Settimana 03 Novembre 1969
( da Sorrisi & Canzoni )
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TITOLO
INTERPRETE
Quotazione
1
Lo straniero
George Moustaki
2
Quanto ti amo
Johnny Hallyday
3
Some velvet morning
Vanilla Fudge
4
Oh lady mary
David Alexander Winter
5
Il primo giorno di primavera
Dik Dik
6
Belinda
Gianni Morandi
7
Rose rosse
Massimo Ranieri
8
Pensiero d'amore
Mal
9
Non e' una festa
Little Tony
10
L'amore e' blu ma ci sei tu
Maurizio
Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia
Finita la battaglia estiva da un bel pezzo, si comincia con le ostilità
autunnali. Un primo assaggio di quel che succederà da qui a dicembre ce
l'ha già dato la Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia, che
quest'anno ci ha riservato grosse sorprese. Sugli scudi tre stranieri: i
vincitori Vanilla Fudge, Georges Moustaki (arrivato terzo) e Johnny
Hallyday, classificatosi decimo. La prima italiana è la Vanoni, quarta
classificata con una personale versione di MI SONO INNAMORATA DI TE.
Anche se non ci occuperemo della Mostra, visto che è terminata da circa
un mese e quindi è già roba "vecchia", ci piace ricordare la classifica
finale:
1) Vanilla Fudge - Some Velvet Morning, punti 844
2) Nino Ferrer - Agata, punti 834
3) Georges Moustaki - Lo Straniero, punti 821
4) Ornella Vanoni - Mi Sono Innamorata Di Te, punti 774
5) Marisa Sannia - Una Lacrima, punti 740
6) Dalida - Oh Lady Mary, punti 711
7) Nada - Che Male fa La Gelosia, punti 709
8) Roberto Carlos - Io Dissi Addio, punti 707
9) Little Tony - Non E' Una Festa, punti 694
10) Johnny Hallyday - Quanto Ti Amo, punti 690
Panoramica autunnale
Vediamo in breve come affronteranno i primi freddi coloro che ci hanno
accompagnato durante l'estate 1969 appena trascorsa. Lo facciamo senza
soffermarci sul singolo brano od interprete, ma dando una breve
carrellata dei successi (o non) dei trionfatori dell'estate. Cominciamo
con Mina, che ci aveva deliziato per tutta la bella stagione ed oltre
con NON CREDERE, in questi giorni (fine ottobre/inizio novembre) ha
deciso con quale singolo gettarsi nella mischia: UN'OMBRA accoppiata a I
PROBLEMI DEL CUORE. La prima scritta da Paolo Limiti, Roberto Soffici e
Daiano, la seconda da Pino Massara e dallo stesso Daiano. Quando
partecipa a IERI E OGGI (domenica 5 ottobre) fa riascoltare ai
telespettatori NON CREDERE, incuriosendoli per la sua nuova capigliatura
e il nuovo look molto moderno. Al Bano, uno dei trionfatori dell'estate
con PENSANDO A TE non ha novità in vista. Mario Tessuto, che con la sua
LISA DAGLI OCCHI BLU aveva fatto venire l'esaurimento nervoso ai
villeggianti, è già pronto con un nuovo pezzo, NASINO IN SU, che
presenta anche a Canzonissima. I Camaleonti sono alla ricerca di una
canzone che non faccia troppo rimpiangere un successo strepitoso come
VISO D'ANGELO ed incidono un brano di Lucio Battisti, MAMMA MIA. Mal,
dopo essere stato un dominatore delle classifiche dei dischi in estate
con PENSIERO D'AMORE ci riprova con OCCHI NERI OCCHI NERI . Lucio
Battisti, nuovo astro della musica leggera e vincitore del Festivalbar
con ACQUA AZZURRA ACQUA CHIARA sta per uscire con un singolo che, a
quanto dicono, pare destinato ad andare ancora meglio del precedente: MI
RITORNI IN MENTE accoppiato con SETTE E QUARANTA. Massimo Ranieri,
vincitore del Cantagiro 1969 con ROSE ROSSE, ha una rosa di canzoni ma è
ancora indeciso su quale veramente puntare. Intanto esce un 45 giri con
quella che presenterà a Canzonissima nella seconda fase:'O SOLE MIO,
niente di eclatante, una piccola strategia di mercato. Difatti si tiene
in caldo il pezzo che, se tutto andrà bene, sarà uno dei papabili alla
vittoria finale di Canzonissima, il 6 gennaio. Ma ancora non sappiamo né
il titolo né si hanno indiscrezioni a riguardo. Adriano Celentano, che
durante l'estate è stato uno dei più ascoltati e venduti con STORIA
D'AMORE, è in procinto di presentarsi con LIRICA D'INVERNO, che è uscita
in questi giorni e che già fa capolino in classifica. Ma quali sono le
canzoni più "in" di questo periodo?
