1968: Un dannato bisestile
Finalmente è finito! Non una buona annata, direbbero gli enologi. Il 1968 sta
guardando scorrere i suoi ultimi giorni. Il settimanale CIAO BIG lo saluta con
il titolo UN DANNATO BISESTILE sottolineando gli assassinii, i conflitti
sociali e politici e le tragedie naturali. Un anno davvero pessimo; con due
anni di anticipo, col ’68, in pratica finiscono gli anni ’60 ed iniziano i ’70.
Doveva essere l’anno della conferma dei diritti dell’uomo, fissati solennemente
nel 1948 alle Nazioni Unite. E’ stato invece un anno di guerre, aggressioni
militari, contestazioni sociali e crisi economiche. In Biafra la guerra civile
(scoppiata nel maggio 1967 per la secessione dei biafrani dalla federazione
nigeriana) ha fatto milioni di morti. Causa principale, la fame. I carri
sovietici invadono la Cecoslovacchia. Guidati da radio clandestine gli
aggrediti reagiscono con dimostrazioni pacifiche e silenziose. Naturalmente la
non-violenza stile Ghandi fa sorridere i comunisti russi che ci vanno pesante
soffocando nel sangue anche questa rivolta. Dubcek viene rimosso e
l’esperimento di “socialismo dal volto umano” dichiarato fallito. Bob Kennedy
viene ucciso a colpi di rivoltella, così come viene ucciso l’apostolo negro
della non violenza Martin Luther King. La sua morte provoca disordini con più
di 30 morti e 1200 feriti. La contestazione francese arriva anche in Italia.
Ideologie utopistiche e malate (nazi-maoismo, leninismo-marxismo e cocktail
micidiali di questo tipo) e il protagonismo sfrenato di alcuni (i leader del
movimento) provocheranno danni irreparabili (il terrorismo) e mutazioni
socio-psicologiche di cui ancora adesso accusiamo i colpi. Il terremoto in
Sicilia e copiose alluvioni in Piemonte, la repressione in Messico durante le
Olimpiadi degli studenti che si erano assiepati in Piazza Delle Tre Culture:
interviene l’esercito e spara coi bazooka ad altezza d’uomo. Direi che potrebbe
bastare.
Cosa ha portato di buono il 1968? La vittoria dell’Italia ai campionati
europei e la vittoria di Adorni ai campionati mondiali di ciclismo su strada.
Un po’ pochino ma meglio che stare a Praga. Natale 1968. All’apparenza sembra
tutto tranquillo, in realtà no. Il 12 dicembre Mariano Rumor prende il posto di
Giovanni Leone a capo della Presidenza del Consiglio. Ed è il primo governo
Rumor di tre governi a maggioranza di centro-sinistra. La composizione è
costituita dalla Dc, dal Partito Socialista e da quello Repubblicano. Il
vicepresidente del Consiglio è Francesco De Martino, al Ministero degli Esteri
un giovanotto, Pietro Nenni, al Bilancio il famoso Luigi Preti, vittima di
Noschese, al ministero di Grazia e Giustizia va Silvio Gava. In tutto 27
ministri.
Nella nomina dei nuovi sottosegretari di Stato si è battuto ogni precedente
primato. Ne sono stati creati 56, dieci in più rispetto a quelli precedenti,
dei governi Moro e Leone, che aggiunti a 27 ministri elevano la quota a 83 (i
componenti del gabinetto presieduto da Mariano Rumor). L’onorevole Sullo
contesta la nomina di De Mita a sottosegretario degli Interni con l’incarico di
sovrintendere all’attuazione dell’ordinamento regionale. Preferenza non
accettabile perché altri deputati avevano raccolto maggiori e unanimi consensi
dai membri del direttivo del gruppo. Gli altri sottosegretari di quello
specifico dicastero sono Remo Gaspari, Pierluigi Romita ed Angelo Salizzoni.
Come a dire, neanche hanno giurato e già litigano. Il governo in carica durerà
fino al 5 luglio del 1969, quando sarà sostituito... dallo stesso governo Rumor
dopo un rimpasto. Un cambiamento “significativo”, quindi.
Il 1968 che volge finalmente al termine tende a concludersi in una serie di
sforzi che vanno verso la distensione. Nixon si appresta a compiere i suoi
primi passi presidenziali tacendo su quel che è accaduto di Praga due mesi
prima e De Gaulle gli manifesta già chiari segni di solidarietà. Anche i
sovietici, che fino a pochi giorni prima avevano visto in lui un nemico, si
sbracciano e gli sorridono apertamente. Anche dalla Cina si sente uno
scricchiolio: sta cominciando il disgelo tra Nixon e Mao. Fino a pochi mesi
prima la Cina vedeva nell’America un simbolo negativo, il perno demoniaco della
congiura mondiale contro Pechino, mentre ora pare che le cose stiano cambiando.
In Brasile, nello stesso giorno in cui qui si vara il nuovo governo Rumor,
il presidente della Repubblica, maresciallo Artur Da Costa e Silva ha dovuto
piegarsi alla volontà di quattro generali (Lima, Portela, Sarmento e De Castilho).
Nella notte tra il 13 ed il 14 dicembre i militari sono riusciti a prendere
in mano le redini del governo. Centinaia di arresti illustri (cattolici,
giornalisti, cantanti, oppositori). Il regime è isolato: non ha amici né a
destra né a sinistra né al centro ma dispone di mezzi per reggersi con
sicurezza. L’opinione pubblica gli si è dichiarata contraria.
Chico Buarque de Hollanda
E parlando di regime e di Brasile non si può non parlare del personaggio
musicale più in vista in questo periodo, Chico Buarque de Hollanda. Contestando
in musica il regime militare è stato arrestato e rimesso in libertà dopo solo
tre giorni di detenzione. E qui si vede quanto sia debole un regime che si
regge per miracolo e che ha paura di uomini simbolo e delle proteste che il
loro arresto potrebbe scatenare: se fosse successo nella Russia dell’epoca,
forte e sicura, sarebbe stato rinchiuso in un gulag e se lo sarebbero
dimenticato lì vita natural durante. Difatti, le autorità intimorite
dall’atteggiamento ostile della gente ha dovuto rilasciarlo. Chico è nato a Rio
de Janeiro nel 1944 da una famiglia benestante ed intellettuale. Il padre
Sergio era uno storico ed un sociologo, lo zio un famoso linguista. A 16 anni
Chico viene rapito dalle bossanova di Joao Gilberto. Il suo debutto avviene nel
1964 con due canzoni che colpiscono in modo indelebile l’ambiente della musica
brasiliana: MARCHA PARA UM DIA DE SOL e TEM MAIS SAMBA (incisa poi nel 1968 da
Mina col titolo C’E’ PIU’ SAMBA). Il suo scrivere testi è particolare, giochi
parole e nostalgia (la famosa saudade), accompagnato da una musica evocativa, a
volte malinconica ed altre allegra, ma sempre con riserva. Nel 1968, a dicembre,
lui si impone un auto esilio in Italia per protesta verso il governo del suo
paese. La canzone che l’ha messo nei guai è SABIA (scritta a quattro mani con
Tom Jobim), canzone giudicata sovversiva. SABIA è un uccello ma è un simbolo.
Il testo dice Vou voltar, sei que ainda vou voltar, para o meu lugar foi lá e
é ainda lá que eu hei de ouvir cantar uma sabiá (io so che tornerò al mio posto,
andrò lì e lei sarà ancora lì perché io devo sentir cantare una sabia).
Sembrerebbe inoffensiva, e probabilmente lo è, se non fosse che le sabìe sono
anche i canti popolari del nord est brasiliano, la zona più povera del paese. I
latifondisti hanno ancora un potere immenso sui contadini, come nel medioevo.
Mangiano se lo vogliono loro. Da qui il motivo dell’incriminazione della
canzone. Già nel 1965 ha avuto dei guai: quando musicò MORTE E VIDA SEVERINA,
una riduzione teatrale di un famoso poema di Joao Cabral. La canzone in
questione è FUNERAL DE UM LAVRADOR (funerale di un lavoratore) che in Italia
viene cantata da un duo, Dick & Barbara, e narra la storia di un contadino
brasiliano nato su una terra di proprietà dei latifondisti senza mai arrivare a
poterla possedere e la soddisfazione di avere un po’ di terra tutta per sé
l’avrà da morto, quando gliela getteranno sulla bara (questa fossa in cui sei a
misura è il minore dei mali che hai avuto nella tua vita). Faccia da bravo
ragazzo, senza un pelo di barba, sembra più giovane dei suoi 24 anni. In Italia
lo abbiamo conosciuto grazie all’interpretazione de LA BANDA da parte di Mina.
