( da Ciao Big & Discografia Internazionale )
Classifica 33 giri
Roma sta diventando l’epicentro della contestazione nazionale degli
studenti che sono in piazza già dalla fine di febbraio (a Milano
l’Università di Stato è chiusa per volere del Rettore dopo gravi
disordini e violenze da parte di maoisti). I terremotati superstiti di
Gibellina, Partanna, Santa Ninfa, Montevago, Salaparuta e
Salemi(Sicilia) sono accampati davanti a Montecitorio con tende e
piccoli bivacchi (subito strumentalizzai a scopo elettorale indovinate
da chi?)mentre il mondo dello spettacolo va avanti come sempre senza
grossi accadimenti. Specie nel periodo post Sanremo le classifiche sono
ancora impegnate da canzoni uscite dalla rassegna canora e in attesa di
nuovi sconvolgimenti di cui si cominciano ad intravedere le prime
avvisaglie. Dino Dino (vero nome Eugenio Zambelli) ha affrontato l’impegnativa prova sanremese per la prima volta e l’ha fatto da consumato professionista. Anche perché lo è. Da quattro anni sulla breccia (aveva appena 17 anni quando lanciò ERAVAMO AMICI al Festival Di Ariccia del 1964), ma il vero esame (che possiamo chiamare anche esame di laurea data l’importanza del Festival all’epoca) l’ha avuto due mesi fa a Sanremo quando in coppia con Wilma Goich è arrivato undicesimo classificato. Dino (e la sua casa, la ARC, sottomarca della RCA) decide di andare al Festival anche sulle ali dell’entusiasmo di un’estate e un autunno alla grande. Difatti, sia la canzone che ha presentato al Cantagiro (IO MI SVEGLIO A MEZZOGIORNO) che quella presentata al Cantaeuropa, appendice europea dell’estivo tour de force canoro (IL SOLE E’ DI TUTTI) sono andate molto bene; quest’ultimo brano raggiunge addirittura il primo posto, sì, ma nella versione, obbiettivamente molto più bella, del grande Stevie Wonder. Dino è anche un attore cinematografico: in pochi anni ha partecipato ad almeno quattro film per quanto solo due da protagonista, cioè TE LO LEGGO NEGLI OCCHI e ALTISSIMA PRESSIONE. Poi partecipazioni a film anche importanti, come MENAGE ALL’ITALIANA del 1966 insieme a Ugo Tognazzi e Romina Power, oppure minori come LA PIU’ BELLA COPPIA DEL MONDO in cui il Cantagiro 1967 è il pretesto principe per tenere in piedi una banale storiella con Paola Quattrini e Walter Chiari, entrambi assolutamente fuori scala. Insomma, Dino è uno che ci da dentro ed ha un pubblico di adolescenti affezionate ma anche di mamme che lo trovano carino, tenero e pulito. Non dimentichiamo che Dino, prima dell’avvento di Mal nel 1969, era considerato il secondo cantante più avvenente da parte del pubblico femminile dopo Morandi. Poi il servizio militare e Mal che premeva l’hanno messo fuorigioco. Lui comunque ci tiene a tenere un distacco tra la sua vita privata (sebbene si sappia del suo fidanzamento con Mina Povero, ragazza che non ha nulla a che fare con l’ambiente musicale) e la carriera artistica e lo fa con un aplomb ed una classe insolita per un giovane che comunque ha solo 21 anni. GLI OCCHI MIEI è una delle poche canzoni allegre del Festival di quest’anno. Difatti è un festival musicalmente triste non dal punto di vista della creatività ma del tono e della ritmica. Canzoni lente, eccessivamente melodiche, un passo indietro rispetto all’edizione precedente. Le uniche finaliste con un po’ di brio sono per l’appunto la canzone di Dino, quella di Louis Armstrong, MI VA DI CANTARE, e quella di Antoine, LA TRAMONTANA. GLI OCCHI MIEI è un samba vivace scritto da Mogol e Donida ma non eccessivamente interessante dal punto di vista musicale. Certamente la versione di Dino è superiore a quella della Goich che non ha saputo darne un’interpretazione alternativa a quella del cantante di Verona, ma che comunque l’ha fatta uscire dal clichè della cantante zuccherosa (da LE COLLINE SONO IN FIORE a SE STASERA SONO QUI). Per Dino il prossimo passo dovrebbe essere il Disco Per L’Estate ma la sua casa discografica lo deve ritirare dalla competizione perché il suo posto viene dato a Lucio Dalla e ogni casa non può portare più di 3 cantanti, almeno in questa edizione. Le canzoni in predicato a concorrere dovevano essere o MORIRE O VIVERE oppure CUORE DI RAGAZZO. Antoine Antoine con LA TRAMONTANA sta raccogliendo forse più di quello che meriterebbe realmente. LA TRAMONTANA è una canzone carina e divertente, ma il boom di vendite che segue è francamente esagerato visto con gli occhi di adesso (2005). Ma come, il francese dalla lunga chioma con la fisarmonica a bocca e la chitarra a tracolla, il Bob Dylan d’oltralpe, lo chansonnier beat e della protesta, quello delle elucubrazioni e dell’alienazione che ti diventa una sorta di clown solo per vendere qualche disco in più? Il qualche disco in più è in realtà una somma considerevole se si pensa che dopo 15 giorni i tabulati SIAE dichiarino che della sua versione si siano già vendute la bellezza di 400 mila copie! Naturalmente stracciato l’amico-rivale Gianni Pettenati a cui era accoppiato durante il Festival che, grazie alla forte personalità e alla presenza scenica del francese dimostrata in quel di Sanremo, non riesce a vendere una copia che sia una. Va anche detto però che Pettenati è in crisi perpetua, non ha mai saputo ripetere il boom di BANDIERA GIALLA. Il cambiamento di Antoine si avverte già l’estate precedente quando lancia una deliziosa canzone, ma completamente differente da tutte le altre cantate fino allora. Un dixieland che precorre in qualche modo il boom del 1968, quello cioè del ritorno alla musica degli anni 1928-1940. La canzone era CANNELLA, in originale JE L’APPELLE CANNELLE. Poi per l’inverno un altro titolo buffo, dalle sonorità variegate, TITINA, che presenta anche a PARTITISSIMA, vestito alla moda del Flower Power. Ed ora questo pezzo che lo fa salire prepotentemente nella categoria dei cantanti più venduti e più in vista del panorama musicale italiano, ma che comunque fa diminuire le sue quotazioni presso la critica ed un pubblico più smaliziato e meno facile da accontentare. A Sanremo esce in scena dopo lo show fuori programma del "clown" per diritto divino, cioè Adriano Celentano, il quale mette una mano in tasca e dà la mancia all’assistente che gli posiziona il microfono. Gesto poco garbato e francamente volgare che, comunque, fa divertire il pubblico in platea che come abbiamo visto anche nel recente festival non ha il minimo senso critico (praticamente gli va bene tutto, gli sarebbero andate bene anche le recenti parole di Bonolis a Tyson "lei è una bella persona"). Antoine, per non essere da meno, canta in maniera vivace la sua canzone e forse è quella la mossa che risulta vincente. Un’occhiata al suo look 1968: capelli molto più corti