Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia
La stagione estiva canora è già partita in quarta: Saint Vincent,
Cantagiro e Mostra Internazionale Di Musica Leggera di Venezia, che nel
1967 ancora si svolgeva a luglio invece che a settembre. Il 29-30 giugno
e il primo di luglio hanno luogo in quel di Venezia tre serate di musica
ad alto livello, una manifestazione giunta alla terza edizione. Un nuovo
premio viene ad aggiungersi alla Gondola D’Oro e alla Gondola D’Argento,
ossia la Ca' D’Oro, assegnata dall’Azienda Autonoma di Soggiorno e
Turismo di Venezia al cantante che più ha venduto nel mondo. Quest’anno,
il primo, la Ca' D’Oro viene assegnata a Frank Sinatra, per il successo
ottenuto durante il 1966 con STRANGERS IN THE NIGHT. Naturalmente
Sinatra non verrà a ritirarlo. Sarà per questo che il premio al cantante
o gruppo che ha venduto di più nel mondo durante l’anno verrà
archiviato? Con questa manifestazione, si intende offrire al pubblico un
panorama completo della produzione discografica ed una rassegna dei
maggiori protagonisti di quel fenomeno industriale che è il mercato
della canzone. A dodici mesi di distanza dalla conclusione della
precedente mostra, la Gondola D’Oro va a Caterina Caselli che l’anno
precedente aveva presentato su questo stesso palco la canzone PERDONO.
La sede di svolgimento è il Palazzo del Cinema al Lido di Venezia mentre
la finale è in Piazza San Marco. A presentare ci sono Mike Buongiorno ed
Aba Cercato, i cantanti del girone A sono 10 e 10 le voci nuove che a
differenza dei big vengono votate da tre giurie composte da
rappresentanti di case discografiche, da giornalisti e da una giuria
popolare. A vincere la Gondola d’Argento fra i giovani sarà Al Bano con
NEL SOLE; precede Claudio Lippi che aveva presentato SI’MARIA. Ai due
schieramenti si vanno ad aggiungere gli ospiti stranieri. La mostra
viene vista da 30 milioni di spettatori, pensate che cifra
impressionante! Cinquemila dei quali in platea e i restanti davanti al
video. Ma ecco la classifica finale per la Gondola d’Argento, cioè
quella dei giovani:
1)Al Bano – NEL SOLE con 68 punti
2)Claudio Lippi – SI’,MARIA con 63 punti
3)Umberto (Napoletano) – GIOVENTU’ con 62 punti
4)Piergiorgio Farina – L’AMORE E’ COME IL SOLE con 48 punti
5)Gianni Mascolo – NOI con 43 punti
6)Marisa Sannia – SARAI FIERO DI ME con 42 punti
Ora non ci resta che concludere elencando i partecipanti. Lista di
difficilissima reperibilità e scovata tra le pagine di un quindicinale
dell’epoca, già di nicchia in quel periodo, DISCOGRAFIA INTERNAZIONALE,
rivista specializzata spedita per abbonamento postale ed utilizzata dai
rivenditori:
GONDOLA D’ORO
ORIETTA BERTI – SOLO TU / RITORNERA’ DA ME
FAUSTO LEALI – A CHI / SENZA DI TE
SERGIO ENDRIGO – PERCHE’ NON DORMI FRATELLO / LA TUA ASSENZA
GIGLIOLA CINQUETTI – LA ROSA NERA / UNA STORIA D’AMORE
MICHELE – DITE A LAURA CHE L’AMO / QUANDO PARLO DI TE
GIORGIO GABER – SNOOPY CONTRO IL BARONE ROSSO / SOGNO
IVA ZANICCHI – LE MONTAGNE / QUEL MOMENTO
CATERINA CASELLI – SONO BUGIARDA / INCUBO N.4
MILVA – DIPINGI UN MONDO PER ME / LITTLE MAN
ORNELLA VANONI – IL MIO POSTO QUAL’E’ / TI SALUTO RAGAZZO
CLAUDIO VILLA – ANGELICA / UNA SIGNORA COME TE
GONDOLA D’ARGENTO
AL BANO - NEL SOLE
LA RAGAZZA 77 (AMBRA BORELLI) – IL BEAT COS’E’
UMBERTO – GIOVENTU’
EMANUELA TINTI – SE TU IMPROVVISAMENTE
GIANNI MASCOLO – NOI
PIERGIORGIO FARINA – L’AMORE E’ COME IL SOLE
CLAUDIO LIPPI – SI’,MARIA
ANNA MARCHETTI – GIRA FINCHE’ VUOI
EVY – IO NON SO QUELLO CHE HO
MARISA SANNIA – SARAI FIERO DI ME
OSPITI STRANIERI
ANTOINE - CANNELLA
ROBERTO CARLOS – LA DONNA DELL’AMICO MIO
GENE PITNEY – AMICO ASCOLTAMI
SANDIE SHAW – LA DANZA DELLE NOTE
LOLA FALANA – SCRIVIMI IL TUO NOME
ALAIN BARRIERE – VA
FRANCOISE HARDY – I SENTIMENTI
UDO JURGENS - CHE VUOI CHE SIA
THE ROKES – RICORDO QUAND’ERO BAMBINO
SYLVIE VARTAN – DUE MINUTI DI FELICITA’
PALITO ORTEGA – LA FELICITA’
Gigliola Cinquetti
Il giallo comincia quando una voce alla radio annuncia LA ROSA NERA
cantata da Gigliola Cinquetti durante la vetrina del Disco Per L’Estate.