Canzone che in Italia ha venduto circa 350 mila copie ma calcolate le varie
versioni incise nel biennio 1967-1968 (Herb Alpert, Sergio Mendes etc.) si
arriva alla cifra di cinque milioni di copie. Ora Chico ci prova in Italia. Non
che sia cosa facile. Generalmente l’italiano medio concepisce la musica
brasiliana come qualcosa di allegro, da ballare nelle feste tipo Capodanno o
Carnevale. Un retaggio che risale alla fine degli anni quaranta quando si
indicava musica brasiliana (o addirittura afro-cubana) tutto ciò che era samba,
ma anche la raspa e successivamente il mambo. Quindi, siamo (o forse eravamo,
perché qualcosa nel frattempo è cambiato) poco propensi ad ascoltare una bossa
nova e farcela piacere soltanto per quello che ci riesce a trasmettere senza
far caso al testo, incomprensibile ai più. Invece sono proprio i testi ad
essere importanti nella musica brasiliana. Anche quelli più leggeri hanno un
retrogusto agrodolce che sarebbe bene riuscire a capire. Chico Buarque de
Hollanda è uno di quei personaggi che con le parole ci sa fare, ci gioca e le
rende protagoniste assolute delle sue canzoni anche quando il ritmo farebbe
intendere il contrario. Il primo 45 giri italiano è distribuito dalla RCA e
tradotto da Sergio Bardotti. I titoli delle due canzoni sono FAR NIENTE e UNA
CANZONE, che sarebbero rispettivamente BOM TEMPO e MEU REFRAO. Accompagnata
musicalmente da una bellissima bossanova che nel ritornello si fa più ritmica,
FAR NIENTE racconta di una domenica passata ad oziare tra lo svegliarsi tardi,
uscire per una passeggiatina e l’aspettativa (molto brasiliana ed italiana) del
campionato di calcio nel pomeriggio, augurandosi che la propria squadra faccia
tre gol. Ogni domenica è così e la domenica si sa, vuol dire non far
niente... lascio in un angolo l’uomo preoccupato, confuso, avvilito, malato che
dorme in me e col vestito nuovo, con un viso nuovo mi presento a te. Traduzione
eccellente di Sergio Bardotti, talmente bella e sofisticata che fatica a farsi
strada tra i singoli più venduti. Ma il battage pubblitario che gli fa Mina dai
microfoni della popolare trasmissione POMERIGGIO CON MINA ed altri aficionados
della musica brasiliana (Arbore tra questi) fa sì che la canzone diventi in
breve tempo almeno una delle più popolari tra la fine del 1968 e l’inizio del
1969 (almeno fino a Sanremo). UNA MIA CANZONE ha un ritmo molto più consono
all’ondata beat brasiliana che “sconvolse” il Brasile tra il 1966 e il 1967.
Difatti risente un po’ dell’usura del tempo. Un po’ alla Roberto Carlos ma più
raffinata. Chico Buarque De Hollanda è anche un abile giocatore di pallone. La
sua squadra del cuore è il Fluminense ma in Italia sceglie la Fiorentina e
quando può, gioca a calcio con il Mentana dove la sfida più sentita è quella
col Tor Lupara, capitanata da Gianni Morandi.
Mina - Canzonissima '68
Abbiamo citato Mina e allora non possiamo fare a meno di occuparci del suo
ultimo trentatré, legato a doppio filo con la trasmissione accompagna la
Lotteria di capodanno di cui è mattatrice insieme a Walter Chiari e Paolo
Panelli, CANZONISSIMA 1968. Di questa ci parlerà più avanti David Guarnieri. Il
disco si chiama – non a caso – CANZONISSIMA ‘68 e consta di dodici canzoni, otto
arrangiate da Augusto Martelli e quattro dal direttore d’orchestra della
trasmissione Rai, Bruno Canfora. E’ sicuramente uno di più riusciti della
cantante di Cremona. Da questo long playing vengono estratti ben quattro
singoli. Una curiosità: il primo della serie, anziché proporre una delle due
sigle di Canzonissima, contiene due brani completamente estranei alla
trasmissione se non per il fatto che Mina li proporrà nelle varie puntate (15
in tutto). Ecco la discografia a 45 giri del periodo in cui partecipa a
Canzonissima (in ordine di uscita nei negozi):
QUAND’ERO PICCOLA / IO INNAMORATA
VORREI CHE FOSSE AMORE / CARO
NE’ COME NE’ PERCHE’ / NIENTE DI NIENTE
ZUM ZUM ZUM / SACUMDI’ SACUMDA’
La prima canzone dell’album è anche la sigla d'apertura della trasmissione che
però in quel frangente non è cantata da Mina ma da tutto il cast dei cantanti e
dai bambini dell'Antoniano: ZUM ZUM ZUM. Il singolo di Mina vende circa 250.000
copie e viene tallonato dalla versione della Vartan, che nell’ultimo mese
dell’anno prende il sopravvento sul 45 giri della PDU. La canzone la conosciamo
tutti, è stata scritta da Antonio Amurri e Bruno Canfora ed è una sigla che più
sigla di così si muore! Frase topica: la canzone che mi passa per la testa,
non so bene cosa sia dove quando l’ho sentita di sicuro so soltanto che fa zum
zum zum zum zum. Voto: 7
Passiamo alla seconda traccia, IO INNAMORATA (di Giorgio Calabrese ed Augusto
Martelli). Una canzone che se fosse stata cantata ed incisa da Barbra Streisand
staremmo ancora tutti qui a tesserne le lodi. Un arrangiamento straordinario,
imponente, da perfetto finale di una tipica commedia musicale di Broadway.
Cantata in un modo talmente perfetto da rendere quasi allibito l’ascoltatore
più attento (per chi se ne intende, la pelle d’oca è assicurata). Credo sia la
più bella esecuzione mai incisa su disco da quando esiste la fonografia in
Italia. Verso il finale c’è un repentino cambio di tono tra una frase e l’altra
per il quale se non si è più che “quadrati” musicalmente si rischia di non
rientrare perfettamente nel giro armonico. Un inciso dissonante e l’armonia si
fa più oscura, la voce la percorre per poi rientrare sulla linea melodica
principale dove il pezzo si riapre concludendosi in modo arioso. Difficoltà
canora (o d’intonazione) che orecchie più esperte non mancheranno di notare.
Frase topica: un grande amore non ha mai perché e nasce e muore quando nasce e
muore e la tua storia quando tocca a te, la reciti e la vivi, però non te la
scrivi. Cantata e recitata alla perfezione. Che dire? Voto: 10
SACUMDI’ SACUMDA’ di Carlos Imperial (tradotta da Paolo Limiti) NAO VEM QUE NAO
TEM, cantata da Wilson Simonal in Brasile e da Brigitte Bardot e Marcel Zanini
in Francia (TU VEUX, TU VEUX PAS) E’ la storia di una donna che viene
avvicinata dal diavolo il quale cerca di tentarla in ogni modo, promettendole
cose da far invidia ad un re. Ma lei rinuncia per amore del suo amato. Grande
Paolo. Frase topica: con te c’è venuta tanta gente, ma il mio amore non ha
niente, quindi resto insieme a lui. Ciao diavolo ciao! Voto:8
NE’ COME NE’ PERCHE’di Antonio Amurri e Bruno Canfora. Altra stupenda canzone
cantata in maniera incredibile. Anche qui, arrangiamento da mille e una notte.
Che forse molti potranno trovare eccessivo o demodé, ma che uno come Bruno
Canfora ce l’ha nel sangue. E se non avesse approfittato di un’interprete con
la capacità vocale della Mina di quel periodo, non avrebbe avuto mai occasione
di scriverli, arrangiamenti di questo tipo. La protagonista realizza
improvvisamente che colui che ha accanto è la cosa più importante nella sua
vita. E di questo sentimento vuole renderne partecipe la gente che le passa
accanto e che invece (giustamente) è indifferente ed inconsapevole , ma sente
di “scoppiare” se non potrà gridare ugualmente questa sua gioia. Testo bello ma
con qualche ingenuità, musica fenomenale, interpretazione straordinaria. Frase
topica: gente che passi indifferente sapessi nel mio cuore cosa c'è, è mio, e
so che vuole bene solo a me, soltanto a me, per sempre a m... e non voglio
chiedermi nè come nè perchè ma voglio finalmente che si stringa forte a me, a
me. Voto:9 e mezzo.