dell’anno precedente, quando diede scandalo con quei capelli che gli arrivavano più giù del collo, baffetti che gli conferiscono un’ aria buffa e simpatica. Praticamente un’altra persona rispetto all’Antoine di PIETRE. Il look risulta quello giusto, quello che piace e che praticamente non cambierà più fino alla fine della sua carriera in Italia, nel 1972; in realtà era già qualche anno che non aveva più successo. Poi ci fu un ritorno al Festival nel 1979 con un altro brano surreale, NOCCIOLINO, ma questa è un’altra storia. Antoine dà uno spettacolo a Roma il cui incasso sarà devoluto ai terremotati. Una grossa occasione per i suoi fan dal momento che il biglietto era unico e che era ad un prezzo molto basso proprio per fare arrivare più gente possibile. Non c’erano soltanto ragazzini, ma anche signore, arrivate più che per fare beneficenza per vedere con i propri occhi lo spogliarello che Antoine era solito fare durante le esibizioni dal vivo. Uno spogliarello molto casto perché non era proprio il tipo giusto, ma comunque ritenuto abbastanza sensuale. Il teatro è il Brancaccio, quello di Via Merulana, in Roma, e Antoine ha cantato tutto quello che è stato edito in italiano. Tenta di cantare anche canzoni differenti dalla produzione attuale, quelle che lo hanno reso famoso agli inizi del 1966 ma il pubblico ormai richiede solo CANNELLA, PIETRE e soprattutto LA TRAMONTANA che è il successo del momento. Ha tentato di cantare LA FELICITA’ con accordi lenti e in tono sommesso come richiede una canzone di quel tipo, ma i ragazzini erano spazientiti, volevano LA TRAMONTANA e la tramontana gli ha dovuto dare, pazza e violenta come il vento invernale al di fuori dal teatro. Era di questo che si lamentava Antoine cioè di come sia difficile per un cantante, nato con la protesta e successivamente diventato beat, tornare a cantare le canzoni che lo resero famoso agli inizi, quando invece il pubblico ormai è interessato solo ai pezzi più commerciali. C'era una volta un Clan Tornando un attimo ad Adriano Celentano, questo Festival ha messo davanti agli occhi di tutti le sue pecche come organizzatore e factotum di un Clan che non è mai stato tale, ma soltanto una corte nella quale il re era esclusivamente lui. Già nel tempo Ricky Gianco e i Ribelli se ne erano accorti e quindi avevano levato le tende, ora tocca a Don Backy, della cui storia e lite contro Celentano preferiamo sorvolare perché la conosciamo, bene o male, tutti. Ma al Festival di quest’anno, oltre a Don Backy, ci sono altri personaggi che hanno delle buone ragioni per dare addosso, anche indirettamente, al molleggiato. Al Bano, ad esempio, non dovrebbe nutrire molta simpatia per il dittatore di Corso Europa: il cantante di Cellino San Marco, rivelazione dell’anno passato, è stato nel Clan per qualche tempo, ma Adriano non ha fatto nulla per aiutarlo ad emergere. L’ha tenuto in frigorifero non si sa per quale ragione. Al seguito di Al Bano, nella città dei fiori, è giunto anche Detto Mariano, che fino a poco tempo prima era uno dei musicisti di Celentano e che proprio alla vigilia del Festival ha deciso di schierarsi a fianco di Don Backy, nonostante che Celentano abbia insistito perché Detto Mariano tornasse sulle sue decisioni. Fausto Leali è uno di quelli che, indirettamente, dovrebbe avercela con Celentano: la sua attuale fidanzata (e sposa in questo stesso 1968) l’estate precedente è stata licenziata in tronco dal Clan durante il Cantagiro per varie ragioni e nessuna di queste molto carina, dopo che la stessa Cantù era stata per anni la fidanzata del "capo". Lara Saint Paul, che ha cantato a fianco di Louis Armstrong: MI VA DI CANTARE, esordì nel mondo della musica leggera col nome di Tanya ed entrò nell’entourage di Celentano. Praticamente fu lei la prima ed originale ragazza del Clan, ma non ebbe la minima promozione discografica, tanto che ad un certo punto trovò il coraggio di dire al suo discografico che le aveva fatto perdere tanto tempo inutilmente e se ne andò sbattendo la porta. Ornella Vanoni, ad esempio, era ancora indecisa se cantare CASA BIANCA o CANZONE, i due motivi scritti da Don Backy, quando il molleggiato ha comunicato agli organizzatori della gara canora di volersi presentare con la seconda composizione in coppia con Milva. Di conseguenza Ornella non ha più avuto voce in capitolo e le fu assegnata CASA BIANCA che, da quel momento, vista come imposizione, è sembrata alla cantante milanese meno convincente dell’altra canzone in ballottaggio. In pratica, alla Vanoni, deve essere balenata l’idea di essere stata costretta ad accettare uno scarto e quindi si è sentita un po’ vittima di un atto di prepotenza. Anche Iva Zanicchi, indirettamente, non potrà sorridere a Celentano. Questo perché l’essere diventata la signora Ansoldi, moglie del figlio del patron della RiFi, ha il dovere di dividere le gioie e i dolori con il marito. E gli Ansoldi posseggono la casa discografica alla quale Adriano affidò la distribuzione dei suoi dischi appena mise su il Clan e della loro collaborazione fece volentieri a meno (con strascichi giudiziari) non appena fu in grado di decollare da solo. Nino Ferrer un altro dei partecipanti al Festival, ha già avuto qualche scontro alla distanza con Celentano a proposito di Pilade, il partner che l’organizzazione del Festival gli ha voluto affibbiare e che Nino Ferrer non voleva assolutamente. Pilade fa parte del Clan e Celentano, per presenziare al Festival impone sempre qualcuno dei suoi, ma a Ferrer questa imposizione non va assolutamente bene. La Barclay avrebbe voluto portare anche Mireille Mathieu a Sanremo (che avrebbe dovuto cantare STANOTTE SENTIRAI UNA CANZONE), ma la ritira dalla gara per ripicca all’imposizione di Pilade. La Barclay è anche la casa madre dell’etichetta per la quale incide Ferrer (la RARE). Lui è al suo primo Festival e vorrebbe ben figurare, ma con una palla al piede come Pilade non è sicuro del risultato. Difatti, viene eliminato e da quel momento avrà il dente avvelenato contro Celentano. Ci saranno altri episodi nel tempo, che li vedranno uno di fronte all’altro, e la tensione sarà sempre a livelli di guardia. Don Backy Intanto uno dei dischi che più si vende sul mercato è CANZONE cantata da Don Backy incisa per l’etichetta AMICO, che ancora non esiste come vera e propria società (AMICO è anche il titolo della canzone che fece diventare famoso Don Backy nel 1962, ma vuole ribadire un concetto di amicizia in contrasto con la retorica del Clan, che dell’amicizia si faceva solamente scudo) e la sceglie come portafortuna. La versione di Celentano si vende un po’ meno di quella di Don Backy, sebbene le classifiche dicano spesso