La sua voce elenca una serie di disgrazie tipo: hanno distrutto il nido
ad una rondine, hanno gettato un sasso fin lassù, hanno tagliato le ali
ad una farfalla, hanno gettato inchiostro in un torrente e catastrofi di
questa portata per concludere rassicurante che una rosa di sera non
diventa mai ne-e-ra. Anche volendo, ma quando mai si è vista una rosa
nera? Poi, non contenta visto che forse era stata un po’ troppo
rassicurante, conclude con fare in stile Cassandra: finché la terra non
scoppierà. Come è possibile che una rosa di sera non diventi mai nera?
E’ un dubbio che arrovella tutti gli italiani, a partire dai
floricoltori. E meno male che il maestro Mario Panzeri, un degli autori
di questo capolavoro è un notissimo pollice verde. Erano famose in tutta
Milano le sue serre sperimentali dove faceva nascere orchidee rare. Il
coautore Daniele Pace afferma che nel Corano c’è un verso quasi uguale
al quale si sarebbe ispirato. Ma infine cosa significa questa canzone?
Che nonostante il male del mondo la speranza non può e non deve morire,
proprio come una rosa, che quando scende il buio non cambia di certo il
suo colore. Canzone nata per risollevare le sorti di una cantante che
stava per finire nel dimenticatoio. Gigliola Cinquetti (della quale ci
siamo occupati altre volte su queste colonne) dopo il boom iniziale al
Sanremo 1964 non ha mai trovato un brano che l’abbia riportata in
classifica. Tre anni senza un disco tra i più venduti (se si esclude una
tiepida accoglienza dopo la vittoria al Sanremo 1966 con DIO COME TI
AMO) per una cantante giovane sono davvero troppi. Un altro passo falso
e la Cinquetti probabilmente avrebbe dovuto dire addio alla sua
carriera. Adesso, pur avendo soltanto venti anni, la Cinquetti rischia
di rimanere imprigionata in un personaggio che non piace affatto ai
ragazzi che sono i maggiori acquirenti di dischi. Ecco quindi
l’industria discografica che reinventa per la terza volta il personaggio
Cinquetti. Dopo la fase casta e pura degli esordi, si era passati alla
fase sofisticata (LA BOHEME, DOMMAGE) ed ora ecco la Cinquetti di
protesta, ma dosando il cocktail con cura, in modo da non perdere i
vecchi ammiratori, compagni dell’oratorio. Un bel saggio di fredda
escalation industriale. O la va o la spacca. E fortunatamente per lei,
va. Seconda al Disco Per L’Estate, entra subito in classifica.
I New Dada
Da principio, quando i New Dada erano sei, tutto filava liscio come
l’olio. Serate, dischi venduti (vabbè, magari quelli non troppi...).
Poi, qualcosa comincia a non marciare come dovrebbe e i litigi sono
all’ordine del giorno (la cosiddetta “Sindrome dei Giganti”, l’altro
complesso che raggiunta una fama invidiabile è stato capace di
autodistruggersi per dissidi interni e gelosie. C’è chi vorrebbe
puntare molto sull’aspetto fisico perché sia Maurizio Arcieri che Franco
Jadanza sono gli idoli delle ragazzine che vanno al Paip’s di Milano e
al Piper di Roma: giovani e belli. Mentre c’è chi giustamente vorrebbe
puntare molto sulla tecnica e sullo stile. Ognuno aveva le proprie
opinioni e nessuno era disposto a concedere qualcosa a quelle degli
altri In più, considerando anche la loro giovane età (il più vecchio 21
anni, il più giovane 18), si erano montati un po’ troppo la testa. Da
sei che erano diventano quattro: la prima lite per estromettere il
batterista Pupo (niente a che vedere con l’omonimo attuale, Enzo
Ghinazzi), poi la fuoriuscita del più carismatico del gruppo, per
l’appunto Maurizio che tenta con fortuna la carta del solista. Poi c’è
chi va al servizio militare (Giorgio) e quindi restano in tre a
rappresentare il complesso: Ferry, Franco e Renè. Intanto Pupo,
l’estromesso, decide di formare un complesso e di usare il nome di New
Dada e qui scoppiano le grane. Chi potrà usarlo? I tre rimasti decidono
di dare in mano agli avvocati la patata bollente e costoro dichiarano
che il nome New Dada è di loro proprietà (dei tre rimasti), tanto più
che lo hanno addirittura depositato alla camera di commercio come
marchio di impresa. Eppoi il loro gruppo è costituito esattamente dalla
metà di quello originale (tre su sei) mentre l’altro litigante, Pupo, è
solo. Comunque la causa va avanti e i ragazzi sono troppo giovani per
seguirla come si deve ed è a questo punto che si intromettono i
genitori, famiglie della Milano bene che hanno dimestichezza con le
trame di leggi e codici. Così mentre mamma e papà si accollano i pesi
legali della vicenda, i figli continuano a suonare. Da un lato Ferry,
Franco e Renè sotto il cartello Ferry, Franco e Renè dei New Dada,
dall’altro lato Maurizio come Maurizio dei New Dada (lui poi abbandonerà
vedendo che tanto, come solista, funziona lo stesso, anche senza il
richiamo della premiata ditta nel titolo) e infine Pupo, anche se non si
è capito bene contro chi e con cosa si cimentasse in quel periodo.
