( da Disco Sette )
Un anno fa, di questi tempi, abbiamo preso in esame questo stesso periodo (aprile 1967). Ma all'epoca ci eravamo soffermati soltanto sulla musica straniera parlando, abbastanza approfonditamente, di questo cantante o di quel gruppo con la promessa che ci saremmo occupati anche della musica e dei fatti di casa nostra appena ci fosse stata l'occasione giusta. Siamo di nuovo ai primi di aprile e quindi, quale altra migliore occasione per mantenere quella vecchia promessa? Cominciamo con un piccolissimo commento alla classifica di questa settimana. La classifica Le canzoni più vendute sono ancora quelle provenienti dal 17° Festival Di Sanremo, un'annata di quelle buone sia per la qualità delle composizioni sia in termini puramente economici (vendite altissime). Ci sono tre outsider: per primo il TEMA DI LARA, ancora in classifica dopo qualche mese, tema principale della colonna sonora del DOTTOR ZIVAGO (quante versioni, strumentali e non, sono uscite sul mercato mondiale?), il penultimo singolo del 'soldato d'Italia' Gianni Morandi con quel bellissimo pezzo di Neil Diamond, SOLITARY MAN, tradotto in italiano da Franco Migliacci in SE PERDO ANCHE TE; il terzo, una nuova entrata, un cantante che insieme ad Al Bano sarà la rivelazione del 1967, per quanto siano anni che batte costantemente le strade della canzone: Fausto Leali. Il cantante di Nuvolento piazza in classifica la canzone che più lo rappresenta in assoluto, quel A CHI che conoscono ormai anche i sassi. Ultima annotazione da fare: prima di Sanremo, visto il grande successo di STRANGERS IN THE NIGHT di Frank Sinatra, si è puntato molto sul melodico dichiarando prematuramente la fine imminente del beat. Le giurie sanremesi avevano confermato questa ipotesi facendo vincere una canzone "antica" come NON PENSARE A ME. Ma gli acquirenti dei dischi hanno nuovamente cambiato le carte in tavola dei discografici perché a vincere sono stati soprattutto quei cantanti e quei complessi che con il melodico avevano poco da spartire: Little Tony, Antoine, I Rokes e I Giganti. E Gianni Morandi, che in questo momento, se si fosse messo a vendere salami anziché dischi, li avrebbe venduti senza problemi, grazie anche ad una pubblicità ossessiva targata Ministero Della Difesa e RCA. Di melodico c'è Johnny Dorelli con L'IMMENSITA', forse il suo più grande successo commerciale da quando ha iniziato a cantare, circa dieci anni fa. Ecco, lui potrebbe essere il gol della bandiera per coloro che prevedevano un ritorno al melodico ad oltranza, essendo un epigono italiano di Frank Sinatra (non a caso 4 mesi prima incise la versione italiana del brano del cantante italo americano, SOLO PIU' CHE MAI). Il capocannoniere del box office italiano potrebbe però essere Gianni Morandi che nonostante non sia sceso in campo fisicamente perché militare resiste nei primi dieci. Ed è un record non da poco il non essersi fatto sommergere dai dischi sanremesi e dalle novità primaverili. In fondo SE PERDO ANCHE TE è il retro di C'ERA UN RAGAZZO CHE COME ME AMAVA I BEATLES E I ROLLING STONES, in classifica dal dicembre 1966.
Un Disco per l'Estate 1967 Detto questo, cominciamo a vedere cosa ci prospetta il futuro prossimo. L'operazione Disco Per L'Estate è giunta alla fase conclusiva: individuati esecutori e canzoni lo schema della trasmissione, patrocinata dalla Rai in collaborazione con l'A.F.I (associazione dei fonografici italiani), è rimasta pressocchè invariata rispetto allo scorso anno. Le uniche modifiche sono state il numero delle canzoni in gara (da 46 a 49) e la graduatoria finale che non prevede più soltanto la canzone vincitrice ma anche la classificazione di una seconda e di una terza. Quindi, a partire dal 20 aprile 1967 fino al 7 giugno 1967, la radio trasmetterà in speciali rubriche (quattro trasmissioni giornaliere) le canzoni ammesse alla manifestazione ed anche la tv darà una mano alla circolazione delle stesse attraverso 'vetrine' periodiche dove verranno presentate le canzoni in gara. Questa liaison tra Sanremo e l'annuale Lotteria Italia è il classico ponte d'oro per la discografia perché le canzoni, nonostante la proclamazione a giugno, vengono trasmesse in radio fino a settembre e quindi la gente ha tanto tempo per affezionarsi a quella o questa canzone ed eventualmente acquistarla. Il problema è che il livello, generalmente, non è ottimo. Il Festivalbar, nato da soli due anni, è già un grosso avversario per il Disco Per L'Estate e generalmente ha cantanti e canzoni più d'impatto. Quest'anno la Rai ha chiesto alcuni ritocchi a dei testi in gara come per esempio LA ROSA NERA della Cinquetti, LA LEGGE DELLA NATURA di Salvatore Vinciguerra e IL DESTINO PIU' BELLO di Paola Bertoni. Radicalmente cambiati o quasi i testi di SENZA DI TE di Fausto Leali e DA QUANDO AMO TE di Marcello Marchese. Destino diverso per Gian Pieretti. Aveva mandato dapprima una canzone dal titolo IN UN CAMPO DI FIORI, bocciata senz'appello dalla commissione Rai, poi L'UOMO SENZA FORZA ma nonostante le buone intenzioni anche questa composizione è stata giudicata poco idonea per una manifestazione di carattere - diciamo - familiare come Un Disco Per L'Estate. Allora ha mandato una terza canzone nel cui titolo c'è un nome di donna ed un numero telefonico,JULIE 367008. Questa volta i giudici hanno detto di sì a patto che venga omesso il numero per evitare che qualche buontempone giochi a fare il molestatore telefonico. Gian Pieretti acconsente, però fa sapere che delle tre canzoni i giudici hanno scelto proprio la più cretina. Anche Pilade, del Clan Celentano ha avuto dei problemini. La canzone che aveva mandato non è stata accettata (NON M'IMPORTA PIU' DI NIENTE) e allora ha dovuto ripiegare su un brano stupidino (non è che le canzoni di Pilade si dividano in stupide o no: generalmente sono sullo stesso livello medio-basso) BENE E MALE, visto che proporre la canzone con la quale avrebbe partecipato al Cantagiro non era nemmeno da parlarne, LA LEGGE DEL MENGA, la famosa legge milanese per la quale chi c'è l'ha in quel posto là se lo deve tenere. Un titolo inappropriato per una commissione mai tanto bacchettona (anche a sproposito) come quella di quest'anno. Comunque quella canzone sarebbe stata poi utilizzata al Cantagiro dallo stesso Pilade (canzone inutile e di cattivo gusto). Come potete capire da quei pochi nomi