Un anno fa, di questi tempi, abbiamo preso in esame questo stesso
periodo (aprile 1967). Ma all'epoca ci eravamo soffermati soltanto sulla
musica straniera parlando, abbastanza approfonditamente, di questo
cantante o di quel gruppo con la promessa che ci saremmo occupati anche
della musica e dei fatti di casa nostra appena ci fosse stata
l'occasione giusta. Siamo di nuovo ai primi di aprile e quindi, quale
altra migliore occasione per mantenere quella vecchia promessa?
Cominciamo con un piccolissimo commento alla classifica di questa
settimana.
La classifica
Le canzoni più vendute sono ancora quelle provenienti dal
17° Festival Di Sanremo, un'annata di quelle buone sia per la qualità
delle composizioni sia in termini puramente economici (vendite
altissime). Ci sono tre outsider: per primo il TEMA DI LARA, ancora in
classifica dopo qualche mese, tema principale della colonna sonora del
DOTTOR ZIVAGO (quante versioni, strumentali e non, sono uscite sul
mercato mondiale?), il penultimo singolo del 'soldato d'Italia' Gianni
Morandi con quel bellissimo pezzo di Neil Diamond, SOLITARY MAN,
tradotto in italiano da Franco Migliacci in SE PERDO ANCHE TE; il terzo,
una nuova entrata, un cantante che insieme ad Al Bano sarà la
rivelazione del 1967, per quanto siano anni che batte costantemente le
strade della canzone: Fausto Leali. Il cantante di Nuvolento piazza in
classifica la canzone che più lo rappresenta in assoluto, quel A CHI che
conoscono ormai anche i sassi. Ultima annotazione da fare: prima di
Sanremo, visto il grande successo di STRANGERS IN THE NIGHT di Frank
Sinatra, si è puntato molto sul melodico dichiarando prematuramente la
fine imminente del beat. Le giurie sanremesi avevano confermato questa
ipotesi facendo vincere una canzone "antica" come NON PENSARE A ME. Ma
gli acquirenti dei dischi hanno nuovamente cambiato le carte in tavola
dei discografici perché a vincere sono stati soprattutto quei cantanti e
quei complessi che con il melodico avevano poco da spartire: Little
Tony, Antoine, I Rokes e I Giganti. E Gianni Morandi, che in questo
momento, se si fosse messo a vendere salami anziché dischi, li avrebbe
venduti senza problemi, grazie anche ad una pubblicità ossessiva
targata Ministero Della Difesa e RCA. Di melodico c'è Johnny Dorelli con
L'IMMENSITA', forse il suo più grande successo commerciale da quando ha
iniziato a cantare, circa dieci anni fa. Ecco, lui potrebbe essere il
gol della bandiera per coloro che prevedevano un ritorno al melodico ad
oltranza, essendo un epigono italiano di Frank Sinatra (non a caso 4 mesi
prima incise la versione italiana del brano del cantante italo
americano, SOLO PIU' CHE MAI). Il capocannoniere del box office italiano
potrebbe però essere Gianni Morandi che nonostante non sia sceso in
campo fisicamente perché militare resiste nei primi dieci. Ed è un
record non da poco il non essersi fatto sommergere dai dischi sanremesi
e dalle novità primaverili. In fondo SE PERDO ANCHE TE è il retro di
C'ERA UN RAGAZZO CHE COME ME AMAVA I BEATLES E I ROLLING STONES, in
classifica dal dicembre 1966.
Un Disco per l'Estate 1967
Detto questo, cominciamo a vedere cosa ci
prospetta il futuro prossimo. L'operazione Disco Per L'Estate è giunta
alla fase conclusiva: individuati esecutori e canzoni lo schema della
trasmissione, patrocinata dalla Rai in collaborazione con l'A.F.I
(associazione dei fonografici italiani), è rimasta pressocchè invariata
rispetto allo scorso anno. Le uniche modifiche sono state il numero
delle canzoni in gara (da 46 a 49) e la graduatoria finale che non
prevede più soltanto la canzone vincitrice ma anche la classificazione
di una seconda e di una terza. Quindi, a partire dal 20 aprile 1967 fino
al 7 giugno 1967, la radio trasmetterà in speciali rubriche (quattro
trasmissioni giornaliere) le canzoni ammesse alla manifestazione ed
anche la tv darà una mano alla circolazione delle stesse attraverso
'vetrine' periodiche dove verranno presentate le canzoni in gara. Questa
liaison tra Sanremo e l'annuale Lotteria Italia è il classico ponte
d'oro per la discografia perché le canzoni, nonostante la proclamazione
a giugno, vengono trasmesse in radio fino a settembre e quindi la gente
ha tanto tempo per affezionarsi a quella o questa canzone ed
eventualmente acquistarla. Il problema è che il livello, generalmente,
non è ottimo. Il Festivalbar, nato da soli due anni, è già un grosso
avversario per il Disco Per L'Estate e generalmente ha cantanti e
canzoni più d'impatto. Quest'anno la Rai ha chiesto alcuni ritocchi a
dei testi in gara come per esempio LA ROSA NERA della Cinquetti, LA
LEGGE DELLA NATURA di Salvatore Vinciguerra e IL DESTINO PIU' BELLO di
Paola Bertoni. Radicalmente cambiati o quasi i testi di SENZA DI TE di
Fausto Leali e DA QUANDO AMO TE di Marcello Marchese. Destino diverso
per Gian Pieretti. Aveva mandato dapprima una canzone dal titolo IN UN
CAMPO DI FIORI, bocciata senz'appello dalla commissione Rai, poi L'UOMO
SENZA FORZA ma nonostante le buone intenzioni anche questa composizione
è stata giudicata poco idonea per una manifestazione di carattere -
diciamo - familiare come Un Disco Per L'Estate. Allora ha mandato una
terza canzone nel cui titolo c'è un nome di donna ed un numero
telefonico,JULIE 367008. Questa volta i giudici hanno detto di sì a
patto che venga omesso il numero per evitare che qualche buontempone
giochi a fare il molestatore telefonico. Gian Pieretti acconsente, però
fa sapere che delle tre canzoni i giudici hanno scelto proprio la più
cretina. Anche Pilade, del Clan Celentano ha avuto dei problemini. La
canzone che aveva mandato non è stata accettata (NON M'IMPORTA PIU' DI
NIENTE) e allora ha dovuto ripiegare su un brano stupidino (non è che le
canzoni di Pilade si dividano in stupide o no: generalmente sono sullo
stesso livello medio-basso) BENE E MALE, visto che proporre la canzone
con la quale avrebbe partecipato al Cantagiro non era nemmeno da
parlarne, LA LEGGE DEL MENGA, la famosa legge milanese per la quale chi
c'è l'ha in quel posto là se lo deve tenere. Un titolo inappropriato per
una commissione mai tanto bacchettona (anche a sproposito) come quella
di quest'anno. Comunque quella canzone sarebbe stata poi utilizzata al
Cantagiro dallo stesso Pilade (canzone inutile e di cattivo gusto).