Comunque sia, i New Dada sono definitivamente morti come complesso
proprio quell’estate. Il loro ultimo singolo, per ironia della sorte,
era anche andato bene nelle classifiche italiane. La canzone era la
versione italiana di LADY JANE dei Rolling Stones. La versione originale
era già particolarmente dolce e morbida per essere un disco dei Rolling.
La loro versione stranamente non sfigura; anzi, addirittura le dona quel
tocco di italianità che orienterà sul loro singolo gli acquirenti
indecisi se comprare l’originale o l’imitazione. A parte qualche
episodio rimasto propriamente tale (Franco con un paio di singoli
azzeccati), l’unico di tutto il gruppo a farsi valere successivamente
sarà Maurizio Arcieri, sia come solista che come partner musicale della
moglie Cristina con la quale costituisce i Chrisma, negli anni settanta
ed ottanta.
I Camaleonti
Per un complesso in dirittura d’arrivo, uno che va per la maggiore: si
parla dei Camaleonti. Al Cantagiro di quest’anno stanno andando
veramente bene, quando ancora sono abbastanza sconosciuti e sono legati
ad un etichetta minore, la Kansas. A quest’epoca hanno pensato di
incidere un disco tris con un pezzo dal titolo che cavalcava la tigre di
ciò che è più a la page nel momento e che è sulla bocca di tutti come
fenomeno di costume, I CAPELLONI. Ma a parte qualche segnalazione sui
giornali e qualche ripresa televisiva non sono approdati a niente di
veramente concreto, in termini di successo. Demerito anche della
canzone, francamente brutta (faceva il paio con BIKINI BEAT dei Pooh,
anch’essa uscita in estate e che faceva il verso alla moda dilagante del
beat condito in ogni salsa). Si può dire anzi che hanno fatto un passo
indietro rispetto agli esordi quando lanciarono con discreto successo
SHA LA LA LA LA che contribuì a dare il la al pittoresco e colorato
universo giovanile dell’ultimo biennio (1966-67), quello sul quale il
marketing, la discografia, l’industria dell’abbigliamento insieme a
quello dei dolciumi, dei prodotti di bellezza, degli accessori etc etc
sta campando ancora oggi. In primavera i Camaleonti, fiutando aria di
revival e di stanca generale verso la musica beat, danno il via al
mercato delle cover degli anni ’20-’30-’40 con PORTAMI TANTE ROSE, che
clamorosamente ottiene un grande successo, inaspettato anche dallo
stesso gruppo. Quel amore-amor con la O del secondo amor tenuta lunga,
quasi a ricordare un terminato di altri tempi più che un inizio in stile
rhytm’n’blues, una commistione fra antico e moderno, colpisce subito il
pubblico che pone il brano fra i più ascoltati della primavera 1967. Il
disco esce anche con due copertine diverse perché la Kansas, che forse
non credeva al successo del pezzo, aveva stampato il singolo in poche
copie. Nel frattempo Ricki Maiocchi, tentato dalle sirene dell’avventura
solista abbondona il gruppo cercando la sua strada (che sarà ostica e in
salita): Livio Macchia, Tonino Cripezzi, Paolo Di Ceglie, Gerry Manzoli
e Mario Lavezzi (che abbandonerà il gruppo da lì a poco) non si perdono
d’animo ed affrontano la nuova stagione con un singolo che portano anche
al Cantagiro, NON C’E’ NIENTE DI NUOVO, un altro colpo ben assestato
nelle classifiche discografiche e verso il successo. La canzone verrà
anche inclusa all’interno del film LA PIU’ BELLA COPPIA DEL MONDO, con
la regia di Camillo Mastrocinque, nel quale lavorano Walter Chiari e
Paola Quattrini e che racconta un’improbabile storia d’amore tra Chiari
e la Quattrini al Cantagiro di quell’anno, spettacolo del quale erano
presentatori. NON C’E’ NIENTE DI NUOVO è la guida rossa che li porterà
dritti dritti al singolo della loro consacrazione ufficiale, L’ORA
DELL’AMORE, alla fine di questo ’67. Successo strameritato, per uno dei
migliori complessi vocali italiani, grandissimi lavoratori ed ottimi
professionisti. Mai un litigio (almeno davanti al pubblico e ai taccuini
della stampa) ma un grande lavoro che continua ancora ai nostri giorni,
con serate su serate (è appena uscito un dvd che festeggia i loro
quarant’anni di successi).