fatti la maggior parte dei partecipanti al Disco Per L'Estate sono degli emeriti sconosciuti o quasi. Cantanti ai quali le case discografiche dànno una chance per farsi conoscere attraverso una manifestazione che, nonostante sia utile ai fini promozionali ed economici, non ha mai riscosso le simpatie dell'ambiente. Si preferiva mandare scarti, cantanti in declino o magari giovani piuttosto che big acclamati e sulla cresta dell'onda. Complessi come I Delfini (che adesso vengono collezionati in quanto di genere beat minore) all'epoca non battevano un chiodo in termini di vendite. Lo stesso dicasi per I Satelliti e gli Scooters. Cantanti come Leo Sardo, con tutta la buona volontà, non si può dire che siano stati dei campioni di vendite. Quanti di questi sono presenti in questa edizione? Tantissimi. Facciamo un piccolo elenco? Franco Talò (che comunque non è mai mancato un anno da quando esiste la manifestazione), Lello Caravaglios, Lalla Leone, Gabriella Marchi, Antonio Marchese, Paola Bretoni, Lida Lu e potremmo fare altri venti nomi di questo genere. Sono generalmente cantanti che, a parte gli addetti ai lavori e i collezionisti (attuali) di manifestazioni, non dicono niente a nessuno. Quindi, può entusiasmare una gara come questa? I veri big italiani si tengono alla larga da questa trasmissione targata Rai. I discografici fanno l'elemosina di qualche nome importante che nei precedenti sei mesi ha avuto una qualche battuta d'arresto oppure ha appena cominciato a rimettersi in carreggiata. E' il caso di Tony Renis che dopo il successo di QUANDO DICO CHE TI AMO (che comunque a Sanremo non era cantato da lui in quanto giudicato cantante in declino) ci prova con NON MI DIRE MAI GOODBYE. Ci riprova Gianni Pettenati, vittima sanremese. La Fonit Cetra puntava molto sul cantante piacentino specie dopo il boom di BANDIERA GIALLA. Ma LA RIVOLUZIONE è stato un mezzo flop e quindi lo ha subito mandato agli esami di riparazione con IO CREDO IN TE. Anche Pino Dosaggio, che non riesce più ad agguantare il successo dopo l'avvento prepotente del beat (lui così tutto casa e conservatorio) è in lizza con un'altra canzone da dimenticare al più presto (sebbene brutta non sia), UN BRIVIDO DI FREDDO. Annarita Spinaci, l'unica quarantenne del mondo della canzone che di anni ne ha solo venti, prova a fare il bis (è lei che ha portato a Sanremo la canzone di Tony Renis insieme ai Les Surfs) con BALLA BALLA ma è un disastro. Poi un residuato bellico, Jenny Luna: una cantante molto in voga nel periodo 1959-1961 che a soli sei anni di distanza viene vista come fosse una dei Mille di Garibaldi (questo per far capire quanto allora gli anni, in realtà, fossero quasi decenni, traslati in mode musicali e avvenimenti sociali). La canzone è DI QUI e naturalmente anche dal titolo si capisce perché neanche passa le eliminatorie. Allora, quali sono i successi che verranno da questa manifestazione? Forse è un po' presto per parlarne visto che siamo ai primi d'aprile ma qualcosa ci dice che Jimmy Fontana, Al Bano, la Cinquetti e Wilma Goich avranno un buon riscontro di vendite. Sta a voi ora individuare i titoli. Non è difficile, basta dare una scorsa alle nostre classifiche settimanali. Iva Zanicchi Una cantante che partecipa al Disco Per L'Estate è Iva Zanicchi. Ha appena vinto il Festival in coppia con Claudio Villa e il fatto che già debba partecipare a questa manifestazione la dice lunga sull'effettivo riscontro in termini di successo reale della vittoria sanremese: si può dire molto basso? Praticamente si è trattato di una vittoria di Claudio Villa. Anche se poi, negli anni successivi ed ancora oggi, NON PENSARE A ME è diventata "la vittoria" o meglio la prima vittoria sanremese delle tre conquistata dall'aquila di Ligonchio. Ma perché? La carriera di questa cantante è stata piuttosto rapida. Partecipa al Festival di Castrocaro nel 1963 con un brano orribile intitolato SEI ORE e viene subito scritturata dalla Ri.Fi. Il suo primo disco (di poca fama) si chiama ZERO IN AMORE. Scarso successo anche qui. La sua etichetta la manda alla Ribalta Per Sanremo e totalizza il massimo dei voti e quindi parte per il Festival Internazionale Di Zurigo (ma a Sanremo del 1964 non mette piede). Al Burlamacco D'Oro di quello stesso anno presenta il suo primo successo, COME TI VORREI (versione italiana di CRY TO ME di Solomon Burke, artista soul, come la voce della Zanicchi in quel periodo, calda e appassionata. Visto il successo ottenuto parte per Sanremo 1965 e in coppia con Gene Pitney canta I TUOI ANNI PIU' BELLI, una mezza delusione. Nello stesso anno partecipa al Disco Per L'Estate con ACCAREZZAMI AMORE, canzone molto bella ma soprattutto cantata splendidamente. Il pubblico ora abbina la faccia alla voce, una voce così particolare ed inconfondibile. Nel 1966 un altro Sanremo ed una canzone stupenda, LA NOTTE DELL'ADDIO (di Remigi e Testa), tanto bella quanto passata inosservata. Però la critica la premia come migliore cantante. Ecco di nuovo la bella stagione ed ecco una canzone che la fa nuovamente emergere: anche qui si tratta di un brano in lizza al Disco Per L'Estate, FRA NOI. A questo punto si può evincere che fino ad ora Sanremo è andato male mentre il Disco Per L'Estate molto bene. Nel 1967 comincia la fase inversa. Vince Sanremo ma arriva il tonfo inaspettato alla gara indetta dalla Rai: la canzone è QUEL MOMENTO. Non che sia brutta, soltanto non piace. A questo punto viene il dubbio: ma come, vince Sanremo e nonostante questo, il suo disco non si è venduto, va al Disco Per L'Estate e fa un buco nell'acqua... che sia proprio lei a non piacere? Il pubblico vede in questa ragazza di 26 anni, che ne dimostra dieci di più, un personaggio forse troppo sofisticato nonostante la sua origine emiliana e il fatto che non sia stata ancora aiutata dalla tv a farsi conoscere realmente. La si giudica cioè una donna pratica e alla mano come poche e questo schema le nuoce non poco. Lei in realtà è una donna molto semplice, per niente sofisticata e spererebbe che questa sua realtà potesse essere percepita senza indugi dalla gente. Il vero handicap è che la vestono, la truccano e le danno canzoni non idonee al suo personaggio, lontane dalla sua impostazione vocale e di carattere. Basti pensare a quell'astrusa canzone che le hanno fatto interpretare a Scala Reale, MONETE D'ORO. O a quei