Il 1966
Come tante volte abbiamo sottolineato quando trattiamo questo anno così
particolare per il mondo della musica - e non solo - il 1966 è stato lo
spartiacque tra il mondo così come lo si conosceva dal dopoguerra e
quello che sarebbe diventato dopo il '1968'. Chi dice che sia stato il
1968 a cambiare il modus vivendi degli italiani dice il falso. Il 1966 è
stato, a nostro avviso, ancora più importante. E' stato un anno di
rivoluzioni non violente a confronto col 1968, che è stato un anno
particolarmente violento. Il 1966 sta alla "rivoluzione di velluto" in
Cecoslovacchia, alla "rivoluzione delle rose" in Georgia, alla
"rivoluzione arancione" in Ucraina come il 1968 sta alla rivoluzione
Francese o a quella bolscevica del 1917. Non c'è politica, non c'è
"intruppamento", c'è voglia di fare qualcosa di diverso. Basti pensare
al famoso caso de La Zanzara, il giornalino scolastico sopra il quale
scoppiò una bufera nazionale a causa dei suoi argomenti, decisamente
troppo osé. Oppure l'aiuto dei ragazzi di tutto il mondo alla Firenze
alluvionata. Tutto questo senza l'ausilio di spranghe, pistole e culto
di personaggi negativi come Mao Tse Tung (o Mao Ze Dong) et similia. Non
ostante che proprio nel 1966, ironia della sorte, parta la rivoluzione
culturale di Mao, ovvero una delle più grandi carneficine che il mondo
ricordi. Addirittura c'è una piccola rivoluzione nel clero. I vescovi
d'Italia hanno autorizzato i sacerdoti italiani ad indossare il
clergymen, cioè giacca e pantaloni neri o grigio ferro, con l'aggiunta
di un colletto bianco e rigido in cima ad una pettorina bianca:
praticamente la divisa di Prodi quando è in borghese. Nella moda c'è già
stata la rivoluzione della minigonna di Mary Quant (proprio nel 1966) e
sembra che le idee non debbano più fermarsi. La gente, giovane e non, ha
deciso di cambiare, di vivere senza badare troppo alla forma, di
"svecchiarsi", di stare al passo con i tempi che sembrano correre ancora
più veloci di quanto correvano prima. Qui ogni mese cambia qualcosa:
quello che andava a luglio non va più ad agosto e quello che ad agosto
sembra molto alla moda a settembre è roba da matusa. Insomma, il 1966 ha
sancito la fine di un modo di vivere, di comportarsi, di atteggiarsi e
di sentirsi parte di quel mondo ancora legato a principi e valori ormai
in stato di declino. Non stiamo qui a discettare sul fatto che era
meglio o peggio prima, diciamo solo che è clamorosamente cambiato dal
1966. Per maggiori lumi sull'argomento sarebbe necessario andare a
vedere il saggio che abbiamo scritto sul 20
luglio 1966, dove abbiamo
cercato di individuare i perché e i percome di questo radicale
cambiamento ( per ovvie ragioni sarebbe inutile fare qui un 'copia e
incolla' dell'argomento).
Musica e moda sembrano darsi la mano e
passarsi la staffetta. Mentre i Beatles sono diventati così importanti
da potersi permettere di dire (per bocca del meno diplomatico del
gruppo, John Lennon) di essere ormai più famosi di Dio (frase che
scatenerà una bagarre in mezzo pianeta) il mondo della moda lascia
stupefatti giorno dopo giorno. Le donne tendono a trasformarsi in
bambine. Non in adolescenti ma bensì in ragazze collocate tra l'infanzia
e la prima pubertà e le stesse adolescenti si atteggiano e si vestono in
modo da tornare un passo indietro. Il top lo si toccherà nel 1968,
quando donne comuni (e personaggi dello spettacolo) si vestiranno come
bambole innocenti e maliziose allo stesso tempo. Basti pensare al
personaggio che nel 1968 Patty Pravo aveva scelto proprio per il lancio
della canzone LA BAMBOLA, per farsi un'idea. I maschi non sono da meno.
Tutti si comportano e si vestono come se avessero un'età inferiore
rispetto a quella dei loro veri anni. I ragazzi giocano praticamente da
mattina e sera (chitarre, atteggiamento da finti beatnik) rifiutando
ogni programma per l'avvenire, il che equivale a rifiutarsi di crescere.