UN COLPO AL CUORE di Giancarlo Bigazzi e Mario Capuano. Accoppiata stramba per
un paroliere all’epoca legato al colosso CBS/CGD ed un musicista come Capuano
allora legato alla Durium (dal 1969 in poi, alla RCA). La canzone era uscita
originariamente nella versione cantata da Mario Zelinotti. In aprile, il
cantante romano era nei negozi con il singolo partecipante al Disco Per
L’Estate che gli avrebbe dovuto dare il lancio definitivo dopo circa cinque
anni di alti e bassi e (diciamolo pure) jella nera dovuta ad accoppiamenti
sanremesi che invece di aiutarlo l’hanno messo in serie difficoltà. Ma quando
ti dice male, non c’è niente da fare. Mina, (in certi casi fredda e spietata)
la sente e se ne innamora e decide di lanciarla come singolo per l’estate ’68
(accoppiato a ALLEGRIA, versione di UPA NEGUINHO e sigla di AUTORADUNO ESTATE
1968). Quante probabilità ha adesso Mario Zelinotti, di farsi ascoltare dal
grande pubblico con quella stessa canzone? Da uno a dieci, potremmo azzardare
un meno 1. E difatti così è stato. Povero Mario. La canzone è molto bella,
scritta molto elegantemente (la qual cosa sorprende non poco chi scrive,
avvezzo alle bigazzate classiche a cui ci ha abituato il nostro). Orchestrata
magnificamente da un Augusto Martelli al top e cantata allo stesso modo da una
Mina in stato di grazia, UN COLPO AL CUORE rende il triplo nella versione della
cantante e dieci volte di più sul versante delle vendite. Bigazzi e Capuano
ringraziano, Zelinotti un po’ meno. Frase topica: da quando non ci sei non mi
succede più di ridere per niente come quando c’eri tu. Da troppo tempo ormai, è
il solito tran tran, la stessa strada quattro volte al giorno senza te.
Voto: 9
LA VOCE DEL SILENZIO: di Paolo Limiti ed Elio Isola. C’è anche la firma di
Mogol il quale sembra non abbia scritto neanche un rigo. La storia andò così:
vigilia di Sanremo 1968. Dionne Warwick ha la canzone adatta. Paolo Limiti ha
scritto un testo molto bello, scritto pensando alla madre e alla sua solitudine
dopo la scomparsa del padre. La CGD impone la firma di Mogol e come spesso
accade, senza dover neanche prendere in mano una penna, mIster Rapetti si trova
co-autore di un pezzo che da lì a poco tempo sarà un grandissimo successo nel
mondo (per mano di Dionne Warwick) e in Italia per merito di Mina. Tanto grande
che durante un Castrocaro l’organizzazione decide di far cambiare il brano che
i partecipanti portano in massa alla manifestazione (21 su 23). La canzone è
molto introspettiva. La protagonista interroga se stessa e il suo passato. E
nel silenzio assoluto in cui formula questi pensieri ci svela che proprio dal
silenzio possono arrivare delle risposte, immaginando (o forse no) voci di
persone che non ci sono più e rendendosi conto che in realtà non l’hanno mai
veramente abbandonata e che vivono dentro di lei, giorno dopo giorno. Un testo
bellissimo, scritto con maestria e raffinata eleganza da un giovane Paolo
Limiti (28 anni all’epoca). Frase topica: ed improvvisamente ti accorgi che il
silenzio ha il volto delle cose che hai perduto... ed io ti sento amore, ti sento
nel mio cuore, stai riprendendo il posto che tu non avevi perso mai.
Voto: 9 (se non ci fosse stata quella facile rima cuore-amore sarebbe
stato un nove e mezzo).
VORREI CHE FOSSE AMORE di Amurri e Canfora. Fa il paio con DUE NOTE. Scritta
dagli stessi autori (e con l’aggiunta di Faele), riprende abbastanza da vicino
lo stile e le caratteristiche della canzone del 1960, pur non assomigliandole
affatto nella melodia. E’ solo questione di “mano”. Il testo ricalca vagamente
il quasi coetaneo (di DUE NOTE) NESSUNO AL MONDO. Molto bello, ma pecca di
qualche ingenuità nella prosa, che quasi non si nota perché si viene
immediatamente rapiti dalla grande orchestra di Bruno Canfora, dalla
grandissima ariosità della musica e dalla voce di una magnifica Mina. Sigla
finale di CANZONISSIMA 1968, tra le sigle finali più belle sentite in 52 anni
di Rai. Lei vorrebbe ricambiare con tutta sé stessa il bene che le dà il suo
uomo, perché è la cosa che lui vorrebbe (e che meriterebbe) di più. Ma non ha
ancora capito se il sentimento che prova sia veramente amore anche se tutto fa
intendere che lo sia. Happy end. Frase topica: se c’è una cosa al mondo che non
ho avuto mai è tutto questo bene che mi dai, vorrei che fosse amore, ma proprio
amore amore, la cosa che io sento per te. Voto 9
QUAND’ERO PICCOLA di Franco Migliacci, Bruno Zambrini e Luis Enriquez.
Terzetto targato RCA a triplo nodo che con Mina, generalmente non hanno mai
avuto a che fare. Colonna sonora di un film che pochi hanno visto, quel VATICAN
STORY che in Italia è meglio conosciuto col titolo A QUALSIASI PREZZO,
interpretato da Klaus Kinski, Walter Pidgeon e Ira Furstenberg. Canzone molto
delicata, evocativa, intimista. E’ una donna che si sente lontana dal suo uomo
sebbene lo abbia accanto a sè. Progetti diversi, mete differenti. E riafforiano
le paure infantili della solitudine e del buio. Frase topica: quand’ero piccola,
dormivo sempre al lume di una lampada per la paura della solitudine, paura che
non mi ha lasciato mai nemmeno adesso che sei qui. Quel nemmeno adesso che sei
qui, cantata come fa lei, vale da solo un 8 e mezzo.
DEBORAH di Vito Pallavicini e Paolo Conte. Canzone sanremese di Wilson Pickett
e Fausto Leali, qui cantata da Mina. L’anello debole dell’album. Sebbene la
interpreti con grinta, non convince tanto quanto il duo Pickett-Leali. Forse se
non l’avessero fatta per primi loro due non ci sarebbe confronto diretto e Mina
ne sarebbe uscita come sempre vincitrice. Ma non è propriamente il suo genere.
La sua voce, sebbene grintosa e carica, è ancora troppo borghese per un brano
di questa portata. Ce la sentireste un’Ornella Vanoni cantare PROUD MARY? Io
no. Come non sento Mina parte integrante in questa canzone. Forza troppo la
voce per renderla moderna e “beat” a tutti i costi, forse per essere più vicina
ad un pubblico giovane. Cosa sbagliata perché Mina non ha bisogno di correre
incontro alle canzoni. Solitamente sono loro che le si modellano addosso come
una nuova pelle dopo la muta. Come il lutto non si addice ad Elettra, così il
rhythm and blues non si addice a Mina. Il testo “esiste” perché ogni canzone è
normale che lo abbia ma non vuol dire nulla. Sono una serie di immagini da trip
che si accavallano, visionarie e psichedeliche, dove ci sono prati di sabbia ed
ali di fuoco, occhi di ghiaccio e occhi di luna. Frase topica: lunghe ali di
fuoco han coperto la luna sopra di me e su prati di sabbia corro piangendo
cercando lui. Voto: fra il 6 e il 7
FANTASIA di Giorgio Calabrese e Geoff Stephens (autore di grossi hits
d’oltremanica e fondatore della New Vaudeville Band). Canzone un po’ troppo
sofisticata per essere orecchiabile. Una cosa così se la poteva permettere solo
quella Mina, la Mina di quegli anni. Il testo è un progredire di immagini e di
pensieri. Delle fantasie, per l’appunto. Della protagonista che in questo
momento vive senza di lui e si rifugia nella fantasia di vederlo tornare da un
momento all’altro. Frase topica: un sogno fa vedevo te come al solito accanto a
me anche se io so che sei a duecento chilometri da me. Arrangiamento ottimo.