vestiti pseudo eleganti da signora bene milanese che la invecchiano terribilmente. Anche alla Ri.Fi la tengono un po' in disparte. Non dimentichiamo che è nella stessa casa discografica di Mina. Le cose più belle vengono offerte alla signora Mazzini non alla Zanicchi. E di questo, nonostante non ne parli, lei ne soffre. Un esempio? Al tempo di FRA NOI, il disco venne meno pubblicizzato di BREVE AMORE e SE TELEFONANDO, nonostante l'apprezzabile qualità della canzone. E questo succedeva nelle trasmissioni radiofoniche curate appositamente dalla Ri.Fi! A marzo Iva viene fischiata alla Sei Giorni Ciclisitica di Milano: aveva osato presentare la canzone vincitrice del Festival, un brano giudicato vecchio come impostazione (e a ragione) da tutti i ragazzi presenti nel velodromo. Neanche le successive due canzoni hanno frenato i fischi del pubblico. Quindi, dove sta il problema in Iva Zanicchi? Non piace ai giovani, non fa canzoni per i giovani, non ha quell'appeal che fa leva sulle giovani generazioni. Parliamo dei 16enni dell'epoca, quelli che mangiavano pane e Rokes o pollo coi peperoni e Rolling tutti i giorni. Si veste come le loro madri e assomigliare alle madri (ma anche ai padri) in questo periodo di "beat contro matusa" nuoce gravemente alla salute (e alla carriera). Le cose per la Zanicchi cambiano alla fine del 1967: Mina (bontà sua) cambia casa discografica e fonda la propria. Iva nel frattempo si era sposata con il figlio del proprietario della sua casa discografica, Tonino Ansoldi (dal quale si separerà nel 1976), le nasce una figlia nel 1968, rivince un Sanremo con ZINGARA: ma anche questo non basta! La seconda vittoria a Sanremo le porta fama in termini di palmares e soddisfazioni personali, la si vede spessissimo in tv, ma tutto questo non l'aiuta a raggiungere il consenso pieno del pubblico. Iva Zanicchi ha la sindrome Vanoni: è famosa ma non piace alla gente, fa dischi ma non ne vende in maniera sufficiente da essere considerata un personaggio di peso. E' il 1970, stranamente lo stesso anno in cui la Vanoni dopo 11 anni di carriera viene definitivamente accettata dal pubblico, l'anno di svolta per la cantante di Ligonchio: prima L'ARCA DI NOE' a Sanremo, poi UN UOMO SENZA TEMPO e UN FIUME AMARO. Un tris niente male. Nel frattempo cambia look, cambia pettinatura (di grande effetto la sua immagine sul long playing CARO TEODORAKIS) e diventa un fiume inarrestabile. Finalmente, dopo tanto patire, eufemisticamente parlando s'intende, Iva diventa veramente una signora della canzone. Restando all'oggi (1967), la futura signora Ansoldi era in predicato per andare anche al Cantagiro, ma avendo scoperto di essere in dolce attesa, evita lo stress della carovana canora e preferisce dedicarsi alle riprese del suo primo film UNA RAGAZZA TUTTA D'ORO, con la regia di Mariano Laurenti e con la partecipazione di altri cantanti nel ruolo di loro stessi come Patty Pravo, Rocky Roberts, Ricky Shayne e Caterina Caselli. Il protagonista maschile è Enrico Simonetti che fa la parte di sé stesso e che scopre in un paesino una ragazza dotata di una bella voce. Trama esile quanto il film che serve esclusivamente a far vedere alcune performance degli artisti citati. Naturalmente il film non arriverà mai nelle grandi città (se non in qualche sala parrocchiale) ma solo in provincia. Iva si fa notare sul set soprattutto per i continui svenimenti causati dalla gravidanza. Dalida Dall'Emilia alla Francia. Passiamo a Dalida, che in questo periodo si sta lentamente riprendendo dopo il tentativo di suicidio messo in atto all'hotel Prince De Galles, l'hotel dove anche Tenco aveva soggiornato nel suo unico passaggio a Parigi. Come tutti sappiamo, la stabilità psicologica di Dalida ha subìto un grossissimo contraccolpo dopo la morte del suo più che amico Luigi Tenco. Lei ha cercato la morte un mese esatto dopo quella del cantautore genovese. In che modo? Ingerendo 72 compresse di barbiturici, prese tre a tre fino al collasso. L'assurda scrupolosità della gestione dell'albergo e la paura di uno scandalo ha fatto sì che la cantante franco-calabrese rischiasse ancor più gravemente la vita. Il direttore ha preferito chiamare un dottore invece che direttamente l'ambulanza. Altro fatto che avrebbe dovuto far insospettire gli inservienti e la direzione è che Dalida aveva appeso alla porta un non disturbare da ben 24 ore e questo imperativo, in quell'albergo, lo hanno preso davvero alla lettera, forse troppo. Un quotidiano parigino, nelle pagine del chi viene e chi va in città aveva anche pubblicato la sua permanenza in albergo e a nessuno è venuto in mente il perché di questa scelta, visto che la cantante aveva una casa di quattro piani a Parigi, una madre ed un fratello. Dalida aveva calcolato tutto alla perfezione. IL giorno prima aveva cantato in un locale di Masse, vicino a Fontainbleau e si era sentita terribilmente apatica a tutto. La gente in sala non esisteva, lei non aveva voglia di cantare, di mangiare e tutta la sua esistenza le è sembrata improvvisamente priva di senso. Decide di morire coll'impegno di un alunno che fa un compito di scuola, attentamente ed impegnata ma senza volersi del male veramente. Era solo stanca di vivere. Il giorno dopo, arrivata a Parigi s'installa in albergo con la certezza di non voler più tornare indietro. Aveva organizzato il suicidio perfetto e nessuno sarebbe arrivato in extremis per salvarla. Aveva lasciato una busta con dei soldi per la madre, in modo da permetterle di andare avanti in attesa delle pratiche per l'eredità. Il testamento l'aveva già scritto qualche giorno prima e depositato. Aveva scritto alcune lettere: alla madre, al fratello, all'impresario Felix Maruani, all'ex marito Lucine Morisse e alla polizia. Prima di prendere le compresse ha passato in rassegna la sua vita e ha visto tanto lavoro, la celebrità ma niente altro. Né amore né figli. Niente. Quelle compresse sembravano avere più vita di lei e da sola, come era nella realtà, le ingerisce per ben 24 volte, quando poi si distende sul letto ed attende che prima il sonno e poi la morte se la vengano a prendere. Si risveglia 5 giorni dopo all'ospedale Fernand Vidal. Cinque giorni in cui i medici hanno avuto poca speranza di salvarla. Ma la sua fibra forte e forse un inconscio desiderio di sopravvivere ha fatto sì che Dalida rimanesse al mondo. Grazie anche