Usano un linguaggio che è né più né meno quello dei bambini. Con questo
gergo fanno fuori il mondo che non gli appartiene, cioè quello dei già
cresciuti, gli adulti (quelli che chiamano matusa o semifreddi). Sono
colti da improvvise idolatrie per quei personaggi con i quali cercano di
identificarsi e a chi fa loro notare questo atteggiamento poco
responsabile verso la vita rispondono con i versi delle canzoni, incisi
su spille che attaccano alle camicie (come potete giudicar, che colpa
abbiamo noi,...) un tentativo cioè di autogiustificarsi e di assolversi da
soli. Si considerano in perenne stato di protesta verso i genitori che
proprio a loro non negano nulla per non apparire ai loro occhi come dei
dittatori anacronistici. Nel 1966 capita di domandarsi cosa stia
succedendo alla gente: locali come il Piper sparsi ormai per tutta Italia
mostrano una generazione che non è la medesima dello stesso periodo
dell'anno precedente: capelli allungati per i maschi o a caschetto per
le femmine, la possibilità di cambiare partner all'interno dello stesso
gruppo senza drammi o gelosie, nuovi ideali (veri o falsi che siano),
ragazzi che a malapena sanno fare un accordo e che si improvvisano
chitarristi di questo o quel gruppo, bandiere inglesi come mantello.
Insomma, tutto quello che non esisteva ancora nel 1965, nel 1966 è
addirittura assillante, tanto che anche il cinema e perfino la
televisione si accorgono di questo repentino cambiamento ed alla stessa
stregua di un instant-book, inseriscono nei soggetti delle sceneggiature e
nelle trasmissioni inchieste sul nuovo fenomeno sociale. Fenomeno che si
stempererà man mano proprio con l'avvicinarsi del 1968, quando
l'apparire sarà meno importante rispetto all'agire e al pensiero.
Intanto godiamoci questa breve ed irripetibile stagione dove tutto
sembra possibile e quando qualsiasi cosa viene tirata fuori non la si
guarda ormai più con stupore ma con la rassegnata convinzione che si
tratti del naturale evolversi dei tempi. Così come la moda
spaziale-atomica e avveniristica di Paco Rabanne, l'Optical
(stacchi di bianco e nero o accostamenti di colori brillanti da
congiuntivite fulminea), tutte cose che servono a desessualizzare la
figura femminile, che la rendono più vicino ad un essere androgino e
androide, robotico (pensate al ferro nei modelli di Paco
Rabanne). Naturalmente per indossare capi del genere bisogna essere magre
come chiodi e allora addio maggiorate che hanno fatto parte
dell'immaginario collettivo maschile per circa 15 anni. Ora è Jane
Shrimpton (chiamata gamberetto) a dettare legge o la famosissima Twiggy
(detta grissino). Ragazzine tanto giovani quanto magre, creature lunghe
dalle spallucce strette con occhi più grandi del tronco che se ne vanno
in giro in esigui gonnellini con fare spavaldo e sicuro a dispetto delle
loro esili figure. Immensi orecchini di plastica, orologi non più al
polso ma all'avambraccio (sarà la moda del 1966-67), occhiali verdi,
gialli, rossi, op, a quadri. I modelli, oltre quelli citati prima sono
Donyale Luna, Veruska o le mogli dei Beatles (Yoko Ono ancora non era
stata "inventata"). Come detto, si restringono gli abiti e si
moltiplicano gli ornamenti. E i ragazzi non sono da meno: in clamoroso
contrasto visivo con i loro padri (i padri poi tenderanno a vestirsi
come i loro figli, così come ci spiega anche un verso della canzone dei
Giganti PROPOSTA): da una parte gli uomini dai quaranta in su, da
un'altra i ragazzi sotto i ventritrè e in un limbo (comunque colorato e
vanitoso) coloro che non hanno ancora raggiunto l'età fatidica per
sentirsi chiamare "fossile" (sopra i quaranta).
Ma guardiamo i ragazzi,
quelli che fanno bella mostra di sé nei locali alla moda, soprattutto in
questa estate beat. Snelli, capelluti, liberissimi di mischiare
stravaganze e farle passare per alta moda. I pantaloni sono attillati e
a vita bassa, per mostrare i fianchi snelli ed il ventre piatto senza
adipe o cedimenti muscolari. I colori sono quelli che nessuno avrebbe
mai potuto soltanto immaginare un anno prima: dal viola cardinalizio
prepasquale al verde sgargiante, dal ciclamino all'albicocca. Sono in
tessuto jeans o in velluto fino (per l'estate) o a larghe coste (per la
prossima stagione). Sono spesso senza tasche perché deformerebbero la
linea dell'anca. La cintura è un accessorio molto importante perché
conferisce uno slancio virile ad una figura forse troppo magra, così
come il cowboy quando cerca di sfilare dal cinturone la pistola. La
fibbia è grossa e le cinture di cuoio sono munite di taschini per
infilarvi le sigarette o quant'altro si voglia. Per l'autunno inverno la
moda sarà ancora più audace. Dai minipull (molto stretto e che arriva a
malapena alla vita) alle giacche dall'aria ottocentesca, quasi divise
astro-ungariche. Solo le scarpe sono rimaste un po' indietro rispetto al
boom degli altri capi di vestiario. C'è comunque lo scarponcino alto, di
vari colori, con la zip laterale o con i lacci. Insomma, essere un
diciottenne in questo 1966 deve essere una cosa particolarmente
piacevole. I loro negozi hanno nomi corti e facili: da Gulp a Kinky Man,
passando per la catena nazionale Carnaby Street, approntata in men che
non si dica per favorire la voglia di vestirsi beat. Quest'estate è
sicuramente una di quelle più particolari degli ultimi tempi (diciamo,
anche di quella del 1945). All'insegna del giovane e divertente, tutto è
lecito. E ne approfittano anche gli adulti che si riversano come mai
prima nelle decine di locali che crescono come funghi nelle località
turistiche e non in Italia. Naturalmente Versilia e Costa Adriatica la
fanno da padrone. Il ballo principe è lo shake, ma visto che ormai è già
qualche mese che lo si balla al Piper viene considerato antidiluviano. E
ogni settimana ne nascono di diversi, complici le canzoni, generalmente
create con lo scopo di lanciare nuovi balli. Anche le trasmissioni tv
sono sempre più popolate da adolescenti frenetici e liberi. I balli del
1966 si chiamano Frog, Monkey, Slop, Jerk, Grab, See-Saw e via andare.