Voto 8
NIENTE DI NIENTE. Altro adattamento italiano di una canzone del gruppo dei
Delfonics (BREAK YOUR PROMISE). Uno di quei casi (non rari in Italia) in cui la
seconda versione è meglio dell’originale. Ma qui siamo ad un livello molto
alto. La versione originale è cantata in falsetto dal lead vocal del gruppo di
colore (in stile Stylistics) e non rende – naturalmente – come l’adattamento
italiano. Sempre Giorgio Calabrese e sempre Augusto Martelli. A cominciare dal
rullo iniziale della batteria, molto migliore dell’originale. Una donna si
domanda perché il suo innamorato non chieda mai spiegazioni su quello che lei
fa quando lui non c’è. Possibile che non provi mai un briciolo di gelosia? Un
conto è fidarsi, ma fino a questo punto le pare un pochettino esagerato. Il
dubbio che l’assale è che a lui in realtà non importi niente di niente di lei.
Testo elegante, quasi snob. Mina, nel cantarlo, acuisce questa impressione
creando un’atmosfera di classe sopraffina. Il movimento delle mani e
l’espressione del viso (mentre la canta durante una puntata di Canzonissima) ha
quasi più incisività del testo. Frase topica: lo so che tu ti fidi di me ma non
mi è chiaro... sarò diffidente però, lo sai che penso di tanto in tanto? Che non
te ne importa niente di niente. Voto 9
E SONO ANCORA QUI di Amurri e Canfora. La cosa che caratterizza pesantemente
la musica di Canfora e conseguentemente i suoi arrangiamenti, è l’impressione
che quasi tutte le sue composizioni sembrino scritte per diventare delle sigle
televisive. La qual cosa in parte è vera ma limita un po’ troppo la sua
produzione. Come questa (bellissima) E SONO ANCORA QUI. Una specie di pre-sigla
allo spazio musicale occupato settimanalmente da Mina all’interno della
trasmissione di CANZONISSIMA ma che poi non venne utilizzata (se non in forma
di canzone in una puntata). Bella, sfarzosa ed elegante. Una dichiarazione
d’amore verso il pubblico e la musica. Le titubanze e le emozioni che si
provano ogni volta che si entra in scena qui vengono rese perfettamente grazie
ad un testo semplice e diretto cantato in maniera – come al solito - magnifica.
Frase topica: e sono ancora qui e non mi sembra vero, cosa sarebbe la mia vita
senza musica e senza voi. Verrebbe da dire: cosa sarebbe di questa canzone se
non fosse stata cantata da Mina. Probabilmente non sarebbe nemmeno nata, creata
su misura per la Tigre di Cremona. Voto: tra l’8 e il 9
Il minutaggio totale
di tutte queste canzoni è di appena 36 minuti e 28. Sembra incredibile: un
album così bello, 12 canzoni che durano in totale soltanto trentasei minuti. E
pensare che ci sono dei dischi che durano circa 80 minuti e che dopo appena due,
ti viene già voglia di gettarli dalla finestra! Uno di quei dischi che non
dovrebbe mai mancare in nessuna discoteca degna di questo nome.
Tihm
Ma se c’è una Mina cantante non dobbiamo dimenticarci che questo 1968 ha anche
significato una Mina manager e dirigente discografica. Per la fine del 1968 ha
in serbo una novità: Tihm. Vero nome Fathima Ben Said, nata nel 1950 da
genitori italiani e arabi. A segnalare Fathima (in arte Tihm) ad Augusto
Martelli, direttore atistico della PDU, è stato Gianni Medori (in arte Johnny
Sax), che aveva incontrato in estate la graziosa ragazza in Versilia. Il lancio
pubblicitario dice pressappoco così: un incrocio tra Mina ed Aretha Franklin: è
nata Thim! Forse è un pochettino esagerato, ma sta di fatto che la diciottenne
ha una bella voce, forse ancora grezza, ma calda e naturale. Il singolo di
lancio è SENZA CATENE accoppiato a DIMENTICANDO IL MONDO. Le sue prime
apparizioni in tv sono a DISCO VERDE, SETTEVOCI e CHISSA’ CHI LO SA. La
cantante incide per la Sun, sottomarca della PDU. In tutto inciderà 8
quarantacinque giri ed un album. Per lei scriveranno tutti autori di grande
prestigio: da Lucio Dalla a Sergio Bardotti, da Paolo Limiti a Giorgio
Calabrese. La ragazza non avrà mai un successo pieno ma comunque non passa
inosservata. La sua carriera si interrompe per un momento nel 1972 quando
un’altra cantante irrompe alla grande (con più successo) nella casa
discografica di Lugano, Marisa Sacchetto, in forza alla PDU dalla fine del 1970
ma diventata famosa tra Venezia 1971 e Sanremo 1972. Tihm passa per un po’ in
secondo piano rispetto alla più gettonata Marisa. Smette (o almeno non si hanno
più sue notizie) alla fine del 1973.
Ecco la discografia completa (che non troverete mai da nessun'altra parte):
DIMENTICANDO IL MONDO/ SENZA CATENE (SUN SU.A 3005) 10-1968
OBLADI’ OBLADA’/ M’INNAMORO (SUN SU.A 3009) 2-1969
DIETRO LA FINESTRA/COME MAI (SUN SU.A 3014) 5-1969
INDIANAPOLIS/SENTIMENTALE (SUN SU.A 3016) 4-1970
IL PRIMO PASSO/ CAMBIA IL CUORE (SUN SU.A 3020) 9-1970
QUELLA NOTTE/ PIU’ SOLA DI TE (SUN SU.A 3024) 7-1971
VAGABONDI E ZINGARI/QUANTE VOLTE (PDU P.A 1082) 1-1973
CANTO/GLI OCCHI AL LIMITE DEL CUORE (PDU P.A 1092) 10-1973
TIHM – TIHM (ALBUM: PDU PLD. 5072) 2-1973
Altri cantanti in forza alla PDU (e alla Sun) in questo 1968 sono Marita,
Giuliano Girardi, Roberto Ferri, Lino Fontis e gli strumentisti Johnny Sax e
Bob Mitchell (il quale altri non è che Augusto Martelli).
Gianni Morandi
Il servizio opinioni della Rai Tv ha accertato che Gianni Morandi è stato il
personaggio più gradito del 1968 ai telespettatori, almeno nel primo semestre.
Che poi, in realtà, si dovrebbe dire da maggio in poi visto che fino ad aprile
era impegnato col servizio militare. Ma l’attesa spasmodica creata ad arte
dall’ufficio stampa della RCA e da Migliacci, ha fatto sì che il ritorno di
Morandi sia stato visto come quello del figliol prodigo. La puntata di SENZA
RETE in cui Gianni era protagonista ha raccolto davanti ai teleschermi ben 16
milioni di spettatori. Dalle indagini del servizio pubblico è emerso che la
gente gradisce soprattutto programmi in cui vengono riproposti spezzoni delle
trasmissioni passate (già allora!) tipo IERI E OGGI o una selezione di vecchi
successi come accade a SENZA RETE. Intanto guida la classifica di Canzonissima
con voti pari a quelli che riceve un partito di massa. Il 70% dei voti dati a
Morandi vengono dal sud ed il restante 30% viene equamente ripartito tra il
centro e il nord. Gianni si è sostituito all’immarcescibile Claudio Villa nelle
preferenze degli italiani del sud e per questo lo sovrasta abbondantemente. C’è
da dire che più dell’80% dei votanti (coloro che comprano le cartoline) sono al
di sopra dei 40 anni. Ed è il motivo per il quale in cima alla classifica di
Canzonissima, oltre che Morandi troviamo cantanti definiti classici come
Dorelli, Villa e la Berti. Vivisezionando il voto dato a Gianni c’è uno
spostamento verso un pubblico più anziano, a causa (dicono) delle tante
dichiarazioni di amore e di fedeltà verso la moglie ritenute stucchevoli dalla
maggioranza dei giovani. Quest’aria di bravo ragazzo, tutto casa famiglia e
lavoro paga molto da un punto di vista di immagine verso una fetta di pubblico
ma allontana chi vede in lui un personaggio troppo borghese. I giornali per
giovani, che una volta dedicavano al golden boy della canzone una copertina su
quattro, con un incremento di vendite pari al 15%, ora preferiscono pubblicare
in copertina Patty Pravo, Jimi Hendrix e i sempiterni Beatles e Rolling.
Morandi ormai è un personaggio da STOP, NOVELLA 2000, OGGI e GENTE. L’unico
giornale under 18 che lo sostiene in maniera clamorosa è quello che
praticamente è la sua fanzine: GIOVANI. Dove ha addirittura uno spazio fisso
con tanto di lettere (alle quali, naturalmente, non risponde lui personalmente).