alla cameriera della stanza 410, dove era alloggiata, che l'ha scoperta per prima. Dalida dichiarerà dal suo letto d'ospedale: io non morrò mai più. Io voglio vivere ancora più intensamente perché Luigi Tenco è morto. Gli italiani sono molto colpiti da questo gesto e cominciano a voler bene a questa donna fortunata e sfortunata nello stesso tempo, tanto che le tributeranno la vittoria a Partitissima 9 mesi dopo. I giornali sono pieni delle sue foto e del racconto del tentato suicidio e aggiungono molto del loro, condendo con frasi lacrimose ad affetto per rendere ancora più patetica una storia che avrebbe dovuto essere intima ma che è andata invece sulla bocca di tutti. Dalida aveva deciso di suicidarsi non solo per il ricordo ancora vivo di Luigi Tenco: quello, casomai, era un pretesto in più. Cercava la morte per il suo male di vivere, male che l'ha accompagnata per tutto il resto della sua esistenza. E l'ha cercata sempre e insistentemente. Dieci anni dopo tenta un altro suicidio e venti anni dopo quello definitivo, che la porterà alla tomba. Era il 3 maggio 1987. Stranamente lo stesso anno in cui morrà (solo tre mesi dopo) il vincitore dello stesso Festival del 1967, quello della canzone CIAO AMORE CIAO in coppia con Tenco: Claudio Villa, che per farlo sceglierà proprio la sera della finale del Sanremo 1987. Il presidente Mitterand, per bocca di uno storico francese, dirà in onore della cantante queste parole: Yolanda arrivederci, Dalida grazie. Il vero nome di Dalida era Yolanda Gigliotti. Ninì Rosso Parliamo di un disco un po' particolare (se non ce ne curassimo noi, probabilmente non ne trovereste traccia da nessuna parte). Il disco (a 45 giri) è la nuova proposta per la primavera musicale di Nini Rosso, LA MONTANARA. A parte il fatto che parlare di monti innevati e riproporli anche graficamente in copertina ci sembra un'operazione in controtendenza rispetto alla stagione che si va ad annunciare, ma tant'è... le scelte delle case discografiche sono (erano) spesso davvero singolari ed imprevedibili. Quando Nini Rosso propose ai dirigenti della Durium di incidere IL SILENZIO lo presero per matto e pronosticarono un tonfo incredibile. Ma glielo fecero incidere anche perché all'epoca si incidevano tanti di quei singoli che uno in più o in meno non faceva davvero differenza. Come sappiamo IL SILENZIO, nel 1965 ma anche nella prima metà del 1966 ha venduto nel mondo qualcosa come cinque milioni di copie, ripreso poi da altri cantanti e strumentisti internazionali. Un esempio valido sono Dalida e Al Hirt. Con un precedente simile nessuno più osa avanzare la minima riserva quando Nini Rosso propone qualche brano da incidere anche, come in questo caso, quando sembra totalmente fuori stagione. Secondo la teoria del trombettista più famoso d'Italia (che non ce ne voglia Al Korvin) non esistono limiti di sorta al saccheggio del repertorio storico, sia che si vada dalle arie operistiche che alle marce militari, agli inni nazionali o liturgici. Tutto è possibile. L'importante è trovare melodie che si prestino ad essere sfruttate per un disco di musica leggera. Con LA MONTANARA la ricetta è semplicissima: togliere le parole del coro alpino e sostituirle con un accompagnamento ritmico valido, eseguendo la melodia con la tromba senza cambiare una virgola. Ma soprattutto ripetere la lezione imparata con IL SILENZIO, cioè condire il tutto con un breve recitativo pronunciato con voce roca. Avete fatto caso come Nini Rosso, oltre che fisicamente, assomigli a Buscaglione anche come timbro vocale? LA MONTANARA non vende poi molto ma quel tanto che basta per rifarsi dei soldi spesi per l'incisione e soprattutto serve per avere il proprio nome sempre in circolazione e nei negozi di dischi. In Germania, naturalmente, va fortissimo ogni disco di Nini Rosso. Non a caso, il retro è SALUTE A TE , versione italiana (per così dire, dato che è prettamente strumentale) di SALUTE TO MUNICH, di Christian Bruhn. Un motivo alquanto surreale, a metà tra l'atmosfera tipica dell'oktoberfest e il tema western. Da evitarne accuratamente l'ascolto. Patty Pravo Cambiamo genere e passiamo a considerare la musa delle ragazze adolescenti, che sognano di vivere come lei, o dei ragazzi che sognano invece un appuntamento con lei: Patty Pravo. Sono solo sei mesi che è sulla scena ed è già riuscita a conquistarsi una grossa visibilità sia musicale sia mediatica. Così come successe per Mina agli inizi della sua carriera, giornalisti e scrittori si affrettano ad intervistare e a vivisezionare questa ragazza veneziana che vive e si muove con una spregiudicatezza tale da destare scandalo e curiosità al contempo: una vera figlia delsuo tempo. Di lei si dice che altri non sia se non un esasperato simbolo della gioventù che cerca di liberarsi da canoni di comportamento ormai superati; lo fa attraverso una voce afona ed un'espressione carica di comunicativa e di personalità. Una diciannovenne che vive alla giornata, che fa quello che le pare e che lo fa divertendosi. Era arrivata a Roma nel 1966. Doveva essere un breve soggiorno ma Roma divenne la sua città. A Roma nacqua Patty Pravo e si spense Nicoletta Strambelli. "Decisi di troncare con la famiglia, con lo studio e con tutto, perché ero stufa di vedere intorno a me tanti morti, tante ombre, tanta gente che non mi dava affetto, né intelligenza, né comprensione. Mi sentivo oppressa da morire, e Venezia mi sembrava una città di fantasmi". Queste erano le parole che Patty recitava ai giornalisti durante le interviste di quel suo primo periodo. Interviste e dichiarazioni ad effetto, con lo scopo di creare un personaggio differente da tutti gli altri, una ragazza da non far sposare al proprio figlio, per il quale si sogna una carriera in banca, un personaggio maledetto che vive la vita così come fuma una sigaretta. Questa era la Patty Pravo del 1967. Non le importa del denaro, dice. Ma si sa, sono cose che si dicono. Difatti, mentre si diverte a giocare a fare la dissacrante, accetta di girare i famosi spot per l'Algida, azienda per la quale sarà testimonial per circa tre anni. Il suo debutto ufficiale avviene durante una puntata di SCALA REALE, in cui - gregaria nella squadra di Michele - presentò quello che già era diventato, grazie alla radio e al passaparola, un inno del 1966: RAGAZZO TRISTE, splendida canzone di Sonny & Cher (BUT