Durano lo spazio di un mattino. Così come dura pochi mesi questa estate,
unica ed irripetibile e che non si ripresenterà mai più così
:giovanissima, dinamica, nuova in tutti i sensi, sfrontata ma nel
contempo anche ingenua. In una sola parola, B-E-A-T !
Equipe 84
Hanno vinto il girone dei complessi al Cantagiro: un girone certamente
ostico a causa della grande concorrenza. Quando mai si erano visti
gareggiare tanti complessi famosi come i Nomadi, i Sorrows, I
Camaleonti, I Kings, I Corvi, I New Dada, I Rokes e loro, l'Equipe 84.
Il gotha del beat in un solo colpo! Ma partiamo dall'inizio: l'Equipe 84
nasce dalla scissione di due complessi, I Paolo & I Gatti e I Giovani
Leoni. Entrambi modenesi, questi gruppi erano piccolissime realtà
locali. Nel primo militavano Victor Sogliani e Alfio Cantarella. Nel
secondo Maurizio Vandelli e Franco Ceccarelli. Quando Francesco Guccini
parte per il servizio militare (era nel primo gruppo), I Gatti convocano
Vandelli che si tira dietro anche Ceccarelli. Insomma, per farla breve,
dopo varie vicissitudini il gruppo prende il nome di Equipe 84, per la
somma dell'età dei quattro componenti. Il loro primo singolo è l'inno
del Modena calcio, VA CANARINO VA. Dietro reca il brano LIBERI D'AMARE.
Il singolo è edito dalla casa discografica Caravel. Una casa
discografica abbastanza importante all'epoca, la Vedette, si accorge di
questo gruppo che intanto andava a bussare a tutte le porte dei
discografici milanesi alla ricerca di un contratto economicamente
soddisfacente. Qui possono incidere il singolo PAPA E MAMMA
(PAPA-OOM-MOW-MOW), cover di un brano dei Rivingstons , pressoché
sconosciuti da noi. Il lato B è TELL ME, dei Rolling Stones, tradotto
col titolo di QUEL CHE TI HO DATO. In questo disco non c'è Victor
Sogliani, partito per il servizio militare. Lo sostituisce Romano
Morandi, che più in là inciderà singoli da solista come Romano VIII°.
Anche il secondo singolo dell'Equipe, che la Vedette presenta come "il
complesso senza complessi" è inciso senza Sogliani. I brani sono ORA
PUOI TORNARE (GO NOW dei Moody Blues) e PRIMA DI COMINCIARE (I GET
AROUND dei Beach Boys). Il tempo passa e dopo qualche altro singolo con
la Vedette arriva il contratto con la Ricordi. E il primo singolo è
quanto di meglio ci possa essere per festeggiarlo: IO HO IN MENTE TE. La
canzone era stata scritta da Sylvia Fricker e Ian Tyson due anni prima.
