non ha deluso i fan cantando per circa
novanta minuti interrotta solamente da applausi.
Simon & Garfunkel
E passiamo alle
classifiche americane. Primo posto assoluto per il duo Simon & Garfunkel
in gennaio, resistono nelle prime posizioni anche a fine febbraio. La
canzone è
THE SOUND OF SILENCE.
Nessuno fu più sorpreso del duo quando
il brano scalò la classifica fino ad arrivare alla prima posizione
assoluta in Usa. Paul Simon scrisse il pezzo nel 1963, due anni prima
della sua apparizione su disco (WEDNESDAY MORNING, 3 A.M). Il 33 giri
non ebbe il successo sperato, troppo caratterizzato per l'epoca con
suoni tipici da coffee shop stile Greenwich Village. A Boston una radio
locale manda spesso una delle canzoni incluse nel disco, THE SOUND OF
SILENCE. Le reazioni sono positive e la Columbia decide di farne un
singolo ma differenziandolo dalla prima uscita rifacendo la parte
musicale, meno folk e più elettrificata (la chitarra all'inizio). Quando
la canzone fu completa, Tom Wilson, il produttore, chiese ai musicisti
di registrare un'altra traccia con le chitarre elettriche, il basso e la
batteria. La canzone era pronta per diventare un singolo di successo. Si
accaparrò subito il primo posto ma dovette abdicare a favore dei Beatles
e della loro WE CAN WORK IT OUT. La settimana successiva (quella del 22
gennaio), THE SOUND OF SILENCE tornò in vetta di nuovo ma i Beatles
erano ossi duri anche perché il retro di WE CAN WORK IT OUT era
anch'esso un brano da lato A (come d'altronde tutti i 45 giri dei fab
four): DAY TRIPPER . Non c'era storia. La canzone in Italia non ebbe
molto successo nel 1966. La incisero anche Mike Lidell & Gli Atomi,
versione che vendette più dell'originale. Per la consacrazione bisogna
aspettare fino al 1968, quando grazie alla colonna sonora de IL
LAUREATO, il duo americano raggiunge il successo anche da noi. In quello
stesso anno Dino ne fa una versione molto delicata, subito copiato da
Gianni Morandi che include la sua versione nell'album bestseller GIANNI
CINQUE.
Diciassette operai di cui quindici italiani sono morti asfissiati in una
galleria scavata sulla montagna alle spalle di Locarno, dove si stava
costruendo un impianto idroelettrico, lavori di ampliamento iniziati tre
anni prima. Si decide di alzare la saracinesca di trenta centimetri per
far defluire l'acqua, calcolata in quattro mila metri cubi. L'aria nella
galleria è irrespirabile, c'è troppo poco ossigeno e bisogna entrare
dentro con i respiratori che hanno un autonomia di 45 minuti. Si calcola
che il tempo è sufficiente: venti minuti per fare tre chilometri, un
minuto per aprire la saracinesca e altri venti per ritornare. Invece non
è bastato perché i tre operai che sono entrati non fanno ritorno.
All'altro lato della galleria parte per un turno di notte un trenino di
13 uomini e li trovano tutti morti insieme ad uno dei soccorritori che
era stato mandato a cercare i primi tre morti nel pomeriggio. Due
interpellanze sono state presentate al Ministro degli Esteri e a quello
del Lavoro per conoscere quali provvedimenti intendano prendere le
autorità svizzere per la sciagura della centrale idroelettrica di Robiei
nella regione di Basolino nel Canton Ticino.