il contrario, per due buoni motivi. Anzitutto perché il molleggiato, durante l’esecuzione a Sanremo, ha fatto di tutto per screditarla pensando di fare un dispetto a Don Backy, eseguendola male e facendo così danno anche a Milva, che era accoppiata con lui (ah, un'altra che la dovrebbe avere con Celentano per quel Sanremo). Inoltre la campagna pubblicitaria del singolo era stata impostata a vantaggio del lato B, UN BIMBO SUL LEONE, brano nato per essere una facciata B e che resta una facciata B (anche brutta) nonostante Celentano provi a farla diventare principale. Celentano ha anche cercato di ostacolare la marcia trionfale del disco di Don Backy immettendo sul mercato un singolo dello stesso Don Backy con le incisioni di prova di CANZONE e di CASA BIANCA, naturalmente imperfette. Prima del Festival i negozianti avevano richiesto alla Clan 300 mila copie di CANZONE interpretata da Celentano per far fronte alle richieste da parte del pubblico. Dopo il Festival hanno dimezzato gli ordini. Don Backy non aveva dischi in prenotazione e nella prima settimana è riuscito a vendere ben 200 mila copie, forse anche grazie all’immensa pubblicità mediatica del Celentano affair. Tornando all’etichetta AMICO, questa ha dovuto cominciare la sua attività improvvisamente qualche giorno prima del Festival quando Don Backy comprende che non avrebbe mai potuto incidere la canzone su etichetta Clan e, rifiutando buonissime offerte da alcune delle migliori case discografiche milanesi, decide di farsi industriale di se stesso, proprio come il rivale Adriano che in questi giorni, per avvalorare ancora di più la sua tesi del boss, si presenta vestito come vuole la moda, cioè in stile Gangster Story. Si lega ai fratelli Campi, gli editori di Sorrisi & Canzoni, per la distribuzione dei dischi dell’etichetta AMICO. Elio Borroni, che in questa nuova avventura di Don Backy è il consigliere e tecnico commerciale dichiara che questa etichetta non avrà altri cantanti che Don Backy stesso, affermazione che nel tempo verrà sconfessata perché con la AMICO incideranno, per fare dei nomi, anche il Duo Di Piadena (quando ancora il folk non era di moda) e la brava cantante Ada Mori. Ed è inteso che almeno una canzone per ogni 45 giri in uscita dovrà essere scritta dal Don ed edita dalla El & Chris, casa editrice di Borroni e di Christine Leroux (che due anni prima aveva scoperto Battisti e l’aveva presentato alla Ricordi). Celentano, ormai abbandonato da tutti tranne che dal fedele Pilade (e ti credo! chi se lo prende quello?) si riconcilia col fratello Sandro, dal quale si divise un anno fa. Separazione non soltanto morale, ma anche e soprattutto manageriale. Gli uffici in comune furono separati e Adriano lasciò i locali al fratello sotto forma di liquidazione. Sandro è titolare della CIP (Centro Italiano Produzione Cantanti Di Musica Leggera) e con lui ci sono Iller Pattaccini e Angel Pocho Gatti, due famosissimi musicisti ed arrangiatori ai quali Adriano vorrebbe rivolgersi per i futuri bisogni vista la defezione di Detto Mariano che, come si è spiegato, ha scelto di seguire Don Backy. Anche Milena Cantù, ex-ragazza del Clan (un altro po’ che rimaneva e diventava la nonna del Clan) passa alla RiFi, la stessa casa del fidanzato Fausto Leali, dopo che aveva ricevuto molte proposte originate più dalla pubblicità suscitata dal licenziamente brusco dal Clan che per ragioni prettamente artistiche; il produttore di Milena è ancora Elio Borroni, che come mestiere farebbe più che altro il titolare di una ditta distributrice di dischi per i Jukebox. Una notizia sempre di questi giorni riguarda anche Pippo Baudo il quale sarebbe stato affrontato in malo modo da un emissario del Clan per fargli pagare l’affronto di avere inviato a SETTEVOCI Don Backy. Una spedizione punitiva tipica della mafia alla quale Baudo avrebbe reagito in malo modo. Un personaggio che nel mondo dello spettacolo riesce a farsi tanti nemici potrebbe non avere vita lunga. Invece, contro ogni pronostico, Adriano Celentano è sempre lì, è sempre lui, pronto a spuntarla anche contro un colosso come la Rai, prona ai suoi voleri anche quando non dovrebbe, perdendo (la Rai) il confronto anche sul fronte dell’immagine. Rimane il mistero, che poi tanto mistero non è: Celentano piace, anche perché mostra i muscoli e questo, nonostante sia sbagliato, a volte paga moltissimo. Molti nemici molto onore, diceva una tale persona... e mica sbagliava! Ma il pensiero di Celentano non è il solo problema che attanaglia, si fa per dire, Don Backy in questi giorni. Il maestro Eligio La Valle, autore insieme al Don della canzone CASA BIANCA presentata dalla Vanoni in coppia con la Sannia, ha promosso un’azione civile contro Don Backy, il maestro Detto Mariano e le edizioni musicali El & Chris. L’azione rappresenta l’ultimo atto di una polemica scoppiata alla vigilia del Festival sulla paternità di CASA BIANCA. Polemica che sembrava dover compromettere la partecipazione del motivo a Sanremo. Nell’atto di citazione presentato da Eligio La Valle si legge che per la composizione di CASA BIANCA ha prestato una certa collaborazione Detto Mariano per la trascrizione e l’arrangiamento (fatto per la Clan S.r.l). I diritti poi sono stati acquistati dalla El & Chris che intanto aveva fatto iscrivere il motivo alla gara. Dopo il passaggio dal Clan alle altre edizioni musicali nascono i problemi. La canzone diventa di proprietà della casa editrice e Detto Mariano dicendo di esserne l’unico compositore (insieme a Don Backy) avalla il passaggio e di diritti di utilizzazione. Tutto questo sarebbe avvenuto ad arbitrio di Don Backy, Detto Mariano e la El & Chris per appropriarsi anche dei diriti morali e materiali che spetterebbero a La Valle. Nel frattempo i diritti sono stati congelati in attesa dell’udienza fissata a maggio. Due cantanti esclusi dalla selezione finale del Festival si prendono (per così dire) una rivincita. Uno è il solito Claudio Villa, anche lui in sempiterno contrasto col mondo, che dopo essere stato escluso dal Festival ed essere entrato come cronista di Bolero Teletutto (per sparlare male di tutti e di tutto) incide sia LA SIEPE (cantata al Festival da Al Bano e Bobbie Gentry) che TU CHE NON SORRIDI MAI (di Orietta Berti e Piergiorgio Farina). Nel primo fa sfoggio soprattutto della sua voce tenorile, nella seconda dà un interpretazione vecchia maniera di una canzone già nata vecchia e che nella sua versione pare uscita da un operetta del 1915. Carmen Villani, invece si è messa in competizione con Lara Saint Paul che a Sanremo ha cantato accoppiata a Louis Armstrong. Incide difatti, come si è detto, MI VA DI CANTARE pensando bene però di darne