Un duo folk statunitense, oscuro in Europa. Il titolo è YOU WERE ON MY
MIND. Il brano non ebbe molto successo ma ebbe l'attenzione di parecchi
artisti americani, uno su tutti Barry McGuire, già noto per EVE OF
DISTRUCTION (QUESTO VECCHIO PAZZO MONDO in italiano). La versione
dell'Equipe 84 è così vigorosa e bella da far impallidire quella di
Barry McGuire, alquanto monotona perché fintamente "arrabbiata", dell'ex
Minstrels, ora diventato un cantante beat e contestatario per…
convenienza. La canzone colpisce dalla prima battuta. Quell' "apro gli
occhi e ti penso" articolato senza l'ausilio della musica è un
bell'incipit. Suggestivo, montato con la precisione di un orologio
svizzero (così come affermava il critico di GIOVANI, Lucio Salvini)
parte con il solo sottofondo di una chitarra basso (appena dopo aver
pronunciato la frase di cui sopra) che vuole ricordare i passi di una
camminata, con riferimento al testo: io cammino per le strade. A cantare
da solo è Maurizio Vandelli, che sfodera come di consueto una voce
suggestiva e carica di belle promesse per il futuro. Il forte accento
modenese è soltanto il marchio di fabbrica che contraddistinguerà la
produzione dell'Equipe da qui alla loro estinzione. Il brano continua in
un crescendo fino a quando, pian piano entrano gli altri, per le altre
strofe, con voce e chitarre, dividendo in perfetta armonia il tutto. La
registrazione è, per quell'epoca, ottima. Echi e missaggi sono di
eccellente fattura, così come l'illustrazione della copertina,
curatissima nei minimi dettagli. La sola colpa è di durare troppo poco,
due minuti e dieci, nei quali l'Equipe crea uno standard duro a morire.
E probabilmente al momento, neanche se ne resero conto. Con questa
canzone vincono, come già detto, il Cantagiro di Ezio Radaelli, battendo
nel loro girone e di soli dieci punti niente meno che i Rokes di Shel
Shapiro che presentavano un altro manifesto del genere beat, CHE
COLPA ABBIAMO NOI. Il disco dell'Equipe viene stampato con RESTA in
prima battuta sul lato A, (STAY dei Maurice Williams & Zodiacs) e con
questo spirito lo presentano ad una puntata televisiva di Studio Uno
nella primavera 1966. Diversa anche la copertina, la seconda stampa esce
con IO HO IN MENTE TE incisa sul lato A, pezzo sicuramente molto più
attuale e ben riuscito di quello sul lato A della versione precedente.
Questo brano sembra più che altro un gioco vocale per il gruppo, a causa
della poca consistenza orchestrale del pezzo americano. E IO HO IN MENTE
TE raggiunge livelli di vendita impensabili per il gruppo soltanto pochi
mesi prima. La canzone viene poi ripresa dal famoso (ma in picchiata
come notorietà) Paul Anka, così come dai Kings e ancora più in giù da
due gruppi che non hanno mai avuto fortuna ma che oggi, in epoca di
collezionismo, tirano molto più dei numi tutelari del genere beat: i Da
Polenta e i Bats. Naturalmente a vendere saranno soltanto i ragazzi
dell'Equipe 84, lasciando qualche briciola commerciale al povero Paul
Anka. La canzone è loro. E grazie anche alla notorietà sopraggiunta con
la versione italiana scritta da Mogol (ma l'avrà scritta davvero lui o
avrà usato, come sempre faceva, un ghost-writer?) anche la versione
originale ingrana sul mercato italiano. Oltre a Barry McGuire, c'è una
buona versione di Crispian St. Peters (quello di THE PIED PIPER, ossia
BANDIERA GIALLA) e quella dei We Five. Questo è l'inizio dell'Equipe 84.
E come inizio non c'è male.
Per voi giovani
Un'altra trasmissione radiofonica sta conquistando il cuore dei
ragazzini italiani. Dopo BANDIERA GIALLA è la volta di PER VOI GIOVANI,
in onda tutti i giorni (tranne il sabato) alle ore 16,35 sul secondo
canale mentre la domenica si trasferisce sul primo ad un orario diverso,
le 18,30. Lo cura uno dei disc jockey di BANDIERA GIALLA, Renzo Arbore.
Il programma è strettamente musicale, una colonna sonora per tutti i
gusti, meno elitaria e specializzata di BANDIERA GIALLA in cui saranno
presi in considerazioni tutti i generi musicali, anche quello melodico.
L'importante è che siano di buona fattura e "per giovani". Il programma
è iniziato il 3 di luglio ed ha lanciato titoli come PAPERBACK WRITER
dei Beatles, PAINT IT BLACK dei Rolling Stones e STRANGERS IN THE NIGHT
di Frank Sinatra. La trasmissione, con tre brevi interventi di due
minuti l'uno dà anche un'informazione breve e coincisa dei fatti e dei
personaggi del giorno e non mancano gli aneddoti e le curiosità curate
dal giornalista Enrico Roda sui balli del momento, sulle stravaganze in
fatto di abbigliamento e sugli artisti più in vista. La sigla della
trasmissione avrà molto successo: si tratta de THE CAT di Jimmy Smith.