Georges Moustaki
Dobbiamo ritornare a Venezia e rifare quei tre nomi di prima. LO
STRANIERO di George Moustaki è una di quelle. Si sa, noi italiani spesso
ci siamo innamorati della novità del momento, in special modo quella che
si coniuga con l'eleganza e lo stile (tanto per far bella figura).
Ancora meglio se viene magnificata dalla televisione, dai giornali etc.
Ci sembra di essere tutti degli intenditori e di aver "visto giusto",
salvo poi abbandonare quel cantante a vantaggio di un altro che ci
sembra ovviamente più "nuovo ed interessante". E' il caso di George
Moustaki, che faceva la spola tra Parigi e Roma da dieci anni e che non
se l'era mai filato nessuno. Forse per quella faccia da straniero, tra
il greco e il contestatore, che a neanche 40 anni lo faceva sembrare un
uomo di sessanta e più. Ma per ognuno di noi arriva un momento
particolare nella vita, in cui farsi valere. E questo momento per
Moustaki è arrivato proprio ora, in questo autunno 1969, caldo non tanto
per il clima ma per altri motivi. E in un autunno caldo come questo, una
faccia del genere ci capita a fagiolo. Nato ad Alessandria d'Egitto,
vive a Parigi dal 1951, quando vi si trasferì per cercare fortuna. Barba
e capelli grigi che gli danno un aria tra il bohemienne d'antan e
l'underground: un viso che è a cavallo tra Marx e Ginsberg. Può quindi
creare degli interessi subliminali in un certo tipo di pubblico a
partire proprio dall'aspetto. Ma torniamo a tanto tempo fa, a quel 1951,
quando Giuseppe Mustacchi (questo il suo vero nome) arriva a Parigi con
il gusto della cultura del dopoguerra. Un gusto che non era aggiornato
ai canoni del momento, perché si stava già cambiando direzione. Le
Juliette Greco e i Brassens erano ancora al top ma si preferivano le
Edith Piaf e gli Henri Salvador. Il periodo clou degli intellettuali
(reso memorabile dalla presa in giro di Walter Chiari e Bice Valori in
uno spettacolo televisivo degli anni cinquanta) stava esaurendosi ed era
diventato più difficile farsi conoscere. Lui e le sue poesiole
sembravano dei retaggi di un periodo che la gente voleva scacciare per
abbandonarsi a melodie più classiche e subitanee. Fu proprio Henri
Salvador ad incidergli una canzone da cui non ricavò soddisfazioni (IL
N'YA PLUS D'AMANDES). Questa canzone, come parecchie altre, viene
musicata da Henri Crolla, che diventerà un suo collaboratore pressocchè
fisso. E proprio Crolla, che aveva un appuntamento con la Piaf, lo
presenta alla grande cantante francese con la quale intreccia una
relazione che, sebbene non propriamente felice, fu un passo importante
della sua vita. Nel 1958 Edith Piaf incise tre sue composizioni: EDEN
BLUES, LES ORGUES DE BARBARIE, LE GITANE ET LA FILLE. Sempre in quel
1958 e sempre per la Piaf scrive una canzone di quelle destinate a
diventare degli standard: MILORD. E finalmente il successo. Certo, non
con quelle canzoni che avrebbe voluto scrivere a 17 anni, quando era
arrivato a Parigi carico di speranze, ma con un altro genere di brani
che comunque gli diedero quella notorietà che altri ambienti, più chiusi
e snob, gli avevano precluso. Cominciò a scrivere per tanti artisti: da
Dalida a Yves Montand, da Tino Rossi a Serge Reggiani, da Juliette Greco
a Barbara. Quasi tutti interpreti non di gusto semplice, comunque.