Come potete capire da quei pochi nomi fatti la maggior parte dei partecipanti
al Disco Per L'Estate sono degli emeriti sconosciuti o quasi. Cantanti
ai quali le case discografiche dànno una chance per farsi conoscere
attraverso una manifestazione che, nonostante sia utile ai fini
promozionali ed economici, non ha mai riscosso le simpatie
dell'ambiente. Si preferiva mandare scarti, cantanti in declino o magari
giovani piuttosto che big acclamati e sulla cresta dell'onda. Complessi
come I Delfini (che adesso vengono collezionati in quanto di genere beat
minore) all'epoca non battevano un chiodo in termini di vendite. Lo
stesso dicasi per I Satelliti e gli Scooters. Cantanti come Leo Sardo,
con tutta la buona volontà, non si può dire che siano stati dei campioni
di vendite. Quanti di questi sono presenti in questa edizione?
Tantissimi. Facciamo un piccolo elenco? Franco Talò (che comunque non è
mai mancato un anno da quando esiste la manifestazione), Lello
Caravaglios, Lalla Leone, Gabriella Marchi, Antonio Marchese, Paola
Bretoni, Lida Lu e potremmo fare altri venti nomi di questo genere. Sono
generalmente cantanti che, a parte gli addetti ai lavori e i
collezionisti (attuali) di manifestazioni, non dicono niente a nessuno.
Quindi, può entusiasmare una gara come questa? I veri big italiani si
tengono alla larga da questa trasmissione targata Rai. I discografici
fanno l'elemosina di qualche nome importante che nei precedenti sei mesi
ha avuto una qualche battuta d'arresto oppure ha appena cominciato a
rimettersi in carreggiata. E' il caso di Tony Renis che dopo il successo
di QUANDO DICO CHE TI AMO (che comunque a Sanremo non era cantato da lui
in quanto giudicato cantante in declino) ci prova con NON MI DIRE MAI
GOODBYE. Ci riprova Gianni Pettenati, vittima sanremese. La Fonit Cetra
puntava molto sul cantante piacentino specie dopo il boom di BANDIERA
GIALLA. Ma LA RIVOLUZIONE è stato un mezzo flop e quindi lo ha subito
mandato agli esami di riparazione con IO CREDO IN TE. Anche Pino
Dosaggio, che non riesce più ad agguantare il successo dopo l'avvento
prepotente del beat (lui così tutto casa e conservatorio) è in lizza con
un'altra canzone da dimenticare al più presto (sebbene brutta non sia),
UN BRIVIDO DI FREDDO. Annarita Spinaci, l'unica quarantenne del mondo
della canzone che di anni ne ha solo venti, prova a fare il bis (è lei
che ha portato a Sanremo la canzone di Tony Renis insieme ai Les
Surfs) con BALLA BALLA ma è un disastro. Poi un residuato bellico, Jenny
Luna: una cantante molto in voga nel periodo 1959-1961 che a soli sei
anni di distanza viene vista come fosse una dei Mille di Garibaldi
(questo per far capire quanto allora gli anni, in realtà, fossero quasi
decenni, traslati in mode musicali e avvenimenti sociali). La canzone è
DI QUI e naturalmente anche dal titolo si capisce perché neanche passa
le eliminatorie. Allora, quali sono i successi che verranno da questa
manifestazione? Forse è un po' presto per parlarne visto che siamo ai
primi d'aprile ma qualcosa ci dice che Jimmy Fontana, Al Bano, la
Cinquetti e Wilma Goich avranno un buon riscontro di vendite. Sta a voi
ora individuare i titoli. Non è difficile, basta dare una scorsa alle
nostre classifiche settimanali.
Iva Zanicchi
Una cantante che partecipa al Disco Per
L'Estate è Iva Zanicchi. Ha appena vinto il Festival in coppia con
Claudio Villa e il fatto che già debba partecipare a questa
manifestazione la dice lunga sull'effettivo riscontro in termini di
successo reale della vittoria sanremese: si può dire molto basso?
Praticamente si è trattato di una vittoria di Claudio Villa. Anche se
poi, negli anni successivi ed ancora oggi, NON PENSARE A ME è diventata
"la vittoria" o meglio la prima vittoria sanremese delle tre conquistata
dall'aquila di Ligonchio. Ma perché? La carriera di questa cantante è
stata piuttosto rapida. Partecipa al Festival di Castrocaro nel 1963 con
un brano orribile intitolato SEI ORE e viene subito scritturata dalla
Ri.Fi. Il suo primo disco (di poca fama) si chiama ZERO IN AMORE. Scarso
successo anche qui. La sua etichetta la manda alla Ribalta Per Sanremo e
totalizza il massimo dei voti e quindi parte per il Festival
Internazionale Di Zurigo (ma a Sanremo del 1964 non mette piede). Al
Burlamacco D'Oro di quello stesso anno presenta il suo primo successo,
COME TI VORREI (versione italiana di CRY TO ME di Solomon Burke, artista
soul, come la voce della Zanicchi in quel periodo, calda e appassionata.
Visto il successo ottenuto parte per Sanremo 1965 e in coppia con Gene
Pitney canta I TUOI ANNI PIU' BELLI, una mezza delusione. Nello stesso
anno partecipa al Disco Per L'Estate con ACCAREZZAMI AMORE, canzone
molto bella ma soprattutto cantata splendidamente. Il pubblico ora
abbina la faccia alla voce, una voce così particolare ed inconfondibile.
Nel 1966 un altro Sanremo ed una canzone stupenda, LA NOTTE DELL'ADDIO
(di Remigi e Testa), tanto bella quanto passata inosservata. Però la
critica la premia come migliore cantante. Ecco di nuovo la bella
stagione ed ecco una canzone che la fa nuovamente emergere: anche qui si
tratta di un brano in lizza al Disco Per L'Estate, FRA NOI. A questo
punto si può evincere che fino ad ora Sanremo è andato male mentre il
Disco Per L'Estate molto bene. Nel 1967 comincia la fase inversa. Vince
Sanremo ma arriva il tonfo inaspettato alla gara indetta dalla Rai: la
canzone è QUEL MOMENTO. Non che sia brutta, soltanto non piace. A questo
punto viene il dubbio: ma come, vince Sanremo e nonostante questo, il
suo disco non si è venduto, va al Disco Per L'Estate e fa un buco
nell'acqua... che sia proprio lei a non piacere? Il pubblico vede in
questa ragazza di 26 anni, che ne dimostra dieci di più, un personaggio
forse troppo sofisticato nonostante la sua origine emiliana e il fatto
che non sia stata ancora aiutata dalla tv a farsi conoscere realmente.