Annarita Spinaci
Partecipare ad un Festival di Sanremo, anche se in sostituzione di un
cantante, ed ottenere un certo successo di pubblico, non significa
assolutamente niente dal punto di vista della protezione e tutela da
parte della propria casa discografica, anzi. E' il caso della cantante
anconetana Annarita Spinaci, che ha citato in giudizio la sua casa
discografica, la Interrecord, perchè non le avrebbe pagato le royalty
maturate per la vendita del disco QUANDO DICO CHE TI AMO che, volente o
nolente, qualche cosuccia ha venduto. Molti l'hanno definita la
rivelazione dell'ultimo Sanremo ma di sicuro due fattori non l'hanno di
certo aiutata: il primo è la sicura mancanza del phisique du role, il
secondo sta nel fatto che a frenare un poco le vendite ha contribuito
l'autore della canzone. Escluso dal Festival, Tony Renis, che ha inciso
il pezzo, si è assestato in buona posizione nelle classifiche (tra
l'altro erano anni che mancava dalle classifiche di vendita). Tornando
alla Spinaci, la cantante chiede che sia sciolto il contratto che la
lega alla società anche perchè quest'ultima avrebbe venduto sottocosto
il suo disco. La casa sostiene che vendere un disco sottocosto andrebbe
prima di tutto contro gli stessi interessi dell'azienda. Forse tutto
questo rancore tra le due parti risale ad un mese prima quando in maggio
la cantante aveva mancato di recarsi a Milano per un'incisione e per
prendere accordi circa una campagna pubblicitaria in Italia e in
Svizzera. Tanto succede che lei, appena nata (discograficamente), è
praticamente già cadavere. Il suo ultimo singolo viene inciso con la
Philips e il titolo, dal suono profetico, è CIAO CARO, tanto che non
venderà assolutamente nulla. In copertina un’orribile foto dove la
cantante sembra avere un’età superiore ai 50 anni quando invece ha poco
più di venti anni. Come si faccia ad offrire un'immagine così lontana da
quello che il pubblico vuole da un cantante, proprio non lo si capisce.
In un mondo in cui tutto è obbligatoriamente giovane ecco che appare una
giovane che sembra una vecchia? A partire dalla voce, che non ha nulla
di particolare e che sembra quella di una qualsiasi cantante di dieci
anni prima. Intendiamoci, niente da rimproverarle: voce più che buona,
anzi... ha solo sbagliato l’epoca! Spinaci sarà ricordata esclusivamente
per quel Sanremo anche se inciderà dischi fino alla fine degli anni
settanta (e oltre) con un indice di successo uguale a zero.
Fabrizio De Andrè
Guai contrattuali anche per Fabrizio De Andrè: il cantautore genovese è
in causa con la sua casa discografica, la Karim, anch'essa di Genova. Il
noto autore ha presentato un esposto al giudice lamentando il fatto che
negli ultimi tempi la casa discografica è stata carente nel
corrispondergli i suoi diritti d'autore; egli chiede un risarcimento dei
danni e la rescissione del contratto. Dal canto suo la Karim ha
presentato un controesposto allo stesso giudice per accusare De Andrè di
aver accordato, senza alcun preavviso, i diritti di pubblicazione ad
un'altra casa discografica. Chiede un immediato risarcimento del danno
subìto calcolandolo in circa cinquanta milioni di lire da computarsi sui
profitti delle canzoni che De Andrè avrebbe già inciso per la casa
concorrente.
Cantagiro
A Roma c'è una gang di ladri di appartamenti organizzata nei colpi a
personaggi del mondo dello spettacolo. Nel giro di pochi giorni hanno
fatto razzia nelle abitazioni di Sofia Loren, di Claudia Cardinale, dei
coniugi Vianello (Edoardo e Wilma Goich) e, per ultimo, di Little Tony.
Nell’ abitazione di quest’ultimo, in Via Gregorio VI, hanno portato via
tutti i trofei (compreso il Disco D'Oro ottenuto per RIDERA'), una
decina di medaglie, una statuetta d'oro ed un televisore portatile.
Niente, forse, a confronto del bottino portato via a Vianello e
famiglia: si calcola un danno di circa dodici milioni di lire: nel 1967,
non sono certo pochi. Nel frattempo i due coniugi (che ancora cantano
separati - non esisteva ancora il duo de I Vianella, nato nel 1971)
chiedono di ritirarsi dal Cantagiro perchè si considerano degli sportivi
e l'abolizione della gara a gioco iniziato non è piaciuta ai due. Questa
decisione è stata presa dopo l'adesione al Cantagiro di Adriano
Celentano che notoriamente odia le gare, per paura di perderle. Per
assicurarsi il big, Radaelli snatura il senso della competizione, cosa
che non sta affatto bene a molti dei cantanti partecipanti. Con la gara,
tutti avrebbero di che guadagnare, tranne forse quei due o tre
personaggi con tutte le carte per vincere ma che potrebbero vedersi
scippare la vittoria da uno meno famoso di loro. Uno di questi probabili
vincitori non è certamente Vianello, ormai fuori dal giro dei big da
qualche tempo. Sicuramente la Goich, che presenta SE STASERA SONO QUI,
avrebbe più da recriminare per la mancanza della classifica. Entrambi si
sono iscritti alla gara pur sapendo a quale difficoltà sarebbero andati
incontro e si sono liberati dai precedenti impegni ma ora il loro
interesse è scemato dal momento che la gara non c'è più. La canzone che
porta Edoardo Vianello si intitola POVERO LUI: niente di più appropriato
visti i riscontri di pubblico sia al Cantagiro che nei negozi di dischi.