YOU'RE MINE) tradotta sapientemente da quella vecchia volpe di Gianni Boncompagni. La squadra di Michele non passa il turno ma la presenza in tv di questo strano animale da palcoscenico lascia il segno. Intanto il suo manager Alberigo Crocetta (altro genietto che sapeva costruire come pochi al mondo i personaggi dal nulla) le faceva inaugurare i vari Piper in Italia (Viareggio, Torino e il Paip's di Milano). La insigniscono del titolo di Ragazza Del Piper con grande smacco per la Caselli la quale, fino a quel momento, aveva usato quella qualifica e che di colpo si trovò nella situazione di una che venga scoperta a pascolare nel prato altrui. Le sue divise di questo periodo sono un tailleur Yves Saint Laurent bianco e uno a righe abbinato a stivali bianchi oppure un mini abito rosso in cui sembra essere entrata per caso. Ecco, per lei c'è una tale naturalezza in ogni cosa che fa da sembrare calcolata. Così come il non avere peli sulla lingua e dire tutto quello che le salta in mente. Una così o la si odia a prima vista o la si accetta (e magari la si ama). Vie di mezzo non ce ne sono, anche perché la superbia e la sfrontatezza che mette in ogni suo atteggiamento lascia spesso perplessi. La sua autenticità è pari alla sua ingenuità. A diciannove anni si hanno già le idee così precise su quello che si vuole fare da grandi? A sentire lei, sì. A sfogliare adesso l'album della sua vita, no. La maggior parte del Patty-pensiero del 1967 già non sarebbe più tanto valido nel 1968, per non parlare degli anni successivi. Patty Pravo è l'unico personaggio (insieme a Mina) ad essere riuscita a cambiare pelle ogni sei mesi: sia dal punto di vista fisico (trucco, pettinatura) che comportamentale. Da una qualsiasi immagine della cantante si può risalire senza errare all'anno e al periodo preciso. Un personaggio davvero interessante a prescindere dalla musica. E parlando di musica, Patty è in studio di registrazione per terminare quello che sarà il suo successo estivo, QUI E LA, versione italiana di HOLY COW di Don Coway. Una dichiarazione di libertà assoluta: non si pianifica niente, si vive alla giornata e soprattutto si vive senza freni e senza case che tengano a bada la sua voglia di liberà sfrenata. Peccato che però una casa (e che casa!) già ce l'abbia: tra la Cassia e la Flaminia, una soffitta di lusso trovatale dalla RCA che se la coccola come fosse la gallina dalle uova d'oro. Addirittura per lei è stata creata un'etichetta distribuita dalla stessa RCA, la Piper Series, dove incideranno (lei già ci incide) cantanti prodotti da Crocetta e indirizzati ad un pubblico molto giovane. Questo Piper! Te lo trovi dappertutto. E difatti l'Algida che ti fa? Ti inventa il Piper gelato, dedicato a coloro che di Piper ci vivono. E dopo aver reclamizzato il cornetto, Patty non può esimersi dal reclamizzare questo giovanissimo gelato. Nella campagna Piper-Algida 1969 ci saranno anche Ornella Muti, Sabina Ciuffini ed Enzo Lojacono. Sono solo delle comparse (la Ciuffini non ha ancora incontrato il suo Mike e la Muti comincia a fare i primi passi nella casa editrice Lancio e nel cinema. Enzo Lojacono invece diventerà attore di fotoromanzi qualche anno dopo). Nei caroselli Algida (5 in tutto) presenta RAGAZZO TRISTE, THE PIED PIPER, QUI E LA', STO CON TE e VECCHIO MONDO, quest'ultimo al momento non edito. STO CON TE è anche il retro di QUI E LA'. Una canzone che potrebbe benissimo essere un lato A, andante-beat, molto in linea col personaggio del momento, che comunque è già differente da quello di cinque mesi fa, già più sofisticato. Scritto da Bardotti e De Simone e sapientemente arrangiato dal grande Ruggero Cini. Con questo nuovo singolo va incontro all'estate e al Cantagiro. Riceverà più attenzioni della coppia più bella del mondo (Celentano e la Mori) e della coppia più scontata del mondo (Teddy Reno e la Pavone, che rivelano alla stampa di essere una coppia, cosa che era nota anche ai deficienti più deficienti) si rivela come unico vero personaggio dell'anno. E questo è solo l'inizio. Rolling Stones Va bene, avevamo inziato a scrivere decidendo di occuparci soltanto di artisti e di fatti esclusivamente italiani, ma non possiamo far finta di niente: i Rolling Stones stanno per calare in Italia per la prima volta e la cosa è molto importante. Il 5 aprile saranno a Bologna, il 6 a Roma, il 7 riposo a Roma, l'8 a Milano. Il loro arrivo in Italia non è stato molto simpatico: a Linate sono stati cortesemente pregati di favorire per un controllo. Dopodichè sono stati letteralmente spogliati. Cercavano la droga, ma dato che il 10 di maggio avevano già fissato in patria un processo per uso di stupefacenti, molto saggiamente avevano deciso di non portarsi niente appresso. Tanto, se avessero voluto, sarebbe bastato andare a fare un giro nei dintorni del Piper di Roma. Dal momento della perquisizione in poi i Rolling sono diventati intrattabili: hanno rifiutato interviste e troupe televisive e minacciato di interrompere il tour se solo fosse stata fatta loro una foto fuori scena. Il cattivo umore degli Stones era dovuto soprattutto alla mancanza di materiale primo (leggasi hashish e marijuana). Di solito, prima di partire per le tournèe, facevano scorta, ma questa volta come abbiamo detto, a causa del processo in corso, avevano dovuto rinunciarvi. Sicuramente hanno trovato qualcosa in giro per l'Italia, ma dato che erano costantemente seguiti da orde di paparazzi ai quali i gorilla di scorta facevano continuamente gestacci e minacce, tempo e modo per procurarsene in grande quantità non l'hanno avuto. Il 7, giorno di riposo, Mick ha preso un aereo ed è andato a fare rifornimento a Parigi. Non si sa cos'abbia preso (dicono dexedrina o LSD). Certo è che questo "pieno" deve essergli costato caro. Se però si pensa che ognuno di loro guadagna per ogni concerto dieci milioni di lire del 1967, tanto caro non è stato, in fondo. Resta la tristezza di vedere un complesso di livello mondiale completamente succube della droga cosiddetta leggera (fumo e cocaina). Poi, dal 1968, cominceranno con l'eroina, ma questa è un'altra storia. A Roma i cantanti che aprono il concerto dei Rolling Stones sono i seguenti: Al Bano, ancora poco noto, accompagnato dal complesso de Gli Strani, gli Stormy Six (anche loro avranno maggior successo negli anni settanta), I Moschettieri, The Sleepings, I