una versione completamente diversa. Tanto Lara Saint Paul puntava sullo swing e sul blues quanto Carmen accelera i tempi e i ritmi e posizionandosi nei pressi del risorto dixieland. Enzo Jannacci Questo 1968, musicalmente parlando, è davvero un anno strano e particolare. Raggiungono il successo canzoni sulle quali, solo qualche mese prima, sarebbe stato impossibile puntare. Esempio classico, VENGO ANCH’IO NO TU NO di Enzo Jannacci, disco a 45 giri uscito già da qualche mese ma che era in incubazione in attesa di notorietà. Lo stesso cantante lo presenta in tv nel programma ZUCCHERO E CANNELLA (il 23 aprile) registrato a Napoli un mese prima; nello spettacolo sembra quasi si preferisca il retro, GIOVANNI IL TELEGRAFISTA, al quale viene dato più risalto nella scaletta. Forse è proprio grazie al successo de LA TRAMONTANA che la canzone di Jannacci ha successo? Potrebbe essere proprio la causa di questo improvviso boom del cantante meneghino il quale è nel giro da tanti anni ma che nonostante le molte promozioni tv non ha mai avuto un riconoscimento di pubblico così vistoso come quello che sta vivendo in questo periodo. Ormai Jannacci è il nome di moda della musica - chiamiamola alternativa - di questo 1968. Radio e tv se lo contendono, tanto che lui si trova assolutamente impreparato a tutto questo bailamme che gli gira intorno. Abituato alle trasmissioni-nicchia in seconda serata (QUESTO E QUELLO, CANZONIERE MINIMO, CHITARRA AMORE MIO) o al pubblico del cabaret milanese, in mezzo allo sfarzo della prima serata televisiva alle piume e ai lustrini si trova fuori scala. E pensare che l’anno precedente la Rai aveva registrato uno show con lo stesso Jannacci, Lino Toffolo, Gigi Andreasi e Bruno Lauzi, improntato al cabaret che poi non è mai stato trasmesso per la supposta difficoltà di recepimento da parte del pubblico a casa. Enzo Jannacci all’epoca si autodefinisce saltimbanco, di quelli che arrivano nelle piazze e usano una valigia come podio; è invece un cantore che declama le proprie e le altrui sventure in chiave grottesca, graffiando con sottile ironia ciò che la vita quotidiana offre ad un uomo comune: dalle piccole angherie alle spicciole soddisfazioni che a volte lo ripagano, dai desideri repressi alle velate ambizioni. E’ questo che canta Enzo Jannacci, un uomo che ha avuto in dote una spiccata intelligenza ed una comunicativa istantanea. Per alcuni poteva risultare antipatico a prima vista e forse, negli anni successivi, si è preso troppo sul serio e lo è diventato davvero. Soprattutto per alcune dichiarazioni a ruota libera poco signorili e sgradevoli e anche per la sua faccia un po’ stralunata e i suoi modi epilettici. Forse il successo di Jannacci può anche essere ricondotto al cambio di casa discografica: dalla milanese Jolly alla romana RCA. In qualche modo vuole ripagare la fiducia accordatagli con una canzone umoristica, trascinante e di sicura presa surreale. Lui stesso dichiara che le sue canzoni non sono granchè facili e non adatte ad un pubblico non milanese. E quando dice milanese si riferisce all’atmosfera del Derby, il cabaret che di solito lo ospita. Quindi un napoletano del 1968, a parte il poco interesse che potrebbe avere per il genere di Jannacci, non parte da Napoli per andarlo a vedere in teatro a Milano. E se non lo si conosce in teatro il suo messaggio potrebbe non venire recepito completamente. Per questo la Rai, forse, non aveva tutti i torti di questo mondo. Ma allora perché fargli registrare uno show? C’è da dire che le ore della domenica pomeriggio in questo inizio 1968 era appannaggio di un team di comici davvero poco televisivi per l’epoca, una sorta di ZELIG ante litteram ma con più classe, tanto è vero che Jannacci definisce i comici di Zelig degli animatori turistici e si chiama QUELLI DELLA DOMENICA. Con Paolo Villaggio (nei panni del professor Kranz), Cochi & Renato (prelevati di peso dal Derby e portati negli studi della Fiera di Milano), Ric & Gian (forse i meno innovativi del gruppo); il programma ha successo e naturalmente viene ospitato anche Jannacci, perfettamente a suo agio, nel suo humus naturale. Rotto il ghiaccio, trova una sua perfetta collocazione televisiva tanto che, per tornare al napoletano di poc’anzi, viene ospitato a SENZA RETE nella puntata dedicata a Milva, trasmessa proprio da Napoli ed ottiene un grandissimo successo, forse più della stessa Milva. Addirittura, in estate, un programma del sabato sera, viene chiamato VENGO ANCH’IO, con chiaro riferimento alla sua canzone che però non viene eseguita da lui durante la sigla iniziale, ma è solo strumentale, accompagnata da un balletto e da disegni che illustrano personaggi famosi (tipo Picasso e Mao) ai quali viene negato l’ingresso con il fatidico no tu no. Jannacci ha fatto cinque anni di conservatorio e suona pianoforte, chitarra, contrabbasso e trombone. Il suo nome lo si può trovare addirittura nell’enciclopedia jazz italiana perché nel 1959 incide un disco con Alceo Guatelli al contrabbasso e Gene Victory alla batteria. Suona anche nel complesso dei Cavalieri, quello che accompagnava Tenco ma anche Celentano in occasione del festival del rock’n’roll del 1957. Insieme a Giorgio Gaber, tra il 1958 e il 1960 diede vita al duo I Due Corsari; insieme incisero dischi come UNA FETTA DI LIMONE, EHI STELLA, TEDDY GIRL. Sciolto il duo Jannacci cambia stile e si avvicina al cabaret e il suo disco d’esordio è IL CANE COI CAPELLI (dicembre 1961) con il quale diventa un personaggio chiave del cabaret italiano. Poi incontra Dario Fo e l’accoppiata dà buoni frutti tra i quali alcuni molto maturi tipo EL PURTAVA I SCARP DEL TENNIS nel 1964 (scritta solo da Jannacci) che lo fa conoscere in tutta Italia sebbene non gli dia una fama stabile. Poi di seguito L’ARMANDO (1964), SFIORISCI BEL FIORE (1965), ANDAVA A ROGOREDO (1964,) FACEVA IL PALO (1966). Anni di successi in teatro ed in-successi televisivi e poi il 1968, cambio di scuderia (dalla Jolly alla RCA) e VENGO ANCH’IO, NO TU NO che incredibilmente raggiunge alla fine dell’anno il 20° posto nella classifica generale dei dischi più venduti, una sola posizione dietro a Tom Jones e la sua DELILAH e davanti a Paul Mauriat con quel successo internazionale di LOVE IS BLUE. Di questa canzone Jannacci dirà che la prima frase gli venne in mente due anni prima, ma non riusciva ad andare avanti. Ne parlò con Dario Fo il quale lo aiutò ad aggiungere qualche cosa. Al seguito, contribuì anche Fiorenzo Fiorentini. Nel maggio del 1968 sarà in giro per una serie di recital che ha per titolo proprio la canzone del momento per ovvie ragioni. Ma lo spettacolo è lo stesso che collaudò lo scorso anno a Milano e in