La si giudica cioè una donna pratica e alla mano come poche e questo
schema le nuoce non poco. Lei in realtà è una donna molto semplice, per
niente sofisticata e spererebbe che questa sua realtà potesse essere
percepita senza indugi dalla gente. Il vero handicap è che la vestono,
la truccano e le danno canzoni non idonee al suo personaggio, lontane
dalla sua impostazione vocale e di carattere. Basti pensare a
quell'astrusa canzone che le hanno fatto interpretare a Scala Reale,
MONETE D'ORO. O a quei vestiti pseudo eleganti da signora bene milanese
che la invecchiano terribilmente. Anche alla Ri.Fi la tengono un po' in
disparte. Non dimentichiamo che è nella stessa casa discografica di
Mina. Le cose più belle vengono offerte alla signora Mazzini non alla
Zanicchi. E di questo, nonostante non ne parli, lei ne soffre. Un
esempio? Al tempo di FRA NOI, il disco venne meno pubblicizzato di BREVE
AMORE e SE TELEFONANDO, nonostante l'apprezzabile qualità della canzone.
E questo succedeva nelle trasmissioni radiofoniche curate appositamente
dalla Ri.Fi! A marzo Iva viene fischiata alla Sei Giorni Ciclisitica di
Milano: aveva osato presentare la canzone vincitrice del Festival, un
brano giudicato vecchio come impostazione (e a ragione) da tutti i
ragazzi presenti nel velodromo. Neanche le successive due canzoni hanno
frenato i fischi del pubblico. Quindi, dove sta il problema in Iva
Zanicchi? Non piace ai giovani, non fa canzoni per i giovani, non ha
quell'appeal che fa leva sulle giovani generazioni. Parliamo dei 16enni
dell'epoca, quelli che mangiavano pane e Rokes o pollo coi peperoni e
Rolling tutti i giorni. Si veste come le loro madri e assomigliare alle
madri (ma anche ai padri) in questo periodo di "beat contro matusa"
nuoce gravemente alla salute (e alla carriera). Le cose per la Zanicchi
cambiano alla fine del 1967: Mina (bontà sua) cambia casa discografica e
fonda la propria. Iva nel frattempo si era sposata con il figlio del
proprietario della sua casa discografica, Tonino Ansoldi (dal quale si
separerà nel 1976), le nasce una figlia nel 1968, rivince un Sanremo con
ZINGARA: ma anche questo non basta! La seconda vittoria a Sanremo le
porta fama in termini di palmares e soddisfazioni personali, la si vede
spessissimo in tv, ma tutto questo non l'aiuta a raggiungere il consenso
pieno del pubblico. Iva Zanicchi ha la sindrome Vanoni: è famosa ma non
piace alla gente, fa dischi ma non ne vende in maniera sufficiente da
essere considerata un personaggio di peso. E' il 1970, stranamente lo
stesso anno in cui la Vanoni dopo 11 anni di carriera viene
definitivamente accettata dal pubblico, l'anno di svolta per la cantante
di Ligonchio: prima L'ARCA DI NOE' a Sanremo, poi UN UOMO SENZA TEMPO e
UN FIUME AMARO. Un tris niente male. Nel frattempo cambia look, cambia
pettinatura (di grande effetto la sua immagine sul long playing CARO
TEODORAKIS) e diventa un fiume inarrestabile. Finalmente, dopo tanto
patire, eufemisticamente parlando s'intende, Iva diventa veramente una
signora della canzone. Restando all'oggi (1967), la futura signora
Ansoldi era in predicato per andare anche al Cantagiro, ma avendo
scoperto di essere in dolce attesa, evita lo stress della carovana
canora e preferisce dedicarsi alle riprese del suo primo film UNA
RAGAZZA TUTTA D'ORO, con la regia di Mariano Laurenti e con la
partecipazione di altri cantanti nel ruolo di loro stessi come Patty
Pravo, Rocky Roberts, Ricky Shayne e Caterina Caselli. Il protagonista
maschile è Enrico Simonetti che fa la parte di sé stesso e che scopre in
un paesino una ragazza dotata di una bella voce. Trama esile quanto il
film che serve esclusivamente a far vedere alcune performance degli
artisti citati. Naturalmente il film non arriverà mai nelle grandi città
(se non in qualche sala parrocchiale) ma solo in provincia. Iva si fa
notare sul set soprattutto per i continui svenimenti causati dalla
gravidanza.
Dalida
Dall'Emilia alla Francia. Passiamo a Dalida, che in questo periodo si
sta lentamente riprendendo dopo il tentativo di suicidio messo in atto
all'hotel Prince De Galles, l'hotel dove anche Tenco aveva soggiornato
nel suo unico passaggio a Parigi. Come tutti sappiamo, la stabilità
psicologica di Dalida ha subìto un grossissimo contraccolpo dopo la
morte del suo più che amico Luigi Tenco. Lei ha cercato la morte un mese
esatto dopo quella del cantautore genovese. In che modo? Ingerendo 72
compresse di barbiturici, prese tre a tre fino al collasso. L'assurda
scrupolosità della gestione dell'albergo e la paura di uno scandalo ha
fatto sì che la cantante franco-calabrese rischiasse ancor più
gravemente la vita. Il direttore ha preferito chiamare un dottore invece
che direttamente l'ambulanza. Altro fatto che avrebbe dovuto far
insospettire gli inservienti e la direzione è che Dalida aveva appeso
alla porta un non disturbare da ben 24 ore e questo imperativo, in
quell'albergo, lo hanno preso davvero alla lettera, forse troppo. Un
quotidiano parigino, nelle pagine del chi viene e chi va in città aveva
anche pubblicato la sua permanenza in albergo e a nessuno è venuto in
mente il perché di questa scelta, visto che la cantante aveva una casa
di quattro piani a Parigi, una madre ed un fratello. Dalida aveva
calcolato tutto alla perfezione. IL giorno prima aveva cantato in un
locale di Masse, vicino a Fontainbleau e si era sentita terribilmente
apatica a tutto. La gente in sala non esisteva, lei non aveva voglia di
cantare, di mangiare e tutta la sua esistenza le è sembrata
improvvisamente priva di senso. Decide di morire coll'impegno di un
alunno che fa un compito di scuola, attentamente ed impegnata ma senza
volersi del male veramente. Era solo stanca di vivere. Il giorno dopo,
arrivata a Parigi s'installa in albergo con la certezza di non voler più
tornare indietro. Aveva organizzato il suicidio perfetto e nessuno sarebbe
arrivato in extremis per salvarla. Aveva lasciato una busta con dei
soldi per la madre, in modo da permetterle di andare avanti in attesa
delle pratiche per l'eredità. Il testamento l'aveva già scritto qualche
giorno prima e depositato. Aveva scritto alcune lettere: alla madre, al
fratello, all'impresario Felix Maruani, all'ex marito Lucine Morisse e
alla polizia. Prima di prendere le compresse ha passato in rassegna la
sua vita e ha visto tanto lavoro, la celebrità ma niente altro. Né amore
né figli. Niente. Quelle compresse sembravano avere più vita di lei e da
sola, come era nella realtà, le ingerisce per ben 24 volte, quando poi
si distende sul letto ed attende che prima il sonno e poi la morte se la
vengano a prendere. Si risveglia 5 giorni dopo all'ospedale Fernand
Vidal. Cinque giorni in cui i medici hanno avuto poca speranza di
salvarla. Ma la sua fibra forte e forse un inconscio desiderio di
sopravvivere ha fatto sì che Dalida rimanesse al mondo. Grazie anche
alla cameriera della stanza 410, dove era alloggiata, che l'ha scoperta
per prima. Dalida dichiarerà dal suo letto d'ospedale: io non morrò mai
più. Io voglio vivere ancora più intensamente perché Luigi Tenco è
morto. Gli italiani sono molto colpiti da questo gesto e cominciano a
voler bene a questa donna fortunata e sfortunata nello stesso tempo,
tanto che le tributeranno la vittoria a Partitissima 9 mesi dopo. I
giornali sono pieni delle sue foto e del racconto del tentato suicidio e
aggiungono molto del loro, condendo con frasi lacrimose ad affetto per
rendere ancora più patetica una storia che avrebbe dovuto essere intima
ma che è andata invece sulla bocca di tutti. Dalida aveva deciso di
suicidarsi non solo per il ricordo ancora vivo di Luigi Tenco: quello,
casomai, era un pretesto in più. Cercava la morte per il suo male di
vivere, male che l'ha accompagnata per tutto il resto della sua
esistenza. E l'ha cercata sempre e insistentemente. Dieci anni dopo
tenta un altro suicidio e venti anni dopo quello definitivo, che la
porterà alla tomba. Era il 3 maggio 1987. Stranamente lo stesso anno in
cui morrà (solo tre mesi dopo) il vincitore dello stesso Festival del
1967, quello della canzone CIAO AMORE CIAO in coppia con Tenco: Claudio
Villa, che per farlo sceglierà proprio la sera della finale del Sanremo
1987. Il presidente Mitterand, per bocca di uno storico francese, dirà
in onore della cantante queste parole: Yolanda arrivederci, Dalida
grazie. Il vero nome di Dalida era Yolanda Gigliotti.