John Lennon
John Lennon, ormai completamente succube di Yoko Ono, da qualche tempo è una
vera manna per i giornalisti. Scotland Yard ha arrestato lui e sua moglie per
detenzione ed uso di stupefacenti e per oltraggio a pubblico ufficiale. Le cose
sono andate pressoché così: Le fotografie nude di John e Yoko della copertina
dell’album TWO VIRGINS sono state usate per preparare la campagna pubblicitaria
del disco sui giornali. Alcuni di questi si sono rifiutati di pubblicarle se
non avessero provveduto a censurare le parti intime della coppia. Almeno le due
“essenziali”. Yoko Ono ha replicato anche per bocca di John (e non ne
dubitavamo) dicendo che lei e il marito sono spiritualmente due vergini, due
creature di Dio che cercano soltanto la libertà. Tipico linguaggio hippy che se
usato da una trentaquattrenne piena di miliardi come lei, fa un po’ ridere. La
polizia inglese, molto guardinga in quel momento, perché la droga era
all’ordine del giorno ed era anche pubblicizzata dai vari personaggi pubblici
come panacea di tutti i mali della società, dopo aver letto queste
dichiarazioni in stile flower power, ha deciso di fare irruzione dentro casa,
al numerno 9 di Montagne Square, con un mandato di perquisizione e di due
Labrador addestrati appositamente per fiutare gli stupefacenti. Quando i
poliziotti sono entrati in casa, Yoko si dimostra molto seccata e fa di tutto
per non consentire loro di entrare e bersagliandoli con tutto quello di cui a
dispone. La battaglia è piuttosto buffa perché la giapponese, completamente
nuda e noncurante del desabillé, ingaggia una lotta all’ultimo sangue così,
nature. La poliziotta riusce a farle indossare un paio di pantaloni anche se a
prezzo di non lievi sforzi. John Lennon, completamente fatto era
straordinariamente assente dal tutto. Nel frattempo i labrador avevano fatto il
loro dovere e scovato un’inaspettata quantità di droga. In conclusione, otto
arruffati agenti ed una povera donna poliziotto sono riusciti ad accompagnare i
due nel vicino commissariato dove sono stati incriminati per detenzione ed uso
di stupefacenti e per resistenza alla forza pubblica.
Bandiera Gialla
BANDIERA GIALLA conclude il 1968 alla grande. Oltre allo spettacolo dato al
Palazzo dello Sport di cui abbiamo parlato nel precedente
articolo c’è una puntata straordinaria col meglio del meglio di dicembre. Nel
corso del 1968 la trasmissione ha presentato ben 600 brani (già selezionati di
per sé) di cui trenta sono diventati dei veri hit: IO PER LEI, IL VOLTO DELLA
VITA, HEY JUDE, RAIN AND TEARS, tanto per citarne qualcuno. Ma ecco i vari
gruppi nel dettaglio:
Primo gruppo: PAPA’S GOT A BRAND NEW BAG interpretato da Otis Redding (del
quale il 31 dicembre farà un anno dalla morte). THAT OLD TIME FEELING di
Clarence Carter (che avrà maggiore fortuna da noi nel 1970 con la bellissima
PATCHES) e Billie Davis con I WANT YOU TO BE MY BABY.
Secondo gruppo: il pupillo dei Beatles Jackie Lomax con SOUR MILK SEA scritta
da George Harrison, l’ormai classica RIDE MY SEE-SAW dei Moody Blues tratta dal
33 giri LOST CHORD e Ike & Tina Turner in WE NEED AN UNDERSTANDING.
Terzo gruppo: i Grassroots con MIDNIGHT CONFESSION, FIRE dei Five By Five
e la nuova degli Aphrodite’s Child che non mancherà di entrare in men che non si
dica nelle classifiche discografiche. L’ascoltiamo per la prima volta a
BANDIERA GIALLA e si chiama END OF THE WORLD.
Quarto gruppo: il redivivo Little Richard con CAN I COUNT ON YOU. Poi un nuovo
successo, in cima alle classifiche inglesi: ELOISE di Barry Ryan. Anche per
questo disco è la prima assoluta in Italia. Terzo brano, il Disco Giallo della
settimana precedente, ON THE ROAD AGAIN dei Canned Heat.
Il 1968 in musica
Vediamo com’è andato questo 1968 sul versante musicale. Un anno sicuramente
“border”, così come viene chiamata la musica pop di questo periodo (al giorno
d’oggi). Cioè a metà di qualcosa che è stato e che è in predicato di diventare.
Un anno di stasi (o quasi). La musica straniera sta cambiando ma non è ancora
chiaro verso quale direzione. Il beat ha terminato il suo ciclo vitale dopo due
anni e mezzo di regno assoluto. Ci sono nuove tendenze e mode. Esplode
l’underground (Cream, Jimi Hendrix, Canned Heat ed affini). Va detto che sotto
underground (parola usata praticamente solo da noi) i critici infilano tutto
quello che è stato alternativo al genere di musica fino ad allora “consono”
(che va dai Rolling Stones al R’n’B di Wilson Pickett). E quindi i Pink Floyd, i
Deep Purple di HUSH, Arthur Brown etc.). Tutte quelle novità musicali che poi
troveranno altre dimensioni ed altre terminologie più adeguate. Esplodono
complessi che non hanno una vera direzione musicale da seguire (Love Affair,
Equals, Foundations, Grassroots, Tommy James & The Shondells, Union Gap) e
numerosi personaggi dell’easy listening d’alto bordo conoscono una stagione
indimenticabile: Herb Alpert, Fifth Dimension, Rascals, Engelbert Humperdinck,
Claudine Longet, Vogues, John Rowles. In Italia il repertorio nostrano ha la
prevalenza su quello straniero: Patty Pravo, Camaleonti, Gianni Morandi,
Adriano Celentano nei singoli e Fabrizio De Andrè e Mina negli album sono i
mattatori. Più qualche exploit dovuto più alla canzone che al personaggio.
Queste le novità di questo 1968 in Italia. Patty Pravo (SE PERDO TE,
LA BAMBOLA, SENTIMENTO). Un exploit prepotente dovuto ad una lenta ma definitiva
affermazione cominciata nel 1966. Incredibile. Un viso pulito e fotogenico
legato a una voce incerta sono le caratteristiche di Marisa Sannia, anche lei
conosciuta nello stesso periodo di Patty Pravo. Ma c’è voluto Sanremo e poi
qualche canzone non troppo fortunata (NON E’ QUESTO L’ADDIO, IO TI SENTO e la
riproposta di E SE QUALCUNO SI INNAMORERA’DI ME) sono serviti a consacrarla
come uno dei nuovi personaggi musicali (e della tv) di questo 1968. I Camaleonti
hanno avuto un annata eccezionale sebbene per loro vada bene lo stesso discorso
delle due cantanti precedenti. In giro da parecchio, solo adesso sono usciti
fuori veramente. L’anno è cominciato con L’ORA DELL’AMORE per poi proseguire
con IO PER LEI e terminare in bellezza con APPLAUSI. Un altro seminuovo che ha
conosciuto la notorietà solo nel 1968 è Enzo Jannacci con VENGO ANCH’IO NO TU
NO. Altri che, bene o male, esistevano da qualche tempo ma hanno qualificato il
loro trascorso musicale in questi 12 mesi sono stati Riccardo Del Turco, Mino
Reitano, Maurizio e Sergio Leonardi. E per i complessi si registra l’anno
positivo dei Pooh. I veri nomi “nuovi” sono Franco I° & Franco IV°, Giuliano &
I Notturni, gli Showmen. Cioè gruppi e cantanti che fino all’anno prima quasi
non esistevano e che hanno conseguito un buon successo sebbene effimero. Chi
sale e chi scende rispetto all’anno passato: in discesa libera (nonostante il
buon successo sanremese) è Antoine. In caduta vertiginosa Rita Pavone, sempre
più alla ricerca di una nuova dimensione che ancora non riesce a trovare.
Scomparso del tutto (e giustamente) Nico e I Gabbiani dopo l’imprevedibile (ed
inspiegabile) successo di PAROLE. Tempi duri anche per i Rokes e i Giganti.
Sfacelo totale per i Corvi. Gli stranieri che si sono fatti notare sono quasi
tutti volti nuovi nelle nostre classifiche, o quasi. A parte Tom Jones e i
Beatles, troviamo una buona rappresentanza della bubblegum music americana come
i 1910 Fruitgum & Co., gli Ohio Express e i Box Tops (che comunque non
considererei veramente bubblegum). Poi Mary Hopkin, gli Aphrodite’s Child,
Georgie Fame, Bobby Goldsboro. Poi due brani eseguiti rispettivamente da
Paul Mauriat (LOVE IS BLUE) e Herb Alpert
(THIS GUY’S IN LOVE WOTH YOU).