Saltiamo un bel po' di anni e arriviamo al 1969 quando, per la prima
volta, Moustaki incide un disco in proprio e lo presenta alla
trasmissione DISCORAMA . Naturalmente stiamo parlando de LE METEQUE
ossia LO STRANIERO. Il giorno dopo la pressa della Polydor francese
comincia a lavorare solo per lui: 5000 dischi al giorno. Lui stesso si
stupisce di tanto successo. La canzone entra nelle classifiche di 40
paesi. In Francia ha venduto circa 800 mila copie, nulla in confronto di
ciò che venderà in tutti i paesi del mondo (anche con altri interpreti).
Fedele al suo spirito anarchico, colui che nel maggio 1968 cantava sulle
barricate per gli studenti, non cerca di forzare la pubblicità della sua
produzione ma... questo accadeva un Moustaki fa. L'argent est l'argent e
allora un calcio nel culo al '68, all'anarchia e a tutti quei bei
discorsi che riempiono la bocca ma meno la pancia. Cominciano a fioccare
richieste e lui non si risparmia. Gira il mondo (tutto spesato! cosa che
non avrebbe mai pensato) e incide dischi come quello che funge da sigla
al RISCHIATUTTO con il testo scritto nientepopodimeno che... della ex
moglie di Mike Bongiorno, improvvisata paroliera per l'occasione
(Annarita Torsello). E la canzone si chiama IL RISCHIO, dedicata
simbolicamente alla casella del tabellone delle domande di Mike
Bongiorno! E allora, la favola dell'anticonformista e dell'anarchico
cade miseramente. D'altronde si vive una volta sola. Il 45 giri non avrà
fortuna, anche se la veste grafica della sigla animata era
particolarmente allettante e la canzone non era neanche malaccio. Ma
torniamo a LO STRANIERO, traduzione felice di un brano già di per sé
bello. Moustaki dice che l'idea del testo gli è venuta per rispondere ad
una sua amica che ogni volta lo prendeva in giro bonariamente dicendogli
"tais toi, tu est un meteque" che vale a dire zitto tu che sei un
meticcio. La canzone parla di un uomo che ha sia nei tratti somatici e
nel carattere uno spirito avventuroso, da vagabondo, anticonvenzionale
per l'appunto. Quello che si deduce guardando Georges Moustaki.
Canzone che gli calza a pennello. Bruno Lauzi, aderente allo spirito originale
della versione francese e dal suo autore-interprete, ne fa un capolavoro
di prosa. Il testo originale dice: Avec ma gueule de métèque, De Juif
errant, de pâtre grec Et mes cheveux aux quatre vents. Avec mes yeux
tout délavés Qui me donnent l'air de rêver, Moi qui ne rêve plus
souvent. Anche chi non conosce il francese riesce a capire le parole e
ad interpretarle nel giusto modo. In italiano diventa: Con questa faccia
da straniero sono soltanto un uomo vero anche se a voi non sembrerà. Ho
gli occhi chiari come il mare capaci solo di sognare mentre oramai non
sogno più. Bello l'incipit della chitarra che ricorda molto la maniera
di suonare dei greci, forse per riallacciarsi al discorso del pâtre grec
(patriarca). Il retro è GIUSEPPE, brano molto particolare e molto
coraggioso perché il tema non è semplice da mettere in canzone e
renderlo credibile. Affronta il tema dell'amore paterno e della felicità
che costa sacrificio. Sacrificio che viene accolto con rassegnazione
perché Giuseppe non è altro che il padre di Gesù. Una canzone che vuole
esortare tutti quei genitori padri di figli sfortunati, ad accettare la
sfortuna, perché la sfortuna potrebbe non essere tale. Prendendo esempio
dal falegname di Nazareth. Il testo italiano dice appunto che Giuseppe
ha fatto delle scelte - a partire dal matrimonio con Maria - non
semplici. Perché sposando una qualsiasi delle ragazze della Galilea,
avrebbe avuto una vita più semplice e sicuramente sarebbe rimasto lì.
Chi ha convinto Giuseppe a fare determinati passi? Poteva avere dei
figli suoi ed invece ha avuto sì, un figlio, ma non propriamente "suo".
I figli spesso seguono la scia dei padri. Il suo non l'ha fatto ed è
morto in nome di un'idea che ha fatto piangere sia lui che Maria.
Pourquoi a-t-il fallu, Joseph, Que ton enfant, cet innocent, Ait eu ces
étranges idées Qui ont tant fait pleurer Marie? Qualcuno ha indotto
Giuseppe a fare questo ma anche se non ci fosse stato nessuno
probabilmente Giuseppe si sarebbe comportato nello stesso modo perché
così sarebbe stato giusto. Bello sia in francese che in italiano. E'
anche vero che quando due persone intelligenti e di gusto si mettono a
lavorare insieme è difficile che ne esca fuori qualcosa di scadente, ma
è vero anche che non sempre il risultato premia come dovrebbe. Non è
successo in questo caso. Merito di Moustaki e merito di Bruno Lauzi.