Ninì Rosso
Parliamo di un disco un po' particolare (se non ce ne curassimo noi,
probabilmente non ne trovereste traccia da nessuna parte). Il disco (a
45 giri) è la nuova proposta per la primavera musicale di Nini Rosso, LA
MONTANARA. A parte il fatto che parlare di monti innevati e riproporli
anche graficamente in copertina ci sembra un'operazione in
controtendenza rispetto alla stagione che si va ad annunciare, ma
tant'è... le scelte delle case discografiche sono (erano) spesso davvero
singolari ed imprevedibili. Quando Nini Rosso propose ai dirigenti della
Durium di incidere IL SILENZIO lo presero per matto e pronosticarono un
tonfo incredibile. Ma glielo fecero incidere anche perché all'epoca si
incidevano tanti di quei singoli che uno in più o in meno non faceva
davvero differenza. Come sappiamo IL SILENZIO, nel 1965 ma anche nella
prima metà del 1966 ha venduto nel mondo qualcosa come cinque milioni di
copie, ripreso poi da altri cantanti e strumentisti internazionali. Un
esempio valido sono Dalida e Al Hirt. Con un precedente simile nessuno
più osa avanzare la minima riserva quando Nini Rosso propone qualche
brano da incidere anche, come in questo caso, quando sembra totalmente
fuori stagione. Secondo la teoria del trombettista più famoso d'Italia
(che non ce ne voglia Al Korvin) non esistono limiti di sorta al
saccheggio del repertorio storico, sia che si vada dalle arie
operistiche che alle marce militari, agli inni nazionali o liturgici.
Tutto è possibile. L'importante è trovare melodie che si prestino ad
essere sfruttate per un disco di musica leggera. Con LA MONTANARA la
ricetta è semplicissima: togliere le parole del coro alpino e
sostituirle con un accompagnamento ritmico valido, eseguendo la melodia
con la tromba senza cambiare una virgola. Ma soprattutto ripetere la
lezione imparata con IL SILENZIO, cioè condire il tutto con un breve
recitativo pronunciato con voce roca. Avete fatto caso come Nini Rosso,
oltre che fisicamente, assomigli a Buscaglione anche come timbro vocale?
LA MONTANARA non vende poi molto ma quel tanto che basta per rifarsi dei
soldi spesi per l'incisione e soprattutto serve per avere il proprio
nome sempre in circolazione e nei negozi di dischi. In Germania,
naturalmente, va fortissimo ogni disco di Nini Rosso. Non a caso, il
retro è SALUTE A TE , versione italiana (per così dire, dato che è
prettamente strumentale) di SALUTE TO MUNICH, di Christian Bruhn. Un
motivo alquanto surreale, a metà tra l'atmosfera tipica dell'oktoberfest
e il tema western. Da evitarne accuratamente l'ascolto.
Patty Pravo
Cambiamo genere e passiamo a considerare la musa delle ragazze
adolescenti, che sognano di vivere come lei, o dei ragazzi che sognano
invece un appuntamento con lei: Patty Pravo. Sono solo sei mesi che è
sulla scena ed è già riuscita a conquistarsi una grossa visibilità sia
musicale sia mediatica. Così come successe per Mina agli inizi della sua
carriera, giornalisti e scrittori si affrettano ad intervistare e a
vivisezionare questa ragazza veneziana che vive e si muove con una
spregiudicatezza tale da destare scandalo e curiosità al contempo: una
vera figlia delsuo tempo. Di lei si dice che altri non sia se non un
esasperato simbolo della gioventù che cerca di liberarsi da canoni di
comportamento ormai superati; lo fa attraverso una voce afona ed
un'espressione carica di comunicativa e di personalità. Una
diciannovenne che vive alla giornata, che fa quello che le pare e che lo
fa divertendosi. Era arrivata a Roma nel 1966. Doveva essere un breve
soggiorno ma Roma divenne la sua città. A Roma nacqua Patty Pravo e si
spense Nicoletta Strambelli. "Decisi di troncare con la famiglia, con lo
studio e con tutto, perché ero stufa di vedere intorno a me tanti morti,
tante ombre, tanta gente che non mi dava affetto, né intelligenza, né
comprensione. Mi sentivo oppressa da morire, e Venezia mi sembrava una
città di fantasmi". Queste erano le parole che Patty recitava ai
giornalisti durante le interviste di quel suo primo periodo. Interviste
e dichiarazioni ad effetto, con lo scopo di creare un personaggio
differente da tutti gli altri, una ragazza da non far sposare al proprio
figlio, per il quale si sogna una carriera in banca, un personaggio
maledetto che vive la vita così come fuma una sigaretta. Questa era la
Patty Pravo del 1967. Non le importa del denaro, dice. Ma si sa, sono
cose che si dicono. Difatti, mentre si diverte a giocare a fare la
dissacrante, accetta di girare i famosi spot per l'Algida, azienda per
la quale sarà testimonial per circa tre anni. Il suo debutto ufficiale
avviene durante una puntata di SCALA REALE, in cui - gregaria nella
squadra di Michele - presentò quello che già era diventato, grazie alla
radio e al passaparola, un inno del 1966: RAGAZZO TRISTE, splendida