Scendono di qualche posizione i Rolling Stones, che nel corso
dell’annata precedente erano secondi dietro ai Rokes e di una posizione davanti
ai Beatles. Calano anche i Procol Harum, sesti nella classifica generale dei
complessi più famosi nel 1967. In queste tabelle vediamo chi sono stati i
cantanti e i complessi più venduti del 1968:
CANTANTI UOMINI | CANTANTI DONNE | COMPLESSI |
GIANNI MORANDI | PATTY PRAVO | I CAMALEONTI |
ADRIANO CELENTANO | CATERINA CASELLI | THE BEATLES |
ADAMO | SYLVIE VARTAN | EQUIPE 84 |
LITTLE TONY | MINA | BEE GEES |
DON BACKY | DALIDA | FRANCO I°& IV° |
AL BANO | ORIETTA BERTI | GIULIANO & I NOTTURNI |
FAUSTO LEALI | MARY HOPKIN | 1910 FRUITGUM & CO. |
ENZO JANNACCI | MARISA SANNIA | APHRODITES’ CHILD |
BOBBY SOLO | RITA PAVONE | DIK DIK |
TOM JONES | ANNA IDENTICI | ROKES |
Confidenze
Se c’è un giornale che inspiegabilmente nel corso del 1968 ha aumentato
vertiginosamente le vendite, questo è CONFIDENZE. In poco più di tre anni, il
direttore Pier Borselli, ha portato il suo giornale, dalle 163.000 copie del
1965, alle 320.000 stabili del 1968. Non poco per un giornale nato nel 1946 e
che si credeva si attestasse su livelli di vendita appena accettabili, tanto
per non soccombere di fronte alla sempre più agguerrita concorrenza. A
Carnevale si era inventato le maschere di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia,
tant’è che molte lettrici, per far contenti i propri figli, ne avevano comprate
due copie. Poi ha inventato il disco orario per regolare le nascite, ha
regalato un altro disco, questo di vinile, con le imitazioni di Alighiero
Noschese. Il principio è questo: se un giornale con un target femminile fa
inserti di maglia, supplementi moda o narrativa, pensa all’oggetto che altri
non pensano. Non è cosa da poco, considerando che all’epoca i gadget inclusi
nei giornali non erano poi tanti. Non c’era crisi della carta stampata, non ce
n’era bisogno, tanto i settimanali si vendevano comunque. Alle tre componenti
classiche dei giornali femminili ha aggiunto servizi particolari. Un
compromesso per attirare la donna del nord, di solito molto diffidente verso
giornali come CONFIDENZE e GRAND HOTEL e quella del sud, tradizionalista e
conservatrice. Una cosa che appassiona moltissimo sono le storie scritte
proprio dalle lettrici, di vita vissuta (matrimoni falliti soprattutto) e
esperienze paranormali. Per quest’ultima rubrica arrivano circa 5 mila lettere
al mese.
Ingorghi
Caos incredibile per uno degli ingorghi più macchinosi (è il caso di dirlo)
che Roma abbia mai visto. La completa mancanza di autobus e tram dovuta ad uno
sciopero e la prossimità delle feste natalizie ha indotti il 22 dicembre tutti
i romani ad usare le automobili. Sulle strade si sono trovati a circolare
almeno un terzo dei veicoli in più rispetto alla normalità con la conseguenza
che in alcune ore la già precaria situazione del traffico si è trasformata in
una vera e propria paralisi. Gli automezzi dei mercati generali che avrebbero
dovuto approviggionare nelle ore del mattino i negozi e i mercati rionali sono
giunti quasi nel pomeriggio e la mancanza di materia prima ha causato un forte
rialzo dei prezzi di molti generi alimentari. L’enorme massa delle macchine e
gli intasamenti registrati ovunque hanno penalizzato anche i servizi
d’emergenza come autoambulanze e macchine della polizia. Il momento più
drammatico sì è verificato al Muro Torto (quello che parte dalle parti di Via
Veneto per arrivare a Piazza del Popolo con sbocco sul lungotevere). Circa tre
ore di coda.
Gian Maria Volontè
Quando l’ideologia diventa paranoia: Gian Maria Volontè, durante i giorni
delle spese natalizie romane, insieme ad un gruppo di ragazzi e con cinepresa
alla mano, era molto impegnato a riprendere la gente che entrava ed usciva dai
negozi con i pacchi dei regali di Natale, esprimendo ad alta voce il suo parere
del tutto negativo sulla corsa al regalo che definiva un’istituzione borghese.
Non contento, avvicinava la gente che stupita di trovarsi di fronte a Gian
Maria Volontè, accennava ad un sorriso, per ritirarlo subito non appena
l’attore cominciava la tiritera del tipo: c’è tanta gente che non mangia e tu
spendi un mucchio di soldi per questi stupidi regali bla bla bla. Non
soddisfatto, tirava fuori una bomboletta spray con vernice gialla e sporcava i
loro pacchetti con scritte tipo Viva Mao. Lo stesso faceva con le le vetrine
dei negozi e con le auto in sosta (ma per fortuna, in questo caso, con schiuma
da barba). Il povero attore non aveva ancora realizzato che questa volta la
contestazione non l’aveva portata davanti alla Scala di Milano dove sfilava
generalmente gente di un certo tipo che si guardava bene dall’azzardare una
minima reazione. Ma era a Roma, in centro, durante uno dei giorni più frenetici
dello shopping natalizio. E’ chiaro che non trovi davanti solo il commendatore
con la moglie, ma anche l’operaio o il coatto di periferia. Ai quali, a quanto
pare, lo scherzetto non deve essere tanto piaciuto perché, una volta capito di
non essere di fronte a SPECCHIO SEGRETO di Nanni Loy (uno SCHERZI A PARTE degli
anni sessanta) l’hanno preso a botte, insieme ai suoi amichetti contestatori.
Tanto che è dovuta intervenire la polizia. Volontè era partito per educare il
popolo, ma è stato il popolo che ha “educato” lui. Un po’ come la storia del
piffero di montagna. Forse si sentiva ancora frustrato dalla decisione presa
d’impeto di abbandonare il set di METTI UNA SERA A CENA nel bel mezzo di una
crisi ideologica, dicendo che il cinema è al servizio della produzione e non
dell’arte. Dopo l’exploit del contro-Natale si cimenta in un’altra azione
guastatrice: recatosi all’Accademia di Arte Drammatica Silvio D’Amico affigge
sul portone un manifesto di tre pagine nel quale protesta contro i metodi
d’insegnamento seguiti nell’istituto e sostiene che gli attori allievi, più che
Pirandello dovrebbero studiare i pensieri di Mao. Si commenta da solo.