The Beatles
All'inizio di quest'articolo si accennava ai Beatles e alla frase
incriminata. Ma facciamo un po' di cronaca estiva beatlesiana. Per tutta
l'estate i Beatles sono impegnati in massacranti tournèe in giro per il
mondo. Le date cominciano due giorni dopo la conclusione della
registrazione dell'album REVOLVER che esce il 5 agosto nel regno Unito e
l'8 in Usa. Simultaneamente esce il nuovo singolo ELEONOR RIGBY
accoppiato a YELLOW SUBMARINE (vedi l'articolo datato
7 dicembre
1966). Da noi uscirà poco più tardi, il 25 agosto, anche per dare il
tempo ai precedenti 45 giri di compiere il loro corso in classifica:
difatti vediamo nelle prime dieci posizioni PAPERBACK WRITER, GIRL e
MICHELLE. I Beatles sono stanchi e partono per questo tour mondiale
controvoglia. Arrivati nelle Filippine scoppia il primo incidente
diplomatico: Imelda Marcos, moglie del presidente Ferdinand Marcos,
eletto nel 1965 e restato in carica fin al 1986, si offende perché i
Beatles non vanno ad omaggiarla e di conseguenza i quattro vengono
trattati molto male all'aereoporto di Manila. Si arrabbiano di brutto
con il povero Brian Epstein, il quale oltre ad averli "trascinati" in
tour controvoglia, li lascia in balia della polizia di Marcos. Quando
arrivano a Londra, alla domanda dei giornalisti che chiedono quali
saranno i prossimi impegni del gruppo, George Harrison risponde che si
riposeranno un paio di settimane prima di andare a farsi malmenare dalla
polizia americana. E grazie a quella frase per cui i Beatles sarebbero
ormai più famosi di Gesù, passata in sordina in patria ma amplificata
dai giornali di tutto il mondo, i Beatles rischiano il linciaggio
mediatico e non solo. In America, dove ogni cosa è portata all'eccesso,
i Beatles passano un brutto momento. Migliaia di cittadini indignati
dalla frase di John Lennon si riuniscono per fare dei falò dei dischi
dei Beatles e delle loro immagini e oggettistica connessa. Una delle
manifestazioni più grandi viene fatta a Starke, in Florida (località il
cui nome ricorda molto quello di Ringo, Richard Starkey). Una ventina di
radio hanno deciso di non trasmettere i dischi dei Beatles imitate a
distanza da alcune stazioni della Spagna, Olanda e del Sud Africa. Le
scuse a Chicago fatte espressamente da John Lennon calmano i tumulti ma
il tour è ormai rovinato. Un'organizzazione approssimativa e gli stadi
semivuoti per protesta scoraggiano i quattro che per loro stessa
ammissione suonano male. Lennon, sempre più preda del LSD, in un
concerto grida oscenità al pubblico che non lo sente neanche, impegnato
com'è a strillare per la vista dei quattro. Qualcosa si è rotto
inesorabilmente. E il 29 agosto 1966 al Candlestick Park di San
Francisco i Beatles dichiarano ufficialmente di non essere più disposti
a suonare per folle impazzite che neanche ascoltano la loro musica ma
che sono prese da un isterismo collettivo fine a se stesso, a scopo
puramente esibizionistico. George informa Epstein della sua decisione
(che poi rientrerà) cioè quella di voler lasciare il gruppo. La
decisione di non andare più in tournèe fa sì che Harrison ritorni sui
suoi passi. D'ora in poi, per i Beatles ci saranno solo la sale
d'incisione e piccoli spostamenti per promuovere con video o con la tv i
loro nuovi pezzi. In Italia, nonostante sia la culla del Cristianesimo,
non ci sono roghi. La radio trasmette incessamentemente le ultime novità
beatlesiane e motivi come GIRL e MICHELLE vengono ininterrottamente
gettonati al jukebox. L'Osservatore Romano non dà molto peso al fatto di
per sè. Non ce ne siamo neanche accorti, dice con una punta di snobismo
il direttore. L'unica voce fuori dal coro è quella di Monsignor Ernesto
Pisoni che osserva come alcuni personaggi, quando vengono elevati al
ruolo di miti, sono portati a tal punto di esaltazione da potersi
permettere di prorompere pubblicamente con volgari dichiarazioni come
quella pronunciata da John Lennon. Pisoni asserisce inoltre che la frase
non è neanche tanto originale perché a suo tempo fu pronunciata da altri
personaggi come Giuliano l'apostata, Hitler e Stalin. E continua dicendo
che questo naturalmente John Lennon non può saperlo data la sua
ignoranza. Chiude la polemica. E sull'altra frase incriminata e cioè il
Cristianesimo durerà meno del rock conclude dichiarando: ne parleremo
fra duemila anni. Dunque: Monsignor Pisoni - John Lennon 1 - 1 . E noi
concludiamo dicendo che se l'Inghilterra ha i Beatles noi abbiamo i
blasfemi Gufi, gruppo meneghino cabarettistico che viene in blocco
denunciato per offesa alla religione, avendo interpretato in abiti
monacali una composizione ispirata alle tentazioni di Sant'Antonio. E se
avessero detto le frasi di John Lennon, cosa sarebbe successo? Sarebbe
scattato in automatico il rogo?