canzone di Sonny & Cher (BUT YOU'RE MINE) tradotta sapientemente da
quella vecchia volpe di Gianni Boncompagni. La squadra di Michele non
passa il turno ma la presenza in tv di questo strano animale da
palcoscenico lascia il segno. Intanto il suo manager Alberigo Crocetta
(altro genietto che sapeva costruire come pochi al mondo i personaggi
dal nulla) le faceva inaugurare i vari Piper in Italia (Viareggio,
Torino e il Paip's di Milano). La insigniscono del titolo di Ragazza Del
Piper con grande smacco per la Caselli la quale, fino a quel momento,
aveva usato quella qualifica e che di colpo si trovò nella situazione di
una che venga scoperta a pascolare nel prato altrui. Le sue divise di
questo periodo sono un tailleur Yves Saint Laurent bianco e uno a righe
abbinato a stivali bianchi oppure un mini abito rosso in cui sembra
essere entrata per caso. Ecco, per lei c'è una tale naturalezza in ogni
cosa che fa da sembrare calcolata. Così come il non avere peli sulla
lingua e dire tutto quello che le salta in mente. Una così o la si odia
a prima vista o la si accetta (e magari la si ama). Vie di mezzo non ce
ne sono, anche perché la superbia e la sfrontatezza che mette in ogni
suo atteggiamento lascia spesso perplessi. La sua autenticità è pari
alla sua ingenuità. A diciannove anni si hanno già le idee così precise
su quello che si vuole fare da grandi? A sentire lei, sì. A sfogliare
adesso l'album della sua vita, no. La maggior parte del Patty-pensiero
del 1967 già non sarebbe più tanto valido nel 1968, per non parlare
degli anni successivi. Patty Pravo è l'unico personaggio (insieme a
Mina) ad essere riuscita a cambiare pelle ogni sei mesi: sia dal punto
di vista fisico (trucco, pettinatura) che comportamentale. Da una
qualsiasi immagine della cantante si può risalire senza errare all'anno
e al periodo preciso. Un personaggio davvero interessante a prescindere
dalla musica. E parlando di musica, Patty è in studio di registrazione
per terminare quello che sarà il suo successo estivo, QUI E LA, versione
italiana di HOLY COW di Don Coway. Una dichiarazione di libertà
assoluta: non si pianifica niente, si vive alla giornata e soprattutto
si vive senza freni e senza case che tengano a bada la sua voglia di
liberà sfrenata. Peccato che però una casa (e che casa!) già ce l'abbia:
tra la Cassia e la Flaminia, una soffitta di lusso trovatale dalla RCA
che se la coccola come fosse la gallina dalle uova d'oro. Addirittura
per lei è stata creata un'etichetta distribuita dalla stessa RCA, la
Piper Series, dove incideranno (lei già ci incide) cantanti prodotti da
Crocetta e indirizzati ad un pubblico molto giovane. Questo Piper! Te lo
trovi dappertutto. E difatti l'Algida che ti fa? Ti inventa il Piper
gelato, dedicato a coloro che di Piper ci vivono. E dopo aver
reclamizzato il cornetto, Patty non può esimersi dal reclamizzare questo
giovanissimo gelato. Nella campagna Piper-Algida 1969 ci saranno anche
Ornella Muti, Sabina Ciuffini ed Enzo Lojacono. Sono solo delle comparse
(la Ciuffini non ha ancora incontrato il suo Mike e la Muti comincia a
fare i primi passi nella casa editrice Lancio e nel cinema. Enzo
Lojacono invece diventerà attore di fotoromanzi qualche anno dopo). Nei
caroselli Algida (5 in tutto) presenta RAGAZZO TRISTE, THE PIED PIPER,
QUI E LA', STO CON TE e VECCHIO MONDO, quest'ultimo al momento non
edito. STO CON TE è anche il retro di QUI E LA'. Una canzone che
potrebbe benissimo essere un lato A, andante-beat, molto in linea col
personaggio del momento, che comunque è già differente da quello di
cinque mesi fa, già più sofisticato. Scritto da Bardotti e De Simone e
sapientemente arrangiato dal grande Ruggero Cini. Con questo nuovo
singolo va incontro all'estate e al Cantagiro. Riceverà più attenzioni
della coppia più bella del mondo (Celentano e la Mori) e della coppia
più scontata del mondo (Teddy Reno e la Pavone, che rivelano alla stampa
di essere una coppia, cosa che era nota anche ai deficienti più
deficienti) si rivela come unico vero personaggio dell'anno. E questo è
solo l'inizio.
Rolling Stones
Va bene, avevamo inziato a scrivere decidendo di occuparci soltanto di
artisti e di fatti esclusivamente italiani, ma non possiamo far finta di
niente: i Rolling Stones stanno per calare in Italia per la prima volta
e la cosa è molto importante. Il 5 aprile saranno a Bologna, il 6 a
Roma, il 7 riposo a Roma, l'8 a Milano. Il loro arrivo in Italia non è
stato molto simpatico: a Linate sono stati cortesemente pregati di
favorire per un controllo. Dopodichè sono stati letteralmente spogliati.
Cercavano la droga, ma dato che il 10 di maggio avevano già fissato in
patria un processo per uso di stupefacenti, molto saggiamente avevano
deciso di non portarsi niente appresso. Tanto, se avessero voluto,
sarebbe bastato andare a fare un giro nei dintorni del Piper di Roma.