altre città del nord. Jannacci avrebbe voluto confrontarsi col pubblico romano prima ancora del successo della canzone e spera che non lo si giudichi in funzione di quest’ultima. Ciò che cantava ieri lo canta oggi con la differenza che ora milioni di orecchie sono pronte ad ascoltarlo e non solo una ristretta platea. Al Teatro della Cometa a Roma ha un grandissimo successo e una platea di big: da Patty Pravo ad Anna Magnani, da Monica Vitti a Mario Monicelli. Il complesso che lo accompagna ha dei musicisti soprattutto di matrice jazzistica, di gran nome nell’ambiente, come Renato Sellani, Gilberto Cuppini, Carlo Milano e Gianni Zilioli. Nel frattempo la Wertmuller gli propone un film a fianco di Toffolo con lo stesso titolo della canzone ma alla fine non se ne farà nulla. Ma la storia di VENGO ANCH’IO è quella di un tizio che vorrebbe essere considerato dal mondo esterno ma che rimane sempre e comunque escluso da qualsiasi cosa, persino dal proprio funerale. Lui non si rende conto della sua condizione e continua a proporre situazioni che finiscono per concludersi con un secco no. Una storia di emarginazione scritta in chiave ironica. Georgie Fame I fiori del Flower Power sembrano appassiti prematuramente. Il genere, nato soltanto una manciata di mesi prima, sembra destinato al tramonto e con lui tutte le iniziative commerciali come i tatuaggi removibili, da applicarsi alle guance, o i 45 giri al profumo di fiori, come quello dei Rokes, CERCATE DI ABBRACCIARE TUTTO IL MONDO COME NOI. E allora si cerca di sfruttare il filone revival iniziato con la New Vaudeville Band l'anno precedente e cioè la moda degli anni ruggenti. L'industria continua a sfornare prodotti in stile Al Capone, dixieland e folk abbinati ad un anacronistico e artificioso ritmo charleston che dagli anni trenta era ormai ben tramontato. Era già tutto nell'aria, prevedibile. Dopo il film campione d'incassi GANGSTER STORY, interpretato da Faye Dunaway e Warren Beatty sulle gesta dei famosi Clyde Barrow e Bonnie Parker, sono tornati di moda i roaring 20's. E allora ecco arrivare Georgie Fame, direttamente dalle classifiche inglesi dove ha detronizzato i Beatles inserendosi al posto di HELLO GOODBYE alla prima posizione. Nasce a Leigh nel Lancastershire e il suo vero nome è Clive Powell; presagendo di dover seguire le orme paterne come minatore si butta anima e corpo a suonare l'organo nella chiesa locale dove scopre una sua vocazione per la musica. In quel periodo l'Inghilterra era scossa dalla musica rock proveniente da oltre oceano, dai vari Elvis Presley e Buddy Holly. Clive mise su un complessino e girò per tutta l'Inghilterra a caccia di notorietà o solo di contratti per sale da ballo. Tutto pur di non finire in miniera. Eccoci quindi arrivati al 15 gennaio 1965 quando con YEH! YEH! si inserisce al primo posto della classifica inglese anche allora scalzando i Beatles con I FEEL FINE. Da quel momento la sua carriera è in continua ascesa pur non ripetendo il grosso exploit che lo vide capolista della Hit Parade di Sua Maestà. Innamorato del jazz, nel 1967 effettua un tour con Count Basie nel corso del quale dimostra di essere un ottimo vocalist. Quando uscì THE BALLAD OF BONNIE & CLYDE la critica lo bollò come cantante finito, ridotto a seguire una moda proveniente dagli schermi cinematografici. Invece per la prima volta si fa conoscere dal pubblico di tutto il mondo uscendo dai lidi patri, mischiando pop, jazz e dixieland. Il successo del disco gli ha fatto piovere sul tavolo decine di buone proposte, come l'incisione del motivo conduttore di un film con la Taylor e Burton e una quantità di partecipazioni a trasmissioni televisive in tutto il mondo. Per il mercato italiano Fame inciderà la canzone in lingua ma avrà più successo con la versione originale. Arriva a Roma il 9 di marzo, un venerdì, e viene accolto come una star. Servizio d'ordine molto attivo ed uscite secondarie riattivate allo scalo romano di Fiumicino. Giunge dalla Germania dove si trova per una serie di concerti. Appare molto lusingato dal fatto che una considerevole folla l'attende spingendo le vetrate esterne. Circa 500 ragazzi e ragazze, molte delle quali in perfetta tenuta stile Bonnie. Accenna scherzosamente ad un passo di danza e i giovani cominciano ad urlare (probabilmente lo avrebbero fatto anche se avesse sputato per terra). In serata era atteso al Titan Club dove si sarebbe esibito. Il giorno dopo l'attendeva Pippo Baudo a Milano per registrare Settevoci dove sarebbe apparso come ospite. In Italia, come sempre, la moda del revival degli anni ‘venti-‘trenta arriva con un rimbalzo dall'estero. Sebbene i sarti avessero decretato ancora la validità per gli orli delle gonne sopra il ginocchio, le ragazze più alla moda allungano improvvisamente l'indumento di trenta centimetri. La Bardot e Sandie Shaw rinnegano le striminzite mini con le quali si erano fatte vedere appena qualche settimana prima per adottare la maxi alla Bonnie Parker. Addirittura, Sandie Shaw, da furba creatrice di moda acchiappa al volo l'idea e crea una linea primavera estate dedicata agli anni 'trenta, facendosi fotografare con tanto di mitra in mano accanto ad una fuoriserie dell'epoca, per il lancio della collezione. A Parigi la coppia Hallyday-Vartan interpreta in tv la famosa ballata e i vestiti sono come vogliono i dettami della moda. Lei in gonna lunga, capelli platinati alla Jean Harlow, basco sulla testa. Lui con un gessato e una finta cicatrice sulla guancia. Cicatrici che a Londra vanno molto di moda. Removibili, naturalmente! Serge Gainsbourg e Brigitte Bardot interpretano la stessa canzone che vola in classifica. A Roma al Titan, il rivale del Piper, si dà una festa in onore della nuova moda. Numerosissimi i presenti, facenti parte del mondo dello spettacolo e del jet set: coniugi Morandi, Isabella Biagini, Mita Medici (che deve avere sbagliato festa visto che si presenta col colbacco e una mini!) ed altri. Grazie a questo rilancio di un’epoca si farà conoscere un cantante dallo stile spiritoso e scanzonato, Rinaldo Ebasta che gettandosi nella moda anni 'venti-'trenta incide la versione italiana di THE BALLAD OF BONNIE & CLYDE e anche un'altra canzone in stile charleston che già dal titolo fa capire che aria tira: VADO PAZZO PER LOLA. Il 1968 sarà prodigo di canzoni in stile revival, specie nel periodo primavera-estate (ad autunno la moda sarà di nuovo cambiata). Escono difatti altri due titoli che non avranno grandissimo successo ma che rimangono nelle orecchie di chi li ascolta: L'AMICA DI MARLENE del gruppo dei Rolls'33 e LA BALLATA DI FRANKIE E JANE del nipote del supermolleggiato, Gino Santercole che già dal titolo si