Non certo una brutta canzone (difficile che Vianello scriva una canzone
davvero brutta) ma era proprio Vianello a non interessare più al
pubblico che lo considerava ormai un cantante di un'altra epoca. Allo
spettacolo messinese erano ugualmente presenti, sia pure come “turisti”
al seguito della carovana, dovendo sottostare ad un rigido contratto. In
caso di abbandono avrebbero dovuto pagare una penale di 40 milioni. La
loro protesta ha però trovato l’appoggio di altri cantanti, anche loro
seccati dal fatto che, per favorire un singolo personaggio, ci sia stato
un colpo di spugna così clamoroso in un contesto che ha sempre trovato
la sua ragione di essere proprio nella gara. Dino, Ricky Shayne, Riki
Maiocchi, Gianni Pettenati, Mario Zelinotti, Nicola Di Bari ed una
biondissima diciannovenne Patty Pravo non ci stanno e lo fanno sapere a
chiare note. Tutti costoro avrebbero guadagnato in un’eventuale gara con
un possibile buon piazzamento. L’unico a rimetterci sarebbe stato
Celentano e forse la Pavone, che comunque è la vincitrice di un
referendum indetto dal Radiocorriere, secondo il quale al primo posto si
assesta lei, al secondo Adriano Celentano, al terzo Nicola Di Bari, al
quarto Wilma Goich, al sesto Dino, al settimo Bobby Solo ed all’ ottavo
Patty Pravo. Sarebbe interessante scrivere un articolo su quel Cantagiro
ma, essendo pieno di avvenimenti, ci vorrebbe uno spazio di circa venti
pagine, una specie di opuscolo sul Cantagiro 1967. Non è detto che non
si faccia quando capiterà di nuovo l’occasione di parlarne.
Adriano Celentano
La canzone di Celentano si chiama TORNO SUI MIEI PASSI ed è una reprimenda
indirizzata al mondo beat, alla moda dilagante ormai diventata costume
per il quale tutto è beat, dalle caramelle al gelato. “Padre” Adriano
dice che in linea di massima non ha niente contro il beat ma se essere
beat significa non lavarsi, scappare di casa e drogarsi o il fenomeno
cambia nome oppure presto sparirà (TRE PASSI AVANTI). E come al solito è
stato un buon profeta. Nel senso che la moda beat sparirà in breve tempo
ma gli aspetti negativi (che evidentemente non erano legati strettamente
alla moda) sono rimasti: non saranno più legati al mondo beat ma ad
altri mondi, sicuramente molto più deleteri e meno naif. Naturalmente si
sta parlando della droga e di atteggiamenti autodistruttivi, non certo
del non lavarsi (!!). Celentano è indubbiamente bravo come uomo di
spettacolo, è un incantatore di serpenti, sa il fatto suo come
personaggio dello spettacolo e come industriale. Sa sempre quello che
vuole, annusa i tempi come un cane da tartufo ed è difficile che sbagli.
Sente prima degli altri dove tira il vento: c’è il rock che impazza nel
mondo e lui ce lo porta in casa, si accorge di Bacharach e lo lancia
come autore e arrangiatore (STAI LONTANA DA ME) tanto è vero che verrà
utilizzato da altri cantanti italiani, come la Carmen Villani degli
inizi (POTRAI FIDARTI DI ME), sente che i tempi sono maturi per
protestare ed incide MONDO IN MI SETTIMA. Ora si scaglia contro il beat
e i suoi eccessi e anche stavolta vince lui (il beat morirà in una
nuvola di fumo, come predetto nella canzone, proprio alla fine di
quell’estate del 1967, soppiantato dalla psichedelia e dall’underground,
da brani come A WHITER SHADE OF PALE). In un mondo di improvvisatori
(tutte marionette con il cuore di stracci senza amore e pietà) si
scaglia contro quei cantanti ai quali basta tenere in mano una chitarra
per sperare in un successo facile , senza averne le capacità di base.
Forse è uno dei pochi che, seppur su un piano da piccolo industriale,
riesce a competere contro le grandi case discografiche (oggi diremmo
etichette indipendenti contro multinazionali) e a condurre in porto i
propri affari con grande abilità. E’ spregiudicato e calcolatore ma
queste due virtù/difetti passano per smisurata sincerità e su questo
gioco di ambiguità incanala da anni (dal 1958) il suo grande successo.
Tony Dallara
E il successo come arriva se ne va. E’ una cosa della quale chiunque,
nel fare il mestiere di cantante, tiene da conto. E’ una regola non
scritta ma quasi obbligatoria. Non capita a tutti, a dire il vero, ma a
molti. Chissà se nel 1959/60, in pieno boom discografico, a Tony Dallara
(al secolo Antonio Lardera) sarà mai passato in mente. Ne dubitiamo:
mentre si cantano canzoni come COME PRIMA, TI DIRO’ o ROMANTICA, come si
fa a pensare che la pacchia avrà un termine? Dopo essere passato per tre
case discografiche, l’ultima, la CBS gli da il benservito. Scaduto il
contratto, non lo rinnova e nessuno ai vertici dell’azienda gli fa
immaginare un eventuale prolungamento. Il disco inciso da Dallara
intitolato COSA SI FA STASERA? passa praticamente inosservato. Trasmesso
qualche volta alla radio ma in sordina, non vende nulla. Dallara canta
diversamente dagli inizi ed è anche normale: come potrebbe sperare in un
eventuale successo cantando come faceva dieci anni prima, in quest’epoca
in cui un anno equivale ad almeno dieci dei nostri attuali? Quella
canzone viene comunque ignorata dalla massa degli acquirenti e di chi
semplicemente ascolta la radio: un Dallara nell’epoca dei Fausto Leali,
delle Patty Pravo, dell’Equipe 84 e dei Rokes (per citare qualche nome
tra i più in voga nel 1967) c’entra come possono entrarci le vongole sul
gelato! Una delle situazioni più angoscianti gli era capitata due anni
prima, al termine di una serata al Cantagiro in Toscana: era sdraiato su
una panchina quando gli si avvicinò una signora sulla quarantina che
cercava un effetto personale tra le seggiole abbandonate dalla folla e
gli disse: o che ci fa costì, signor Dallara? Lui rispose che era lì
perché faceva il cantante e la signora per nulla paga: ma ancora canta?