Messaggeri, I New Trolls all'inizio della loro carriera, Fiammetta e I Gringos e Ferry-Franco-Renè-Danny & Gaby, praticamente i New Dada senza Maurizio Arcieri dopo la famosa scissione di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo. La serata del Palasport di Roma è seguita da ottomila persone nel pomeriggio e da diecimila la sera. Un totale di diciottomila persone di tutte le età, una folla notevole per l'epoca. I cantanti che precedono i Rolling vengono fischiati dai più. Ci sono anche applausi ma è naturale che la moltitudine non sia certo venuta a vedere Fiammetta o I Moschettieri, dei quali il 99% dei convenuti non conoscevano neanche l'esistenza soltanto 5 minuti prima. In platea ci sono veramente nomi grandiosi: Alberto Sordi, Roger Vadim, Jean Paul Belmondo, Jane Fonda, Gina Lollobrigida, Vittorio Gassman, Gian Luigi Rondi, I Giganti, Rita Pavone, Ursula Andress. Pensate se la cosa fosse avvenuta oggi chi sarebbero i cosiddetti "vip" presenti in sala! Valeria Marini, Manuela Arcuri, qualche coglione del Grande Fratello, qualche altro fallito da isola dei famosi o da qualche fattoria ia ia oh, qualche velina rumena o russa di Striscia La Notizia. Che squallore! Ma andiamo avanti. La maleducazione c'è sempre stata, però sugli ospiti di riguardo cominciano a piovere bicchierini di carta e gelati confezionati fino a quando un urlo ciclopico sale all'interno dei Palasport di Roma: Silvio Noto, che presenta la serata (potevano chiamare qualcuno un po' più gradito ai giovani!!) introduce i Rolling Stones. Appena Mick Jagger afferra il microfono la folla esplode in un urlo assordante e la maggior parte dei ragazzi comincia a saltare sulle sedie e a ballare, cose poco usuali in Italia ma che si erano viste parecchie volte in tv attraverso servizi arrivati dall'estero. Forse la voglia di emulare o forse no, sta di fatto che l'atmosfera si riscalda al massimo anche se l'amplificazione a disposizione è veramente misera. Quelli in fondo sentivano soprattutto gli urli della gente e poco le canzoni. Mick, Keith, Brian, Bill e Charlie sono visibilmente compiaciuti del caos in sala, abbigliati in puro stile Carnaby Street. Brian Jones sfoggia un completo rosa shoking e come manto una bandiera inglese. Mick, il vero artefice dello show nello show (canta, si contorce e lancia fiori) ha una camicia in stile Settecento con tanto di jabot e maniche a sbuffo. Danno fondo al loro (sin qui) notevole repertorio: tutti i più grandi hit delle 'pietre rotolanti' passano in rassegna, compresi gli ultimi due successi già in testa alle classifiche italiane: RUBY TUESDAY e LET'S SPEND THE NIGHT TOGETHER. Quando Mick intona la barocca LADY JANE, Brian Jones si siede e sfodera una dulcinea, uno strumento amplificato elettricamente che dà un suono a metà tra il violino, una cetra e la spinetta del settecento. Quello che ci vuole per un arrangiamento degno di LADY JANE. Intanto i ragazzi presenti sono uno spettacolo nello spettacolo: la Lollobrigida si volta a vederli e i suoi occhi seguono entrambe le direzioni, palco e platea, come stessero seguendo una partita di tennis. Urlano, lanciano oggetti e se la prendono con gli agenti di polizia che non li lasciano avvicinare troppo ai loro idoli. Insomma, una serata alla quale è stato interessante aver partecipato, se non altro per vedere da vicino questo nuovo mondo giovanile di cui tutti i sociologi parlano (ce n'erano anche questa sera) e gli stessi attori e registi si occuperanno nella loro produzione del periodo 1967-1968. Più dei Rolling attira l'aspetto sociale e il fatto di essere partecipi dell'evento di cui si parla da più di un mese. Gina Lollobrigida Abbiamo nominato Gina Lollobrigida e la sua smania di sentirsi per una serata un po' beat anche lei (ci sembra un'impresa ardua, comunque) e restiamo sul personaggio perché condannata, insieme a Jean Sorel e a Mauro Bolognini, per il film LE BAMBOLE, hanno ottenuto in appello a Roma la concessione delle attenuanti generiche e la sospensione della pena. L'udienza è stata spostata al cinema Ariston di Roma dove è stata proiettata la pellicola. Tornati in tribunale, il film è stato dichiarato non più osceno ma solo "contrario alla pubblica decenza". Charles Aznavour Pollice verso invece per lo chansonnier Charles Aznavour: invitato a recarsi nella città lagunare (quale autore di COM'E' TRISTE VENEZIA) per ricevere la cittadinanza onoraria, ha chiesto in compenso diecimila dollari contanti, biglietti aerei per due viaggi Roma-Tel Aviv e per sette viaggi Parigi-Roma! L'eccessiva pretesa del cantante franco-armeno ha fatto così tramontare la possibilità di vederlo al gran gala dell'Europremio fissato a Venezia per il 27 maggio. Loredana Bertè Ci sono dei personaggi che nascono con una particolare predisposizione a diventare famosi, sia che non facciano niente per riuscirvi sia che si dannino in ogni modo per arrivarci. Una di questi è Loredana Bertè. Nel 1967 Loredana Bertè non è ancora nota nonostante da qualche tempo bazzichi l'ambiente televisivo come ballerina nei vari spettacoli che richiedono giovani capaci anche se non professionisti. Tra l'altro è la sorella di quella Mimì Bertè (non ancora Mia Martini) che a diciassette anni è diventata un certo nome nell'ambiente discografico grazie ad un paio di brani azzeccati e a qualche passaggio in televisione in programmi che contano. Ora la sorella sembra essersi messa da parte e ad avere diciassette anni tocca a lei, Loredana. Il Piper è la sua casa, la minigonna la sua divisa, i collettoni e le collettine di Rita Pavone i suoi migliori amici. Scelte personali che il suo Istituto d'arte a Via Conte Verde a Roma, nella persona del preside, non deve aver preso molto bene. L'Istituto era già assurto agli onori della cronaca per un giro strano di pasticche che all'inizio si diceva fossero anfetamine e alla fine si è appurato fossero solo dei tranquillanti. Ora è la volta di Loredana Bertè. Il fatto di essere una ragazza troppo libera e di aver protestato contro insegnanti che le hanno affibbiato voti bassi solo perché porta la minigonna non è andato giù al consiglio dei professori. Qualche tempo prima volevano addirittura sospenderla per averla vista in tv ballare uno shake insieme ad altri ragazzi e a Rita Pavone, ora viene sospesa per aver continuato ad indossare la minigonna, che nel 1967 non