Bandiera gialla
Abbiamo accennato a BANDIERA GIALLA, trasmissione che va in onda dal 16
ottobre 1965 e che riscuote un successo di proporzioni clamorose.
Vogliamo perciò, in un impeto di "generosità" , giacchè questo sito si
interessa soprattutto di statistiche e classifiche, citare dalla prima
puntata i numeri uno, cioè i dischi che sono stati proclamati "bandiera
gialla", cioè i vincitori (alcuni di essi anche per più di una puntata.
Ecco la lista dall'ottobre 1965 al luglio 1966:
1) WOOLY BULLY - SAM THE SHAM & THE PHARAONS
2) PEACHES'N CREAM - THE IKETTES
3) SATISFACTION - THE ROLLING STONES
4) STASERA SONO SOLO - I DELFINI
5) HELP - THE BEATLES
6) I GOT YOU BABE - SONNY & CHER
7) MEMPHIS TENNESSEE - TOM JONES
8) OVER AND OVER - THE DAVE CLARK FIVE
9) BARBARA ANN - THE BEACH BOYS
10) GET OFF OF MY CLOUD - THE ROLLING STONES
11) WE CAN WORK IT OUT - THE BEATLES
12) TAKE A HEART - THE SORROWS
13) DAY TRIPPER - THE BEATLES
14) PAFFF... BUM... - LUCIO DALLA
15) IT'S GONNA RAIN - SONNY & CHER
16) MICHELLE - THE BEATLES
17) YOU WERE ON MY MIND - BARRY MCGUIRE
18) GIRL - THE BEATLES
19) CHE COLPA ABBIAMO NOI - THE ROKES
20) 19TH BERVOUS BREAKDOWN - THE ROLLING STONES
21) HOW DOES THAT GRAB YOU, DARLIN'? - NANCY SINATRA
22) SHA LA LA LA LEE - THE SMALL FACES
23) TU TE NE VAI - I DELFINI
24) CHI PUO' DIRMI - PATRICK SAMSON & LES PHENICIENS
25) PAINT IT BLACK - THE ROLLING STONES
Kova Tembel
In tempi di cambiamenti anche la promozione discografica si lascia
influenzare dalla lunga ondata beat anglosassone e diventa impulso, un
modo di suscitare interesse per quello che si vende. Dopo il disco tris
(tre canzoni su un 45 giri) agli inizi degli anni sessanta siamo passati
al gadget. Disco a 45 e periodico in regalo (o viceversa?): lo
stabilisce POP, settimanale giovane (che farà comunque poca strada). Poi
un'idea della Ri.Fi: un manifesto in ogni 45 giri acquistato, anzi
direttamente all'interno della busta. Così per l'estate 1966 i dischi
dei Giganti, di Mina, di Memo Remigi, di Iva Zanicchi e di Giorgio Gaber
(tutti in forza alla Ri.Fi) hanno in regalo un manifesto di 35 x 50.
Vorrei proprio sapere chi ha osato appendere il manifesto di Memo Remigi
al muro di casa sua!! (con tutto il rispetto per il bravo Remigi,
s'intende). Ma la concorrenza è corsa ai ripari: la GTA, dinamica casa
discografica milanese (che si occupa soprattutto di brani che oggi si
chiamarebbero lounge, cioè di atmosfera e strumentali) ha inventato il
Kova Tembel, un cappello di tela colorata messo in vendita con un disco
a 45 giri chiamato appunto KOVA TEMBEL e BABY KOVA TEMBEL, canzone che
dovrebbe donare poteri magici e rassicuranti a chi l'ascolta. Le menti
diaboliche che hanno escogitato questa 'sola' clamorosa sono quelle di
Augusto Martelli e di Giorgio Calabrese, in vana di goliardate. In
realtà spiegano che le proprietà terapeutiche sono quelle per cui il
cappello in regalo, in caso di balli sulla spiaggia, serve a prevenire
colpi di sole ai ballerini. Carina come idea, sebbene tirata per i...
capelli (è il caso di dirlo!)
Adriano Celentano
E' un'estate stranamente silenziosa per Adriano Celentano, che a quanto
pare ha intenzione di lanciare il suo prossimo singolo alla fine della
bella stagione, brano del quale non si sa ancora molto. Si conosce solo
il titolo, MONDO IN MI SETTIMA e pare che ricalchi il genere linea
verde, molto di moda in questo periodo. Ma se Adriano tace, c'è chi
parla per lui. Ed è la Rai, che a quanto pare ha espresso la volontà di
escluderlo dai programmi televisivi fino a quando non risulterà chiarita
la sua posizione nei confronti del fisco. Non è, quella della Rai, una
decisione ufficiale. Si tratta piuttosto di una disposizione interna
presa per ragioni di opportunità ma trasmessa solo verbalmente e non
destinata ad essere messa a chiare lettere su carta. Il risultato doveva
essere pressocchè quello di mettere un po' di paura al cantante milanese
finchè non fossero regolati i suoi conti (e quelli del Clan) con gli
uffici delle tasse di Milano, che lo accusano di occultamento di ricavi
per una cifra elevatissima: un miliardo e cento milioni (del 1966!) .