Film più visti
Da un attore a spasso alla classifica dei film più visti:
IL MEDICO DELLA MUTUA - A.Sordi - 629.131
STRAZIAMI MA DI BACI SAZIAMI - N.Manfredi, U.Tognazzi - 572.841
LA RAGAZZA CON LA PISTOLA - Monica Vitti - 541.326
MAYERLING - O.Sharif, C.Deneuve - 359.107
LA PECORA NERA - V.Gassman, Lisa Gastoni - 296.001
SHALAKO - Sean Connery, B.Bardot - 253.113
I 4 DELL’AVE MARIA - Terence Hill,E. Wallach - 223.460
IL CASO THOMAS CROWN - S.McQueen, F.Dunaway - 222.089
MEGLIO VEDOVA - Virna Lisi, P.McEnery - 209.127
ROMEO E GIULIETTA - O.Hussey, L.Whiting - 221.350
Gli spettatori sono in aumento. E’ il momento più propizio dell’anno per i
botteghini e si possono già tirare le somme per la stagione 1968. I quattro
film italiani di maggior successo sono stati IL MEDICO DELLA MUTUA, STRAZIAMI
MA DI BACI SAZIAMI, LA RAGAZZA CON LA PISTOLA, SVEZIA INFERNO E PARADISO. I 4
film americani sono VIA COL VENTO (naturalmente una riproposta del film del
1939), IL FANTASMA DEL PIRATA BARBANERA (della Disney), LA VOLPE (tratto da una
novella di D.H. Lawrence) e INCHIESTA PERICOLOSA (con Jacqueline Bisset e
Robert Duvall). La settimana di Natale il film LA PRIMA VOLTA DI JENNIFER ha
incassato soltanto a Roma e Milamo circa 28 milioni di lire. Per il genere
ragazzi, il film della Warner Bros SILVESTRO E GONZALES SFIDA ALL’ULTIMO PELO
ha incassato in quattro giorni (in quattro città) dieci milioni di lire. Due
film sono al centro dell’attenzione generale durante il periodo delle feste. Il
primo è METTI UNA SERA A CENA. Trasposizione cinematografica di una piece di
Giuseppe Patroni Griffi. Cinque personaggi spregiudicati che cercano di
combattere nel loro modo la solitudine. Al centro di tutti c’è Nina (Florinda
Bolkan) che pur amando suo marito (Jean Louis Trintignan) diventa l’amante di
un attore (Tony Musante). Al gruppo si aggiunge un’amica in avanti con gli anni
(Annie Girardot)che si innamora del marito di Nina. Non pago, il regista
inserisce un quinto elemento, Lino Capolicchio. E cosa poteva fare, nel 1968,
il più giovane del gruppo? Il contestatore su vasta scala, snob, ricco ed
annoiato. Vestito come Victor Sogliani dell’Equipe 84 l’anno prima (le giacche
militari con le mostrine ne 1968 erano passate di moda) è il personaggio più
curioso del film, a partire dal suo nome, Ric. Che significa Recidivo
Intellettuale Concedesi. Ha strane tendenze politiche. Passa da un estremo
all’altro e dorme avvolto da una bandiera nazista (nazi-maoismo). Molto strambo
e particolare. Terribilmente datato, uno spaccato preciso di una certa società
radical chic del 1968 con tendenze autolesioniste. La sceneggiatura è firmata
da uno dei registi giovani del momento, Dario Argento. La colonna sonora,
stupenda, è di Ennio Morricone. Altro film, completamente diverso è 2001
ODISSEA NELLO SPAZIO, diretto da Stanley Kubrick. E’ costato quattro anni di
lavoro ed undici milioni di dollari, consulenze NASA e la mobilitazione dei
laboratori di ricerca delle più grandi industrie americane. Un film di
fantascienza ma non solo. Durante una spedizione su Giove, il computer di bordo
(Hal 9000) dotato di intelligenza straordinaria, prende il sopravvento
sull’uomo assumendone i processi mentali come la volontà di onnipotenza e il
desiderio di uccidere. Un film visionario con una colonna sonora d’eccezione
(il BEL DANUBIO BLU di Strass che accompagna i movimenti flessuosi
dell’astronave è veramente una grande intuizione). Il libro è stato scritto dal
famoso romanziere fantascientifico Arthur C. Clarke. Altri film nelle sale
italiane e non ancora in classifica sono: C’ERA UNA VOLTA IL WEST di Sergio
Leone, RIUSCIRANNO I NOSTRI EROI A RIROVARE L’AMICO MISTERIOSAMENTE SCOMPARSO
IN AFRICA? di Ettore Scola e con Manfredi e Sordi, LA STRANA COPPIA con Walter
Matthau e Jack Lemmon, SERAFINO di Pietro Germi con Adriano Cementano, IL LIBRO
DELLA GIUNGLA della Disney, LA MATRIARCA con Catherine Spaak e Jean Louis
Trintignant, SISSIGNORE con Ugo Tognazzi e Gastone Moschin, TENDERLY con Virna
Lisi e George Segal, L’UOMO DALLA CRAVATTA DI CUOIO con Clint Eastwood e Lee J.
Cobb, ROSEMARY’S BABY di Roman POlanski e con Mia Farrow e John Cassavetes,
AMANTI con Marcello Mastoianni e Faye Dunaway. Veramente una scelta da re.
Campionato di calcio
Campionato di calcio particolare, questo qui. Per una volta, non sono le
grandi ad essere protagoniste assolute ma due outsider (Fiorentina e Cagliari)
più la Roma di Helenio Herrera. Il Cagliari ha un Gigi Riva in più. Tutti lo
vogliono, E’ stato valutato un miliardo di lire durante l’ultima campagna
acquisti. La spalla di Riva è Roberto Boninsegna. Vemticiquenne di Mantova. E’
cresciuto all’Inter ed è arrivato due anni fa a Cagliari dopo aver fatto
apprendistato a Prato, nel Potenza e nel Varese. Poi ci sono Nenè (brasiliano)
e Greatti, Niccolai, LOngo, Cera, Brugnera, Niccolai, ed altri a partire da
Enrico Albertosi, portiere della Nazionale insieme a Zoff. Ma è Luigi Riva il
personaggio a scatenare di più le fantasie del pubblico. Amato da tutti i
tifosi d’Italia (non solo del Cagliari) il suo comportamento educato e il
temperamento mite fa a pugni con la potenza dei suoi tiri. Non a caso lo
chiamano rombo di tuono. E’ nato a Leggiuno (Varese) il 7 novembre 1944, orfano
di entrambi i genitori, finisce in collegio a Milano e fu allora che si
innamorò del pallone. Terminato l’avviamento professionale andò a lavorare in
un’azienda specializzata in pulsanti per ascensori (38 mila lire mensili)
quando ricevette la proposta dal Legnano calcio. Acquistato per un milione e
duecentomila lire fu rivenduto due anni dopo al Cagliari per 37 milioni. E
pensare che, tifando Inter, prima di passare al Cagliari, andò a fare un
provino al cospetto di Herrera, che lo giudicò rivedibile. Ma guardiamo i
risultati della dodicesima giornata del campionato in corso. La Roma perde
inaspettatamente col Varese per 2 a 1. La rete romanista arriva al 90° con
Giuliano Taccola. Il Cagliari pareggia a Verona 0-0, la Fiorentina batte il
Palermo su rigore con Maraschi. Lo stesso fa la Juventus ai danni del Lanerossi
Vicenza: 1 a 0 su rigore con gol di Haller. Il Milan batte il Torino sul filo
di lana con un gol del difensore Rosato all’88°; l’Inter batte la Sampdoria per
3 a 0 con reti di Bestini (rigore), Facchetti e Vastola. L’arbitro Lo Bello è
stato assediato negli spogliatoi al termine della partita. Tifosi blucerchiati
hanno tentato un’ invasione che è stata contenuta soltanto dall’intervento dei
carabinieri. Un vetro dello stanzone che ospitava la squadra nerazzurra è
andato in frantumi nel tentativo di invadere e picchiare i giocatori e i
sampdoriani hanno sostato a lungo nei pressi degli spogliatoi in attesa
dell’arbitro, che se l’era svignata grazie ad un piano di emergenza. Tutto per
colpa del rigore con il quale gli interisti hanno sbloccato il risultato. I
protagonisti dell’azione sono stati Bestini e il sampdoriano Novelli, entrambi
alla rincorsa di una palla ormai sfuggita. Ad un certo punto Bertini perde
l’equilibrio quasi che la traiettoria del pallone l’avesse sbilanciato e
finisce addosso a Novelli. Lo Bello interviene dando il rigore che non c’era.
Da qui la protesta che si è protratta fino alla fine. Ma ecco i risultaticompleti:
BOLOGNA – PISA 1-0
FIORENTINA – PALERMO 1-0
JUVENTUS – L.R. VICENZA 1-0
MILAN – TORINO 1-0
NAPOLI – ATALANTA 2-0
SAMPDORIA - INTER 0-3
VARESE - ROMA 2-1
VERONA – CAGLIARI 0-0
Al comando il Cagliari con 19 punti, seguito dal Milan e la Fiorentina a 18.
L’Inter quarta con 14.
Detto ciò passo la linea a David non prima di avervi fatto gli auguri di buone
feste e di rinnovare l’appuntamento al prossimo articolo che sarà in linea con
la prima decade del 2007! Buon Natale e buon anno!
Christian Calabrese
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CANZONISSIMA '68
di David Guarnieri
Saluti a tutti, amici di “Hit Parade Italia”! Per chiudere questo 2006, vi
parlo di una tra le più importanti edizioni di “Canzonissima”, quella del 1968.
Dopo sei anni, il programma si riappropria del roboante e accattivante titolo
(dopo le esperienze, perlopiù infelici di “Gran Premio”, “Napoli contro tutti”,
“La prova del 9”, “Scala Reale” e “Partitissima”).