Campionato di calcio
Mancano dieci giornate alla fine del campionato di calcio e l'Inter è in
testa , staccando di quattro punti il Napoli e il Bologna. Al quarto
posto, il Milan, che viene battuto in casa dalla Fiorentina per 2 reti
ad 1. Una doppietta di Merlo intervallata da un gol di Soriani. Soriani
sbaglia anche un rigore, calciato sul palo con Albertosi spiazzato. La
Fiorentina ha confermato di essere la bestia nera del Milan in questa
stagione: l'aveva già battuto nell'andata a Firenze e nell'incontro di
Coppa Italia a San Siro. Ma che non vinceva a San Siro, col Milan in
campionato, era dall'anno dello scudetto, il campionato 1955-56. L'Inter
batte il Torino in trasferta con lo stesso punteggio della partita di
Milano. Va a rete Suarez, pareggia Puia per il Torino ma a quattro
minuti dalla fine il ventitreenne Cappellini regala i due punti alla
squadra milanese. L'Atalanta dà una mano all'Inter battendo il Napoli
per uno a zero, con gol di Hitchens. Il Bologna batte la Sampdoria per 2
a 1. Un gol di Perani viene prontamente bilanciato dalla rete
blucerchiata di Salvi. Ma la zampata di Nielsen riassesta la gara per i
felsinei. La Juventus (quinta in classifica) pareggia con la Roma
(sesta). 1 a 1 con i gol di Bercellino per la Juve e Benaglia per la
Roma. Ecco i risultati completi:
ATALANTA - NAPOLI 1-1
BOLOGNA - SAMPDORIA 2-1
BRESCIA - CAGLIARI 0-0
CATANIA - FOGGIA 0-0
L.R VICENZA - LAZIO 1-0
MILAN - FIORENTINA 1-2
ROMA - JUVENTUS 1-1
TORINO - INTER 1-2
VARESE - SPAL 1-1
Christian Calabrese
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STUDIO UNO '66
di David Guarnieri
Ciao a tutti, amici di “Hit Parade Italia”,
dopo l’omaggio a “Carosello” della volta passata, torniamo ad occuparci
di un singolo spettacolo televisivo: “Studio Uno” (edizione 1966).
La terza edizione della trasmissione, trasmessa nel febbraio del 1965,
ottenne un grandissimo successo di critica e di pubblico (il cast era
composto dal conduttore, Lelio Luttazzi, Alice ed Ellen Kessler, Luciano
Salce, Milly, Paolo Panelli e da Mina, la quale, grazie a questa
partecipazione, riuscì a riappropriarsi del titolo di primadonna del
video, oltre che delle classifiche discografiche).
La Rai, soddisfatta dal consenso riportato da “Studio Uno”, vuole
(giustamente) cavalcare l’onda del successo, affidandosi ancora una
volta alle cura dell’accoppiata Antonello Falqui (regista) e Guido
Sacerdote (produttore). I due, intendono proporre al pubblico uno
spettacolo “monstre”, ispirato ai “music-hall” internazionali, diviso in
quattro cicli, composti da cinque puntate ognuno (con cast sempre
diversi). I testi sono firmati da Lina Wertmüller (già autrice di
“Stasera: Rita!” del 1965, diretto sempre da Falqui). Confermati, il
conduttore Lelio Luttazzi, il direttore d’orchestra, il M° Bruno
Canfora, il costumista, Folco, lo scenografo Cesarini da Senigallia ed
il coreografo, l’augusto Hermes Pan (premio Oscar nel 1937 per il film
“Una magnifica avventura” ed artefice del successo di film quali:
“Cappello a cilindro”,“Can Can”, “Fior di Loto”, “My Fair Lady” ed
altri). La compagnia artistica delle prime cinque puntate è composta dai
danzatori americani Brascia & Tybee, dai Gufi, da “Le Poupées de Paris”
e da un’attrice famosa, la prosperosa Sandra Milo (quest’ultima, si dice
abbia sostituito all’ultimo minuto, la rinunciataria Gina Lollobrigida).
La quarta edizione di “Studio Uno” inizia sabato 12 febbraio 1966 (nello
specifico, parliamo della seconda puntata della serie, trasmessa il 19
febbraio ’66).
Dopo la sigla musicale, danzata dal corpo di ballo di Hermes Pan, entra
in scena Lelio Luttazzi, il quale parla della novità del quarto anno di
programma: il “Toto Studio Uno” (un gioco a premi per i telespettatori,
i quali, facendo sette in schedina, si aggiudicano derrate alimentari
per un anno). I concorrenti – vip di questa puntata sono Castellano &
Pipolo (tra l’altro, autori di “Studio Uno ‘65”).