andava ancora molto più su del ginocchio. Certo è che questa vicenda ha fatto molto scalpore sui giornali dell'epoca e conseguentemente ha dato molta visibilità alla ragazza che adesso vedrà alzate le proprie quotazioni nel mondo dello spettacolo televisivo. Quando si dice che non tutti i mali vengono per nuocere... Moda giovanile Ogni idea che arriva dall'Inghilterra diventa subito moda. Ormai anche i francesi si sono messi il cuore in pace. La patria dei Beatles è ormai patria indiscussa d'ogni libera follia giovanile, arbitra dell'in e dell'out, centrale da cui, attraverso i canali segreti di un Intelligence Service per minorenni, partono le direttive per ogni moda. Questa primavera non c'è strada di Parigi, di Roma o di Monaco che non abbia in vetrina le divise prussiane. In Italia sono state subito adottate dai componenti dell'Equipe 84 che a loro volta hanno un negozio d'abbigliamento a Milano, La Drogheria Di Via Solferino. E considerate le loro attitudini alle droghe il nome poteva anche risultare un po' equivoco. Il fatto è che il negozio di abbigliamento era stato rilevato da una famosa drogheria con le insegne ancora in stile liberty. E i ragazzi dell'Equipe avevano deciso di lasciare tutto così come avevano trovato. Ma tornando alle divise prussiane, c'è veramente un interesse particolare per questo tipo di abbigliamento. 'The antique look' è sorto improvvisamente a Londra (un po' come il vintage negli ultimi tempi). Dai negozi e dai guardaroba teatrali sono improvvisamente scomparse tutte quelle (poche) uniformi stile 1848, così, da un giorno all'altro. Il completo invendibile fino a ieri è diventato un best seller soprattutto per gli uomini. Naturalmente le boutique europee hanno subito preso provvedimenti e per una cifra che varia dalle 15 alle venti mila lire ognuno può assicurarsi la propria divisa prussiana. Al tutto si aggiungono i famosi "button" con scritte tipo "non faccio la guerra faccio l'amore" messi al posto dei bottoni nelle asole. E' l'ultima follia della moda giovane, ormai indossata anche dai quarantenni (allora erano i cinquantenni di oggi) per essere alla page o in tinta con i loro figli adolescenti. La moda del periodo era davvero imprevedibile: una mattina potevi scoprire che andava di moda il caffettano e quando alla fine decidevi di comprartelo anche tu, era già passato di moda a vantaggio di un altro capo. Sicuramente non c'era occasione di annoiarsi. Svetlana Stalin Suscita clamore la fuga negli Usa di Svetlana Stalin, figlia del defunto dittatore comunista sovietico. Svetlana fu autorizzata a lasciare l'URSS per portare in India le ceneri del marito Brijesh Sing ma non rivelò a nessuno, neanche ai propri figli che sarebbe stato un viaggio senza ritorno. Dopo essere rimasta per tre mesi in Svizzera arriva a New York i primi giorni di aprile e indice una conferenza stampa denunciando il regime comunista sovietico tanto che Kossighin la bolla come "pazza". Svetlana è già un oggetto commerciale e di propaganda contro l'Unione Sovietica anche se sarà difficile poterla coinvolgere in un tentativo di smaccata polemica anticomunista perché non è affatto pazza come dice il signor Kossighin, anzi. Nonostante la destalinizzazione del paese, Svetlana non ha subìto pressioni (almeno così dice). Ha continuato a godere di certi privilegi negati agli altri sfortunati cittadini moscoviti. Aveva una macchina personale, una pensione ed il suo mestiere d'insegnante. Non partecipava alla vita ufficiale del PCUS ma non l'aveva mai fatto neanche prima. Le era stato comunque vietato di compiere viaggi all'estero ed incontrare giornalisti stranieri. Amava suo padre che la ricambiava chiamandola "la mia piccola padroncina" ma alla morte di lui aveva perso gran parte della fede politica. Era nata nel 1925 dal secondo matrimonio del dittatore con Nadia Aliluyeva, morta nel 1932 in circostanze molto misteriose. Ci fu chi disse che era morta di peritonite e chi fatta sopprimere dallo stesso Stalin. Nel 1941 Svetlana si innamorò di un cineasta di origine ebraica e questo fece inorridire il padre, convinto antisemita come e più di Hitler. Stalin spedì il giovane in un gulag nella città di Vorkuta e non si seppe più niente di lui. Poi Svetlana si innamorò di un altro ebreo e questa volta il padre non potè opporsi ma non volle mai incontrare lo sposo, dal quale lei divorziò nel 1947 dopo la nascita del figlio Joseph. Nel 1950, tre anni prima della morte del padre, comincia ad essere molto critica, a fare paragoni con ciò che accadeva negli altri paesi del mondo e giudicando severamente quello che accadeva nel proprio. Non era stata una cosa da nulla mettere in discussione tutto ciò a cui credeva, accorgersi che la realtà era lontana anni luce dall'ideologia e che tutto quello che aveva imparato con gli anni si era accorta che faceva acqua. Dopo la morte del padre decise di adottare il nome della madre per allontanarsi ancora di più da una vita che ormai non le apparteneva. Quando affronta i motivi della sua presa di coscienza intellettuale lo fa in modo ponderato e sofferto. Nessuna polemica ma solo la testimonianza di un lungo travaglio. Non dimentichiamoci che era la figlia di Stalin, un nome che al solo nominarlo faceva paura al mondo e non solo ai russi. Svetlana diventa una cittadina americana e sposa l'architetto William Peters nel 1970 cambiando il suo nome in Lana Peters. Nel 1984 torna in Unione Sovietica stabilendosi nella città paterna, Tbilisi. Ma abbandona la Russia nel 1986 e questa volta definitivamente, tornando in America dove ancora vive nello Stato del Wisconsin. Campionato di calcio
La 27° giornata di Serie A non offre grandi sconvolgimenti di fronte in
cima alla classifica. Due punti c'erano di distacco tra la Juve (prima)
e l'Inter (seconda) e due punti sono rimasti. La squadra torinese sbriga
la pratica Roma nel primo tempo, con due gol di Menichelli e di Zigoni,
il giovane attaccante che poi sarebbe passato proprio alla Roma. L'Inter
batte il Bologna con reti di Mazzola e di Burgnich. La rete della
bandiera la segna Fogli. Al terzo posto, distanziata da sei punti, il
Napoli che batte di misura il Mantova per 1 a 0, gol di Bianchi (il
futuro allenatore di Roma, Inter e dello stesso Napoli). Ecco i
risultati completi : 27° giornata di campionato di Serie A - 9 aprile
1967. Christian Calabrese