rifà chiaramente al brano di Georgie Fame. Entrambe sono molto carine. Quella che però avrà più successo anche se non venderà una caterva di dischi è TORPEDO BLU di Giorgio Gaber, alla quale la moglie Ombretta Colli risponde con una simpaticissima RICCIOLI A CAVATAPPO in perfetto stile dixieland. Zitti zitti anche gli artefici primari di questo improvviso interesse per un periodo storico lontano sfruttano la moda di Bonnie e Clyde incidendo per l'appunto BONNIE & CLYDE. Sono la New Vaudeville Band, che tra l'altro è al centro di uno scandalo in UK perché si è venuti a conoscenza del fatto che nessuno dei componenti del gruppo ha partecipato all'incisione di WINCHESTER CATHEDRAL, la canzone che ha dato loro il successo mondiale. Bonnie & Clyde, due furfanti da strada diventati mito. Non sarebbe successa la stessa cosa se fossero stati italiani. Pensate alla moda Franca e Pippo oppure Nando e Marina!!! Roba che neanche i cantastorie da fiera strapaesana vorrebbero. Siamo sempre lì... è la lingua che ci frega! Sylvie Vartan Gravissimo incidente per Sylvie Vartan, la bionda vedette francese e moglie di Johnny Hallyday, ultimamente molto nota anche in Italia per la versione italiana di 2’35” DE BONHEUR, tradotta col titolo di DUE MINUTI DI FELICITA’ (i 35 secondi sono stati omessi). Sylvie stava viaggiando a bordo della sua automobile (una Ford 20 MTS), con la quale andava a velocità elevata, quando un’altra macchina che procedeva davanti alla vettura della cantante con un vantaggio di pochi metri ha perso il controllo slittando e mettendosi di traverso sulle due corsie dell’autostrada immediatamente dopo una uscita per Parigi, nei pressi del Bois D’Arcy. La distanza tra le due macchine era troppo ridotta perché la Vartan avesse la possibilità di frenare o di deviare sulla destra dove c’era la corsia d’emergenza. L’urto, quindi, è stato fortissimo. La sua amica, Mercedes Salmet Mandes, figlia di un generale, è morta poco dopo il ricovero in ospedale. La Vartan, rimasta intrappolata nella macchina, vede peggiorare le sue condizioni in serata ma alla fine se la cava solo con un braccio rotto ed una leggera plastica al viso rimasto. Appena informato dell’accaduto, il marito interrompe la tournèe in Germania per tornare a Parigi. Intanto, mentre il "vecchio" 45 giri della cantante francese è in buonissima posizione nella classifica (nono) la RCA dà alle stampe il singolo dell’estate, quel COME UN RAGAZZO che doppierà il successo del precedente e che andrà avanti fino all’autunno. Annarita Spinaci Un altro incidente automobilistico vede protagonista una cantante di "contorno" (come il suo nome suggerisce) Annarita Spinaci . La macchina sulla quale viaggiava con il suo manager e la moglie sbanda ed esce di strada rotolando lungo il raccordo. L’incidente è avvenuto a Pistoia nel punto in cui ci si immette per prendere la Firenze Mare e la macchina era una Fiat 1500. La cantante ha riportato una ferita alla gamba destra e vari ematomi sparsi per tutto il corpo. Il suo manager ne avrà per un mese, la moglie una settimana. Tutti e tre sono finiti all’ospedale di Pistoia. Questo improvviso stop della cantante arriva proprio quando stava per raggiungere il successo in...Romania e Bulgaria dove aveva appena concluso un tour. Milva Mentre la sua versione di CANZONE, eseguita al Festival in coppia con Celentano, anche se non figura tra i primissimi posti è molto trasmessa per radio, Milva, che si fa vedere ospite in quasi tutti gli spettacoli televisivi, è stata condannata dalla sezione lavoro della Corte di Appello di Roma a pagare per inadempienza contrattuale cinque milioni di lire. Nel 1962 in occasione del primo Cantagiro, Milva sottoscrisse con la società Radaelli un regolare contratto che la impegnava a partecipare alla manifestazione. Ma al momento del via la cantante restò ai box di partenza. La società organizzatrice della manifestazione la citò in giudizio e nel 1966 Milva, al termine di un processo, fu condannata a pagare alla Radaelli due milioni di lire. La società ritenne la somma insufficiente a rimborsare il danno e ricorse in appello cosicché la cantante viene poi condannata a pagare una somma maggiore. La cosa che stupisce un po’ sono queste pendenze annose tra artisti ed impresari, gli stessi impresari che poi sono costretti a frequentarsi spesso durante l’anno con i cantanti con i quali hanno spesso vertenze legali in corso. Gran Varietà Con cronometrica puntualità, ogni tre mesi cambiano tutti o quasi i protagonisti della fortunatissima trasmissione radiofonica GRAN VARIETA’di Amurri e Jurgens. Tutto cambia (a partire dalla sigla) tranne la formula che si conferma ad ogni ciclo vincente e che è divenuta un appuntamento abituale delle mattinate di festa dei radioascoltatori. Il nuovo ciclo, che comincerà agli inizi di aprile, sarà uno dei più giovanili fino ad ora andati in onda. Basterà citare il nome di Gianni Morandi, impegnato per la prima volta in una serie di trasmissioni da quando ha concluso il servizio militare. Una novità è rappresentata da un complesso, quello dell’Equipe 84, che finora non aveva mai presenziato ad un ciclo di trasmissioni di questa serie. Gli altri nomi, sicuramente più professionali da un punto di vista radiofonico e televisivo, sono Alberto Lupo, Gino Bramieri, Carlo Giuffrè e Rossella Falk, interprete insolita per questo genere di spettacolo. La trasmissione sarà presentata ancora una volta da Raimondo Vianello con un aiuto quasi esterno di Rosanna Schiaffino, che leggerà un diario molto particolare, nella finzione scritto da lei stessa. A riprova del successo della rubrica domenicale e di alcuni personaggi storici c’è la presenza di due protagonisti che rimangono a furor di popolo, Paolo Stoppa e Rina Morelli, i quali rinnovano ogni domenica una scenetta presa dalla rubrica ELEUTERIO E SEMPRE TUA, una trasmissione che nulla aveva a che fare con GRAN VARIETA’. Litigi sotto forma di lettera scambiati dalla coppia, trasformati in divagazioni musicali con l’inserimento, di volta in volta, di un cantante differente. Questa era la radio dell’epoca e questi i protagonisti. Non so se rende l’idea un programma che ha al suo interno personaggi come la Falk, la Schiaffino, Paolo Stoppa e compagnia. Senza contare le altre rubriche che andavano in onda lo stesso giorno, come POMERIGGIO CON MINA, BATTO QUATTRO, IO ALBERTO SORDI. Un livello inconcepibile al giorno d’oggi. La sigla di GRAN VARIETA’ sarà (con la presenza di Morandi) CHIMERA, che da lì a poco entrerà in classifica e ci resterà fino all’estate. La Famiglia Benvenuti Altro programma, ma questa volta parliamo di televisione. LA FAMIGLIA BENVENUTI, con Enrico Maria