Quale collegamento c'è tra la Rai e l'ufficio delle imposte? E come mai
un evasore fiscale deve essere privato del diritto di comparire in tv?
Il collegamento è stato stabilito dal ministro Preti in persona il
quale, confermando l'inchiesta a carico di Celentano, ha sottolineato
che attori e cantanti che godono di larga popolarità e che lavorano per
un ente di stato come la Rai debbono essere d'esempio ai comuni mortali
meno importanti di loro e non godere soltanto della pubblicità che
deriva da un loro passaggio in televisione. L'evasore fiscale diventa
meno tollerabile quando si riferisce a profitti ricavati, più o meno
direttamente, con l'ausilio e la pubblicità degli enti di stato. Forse
il ministro Preti auspica una serie di spettacoli realizzati in base
alle cartelle esattoriali? Scherzi a parte, non è che Luigi Preti avesse
tutti i torti. Anzi... ce ne vorrebbero di persone così decise e volitive,
capaci anche di prendere decisioni impopolari senza preoccuparsi di
quello che la gente (o gli altri politici) possano pensare e dire, nel
mondo tremebondo e squallido della politica dei nostri giorni. Comunque
la cosa pare non abbia poi sortito grande effetto perché Celentano è
ospite di ARIA CONDIZIONATA (di cui parla David Guarnieri su questo
stesso spazio), di TIGRE CONTRO TIGRE e altre trasmissioni nelle quali
la sua MONDO IN MI SETTIMA potrà spiccare il volo per le posizioni più
alte della classifica dei dischi.
Restando nell'ambiente politico e dello spettacolo non possiamo non
sottolineare l'abbandono del Ministro dello Spettacolo Achille Corona
(1914-1979), di area socialista, dalla rassegna cinematografica di
Taormina. La giuria aveva incluso nella rosa dei film il lungometraggio
di Gualtiero Jacopetti AFRICA ADDIO, considerato dalle sinistre un film
razzista. Così il ministro ha disertato insieme a tutte le autorità la
manifestazione perché veniva premiato un film (che in realtà era un
documentario dai risvolti voyeristici e morbosi) nettamente in contrasto
con l'indirizzo internazionale del governo oltre che con le convinzioni
personali dell'interessato. Mah... cosa dire? Che gli imbecilli del
protagonismo in politica non sono solo materia odierna.
Christian Calabrese
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ARIA CONDIZIONATA (1966)
di David Guarnieri
Ciao a tutti, amici di "Hit Parade Italia"! Questa volta vi parlo di un
programma estivo della domenica sera, del Secondo Canale, partito alla
fine di luglio del 1966: "Aria condizionata". L'idea iniziale, partita
dalla fervida e geniale mente di Enzo Trapani, viene sviluppata dagli
autori, Ghigo De Chiara e Maurizio Costanzo. La regia è affidata a
Stefano De Stefani. L'organizzazione è curata, nientemeno che da Sergio
Bernardini, "patron" della "Bussola" di Marina di Pietrasanta, forse, il
più importante ritrovo musicale d'Italia (in questo locale, si ricordano
performance di personaggi di primissimo livello, per quel che riguarda
la canzone e lo spettacolo internazionale: da Mina a Louis Armstrong, da
Adriano Celentano ad Ella Fitzgerald, da Ornella Vanoni a Ginger Rogers,
da Gino Paoli ad Aretha Franklin e via dicendo).
L'originalità e l'anti-convenzionalità sono alla base di questa
trasmissione. Lo stesso Costanzo, la definisce "un'inchiesta fantasiosa
fatta di documenti autentici e di ipotesi, di casi veri e di cronaca
immaginaria: fatta, soprattutto di canzoni".
Lo show non si avvale della presenza di un conduttore fisso, difatti, in
ogni puntata, uno o due attori svolgono il ruolo di "accompagnatori".
Un'altra particolarità si segnala per la presenza di interpreti musicali
anti-commerciali, "poco sfruttati" o, addirittura, per la prima volta in
video. La prima puntata, condotta da Alida Chelli è dedicata ai cantanti
"occasionali". Tra i partecipanti, segnaliamo le presenze di Edmonda
Aldini, Lello Bersani, Tino Carraro, Valeria Fabrizi, Giuliana Lojodice,
Giorgia Moll, Paola Pitagora, Anna Proclemer, Gigi Proietti e Catherine
Spaak.