Dal momento della perquisizione in poi i Rolling sono diventati
intrattabili: hanno rifiutato interviste e troupe televisive e
minacciato di interrompere il tour se solo fosse stata fatta loro una
foto fuori scena. Il cattivo umore degli Stones era dovuto soprattutto
alla mancanza di materiale primo (leggasi hashish e marijuana). Di
solito, prima di partire per le tournèe, facevano scorta, ma questa
volta come abbiamo detto, a causa del processo in corso, avevano dovuto
rinunciarvi. Sicuramente hanno trovato qualcosa in giro per l'Italia, ma
dato che erano costantemente seguiti da orde di paparazzi ai quali i
gorilla di scorta facevano continuamente gestacci e minacce, tempo e
modo per procurarsene in grande quantità non l'hanno avuto. Il 7, giorno
di riposo, Mick ha preso un aereo ed è andato a fare rifornimento a
Parigi. Non si sa cos'abbia preso (dicono dexedrina o LSD). Certo è che
questo "pieno" deve essergli costato caro. Se però si pensa che ognuno
di loro guadagna per ogni concerto dieci milioni di lire del 1967, tanto
caro non è stato, in fondo. Resta la tristezza di vedere un complesso di
livello mondiale completamente succube della droga cosiddetta leggera
(fumo e cocaina). Poi, dal 1968, cominceranno con l'eroina, ma questa è
un'altra storia. A Roma i cantanti che aprono il concerto dei Rolling
Stones sono i seguenti: Al Bano, ancora poco noto, accompagnato dal
complesso de Gli Strani, gli Stormy Six (anche loro avranno maggior
successo negli anni settanta), I Moschettieri, The Sleepings, I
Messaggeri, I New Trolls all'inizio della loro carriera, Fiammetta e I
Gringos e Ferry-Franco-Renè-Danny & Gaby, praticamente i New Dada senza
Maurizio Arcieri dopo la famosa scissione di cui abbiamo già parlato in
un precedente articolo. La serata del Palasport di Roma è seguita da
ottomila persone nel pomeriggio e da diecimila la sera. Un totale di
diciottomila persone di tutte le età, una folla notevole per l'epoca. I
cantanti che precedono i Rolling vengono fischiati dai più. Ci sono
anche applausi ma è naturale che la moltitudine non sia certo venuta a
vedere Fiammetta o I Moschettieri, dei quali il 99% dei convenuti non
conoscevano neanche l'esistenza soltanto 5 minuti prima. In platea ci
sono veramente nomi grandiosi: Alberto Sordi, Roger Vadim, Jean Paul
Belmondo, Jane Fonda, Gina Lollobrigida, Vittorio Gassman, Gian Luigi
Rondi, I Giganti, Rita Pavone, Ursula Andress. Pensate se la cosa fosse
avvenuta oggi chi sarebbero i cosiddetti "vip" presenti in sala! Valeria
Marini, Manuela Arcuri, qualche coglione del Grande Fratello, qualche
altro fallito da isola dei famosi o da qualche fattoria ia ia oh,
qualche velina rumena o russa di Striscia La Notizia. Che squallore! Ma
andiamo avanti. La maleducazione c'è sempre stata, però sugli ospiti di
riguardo cominciano a piovere bicchierini di carta e gelati confezionati
fino a quando un urlo ciclopico sale all'interno dei Palasport di Roma:
Silvio Noto, che presenta la serata (potevano chiamare qualcuno un po'
più gradito ai giovani!!) introduce i Rolling Stones. Appena Mick Jagger
afferra il microfono la folla esplode in un urlo assordante e la maggior
parte dei ragazzi comincia a saltare sulle sedie e a ballare, cose poco
usuali in Italia ma che si erano viste parecchie volte in tv attraverso
servizi arrivati dall'estero. Forse la voglia di emulare o forse no, sta
di fatto che l'atmosfera si riscalda al massimo anche se
l'amplificazione a disposizione è veramente misera. Quelli in fondo
sentivano soprattutto gli urli della gente e poco le canzoni. Mick,
Keith, Brian, Bill e Charlie sono visibilmente compiaciuti del caos in
sala, abbigliati in puro stile Carnaby Street. Brian Jones sfoggia un
completo rosa shoking e come manto una bandiera inglese. Mick, il vero
artefice dello show nello show (canta, si contorce e lancia fiori) ha
una camicia in stile Settecento con tanto di jabot e maniche a sbuffo.
Danno fondo al loro (sin qui) notevole repertorio: tutti i più grandi
hit delle 'pietre rotolanti' passano in rassegna, compresi gli ultimi
due successi già in testa alle classifiche italiane: RUBY TUESDAY e
LET'S SPEND THE NIGHT TOGETHER. Quando Mick intona la barocca LADY JANE,
Brian Jones si siede e sfodera una dulcinea, uno strumento amplificato
elettricamente che dà un suono a metà tra il violino, una cetra e la
spinetta del settecento. Quello che ci vuole per un arrangiamento degno
di LADY JANE. Intanto i ragazzi presenti sono uno spettacolo nello
spettacolo: la Lollobrigida si volta a vederli e i suoi occhi seguono
entrambe le direzioni, palco e platea, come stessero seguendo una
partita di tennis. Urlano, lanciano oggetti e se la prendono con gli
agenti di polizia che non li lasciano avvicinare troppo ai loro idoli.
Insomma, una serata alla quale è stato interessante aver partecipato, se
non altro per vedere da vicino questo nuovo mondo giovanile di cui tutti
i sociologi parlano (ce n'erano anche questa sera) e gli stessi attori e
registi si occuperanno nella loro produzione del periodo 1967-1968. Più
dei Rolling attira l'aspetto sociale e il fatto di essere partecipi
dell'evento di cui si parla da più di un mese.
Gina Lollobrigida
Abbiamo nominato Gina Lollobrigida e la sua smania di sentirsi per
una serata un po' beat anche lei (ci sembra un'impresa ardua,
comunque) e restiamo sul personaggio perché condannata, insieme a Jean
Sorel e a Mauro Bolognini, per il film LE BAMBOLE, hanno ottenuto in
appello a Roma la concessione delle attenuanti generiche e la
sospensione della pena. L'udienza è stata spostata al cinema Ariston di
Roma dove è stata proiettata la pellicola. Tornati in tribunale, il film
è stato dichiarato non più osceno ma solo "contrario alla pubblica
decenza".
Charles Aznavour
Pollice verso invece per lo chansonnier Charles Aznavour: invitato a
recarsi nella città lagunare (quale autore di COM'E' TRISTE VENEZIA) per
ricevere la cittadinanza onoraria, ha chiesto in compenso diecimila
dollari contanti, biglietti aerei per due viaggi Roma-Tel Aviv e per
sette viaggi Parigi-Roma! L'eccessiva pretesa del cantante
franco-armeno ha fatto così tramontare la possibilità di vederlo al gran
gala dell'Europremio fissato a Venezia per il 27 maggio.
Loredana Bertè
Ci sono dei personaggi che nascono con una particolare predisposizione a
diventare famosi, sia che non facciano niente per riuscirvi sia che si
dannino in ogni modo per arrivarci. Una di questi è Loredana Bertè. Nel
1967 Loredana Bertè non è ancora nota nonostante da qualche tempo
bazzichi l'ambiente televisivo come ballerina nei vari spettacoli che
richiedono giovani capaci anche se non professionisti. Tra l'altro è la
sorella di quella Mimì Bertè (non ancora Mia Martini) che a diciassette
anni è diventata un certo nome nell'ambiente discografico grazie ad un
paio di brani azzeccati e a qualche passaggio in televisione in
programmi che contano. Ora la sorella sembra essersi messa da parte e ad
avere diciassette anni tocca a lei, Loredana. Il Piper è la sua casa, la
minigonna la sua divisa, i collettoni e le collettine di Rita Pavone i
suoi migliori amici. Scelte personali che il suo Istituto d'arte a Via
Conte Verde a Roma, nella persona del preside, non deve aver preso molto
bene. L'Istituto era già assurto agli onori della cronaca per un giro
strano di pasticche che all'inizio si diceva fossero anfetamine e alla
fine si è appurato fossero solo dei tranquillanti. Ora è la volta di
Loredana Bertè. Il fatto di essere una ragazza troppo libera e di aver
protestato contro insegnanti che le hanno affibbiato voti bassi solo
perché porta la minigonna non è andato giù al consiglio dei professori.
Qualche tempo prima volevano addirittura sospenderla per averla vista in
tv ballare uno shake insieme ad altri ragazzi e a Rita Pavone, ora viene
sospesa per aver continuato ad indossare la minigonna, che nel 1967 non
andava ancora molto più su del ginocchio. Certo è che questa vicenda ha
fatto molto scalpore sui giornali dell'epoca e conseguentemente ha dato
molta visibilità alla ragazza che adesso vedrà alzate le proprie
quotazioni nel mondo dello spettacolo televisivo. Quando si dice che
non tutti i mali vengono per nuocere...