Fare clic qui per inserire un commento a questo articolo. DIAMOCI DEL TU (1967) di David Guarnieri Dal 27 marzo 1967, i giovani diventano protagonisti di uno spettacolo musicale in tv, intitolato "Diamoci del tu". L'autore dei testi è Italo Terzoli; la regia è affidata a Romolo Siena; il direttore d'orchestra è Tony De Vita; le coreografie sono curate da Paul Steffen. A condurre le sei puntate, due popolarissimi cantanti: Caterina Caselli e Giorgio Gaber. L'ambientazione è quella dello studio 3 della Rai di Corso Sempione in Milano (dove vennero girate le ambientazioni interne de "I promessi sposi" di Sandro Bolchi, andato in onda a gennaio del '67); la scenografa Ada Legori ha trasformato il palcoscenico in una sorta di anfiteatro con pista centrale. L'idea di questo "happening" è quella di divertire i ragazzi, ma, anche interessare i telespettatori di età "meno verde", proponendo musica (soprattutto), cercando di ironizzare sulle manie, il gergo giovanile, l'abbigliamento e le inevitabili ripercussioni sociali. La scelta degli animatori non è certo casuale: la Caselli è stata l'assoluta rivelazione canora del 1966, grazie ai successi ottenuti con motivi come "Nessuno mi può giudicare", "L'uomo d'oro", "Perdono", "Cento giorni", "Tutto nero" (in un solo anno ha dimostrato di poter rivaleggiare alla pari con regine della hit-parade come Mina e Rita Pavone). La personalità, provocatoria (ma non troppo), l'abbigliamento di grande tendenza, il casco d'oro (creato dai celebri coiffeur Vergottini) fanno della cantante emiliana, un preciso punto di riferimento; il suo partner, Giorgio Gaber è già un personaggio abituale, per quel che riguarda la platea televisiva (da ricordare le riuscite esperienze di "Canzoni di mezza sera", del "Canzoniere minimo", di "Questo e quello" e de "Le nostre serate"): il suo stile, misurato ed ironico è sempre risultato di grande efficacia. Entrambi gli interpreti provengono dall'esperienza del Festival di Sanremo 1967 (per intenderci, quello della tragica scomparsa di Luigi Tenco). Per Gaber le cose non sono poi andate tanto male (la sua "E allora dai", cantata in coppia con Remo Germani si è qualificata per la finale); per la Caselli, la 17^ edizione della rassegna si è rivelata un imprevisto flop (il brano, "Il cammino di ogni speranza", da lei eseguito, assieme ai celebratissimi Sonny & Cher, è stato sbattuto fuori alla prima eliminatoria). Naturalmente, questo show per i due padroni di casa, è l'occasione per presentare il proprio repertorio musicale: Gaber canta brani come "La libertà di ridere", "Snoopy contro il Barone Rosso", la stessa "E allora dai" e propone delle garbate parodie di canzoni di successo (da "Pietre" a "Proposta", fino a "Il ragazzo della via Gluck"). La Caselli (coadiuvata dal balletto, guidato da Joel Galletti), interpreta "Le biciclette bianche", "Cento giorni", "Il cammino di ogni speranza", "Per fare un uomo", "Puoi farmi piangere" (la famosa "I Put Spell On You" di Alan Price), "Incubo n. 4". Non mancano poi i duetti tra i due protagonisti: numeri che spaziano dai Beatles a Bob Dylan, dai Rolling Stones alle ballate folk, fino alle marce militari di diversi Paesi. Un aspetto singolare di questa trasmissione è la "Tribuna Beat", con la Caselli in veste di moderatrice. Accanto a lei - in ogni puntata - un attore brillante, che mette alla berlina (bonariamente) l'universo giovanile: il mito di "Carnaby Street", i "capelloni", lo shake, lo stile Yé-Yé, i rapporti genitori-figli. Tra gli spiritosi protagonisti, Raffaele Pisu, Lina Volonghi, Gino Bramieri, Ernesto Calindri, e Arnoldo Foà. La parentesi "seria" dello show è l' "angolo della poesia". Settimanalmente, si segnala la presenza di attori famosi: Valeria Moriconi e Corrado Pani (i quali leggono poesie di autori russi), Gianmaria Volontè (alle prese con le liriche di Bob Dylan), Sergio Fantoni e Valentina Fortunato (con testi di famosi "blues"), Giulio Bosetti e Giulia Lazzarini (con le poesie dedicate alla chitarra) fino ad un'inedita Ornella Vanoni, che non canta, bensì recita poesie di Umberto Saba. Inevitabili, le partecipazioni di grandi ospiti canori: da Sandie Shaw (con "Il mondo nei tuoi occhi", cover di "(There's) Always Something There To Remind Me" di Burt Bacharach) a Lucio Dalla con la sanremese "Bisogna saper perdere", dall'Equipe 84 con "E' dall'amore che nasce l'uomo", dalla quasi debuttante Marisa Sannia con "Sarai fiero di me" ai favolosi Byrds (reduci dal trionfo di "Mr. Tamburine Man" di Dylan) con l'altrettanto nota "Mr. Spaceman" ad Antoine e la celebre "Pietre" (altro successo di Sanremo 1967), da Patty Pravo con "Sto con te" alla New Vaudeville Band con "Winchester Cathedral", da Riki Maiocchi con "C'è chi spera" a Fausto Leali con la trionfante "A chi", da Gino Paoli con "Io che sarei" a Françoise Hardy con "I sentimenti". Nella serie di ospiti si segnalano due celebri debuttanti: Francesco Guccini (segnalato dalla Caselli) e Franco Battiato (proposto da Gaber). Quest'ultimo lancia il brano "La torre". La sigla iniziale, "Gulp Gulp" (ispirata dal linguaggio fumettistico), è cantata da Giorgio Gaber (da rimarcare la notevole trovata, utilizzata per il filmato tv: un pannello con i nomi dei protagonisti e dei realizzatori, inframmezzato dagli splendidi disegni di Guido Crepax). Per quel che riguarda la sigla finale, Caterina Caselli porta al successo in hit-parade un brano intitolata "Sono bugiarda" (scritta da Neil Diamond, ma lanciata dai Monkees). "Diamoci del tu", conquista un buon successo di ascolto e di gradimento, da parte del pubblico televisivo (giovanile e non). La critica si divide: c'è chi parla di programma originale, ben scritto e piacevole, chi deride l'esperimento, tacciando il programma di pretenziosità e di scarsa vena creativa (a cadere sotto la scure della stampa è, in particolare, l'abbinamento tra "canzonette" e poesie serie, recitate immotivatamente in un contesto "poco profondo"). A giudizio di chi scrive, la trasmissione si muove bene, tra un numero musicale e l'altro, restando assai godibile (anche a quasi quaranta anni di distanza), sia per merito dell'indovinata regia di Romolo Siena che per il felice e simpatico apporto conferito dalla coppia Caterina Caselli e Giorgio Gaber (validi interpreti canori e frizzanti intrattenitori).
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