Salerno, Valeria Valeri, la divertente governante Gina Sammarco, Massimo Farinelli e il bambino Giusvà Fioravanti, poi noto per altre vicende. Una parte anche per Marina Coffa, che diverrà poi una diva grazie ai fotoromanzi della Lancio negli anni Settanta. La regia è di Alfredo Giannetti e le musiche di Armando Trovajoli. Il fatto che Salerno sia impegnato nella commedia musicale di Garinei e Giovannini VIOLA, VIOLINO E VIOLA D’AMORE con le gemelle Kessler ed Umberto Orsini ha provocato dei problemi a Giannetti e alla troupe intera. Quindi, tutti a Roma per effettuare il doppiaggio della voce di Salerno; il che per sé non comporterebbe molte complicazioni se l’attore fosse una persona puntuale ma essendo un clone di Walter Chiari (caratterialmente parlando) la cosa crea non pochi problemi. Giannetti, che alle sue spalle ha una notevolissima attività di sceneggiatore insieme a Germi (IL FERROVIERE, UN MALEDETTO IMBROGLIO, DIVORZIO ALL’ITALIANA) è preoccupato perché teme che la data stabilita per la messa in onda della prima puntata (il due di aprile) possa slittare ma Salerno, da grande professionista, in un’ora di lavoro riesce a fare quello che normalmente altri fanno in quattro, aiutato anche da una memoria ferrea. La serie ha immediatamente un successo fenomenale e Giusvà colpisce il pubblico per la sua naturalezza nel recitare diventando un assiduo dei giornali dell’epoca, almeno fino a quando LA FAMIGLIA BENVENUTI andrà in onda. Nella serie si parla della famiglia italiana prendendo a pretesto una famiglia media, con governante annessa e due figli. Il mostrare agli italiani come sono loro stessi in famiglia, tramite un racconto televisivo, fare un po’ di sociologia spicciola attraverso i fatti quotidiani medi, il cui valore sta proprio nella non-eccezionalità dei fatti, è interessante per il pubblico. Facciamo una piccola scheda dei personaggi. Il padre, Alberto Benvenuti è un professionista integrato nella società con dei rimpianti personali per aver ceduto a compromessi che hanno tradito i suoi ideali giovanili di dopoguerra, un uomo chiaramente di sinistra con contraddizioni evidenti tra quello che pensa, che vorrebbe e quello che ha. Una bella casa, una famiglia che lo ama e una governante (Amabile è il nome del personaggio) che per lui darebbe la vita perché gli ha fatto da balia e anche da madre quando da piccolo rimase orfano. Il regista calca molto su alcune contraddizioni dell’uomo e sulla simpatia di alcuni personaggi. Salerno è simpatico ma anche pesante al contempo, un borbottone romantico che rimpiange un periodo della vita ormai lontano e che cerca di fare il padre moderno con i propri figli che in realtà sono più posati di lui, ragazzi seri e ragionevoli, capaci di andare alla sostanza molto più dei loro genitori. Sono i ragazzi (Ghigo il grande, Andrea il piccolo) che capiscono gli adulti e non viceversa. Un rovesciamento atipico in pieno ’68. Il più grande (Farinelli) come tutti i diciottenni di quegli anni, suona la chitarra e va alle manifestazioni, avallato dal padre e un po’ meno dalla madre che teme sempre situazioni pericolose (come faceva a presagire quello che sarebbe accaduto negli anni a venire?). La mamma e moglie (Valeria Valeri) è una donna che ha sposato il marito contro il volere dei genitori che sono i tipici benestanti di idee conservatrici (impersonati da Claudio Gora e Milly) e che avrebbero voluto per la figlia un matrimonio più redditizio dal punto di vista economico (Salerno è architetto ma i suoi ideali devono aver cozzato contro la realtà – almeno questo è quello che fa capire il regista – e il suo lavoro negli anni passati deve averne risentito). Lei riversa sui figli che, vorrebbe intelligenti ed eccezionali, le ambizioni andate perdute del marito. I nonni (Gora e Milly) vorrebbero aiutare la famiglia Benvenuti ma orgogliosamente Alberto rifiuta sempre, anche se in passato ne avrebbe avuto bisogno. Lei, la moglie, sembrerebbe seguire il marito nelle sue contraddizioni più per amore che per convinzione, anche perché cresciuta con altri ideali e in un altro ambiente. Ma si adegua volentieri, non per remissività femminile ma per quieto vivere, andando contro anche ai suoi stessi genitori che restano una costante nello sceneggiato, e portano avanti un rapporto non idilliaco con Enrico Maria Salerno e con la governante, sempre dalla parte di lui, ma buono con i nipoti. C’è molta verità in questa serie, molto realismo, tanto che si fa fatica a non considerarla una vera famiglia ma un nucleo di bravi attori che sono uniti solo sul set. Ci sono i buoni sentimenti ma non sono mai gratuiti, c’è il desiderio di non essere mai banali e soprattutto tantissima professionalità. Ai nostri giorni lo sceneggiato è in vendita anche in DVD, per chi avesse la voglia di vederselo e sicuramente lo merita. Josè Altafini Josè Altafini è il centravanti del Napoli nell’attuale campionato 1967/1968. E fino a qui lo sanno tutti. C’è da dire che Altafini ha l’hobby del canto e della musica (come ogni brasiliano che si rispetti) e che l’Ariston l’ha scritturato come cantante. Il suo disco d’esordio si intitola LA ROSA. Ma l’attività di cantante mal si concilia con quella di calciatore professionista e Altafini se ne sta accorgendo sia nei rapporti col suo allenatore Pesaola e sia con quelli della Lega Nazionale Calcio. Pesaola ha infatti avuto qualche polemica con il giocatore e lo ha accusato di scarso rendimento nelle ultime gare, distolto forse dall’interesse del mondo della musica leggera. La Lega gli ha proibito invece di cantare in tv e nella trasmissione domenicale di Pippo Baudo SETTEVOCI si è dovuto limitare a far ascoltare il suo disco tramite nastro questo perché, come da regolamento, i calciatori professionisti non possono esplicare senza preventiva autorizzazione della Lega un’attività estranea al calcio. Tale norma riguarda soprattutto i rapporti pubblicitari che molto spesso vengono prospettati ai calciatori. Quasi sempre però la lega concede questi permessi (dipende da chi glielo chiede e dalla potenza dei nomi). Rivera, Facchetti ed altri che svolgono attività nel campo assicurativo hanno chiesto ed ottenuto il permesso della Lega. Lo stesso Facchetti venne però deferito alla commissione disciplinare per essersi prestato senza benestare ad una pubblicità per conto di un parrucchiere. Altafini però non ha avuto questo permesso e l’incisione del disco (e una serata fatta in un locale di Ischia) sono quindi da considerarsi nella sfera degli hobby perché avvenute in periodo di vacanza e quindi non lavorativo. Zecchino d'Oro E’ terminata l’edizione numero dieci dello Zecchino D’Oro con la vittoria della piccola Barbara