Moda giovanile
Ogni idea che arriva dall'Inghilterra diventa subito moda. Ormai anche i
francesi si sono messi il cuore in pace. La patria dei Beatles è ormai
patria indiscussa d'ogni libera follia giovanile, arbitra dell'in e
dell'out, centrale da cui, attraverso i canali segreti di un
Intelligence Service per minorenni, partono le direttive per ogni moda.
Questa primavera non c'è strada di Parigi, di Roma o di Monaco che non
abbia in vetrina le divise prussiane. In Italia sono state subito
adottate dai componenti dell'Equipe 84 che a loro volta hanno un negozio
d'abbigliamento a Milano, La Drogheria Di Via Solferino. E considerate
le loro attitudini alle droghe il nome poteva anche risultare un po'
equivoco. Il fatto è che il negozio di abbigliamento era stato rilevato
da una famosa drogheria con le insegne ancora in stile liberty. E i
ragazzi dell'Equipe avevano deciso di lasciare tutto così come avevano
trovato. Ma tornando alle divise prussiane, c'è veramente un interesse
particolare per questo tipo di abbigliamento. 'The antique look' è sorto
improvvisamente a Londra (un po' come il vintage negli ultimi tempi).
Dai negozi e dai guardaroba teatrali sono improvvisamente scomparse
tutte quelle (poche) uniformi stile 1848, così, da un giorno all'altro.
Il completo invendibile fino a ieri è diventato un best seller
soprattutto per gli uomini. Naturalmente le boutique europee hanno
subito preso provvedimenti e per una cifra che varia dalle 15 alle venti
mila lire ognuno può assicurarsi la propria divisa prussiana. Al tutto
si aggiungono i famosi "button" con scritte tipo "non faccio la guerra
faccio l'amore" messi al posto dei bottoni nelle asole. E' l'ultima
follia della moda giovane, ormai indossata anche dai quarantenni (allora
erano i cinquantenni di oggi) per essere alla page o in tinta con i loro
figli adolescenti. La moda del periodo era davvero imprevedibile: una
mattina potevi scoprire che andava di moda il caffettano e quando alla
fine decidevi di comprartelo anche tu, era già passato di moda a
vantaggio di un altro capo. Sicuramente non c'era occasione di
annoiarsi.
Svetlana Stalin
Suscita clamore la fuga negli Usa di Svetlana Stalin, figlia del defunto
dittatore comunista sovietico. Svetlana fu autorizzata a lasciare l'URSS
per portare in India le ceneri del marito Brijesh Sing ma non rivelò a
nessuno, neanche ai propri figli che sarebbe stato un viaggio senza
ritorno. Dopo essere rimasta per tre mesi in Svizzera arriva a New York
i primi giorni di aprile e indice una conferenza stampa denunciando il
regime comunista sovietico tanto che Kossighin la bolla come "pazza".
Svetlana è già un oggetto commerciale e di propaganda contro l'Unione
Sovietica anche se sarà difficile poterla coinvolgere in un tentativo di
smaccata polemica anticomunista perché non è affatto pazza come dice il
signor Kossighin, anzi. Nonostante la destalinizzazione del paese,
Svetlana non ha subìto pressioni (almeno così dice). Ha continuato a
godere di certi privilegi negati agli altri sfortunati cittadini
moscoviti. Aveva una macchina personale, una pensione ed il suo mestiere
d'insegnante. Non partecipava alla vita ufficiale del PCUS ma non
l'aveva mai fatto neanche prima. Le era stato comunque vietato di
compiere viaggi all'estero ed incontrare giornalisti stranieri. Amava
suo padre che la ricambiava chiamandola "la mia piccola padroncina" ma
alla morte di lui aveva perso gran parte della fede politica. Era nata
nel 1925 dal secondo matrimonio del dittatore con Nadia Aliluyeva, morta
nel 1932 in circostanze molto misteriose. Ci fu chi disse che era morta
di peritonite e chi fatta sopprimere dallo stesso Stalin. Nel 1941
Svetlana si innamorò di un cineasta di origine ebraica e questo fece
inorridire il padre, convinto antisemita come e più di Hitler. Stalin
spedì il giovane in un gulag nella città di Vorkuta e non si seppe più
niente di lui. Poi Svetlana si innamorò di un altro ebreo e questa volta
il padre non potè opporsi ma non volle mai incontrare lo sposo, dal quale
lei divorziò nel 1947 dopo la nascita del figlio Joseph. Nel 1950, tre
anni prima della morte del padre, comincia ad essere molto critica, a
fare paragoni con ciò che accadeva negli altri paesi del mondo e
giudicando severamente quello che accadeva nel proprio. Non era stata
una cosa da nulla mettere in discussione tutto ciò a cui credeva,
accorgersi che la realtà era lontana anni luce dall'ideologia e che
tutto quello che aveva imparato con gli anni si era accorta che faceva
acqua. Dopo la morte del padre decise di adottare il nome della madre
per allontanarsi ancora di più da una vita che ormai non le apparteneva.
Quando affronta i motivi della sua presa di coscienza intellettuale lo
fa in modo ponderato e sofferto. Nessuna polemica ma solo la
testimonianza di un lungo travaglio. Non dimentichiamoci che era la
figlia di Stalin, un nome che al solo nominarlo faceva paura al mondo e
non solo ai russi. Svetlana diventa una cittadina americana e sposa
l'architetto William Peters nel 1970 cambiando il suo nome in Lana
Peters. Nel 1984 torna in Unione Sovietica stabilendosi nella città
paterna, Tbilisi. Ma abbandona la Russia nel 1986 e questa volta
definitivamente, tornando in America dove ancora vive nello Stato del
Wisconsin.
Campionato di calcio
La 27° giornata di Serie A non offre grandi sconvolgimenti di fronte in
cima alla classifica. Due punti c'erano di distacco tra la Juve (prima)
e l'Inter (seconda) e due punti sono rimasti. La squadra torinese sbriga
la pratica Roma nel primo tempo, con due gol di Menichelli e di Zigoni,
il giovane attaccante che poi sarebbe passato proprio alla Roma. L'Inter
batte il Bologna con reti di Mazzola e di Burgnich. La rete della
bandiera la segna Fogli. Al terzo posto, distanziata da sei punti, il
Napoli che batte di misura il Mantova per 1 a 0, gol di Bianchi (il
futuro allenatore di Roma, Inter e dello stesso Napoli). Ecco i
risultati completi : 27° giornata di campionato di Serie A - 9 aprile
1967.
ATALANTA - TORINO 1-1
FIORENTINA - MILAN 1-0
FOGGIA - LECCO 4-1
INTER - BOLOGNA 2-1
JUVENTUS - ROMA 2-0
LAZIO - CAGLIARI 0-1
NAPOLI - MANTOVA 1-0
SPAL - L.VICENZA 1-1
VENEZIA - BRESCIA 3-0
Christian Calabrese
Fare clic qui per inserire un commento a questo articolo.