A Tony Dallara crollò il mondo addosso: non solo non l’aveva notato tra
i tanti cantanti della serata ma si chiedeva, stupita, se fosse ancora
attivo. A SCALA REALE lo prendono per fare il gregario di Gene Pitney
(SCALA REALE era il programma abbinato alla Lotteria Italia 1966). Lui
che aveva inventato l’urlo era ridotto a portare la borraccia ad un
americano dalla voce di gallina che in America non se lo filava più
nessuno e che in Italia aveva venduto quattro volte meno di lui nel
periodo d’oro. Ma queste sono le regole. Prima a me, dopo a te. Non
passa più, come la canzone che cantava nel 1959: in questo caso a non
voler ripassare più per la sua stessa via è il successo. Questo era il
Dallara disperato del 1967. In seguito, pur non riacciuffandolo più (il
successo) avrà tante occasioni per rimettersi in carreggiata, fare
serate e tanta tv. Anche adesso non è certamente difficile vederlo in tv
nelle varie BUONA DOMENICA, DOMENICA IN, LA VITA IN DIRETTA e schifezze
del genere. In più la sua attività come pittore va sempre abbastanza
bene. Il buon Tony Dallara non ha di che lamentarsi. Chissà se avrebbe
mai creduto, in quel 1967, quando pensava addirittura al suicidio, che
nel 2005 sarebbe stato ancora nel giro!
I distintivi beat
Il beat, come spesso si è detto, oltre ad essere stato un fenomeno
musicale è stato (e soprattutto) un fenomeno sociale e di costume
seppure effimero. Una delle manie del 1966-1967 erano i buttons, bottoni
con dietro una spilla da balia adatti ad essere agganciati a giacche,
camicie, minigonne, borse, etc. Questa moda, che ritornò prepotente
all’inizio degli anni ottanta (quando i ragazzini andavano in giro con
la lingua degli Stones e con i nomi dei quattro Kiss attaccati alla
giacca jeans), era stata importata direttamente dall’Inghilterra. I
buttons originali recitavano frasi assurde e non sense oppure
dichiaravano un amore per un particolare cantante o gruppo ma sempre in
maniera spiritosa. Ad esempio: in case of necessity, please, call John,
riferito naturamente a Lennon. In Italia le cose erano differenti: c’era
l’immagine del cantante oppure il titolo di una canzone o uno slogan
alla moda (da come potete giudicare a fate l’amore non fate la guerra)
ed erano pubblicizzati dai giornali per ragazzi. Sophia Loren si faceva
vedere in giro con una spilla che spiegava Kiss me, I’m Italian. Segno
che la moda si era estesa non soltanto ai giovanissimi ma ad una larga
fascia di pubblico. Oltre ad essere venduti per corrispondenza o nei
negozi di dischi più forniti, i buttons si trovavano anche nelle
librerie. A Firenze, scoppia una guerra dei bottoni: a dichiararla è il
Comune contro la libreria Feltrinelli in Via Cavour. Per vendere questi
buttons è necessario avere una licenza di merceria e la Feltrinelli non
ce l’ha, essendo una libreria. La direzione considera l’articolo un
gadget, un oggetto da collezione, un messaggero di idee scritte come un
qualsiasi libro e quindi continua a venderli come niente fosse. Il
comune insiste dicendo che gli oggetti in questione sono bottoni e la
libreria replica facendo osservare che i distintivi sono simboli di
associazioni, di comitati, di gruppi, proprio per quello che recano
scritto. E continua a venderli. Tanto, da lì a qualche mese, saranno
considerati paccottiglia senza alcun valore perché la moda cambia e in
certi casi molto più velocemente delle stagioni.
La "moda" della droga
Legalizzate la droga! E’ questo il grido che si sente davanti al
tribunale dove si sta svolgendo il processo ai Rolling Stones. Come
scrivemmo in un altro saggio riguardante l’Inghilterra dopata del 1967,
marijuana, eroina e cocaina fanno parte ormai dell’armamentario rock,
pop e beat. Non c’è cantante che non ne faccia uso o faccia fatica ad
ammetterlo. Anzi, è quasi un vanto, da quando Paul e John dei Beatles
sono stati fermati per uso e possesso di stupefacenti e Mick, Brian,
Keith dei Rolling li hanno seguiti a ruota. Who, Troggs, Spencer Davis
Group, Doors etc. Ne sono esenti i cantanti per famiglie e cioè le varie
Dusty Springfield, Cilla Black, Sandie Shaw o anche Tom Jones, forte
della sua fama di minatore gallese ed uomo tutto d’un pezzo che non
ricorre a certi mezzi per essere al top. I Rolling Stones sono così
dentro al problema droga che in Usa coniano una parola ed un verbo a
loro immagine e somiglianza: per indicare uno “strafatto”, gli americani
dicono stoned (letteralmente pietrificato). Coloro che gridano
legalizzate la droga sono naturalmente i loro fan. La popolarità di un
personaggio può giungere al punto di spingere gli ammiratori a chiedere
che il suo reato venga legalizzato pur di non vederlo punito. Le
condanne sono state pesanti: tre mesi a Mick Jagger ed un anno a Keith
Richards, anche se sono stati messi un libertà provvisoria dietro
cauzione di 7000 sterline (12 milioni di lire del 1967). L’Inghilterra
dei Beatles e della musica beat e la droga: in nessun paese europeo il
problema della droga è così sentito come in Inghilterra. Sul Times un
gruppo di personalità eminenti (tra cui un premio Nobel, due deputati e
lo scrittore Graham Greene) ha pubblicato un’inserzione a pagamento per
rivendicare la libertà di fumare la marijuana. Una parlamentare,
sottosegretario agli Interni, ha riferito in Parlamento sull’uso di una
nuova droga, chiamata STP che provoca effetti allucinogeni molto più
forti del famoso LSD. Lo stesso sottosegretario è rimasto sbalordito nel
leggere gli elogi degli allucinogeni pubblicati da una rivista
femminile. Nell’articolo uomini e donne celebri elogiavano le droghe
come se non ne potessero fare a meno. Solo la cantante Lulu (poi sposa
di Maurice Gibb dei Bee Gees) spiegava di non aver bisogno di droghe
perché l’amore naturale è assai più antico ed efficace degli eccitanti
artificiali.