Nella seconda puntata, presentata da Tino Buazzelli, spazio agli
interpreti "non inseriti" e alla canzone che si colloca all'opposizione
delle mode nella musica leggera (tra gli intervenuti: Laura Betti,
Franco Bisazza, Vittoria Dal Verme, Duilio Del Prete, Giorgio Gaber, i
Gufi, Enzo Jannacci, Bruno Lauzi, Daisy Lumini, Magda Mercatali, Silvia
Monelli, Maria Monti, Franco Nebbia, Franco Sabani, Antonio Salines e
Luigi Tenco).
La terza puntata, che esaminiamo nello specifico ha per tema, "le
canzoni d'amore". I due "anti-presentatori" sono Scilla Gabel e Umberto
Orsini, i quali entrano in scena, in un bosco di alberi di cartone,
sulle note della celebre "Moonlight Serenade" di Glenn Miller. Il primo
cantante è Pino Donaggio con la sua "Una casa in cima al mondo" (portata
al successo al Festival di Sanremo 1966, in coppia con Claudio Villa
[sic!]). Per introdurre il discorso sulla "dichiarazione d'amore al
balcone", Orsini e la Gabel si ispirano alle Scuole di recitazione
americane, ai metodi teatrali, lievemente enfatici. A seguire, Arnoldo
Foà interpreta un brano tratto dal "Cyrano de Bergerac" di Edmond
Rostand, (la dichiarazione d'amore a Rossana). L'eroina
"sentimental-musicale" del presente (parlando, naturalmente di 1966) è
Ornella Vanoni con Finalmente libera" (cover di "Non c'est rien",
riportata al successo in quel periodo, negli Stati Uniti da Barbra
Streisand). Segue una divertente parodia dei "fotoromanzi", ad opera
della Gabel e di Orsini (i due attori, per concentrasi meglio ed
"entrare" nei personaggi, intonano famosi motivi come "Il cielo in una
stanza" e "All The Way"). L'ambientazione successiva è un locale da
ballo parigino (stile "St. Germain"). Orsini e la Gabel, in perfetta
tenuta "esistenzialista", presentano Juliette Gréco, interprete della
famosissima "Les feuilles mortes" di Prévert e Kosma. Terminata
l'esibizione della grande interprete transalpina, si torna in Italia con
Milva e la sua versione di "Blue Spanish Eyes" (firmata da Bert
Kaempfert). Umberto Orsini introduce poi il tema, "La canzone
sussurrata-confidenziale". Alfiere di questa corrente è Sergio Endrigo,
con un altro successo del Sanremo 1966: "Adesso sì". Dopo un breve
monologo di Franco Volpi, dedicato ai "sonetti amorosi", Jimmy Fontana,
in una sala di registrazione, propone il suo brano, "Cammina, cammina".
Si cambia scenario per illustrare "l'amore a prima vista": la Gabel e
Orsini sono ora in una balera e danzano al ritmo della romantica "Capri,
c'est fini", proposta da Hervé Vilard e, subito dopo con John Foster e
la sua canzone "Se questo ballo non finisse mai". Si torna alla canzone
internazionale, per rivestire di note "l'amore finito". Il motivo è "I
parapioggia di Cherbourg" di Michel Légrand (dal film musicale "Les
parapluies de Cherbourg" di Jacques Demy, con Catherine Deneuve e Nino
Castelnuovo). Ad interpretare la canzone, la raffinata voce di Nanà
Mouskouri. Umberto Orsini e Scilla Gabel si accomiatano dai
telespettatori e lasciano concludere il programma a Mina, la quale
propone la bellissima "Se tu non fossi qui" (scritta da Carlo Alberto
Rossi e Marisa Terzi, sfortunata a Sanremo '66, nelle interpretazioni di
Pat Boone e Peppino Gagliardi). Scorrono poi i titoli di coda e le
immagini della puntata appena trasmessa, accompagnate dalla sigla di
chiusura, "Se telefonando", firmata dal M° Ennio Morricone, con il testo
di Ghigo De Chiara e Maurizio Costanzo. Ad interpretare (splendidamente)
il motivo e a consegnarlo alla storia della musica leggera, ancora la
voce di Mina.
"Aria condizionata" si può definire un programma riuscito. A quaranta
anni di distanza, risulta tuttora godibile, ben strutturato, elegante e
singolare. Ai tempi, il successo fu discreto, ma non eccelso, come per
molti programmi trasmessi nei mesi estivi. Certo, oggi non reggerebbe il
confronto con prodotti di "alto profilo" artistico come "Cultura
moderna", affidato all'estro, "asciutto eppur sofisticato" di Teo
Mammucari o il fondamentale "Tutto per tutto", con un "fine dicitore"
come Pupo, dotato di un ineguagliabile stile e di un impareggiabile
bagaglio artistico...
Un grande abbraccio!!!
David Guarnieri
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