DIAMOCI DEL TU (1967)
di David Guarnieri
Dal 27 marzo 1967, i giovani diventano protagonisti di uno spettacolo
musicale in tv, intitolato "Diamoci del tu". L'autore dei testi è Italo
Terzoli; la regia è affidata a Romolo Siena; il direttore d'orchestra è
Tony De Vita; le coreografie sono curate da Paul Steffen. A condurre le
sei puntate, due popolarissimi cantanti: Caterina Caselli e Giorgio
Gaber.
L'ambientazione è quella dello studio 3 della Rai di Corso Sempione in
Milano (dove vennero girate le ambientazioni interne de "I promessi
sposi" di Sandro Bolchi, andato in onda a gennaio del '67); la
scenografa Ada Legori ha trasformato il palcoscenico in una sorta di
anfiteatro con pista centrale. L'idea di questo "happening" è quella di
divertire i ragazzi, ma, anche interessare i telespettatori di età "meno
verde", proponendo musica (soprattutto), cercando di ironizzare sulle
manie, il gergo giovanile, l'abbigliamento e le inevitabili
ripercussioni sociali.
La scelta degli animatori non è certo casuale: la Caselli è stata
l'assoluta rivelazione canora del 1966, grazie ai successi ottenuti con
motivi come "Nessuno mi può giudicare", "L'uomo d'oro", "Perdono",
"Cento giorni", "Tutto nero" (in un solo anno ha dimostrato di poter
rivaleggiare alla pari con regine della hit-parade come Mina e Rita
Pavone). La personalità, provocatoria (ma non troppo), l'abbigliamento
di grande tendenza, il casco d'oro (creato dai celebri coiffeur
Vergottini) fanno della cantante emiliana, un preciso punto di
riferimento; il suo partner, Giorgio Gaber è già un personaggio
abituale, per quel che riguarda la platea televisiva (da ricordare le
riuscite esperienze di "Canzoni di mezza sera", del "Canzoniere minimo",
di "Questo e quello" e de "Le nostre serate"): il suo stile, misurato ed
ironico è sempre risultato di grande efficacia. Entrambi gli interpreti
provengono dall'esperienza del Festival di Sanremo 1967 (per intenderci,
quello della tragica scomparsa di Luigi Tenco). Per Gaber le cose non
sono poi andate tanto male (la sua "E allora dai", cantata in coppia con
Remo Germani si è qualificata per la finale); per la Caselli, la 17^
edizione della rassegna si è rivelata un imprevisto flop (il brano, "Il
cammino di ogni speranza", da lei eseguito, assieme ai celebratissimi
Sonny & Cher, è stato sbattuto fuori alla prima eliminatoria).
Naturalmente, questo show per i due padroni di casa, è l'occasione per
presentare il proprio repertorio musicale: Gaber canta brani come "La
libertà di ridere", "Snoopy contro il Barone Rosso", la stessa "E allora
dai" e propone delle garbate parodie di canzoni di successo (da "Pietre"
a "Proposta", fino a "Il ragazzo della via Gluck"). La Caselli
(coadiuvata dal balletto, guidato da Joel Galletti), interpreta "Le
biciclette bianche", "Cento giorni", "Il cammino di ogni speranza", "Per
fare un uomo", "Puoi farmi piangere" (la famosa "I Put Spell On You" di
Alan Price), "Incubo n. 4". Non mancano poi i duetti tra i due
protagonisti: numeri che spaziano dai Beatles a Bob Dylan, dai Rolling
Stones alle ballate folk, fino alle marce militari di diversi Paesi. Un
aspetto singolare di questa trasmissione è la "Tribuna Beat", con la
Caselli in veste di moderatrice. Accanto a lei - in ogni puntata - un
attore brillante, che mette alla berlina (bonariamente) l'universo
giovanile: il mito di "Carnaby Street", i "capelloni", lo shake, lo
stile Yé-Yé, i rapporti genitori-figli. Tra gli spiritosi protagonisti,
Raffaele Pisu, Lina Volonghi, Gino Bramieri, Ernesto Calindri, e Arnoldo
Foà.
La parentesi "seria" dello show è l' "angolo della poesia".
Settimanalmente, si segnala la presenza di attori famosi: Valeria
Moriconi e Corrado Pani (i quali leggono poesie di autori russi),
Gianmaria Volontè (alle prese con le liriche di Bob Dylan), Sergio
Fantoni e Valentina Fortunato (con testi di famosi "blues"), Giulio
Bosetti e Giulia Lazzarini (con le poesie dedicate alla chitarra) fino
ad un'inedita Ornella Vanoni, che non canta, bensì recita poesie di
Umberto Saba.
Inevitabili, le partecipazioni di grandi ospiti canori: da Sandie Shaw
(con "Il mondo nei tuoi occhi", cover di "(There's) Always Something
There To Remind Me" di Burt Bacharach) a Lucio Dalla con la sanremese
"Bisogna saper perdere", dall'Equipe 84 con "E' dall'amore che nasce
l'uomo", dalla quasi debuttante Marisa Sannia con "Sarai fiero di me" ai
favolosi Byrds (reduci dal trionfo di "Mr. Tamburine Man" di Dylan) con
l'altrettanto nota "Mr. Spaceman" ad Antoine e la celebre "Pietre"
(altro successo di Sanremo 1967), da Patty Pravo con "Sto con te" alla
New Vaudeville Band con "Winchester Cathedral", da Riki Maiocchi con
"C'è chi spera" a Fausto Leali con la trionfante "A chi", da Gino Paoli
con "Io che sarei" a Françoise Hardy con "I sentimenti". Nella serie di
ospiti si segnalano due celebri debuttanti: Francesco Guccini (segnalato
dalla Caselli) e Franco Battiato (proposto da Gaber). Quest'ultimo
lancia il brano "La torre".
La sigla iniziale, "Gulp Gulp" (ispirata dal linguaggio fumettistico), è
cantata da Giorgio Gaber (da rimarcare la notevole trovata, utilizzata
per il filmato tv: un pannello con i nomi dei protagonisti e dei
realizzatori, inframmezzato dagli splendidi disegni di Guido Crepax).
Per quel che riguarda la sigla finale, Caterina Caselli porta al
successo in hit-parade un brano intitolata "Sono bugiarda" (scritta da
Neil Diamond, ma lanciata dai Monkees).
"Diamoci del tu", conquista un buon successo di ascolto e di gradimento,
da parte del pubblico televisivo (giovanile e non). La critica si
divide: c'è chi parla di programma originale, ben scritto e piacevole,
chi deride l'esperimento, tacciando il programma di pretenziosità e di
scarsa vena creativa (a cadere sotto la scure della stampa è, in
particolare, l'abbinamento tra "canzonette" e poesie serie, recitate
immotivatamente in un contesto "poco profondo"). A giudizio di chi
scrive, la trasmissione si muove bene, tra un numero musicale e l'altro,
restando assai godibile (anche a quasi quaranta anni di distanza), sia
per merito dell'indovinata regia di Romolo Siena che per il felice e
simpatico apporto conferito dalla coppia Caterina Caselli e Giorgio
Gaber (validi interpreti canori e frizzanti intrattenitori).
A presto!!!
David Guarnieri
Fare clic qui per inserire un commento a questo articolo.