Per la serie echissenefrega:
- Teddy mi ha regalato un cavallo (Rita Pavone su Settimana TV)
- Ola sta costruendosi il suo nido sulle colline veronesi (Gigliola Cinquetti su Settimana TV)
- Soraya canta per quadrare il blancio (Oggi)
- Anna Moffo vuole diventare una donna vampiro (Oggi)
- I Dik Dik hanno un amuleto (da Giovani)
- Voleva farsi suora! (Dalida su Settimana Tv)
- Brigitte Bardot : il mio parrucchiere preferito è mio marito Gunther Sachs (da Sorrisi & Canzoni TV)
I cachet
E per finire, diamo i numeri, intesi come compensi per i cantanti che
stanno per iniziare la loro stagione più redditizia, quella estiva, con
decine di serate in giro per l’Italia. La più pagata è Mina, con un
milione e settecentomila lire. Al secondo posto Adriano Celentano, con
un milione e seicentomila lire. Cifra che chiede anche Rita Pavone. Un
milione e duecentomila lire vale Caterina Caselli. Ad un milione si
attestano Bobby Solo, I Giganti, Ornella Vanoni. Di settecentomila lire
si accontanta Johnny Dorelli, che funge anche da sonnifero. Mezzo
milione alle rivelazioni dell’estate Patty Pravo, Fausto Leali, Al Bano.
Per i cantanti stranieri un milione vanno a Rocky Roberts, Lola Falana,
Sandie Shaw, Antoine. Per Adamo ci vuole un milione e ottocentomila
lire. Aznavour chiede invece due milioni e seicentomila. Queste cifre
naturalmente sono ufficiose, la realtà non è mai così per ovvi motivi di
tasse e fisco. In realtà alcuni cantanti costano di più. Il che
siginifica che nel locale, per andare alla pari, bisogna quasi incassare
quattro milioni. Le tasse sfiorano il 33%, poi ci sono gli annunci sui
giornali, i manifesti e tutto il resto, per cui metà dell’incasso vola
via. Se lo spettacolo viene effettuato in un locale di grido, ci sarà
l’introito delle cosumazioni a prezzo maggiorato e i camerieri
percepiscono la percentuale sui conti. E i gestori dei locali, nell’arco
di tre mesi, non possono solo giostrare su nomi di medio calibro:
qualche puntata in alto la devono pur fare, anche per dare un tono al
locale. Ma spesso, alla fine, piangono.
P.S. Nota metereologica: fine
giugno-inizio luglio 1967, l’Italia boccheggia sotto temperature
tropicali. A Roma ci sono 42° gradi all’ombra e il 70% d’umidita. E’
proprio il caso di dire niente di nuovo sotto il sole.
Christian Calabrese
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GIUGNO – LUGLIO 1967
di David Guarnieri
Ciao a tutti, amici di “Hit Parade Italia”.
Questa volta vi parlerò di tre programmi di intrattenimento, trasmessi
dalla Rai – Radiotelevisione italiana, tra il mese di giugno e il mese
di luglio del 1967.
“TUTTO TOTÒ”
Ultima fatica professionale di Totò, scomparso nel mese di aprile del
1967. La Rai, decide di “sfruttare” immediatamente la serie tv ideata da
Bruno Corbucci e diretta da Daniele D’Anza. Il ciclo di telefilm prevede
sei episodi, ognuno – ovviamente – imperniato sulla figura del principe
De Curtis. Il grande attore napoletano ripropone con il suo stile
inconfondibile, le macchiette più note, estratte dal suo repertorio: dal
direttore d’orchestra, all’apprendista coiffeur, dal latin lover al
viaggiatore nel vagone letto. Due episodi di “Tutto Totò” sono dedicati,
più o meno motivatamente, al mondo della musica leggera:
“Totò Ciak”: parodia dei generi cinematografici più popolari negli anni
’60: i film western, i film musicali e i polizieschi alla “007”. Le
“guest star” ospiti sono: Gordon Mitchell nella parte di Ringo, Daniele
Vargas nei panni di un ipotetico nemico di James Bond, Ubaldo Lay alias
Eziechele Sheridan e Margherita Guzzinati, nel ruolo di se stessa.