La spettacolo parte con il balletto di Brascia & Tybee (un omaggio alla
Spagna, al flamenco ed alla pittura di Pablo Picasso). Al termine,
Luttazzi intervista i due danzatori, giocando sulle origini pugliesi di
Brascia e quelle russe di Tybee. Segue l’introduzione del numero di
marionette, “Le Poupées de Paris”, ideate da Sid e Marty Krofft. Le
quattro “fanciulle” (Judy, Ginger, Cynthia e Colette), nel numero
intitolato “La notte degli orrori”, cantano “A Hard Day’s Night” dei
Beatles. Subito dopo, le soubrette animate vengono raggiunte da
Luttazzi, il quale canta con loro il brano “Quando mi sento un poco
giù”.
I protagonisti dello spazio comico sono i Gufi (Roberto Brivio, Gianni
Magni, Lino Patruno e Nanni Svampa) con le loro canzoni ed il loro
umorismo sofisticato ed originale.
La parte centrale dello show è dedicata alla musica giovane. I
protagonisti della serata sono i Delfini con la canzone “Stasera sono
solo” e Dave Allen & The Exotics con il brano “The Monkey”.
Torna in scena Lelio Luttazzi, il quale annuncia la primadonna dello
spettacolo, Sandra Milo. L’attrice, fatalmente abbigliata in abito di
paillettes e piume di struzzo, conversa con il musicista triestino,
commentando i fatti della settimana: dal Carnevale ai viaggi degli
astronauti americani. La simpatica Sandra, stuzzica il conduttore,
confrontando il suo aspetto con quello del maestro Canfora. Lo spazio
viene concluso dalla canzone “Voi, signore”, dedicata alla Milo da
Luttazzi. Il secondo momento coreografico vede protagonista il balletto di Hermes
Pan: il tema è lo shake e la moda “Courrège”.
Lo spazio riservato all’ospite d’onore, questa volta vede protagonisti,
due colonne della musica jazz: Ella Fitzgerald e Duke Ellington. Dal
concerto al Teatro “Lirico” di Milano, realizzata ai primi di febbraio
del 1966, vengono trasmessi alcuni estratti: la grande artista americana
interpreta con consueta classe e bravura due celebri brani come “St.
Louis Blues” e “Mack The Knife” e, accompagnata al piano dallo
straordinario compositore statunitense si esibisce in una travolgente
jam-session.
La seconda puntata di “Studio Uno” si chiude con la parata finale con il
cast al completo e con la sigla, “L’importante è avere te”, firmata da
Lina Wertmüller e Bruno Canfora e cantata dai “Cantori Moderni” di
Alessandroni.
Il primo ciclo di “Studio Uno”, alla prova degli indici di gradimento si
rivela un sonoro flop. Quasi nulla viene salvato: da Luttazzi, ritenuto
continuamente uguale a sé stesso ai Gufi, bocciati per la loro comicità
ritenuta strampalata, dalle “Poupées de Paris” (giudicate noiose) a
Sandra Milo, letteralmente fatta a pezzi, sia dalla stampa che dal
pubblico.
Giudizio personalissimo di David: rivedere, a quarantuno anni di
distanza lo “Studio Uno ‘66” (1° ciclo) non si rivela così pesante o
gravoso. A parer mio, lo spettacolo ha un ritmo ed una scorrevolezza di
fondo, non trascurabili. Luttazzi è sempre spigliato, ironico ed
elegante (ce ne fossero oggi, intrattenitori di tale statura
artistica!); i Gufi mostrano slanci umoristici di piacevole fattura; la
Milo, pur indugiando sullo stilema dell’avvenente svampita, tiene la
scena con disinvoltura e sicurezza. Notevole anche il professionismo dei
ballerini americani Brascia & Tybee. Consueto l’elogio alla regia di
Antonello Falqui ed alla maestria di Hermes Pan.
Un saluto a tutti!
David Guarnieri
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