“Canzonissima ‘68” è diretta dal re incontrastato del varietà televisivo:
Antonello Falqui. Gli autori sono, Marcello Marchesi, Italo Terzoli ed Enrico
Vaime (i quali, a pochi giorni dal debutto, sostituiscono i rinunciatari
Antonio Amurri e Maurizio Jurgens). Il direttore d’orchestra è Bruno Canfora;
le coreografie sono di Gino Landi; i costumi, di Corrado Colabucci; le
scenografie di Cesarini da Senigallia. Il produttore è Guido Sacerdote. A
condurre la tredicesima (dodicesima per la tv) annata del programma abbinato
alla Lotteria di Capodanno sono: Mina, Walter Chiari e Paolo Panelli. Lo show
viene registrato al Teatro “Delle Vittorie” di Roma. La sigla iniziale, “Zum
Zum Zum” (Amurri-Canfora), viene cantata da alcuni dei 48 interpreti in gara
(per l’occasione, doppiati dai Cantori Moderni di Alessandroni). La sigla
finale, “Vorrei che fosse amore” (Amurri-Canfora) è interpretata da Mina. In
questa occasione, vi parlo delle due semifinali della trasmissione (periodo che
precede il Natale 1968).
La dodicesima puntata (14 dicembre 1968), si apre con un (finto) reportage
curato da Walter Chiari e Paolo Panelli: un’inchiesta giornalistica su due
“importanti problemi”, che affliggono l’intera umanità (l’infinita tristezza di
Soraya) e (l’appannaggio della Principessa Margaret d’Inghilterra). Conclusa
l’indagine, spazio a Mina ed alla sua (bella) canzone “I discorsi”. Torna in
palcoscenico Walter Chiari, il quale, dopo aver presentato i sei cantanti in
gara (Claudio Villa, Orietta Berti, Al Bano, Patty Pravo, Johnny Dorelli e
Milva), diverte il pubblico con un breve sketch. La competizione ha inizio con
Claudio Villa e la sua “Povero cuore” (un’antica “barcarola”, tratta dai
“Racconti di Hoffmann” di Offenbach), seguito da Orietta Berti con “Se
m’innamoro di un ragazzo come te” (Pace-Panzeri-Savio). Chiude la terna,
“Mattino” di Al Bano (altra “cover”: in questo caso, la “Mattinata” di Ruggero
Leoncavallo, rielaborata da Vito Pallavicini). Pausa dell’incontro musicale. È
il momento dell’esilarante monologo di Paolo Panelli e del numero coreografico
di Mina (il tema è “l’epoca dei Telefoni Bianchi”). La “Tigre di Cremona”,
coadiuvata dal balletto di Gino Landi interpreta un divertente medley composto
dai brani, “Quel motivetto che mi piace tanto”, “Sotto l’ombrellino” e “Ma le
gambe…”. Seconda tranche della contesa canora. Riparte la biondissima Patty
Pravo con “Tripoli 1969” (firmata da Pallavicini e Paolo Conte), a seguire, il
sempre elegante Johnny Dorelli con “La neve” (Bigazzi-Soffici). L’ultima
cantante in gara è Milva, con il tango “La donna del buono a nulla”
(Rondinella-Bajardo), proposto con austera efficacia dalla “Pantera di Goro”.
Nell’attesa delle votazioni finali, di nuovo spazio all’ironia di Walter Chiari
e Paolo Panelli e alla fantasia musicale di Mina. La cantante cremonese
ripropone la discussa (e quasi censurata) Sacumdì Sacumdà e Quelli che hanno
un cuore (la famosa “Anyone Who Had A Heart”, firmata da Hal David e Burt
Bacharach, portata al successo internazionale da Dionne Warwick). La classifica
(parziale) della puntata n. 12 è la seguente:
1) PATTY PRAVO - 84.000 voti
2) AL BANO - 75.000 voti
3) JOHNNY DORELLI - 55.000 voti
4) ORIETTA BERTI - 53.000 voti
5) CLAUDIO VILLA - 48.000 voti
6) MILVA - 45.000 voti
La tredicesima puntata (21 dicembre 1968) è aperta dall’intervento di Edmondo
Bernacca, con le previsioni meteoropatiche per il Natale ’68, seguita
dall’interpretazione di Mina del brano “So” (una splendida canzone brasiliana
di Marcos Valle, intitolata “Preciso aprender a ser so”). Il conduttore Walter
Chiari, presenta i sei semifinalisti in gara (Gianni Morandi, Marisa Sannia,
Sergio Endrigo, Shirley Bassey, Little Tony e Caterina Caselli) ed intrattiene
con la consueta, travolgente simpatia, dopodiché dà il via alla competizione:
il primo ad esibirsi è il grande favorito di questa edizione, Gianni Morandi,
con la grintosa “Scende la pioggia” (versione italiana di “Eleonore” dei
Turtles), è poi la volta di Marisa Sannia con la delicata “Una donna sola”
(Bardotti-Endrigo) e dalla notevole “Camminando e cantando”
(Vandrè-Bardotti-Endrigo) cantata da Sergio Endrigo. L’intervallo della
competizione è allietato dalla verve di Paolo Panelli e da un maestoso momento
musical-danzato ideato da Gino Landi, dedicato al Natale. Il balletto di
“Canzonissima” (guidato, tra gli altri da Marisa Barbaria, Rosaria Ralli, Enzo
Cesiro e Gianni Brezza) si alterna alle performance canore di Mina dei brani,
“Superaugurissimo!” (Supercalifragilistichespiralidoso) e “Bianco Natale”
(White Christmas). La gara riprende con l’appassionata interpretazione di
Shirley Bassey del motivo “Chi si vuol bene come noi” (Pallavicini-Modugno),
alla quale seguono Little Tony con la simpatica “La donna di picche”
(Migliacci-Farina-Pintucci) e Caterina Caselli con il brioso pezzo di Giancarlo
Bigazzi e Claudio Cavallaro, intitolato “Il carnevale”. In attesa di conoscere
il responso delle giurie, il palcoscenico del “Delle Vittorie” torna ad essere
regno di Walter Chiari e Paolo Panelli, i quali precedono Mina con il suo
scoppiettante medley, composto da “The Man That Got Away” (cavallo di battaglia
di Judy Garland, tratto dal film “È nata una stella”) e “Un colpo al cuore”
(lanciata con scarso successo da Mario Zelinotti ad “Un disco per l’estate ‘68”
e portata in Hit Parade, proprio da Mina). La cantante cremonese interpella poi
i venti giurati presenti in sala, i quali, abbinati ai votanti in sedi esterne,
compongono la seguente classifica provvisoria:
1) SHIRLEY BASSEY - 75.000 voti
2) GIANNI MORANDI - 73.000 voti
3) CATERINA CASELLI - 63.000 voti
4) MARISA SANNIA - 57.000 voti
5) SERGIO ENDRIGO - 46.000 voti
5) LITTLE TONY - 46.000 voti
La tredicesima puntata di “Canzonissima” si chiude (come le precedenti) con
l’invito al voto popolare, da parte di Mina, Chiari e Panelli, i quali si
esibiscono nel simpatico siparietto musicale (assieme ai cantanti e ai
ballerini) intitolato “Lo sapete un milione quant’è?”.
“Canzonissima ‘68” è sotto ogni punto di vista, un successo. L’ascolto supera
i ventidue milioni di telespettatori (prima volta per il programma), il
gradimento è ottimo per il programma e strepitoso per gli animatori (in testa
alle preferenze, Mina, seguita nell’ordine da Walter Chiari e da Paolo Panelli)
. A confermare il risultato, le lodi della critica (rare per questo tipo di
trasmissione). Senza precedenti anche l’acquisto dei biglietti della Lotteria,
e l’invio delle cartoline – voto. Completa l’opera l’ottima vendita dei dischi
presentati in gara e delle sigle dello show, l’orecchiabilissima “Zum Zum Zum”
(presente in Hit Parade nelle versioni di Mina e di Sylvie Vartan) e la
romantica “Vorrei che fosse amore”, resa da par suo da una Mina in ottima
forma.
Giudizio (personalissimo) di David: “Canzonissima ‘68” si colloca senz’altro
tra i più riusciti programmi della televisione italiana. Merito della regia
(maestosa ed inappuntabile) di Antonello Falqui, dei testi (assai riusciti) di
Marchesi, Terzoli e Vaime, delle musiche di Bruno Canfora (sempre all’altezza
della situazione), dell’estro del costumista Corrado Colabucci, delle originali
coreografie di Gino Landi, del sovrumano lavoro dello scenografo Cesarini da
Senigallia e, particolarmente dei tre animatori del programma: una Mina
scintillante e pirotecnica, un Walter Chiari, addirittura indomabile ed un
Paolo Panelli di cordiale e squisito umorismo.
A Presto!
Buone Feste!!!
David Guarnieri
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