Nell’episodio – abbastanza slegati dal contesto – ma, ugualmente
gradevoli, appaiono i seguenti cantanti, che interpretano un loro
successo: Donatella Moretti (“Era più di un anno”) Michele (“È stato
facile”) Gianni Morandi (“Povera piccola”) Maurizio Graf (“Angel Face”)
Anna Identici (“Una lettera al giorno”) Bobby Solo (“Per far piangere un
uomo”) “Totò Yé-Yé”: questa volta, ad essere bonariamente presi di
mira sono i beat-nik, l’abbigliamento stravagante, il “Piper”, le
minigonne delle ragazze e i capelli lunghi dei ragazzi dell’epoca. Totò,
in questo episodio viene coadiuvato dalla sua storica “spalla”, Mario
Castellani, Marisa Merlini, Ferruccio Amendola, Didi Perego, Gianni Agus
e da un’inedita (e doppiata) Patty Pravo, in veste di trait d’union. I
cantanti, ospiti della puntata sono:
Nomadi (“Come potete giudicar”) Solidea (“Ciao amici”) Tony Renis (“La
ragazza di Liverpool”) Remo Germani (“Una danza al chiar di luna”) Patty
Pravo (“Sto con te”) Mina (“Ta-ra-ta-ta”) La serie tv diretta da
Daniele D’Anza non ottiene un particolare successo di critica, ma il
pubblico risponde abbastanza bene, conferendo a “Tutto Totò” un buon
risultato di pubblico e di gradimento. Le musiche del telefilm sono
scritte dal M° Gianni Ferrio. Le scene sono ideate da Giorgio Aragno. Il
direttore della fotografia è Marco Scarpelli (una curiosità: l’operatore
alla macchina, è il grandissimo Vittorio Storaro, futuro premio Oscar).
La sigla finale, “Non c’è più niente da fare”, cantata da Bobby Solo,
riporta in hit parade il cantante romano, dopo le ultime incisioni
discografiche, non certo baciate dalla fortuna (vedasi in particolare,
la negativa partecipazione al Festival di Sanremo 1967 con il brano
“Canta ragazzina”).
“ECCETERA, ECCETERA”
In onda dal 22 luglio 1967, è il varietà del sabato sera del Canale
Nazionale. I testi sono firmati da Marcello Marchesi ed Italo Terzoli.
Le musiche sono di Aldo Buonocore, le coreografie sono affidate a Don
Lurio. La regia è di Vito Molinari. Lo show, registrato al Teatro della
Fiera di Milano, è condotto da Gino Bramieri, Marisa Del Frate e da
Pippo Baudo. Il titolo enigmatico, è spiegato da Bramieri e dalla Del
Frate, nel corso del primo appuntamento. L’“eccetera” riguarda il
personaggio che, dopo essere stato confuso tra la folla, è divenuto
celebre. Tra gli attori intervenuti, possiamo ricordare: Lia Zoppelli,
Ernesto Calindri, Gianni Santuccio, Gloria Paul, Corrado Pani, Franco
Volpi, Lina Volonghi, Mimmo Craig, Lilla Brignone. Gino Bramieri e
Marisa Del Frate (di nuovo insieme, dopo i successi de “L’amico del
giaguaro” e di “Tigre contro Tigre”) si producono in divertenti sketch,
coadiuvati da un Pippo Baudo, reduce dalla positiva esperienza di
“Settevoci”. Gli ospiti musicali, immancabili, sono, tra gli altri:
Adriano Celentano che canta la dissacrante e polemica “Tre passi
avanti”, Memo Remigi, Germana Caroli, Carla Boni, Achille Togliani,
Milva (con “Dipingi un mondo per me”), Johnny Dorelli (“Arriva la
bomba”), Bruna Lelli (“Che vita la mia”), la New Vaudeville Band, Nilla
Pizzi (“Quello che verrà”), Gigliola Cinquetti (“La rosa nera”),
Françoise Hardy (“I sentimenti”), Luciano Tajoli, Mina (“La banda”),
Alberto Rabagliati, Lalla Castellano, Sylvie Vartan (“Due minuti di
felicità”) e Franco Cerri.
Anche per quest’anno, l’accoppiata Gino Bramieri – Marisa Del Frate
riceve una accoglienza assai calorosa. Anche Pippo Baudo, al suo primo
show del sabato sera riscuote critiche positive e un notevole
incoraggiamento da parte del pubblico. I testi di Terzoli e Marchesi e
la regia (come sempre apprezzabile) di Vito Molinari fanno il resto,
conferendo al varietà un’aria spiritosa e leggera, decisamente adatta ad
uno show estivo.
“EMILIANA”
Curioso special in onda il 20 luglio 1967, con testi di Leo Chiosso e
Marcello Marchesi. La regia è di Stefano de Stefani. La direzione
d’orchestra è affidata ad Hengel Gualdi. La singolarità di questo
programma è rappresentata dalla presenza di artisti nati in
Emilia-Romagna. Il conduttore, non a caso è il bolognese Raffaele Pisu,
spalleggiato da Gino Cervi, reduce dal trionfo de “Le avventure del
commissario Maigret”. I cantanti presenti sono: Piergiorgio Farina
(“L’amore è come il sole”), Bruna Lelli (“Che vita la mia”), Equipe 84
(“29 settembre”), Milva (“Inno a Oberdan”), Nilla Pizzi (“Quello che
verrà”), Lucio Dalla (“1999”), Orietta Berti (“Ritornerà da me”), Anna
Marchetti (“Il mondo cambierà”), Carmen Villani (“Grin grin”), Gianni
Morandi (“Un mondo d’amore”) e Iva Zanicchi (“Ci amiamo troppo”).
Buona estate da
David Guarnieri
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