Ferigo e la sua 44 GATTI che descrive una curiosa assemblea felina in puro spirito sessantottino. Lei ha quattro anni e mezzo e vive a Gorizia. Secondo è arrivato Michele Grandolfo con IL TORERO CAMOMILLO e terza Cristina D’avena, tre anni, con IL VALZER DEL MOSCERINO. Tre canzoncine che ancora oggi sono note tra il pubblico dei bambini, nonostante che i bambini canterini di allora abbiano già l’età giusta per essere genitori di ragazzi adolescenti. Delle dodici canzoni presentate quest’anno solo poche resteranno accantonate e dimenticate. Le altre corrispondono ai requisiti richiesti per questo genere di musica, scritta apposta per l’infanzia: hanno un testo allegro, un motivo orecchiabile, una storia possibilmente buffa. Il paragone con il Festival di Sanremo è inevitabile. Una manifestazione come questa organizzata dai frati dell’Antoniano dà la misura di quanto sia possibile convogliare l’interesse del pubblico verso una rassegna canora non reclamizzata da mesi di ossessiva pubblicità come Sanremo. E per di più i dischi dello Zecchino arrivano sempre in classifica, sia tra i 45 giri che (in maniera anche maggiore) nei 33 giri. L’anno scorso, se si pensa al long playing dello Zecchino con POPOFF di Walter Brugiolo, si deve constatare che sono state vendute duecentomila copie e questa cifra, per un 33 giri nel 1967, è davvero ragguardevole. Basti pensare che un 33 di Gianni Morandi o di Mina non va oltre le 50 mila copie! Questi bambini si divertono a cantare e sono più guardati da un pubblico adulto che dai loro coetanei che, sebbene possano interessarsi alle canzoni, trovano antipatici i bambini canterini sul video, tutti belli infiocchettati. Si presentano con grande disinvolta dal Mago Zurlì, Cino Tortorella (che nella foto vediamo a fianco della vincitrice Barbara Ferigo) e confidano i loro desideri per un futuro che è circoscritto alle cognizioni che hano circa la propria età, oscillante fra i tre e i sette anni, generalmente). Il '68 in Polonia Anche in Polonia e precisamente a Varsavia c’è aria di contestazione nelle Università perché il regime sembra intenzionato a reprimere le già esigue libertà degli studenti polacchi che vorrebbero più autonomia e più diritto di opinione. Solo che si scopre subito che i polacchi sono molto meno accomodanti dei rettori italiani. Difatti la manifestazione studentesca di Cracovia e l’apporto degli operai delle Acciaierie di Cracovia agli stessi (e di uno sparuto gruppo di professori non allineati) è terminato in un bagno di sangue. Addirittura la polizia ha liberato cani molossi che hanno ferito gravemente e ucciso operai e studenti, alcuni azzannati alla gola dalle forti mascelle degli incolpevoli animali. Vasta epurazione di studenti nelle università con espulsioni a vita dagli atenei e carcere per i professori ribelli. Il Politecnico di Varsavia è stato invece occupato dagli studenti (quattromila). La televisione ha dato un ultimatum: se entro 24 ore l’ateneo non fosse stato sgombrato, gli occupanti sarebbero stati espulsi e denunciati. Gli studenti non hanno però accettato l’invito e il governo, verso l’una di notte, ha mandato migliaia di poliziotti e di cani per stanare i ragazzi i quali, sotto consiglio dei professori, hanno abbandonato le aule e, appena usciti, sono stati fatti salire a bordo di appositi pullman della polizia (cosa di per sé molto inquietante). Yuri Gagarin E’ morto Yuri Gagarin. Nato nel 1934, è stato il primo uomo nello spazio. Da un giorno all’altro un oscuro personaggio era diventato l’eroe nazionale della propaganda sovietica ed uno degli uomini più famosi al mondo. Per questo la sua morte ha colpito i russi che erano orgogliosi di lui. Ai funerali erano presenti migliaia di persone, esponenti di partito e gente normale in un paese in cui non si può sapere dove finisce il cordoglio ufficiale ed inizia quello privato, ma probabilmente il cordoglio per Gagarin era sincero perché era uno sfortunato figlio della Russia, come tutti loro. Accanto al silenzio ufficiale del governo sovietico molte ipotesi sono state fatte sulle cause della sciagura. L’aereo sul quale sono periti Gagarin ed il colonnello Vladimir Sereghin era un nuovo tipo di apparecchio di eccezionali capacità. Forse un aereo studiato apposta per rivaleggiare con gli Usa nella conquista dello spazio. Non si sa neanche se sia esploso in volo o precipitato. Si sa soltanto che i due sono finiti in pezzi e la ricomposizione delle salme è stata quasi impossibile. Vengono quindi cremati e sepolti in una nicchia sotto le mura del Cremlino, accanto a quelle dell’altro cosmonauta Komarov, perito nel 1967. Un Disco per l'Estate Appena finito Sanremo già si parla di Disco Per L’Estate. Non sono ancora stati comunicati ufficialmente tutti i nomi dei partecipanti ma già ci sono delle indiscrezioni a proposito. Oltre ad alcuni big sono previsti, come al solito, dei poveri ragazzi che vengono illusi da uno dei concorsi musicali meno sentiti dall’industria fonografica italiana. 56 cantanti in tutto, partenza il 21 di aprile, più della metà sconosciuti o quasi, data la latitanza dei veri big. Cosa strana perché questa manifestazione è comunque un grosso lancio per le canzoni estive: vengono trasmesse per settimane alla radio e alla fine c’è la passerella finale televisiva. Questi ragazzi (soprattutto voci nuove da lanciare) pensano di inserirsi d’autorità tra i migliori nomi della canzone ma scelgono il cavallo meno adatto, in questo caso quello della Rai, che organizza la manifestazione senza particolare passione, quasi come quella dei discografici, che mandano al concorso gli esclusi da Sanremo e giovani da lanciare. Ma quello che è ancora più evidente agli occhi di tutti è l’inserimento di personaggi che big non sono mai stati o che non lo sono più e che nonostante ciò tentano nuovamente la carta del successo perché il campo è praticamente sgombro da nomi altisonanti tanto che loro risaltano in particolar modo. In questa edizione troviamo nomi come Remo Germani, Gianni Meccia, Anna Marchetti, Isabella Iannetti. E anche Pino Donaggio (ormai in calo da un paio di anni) o Gino Paoli, che porta una bellissima canzone dal titolo SE DIO TI DA, in un periodo in cui il successo sembra averlo abbandonato da qualche anno. C’è Lucio Dalla, che fino ad ora è sempre tra quei che son sospesi, c’è Iva Zanicchi, che nonostante il Sanremo vinto e le altre manifestazioni a cui partecipa non riesce mai ad entrare nella lista delle cantanti più vendute. Il Disco Per L’Estate sono gli esami di riparazione di Sanremo, ma per alcuni, questi esami davvero non finiscono mai. Christian Calabrese
 
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