Vanilla Fudge
Atmosfera cupa ed apocalittica per una canzone sulla quale ancora ci si
chiede come abbia fatto a salire così in alto nella classifica dei
singoli e vincere la Mostra Internazionale Di Musica Leggera di Venezia
nonostante la poca commerciabilità del brano, adatto più ad un pubblico
di appassionati del genere (che solitamente acquistano i long playing)
che ai normali acquirenti dei 45 giri. Si parla di SOME VELVET MORNING e
dei Vanilla Fudge; il quartetto era già abbastanza noto in Italia per un
33 molto interessante dal titolo THE BEAT GOES ON, che includeva una
citazione del "Chiaro di luna" di Beethoven in versione
psichedelica-pop, come quasi tutta la loro produzione. Difatti i nostri
amici erano soliti riproporre in chiave rock-sinfonica, contaminata da
spruzzi di acido qui e là, i successi di altri complessi ed autori. La
loro musica è chiamata "underground" e fa parte di una corrente che
contribuiscono a rendere parecchio popolare anche in Italia.
L'Underground fino all'anno precedente indicava una minuta schiera di
complessi minori i quali influenzavano anche pesantemente i gruppi
"border" (cioè quelli nati subito dopo il beat) e pop di grosso calibro
e la parola underground comincia a diventare di moda, una specie di
etichetta stampigliata sulle copertine dei dischi (come prima si faceva
con la parola beat) per indicare un prodotto di qualità di moda e per
giovani. Una parola che perde poi il significato originario a causa
della troppa commercializzazione di massa. Underground è tale quando
resta underground, cioè prodotto di sottobosco. Quando diventa un
fenomeno di massa (nel 1968-1969 tutti erano underground) perde la
ragione d'esistere e da qui ad un anno tramuterà denominazione,
assumento il nome di progressive. Ritornando ai Vanilla Fudge, molto
interessanti sono le loro personali versioni di pezzi beatlesiani quali
TICKET TO RIDE, ELEONOR RIGBY o la bellissima
YOU KEEP ME HANGIN' ON
delle Supremes resa "allucinante" in versione "trip". Altro saggio di
bravura lo danno in BANG BANG e SHE'S NOT THERE degli Zombies. PER ELISA
e AL CHIARO DI LUNA fanno parte della virata classica così come in
DIVERTIMENTO di Mozart. La loro idea è di sostituire lo strumento
principe, cioè la chitarra, con l'organo e ricreare atmosfere tra
l'antico e l'ultra moderno, a volte riuscendovi e a volte un po' meno. I
loro nomi sono Carmine Apice di Staten Island, Tim Bogert di New York,
Vince Martell (altro italo americano) nato e cresciuto nel Bronx e Mark
Stein di Bayonne. I primi due li ritroveremo poi nel gruppo dei Cactus
insieme a Jeff Beck. Vanilla Fudge significa torta (o dolce) alla
vaniglia. Io per curiosità ho anche mangiato una Vanilla Fudge in
America e non lo farò mai più. Nati come risposta alla psichedelica
fricchettona della West Coast californiana, i Vanilla avevano parecchia
tecnica ma spesso sembravano scolaretti alle prese con un compito a
casa. La prima edizione del gruppo era nata sotto il nome di Pigeons e
suonavano musica soul e funky dove dominava (anche lì) l'organo. Nel
1967 entrano a far parte dell'Atlantic, la casa che ha sotto contratto
Aretha Franklin, Wilson Pickett, Sam & Dave, Arthur Conley e altri
grandi della musica nera. Aperta anche agli esperimenti di artisti
bianchi, annovera tra l'altro i Rascals, poi diventati Young Rascals,
gli Iron Butterfly e i neonati Led Zeppelin. Il loro primo trentatré è
molto bello e si chiama semplicemente VANILLA FUDGE. Piace molto alla
critica e ad un certo tipo di pubblico e non manca di essere apprezzato
anche da George Harrison che si dichiara soddisfatto delle loro
personali versioni di TICKET TO RIDE e ELEONOR RIGBY. IL secondo 33 si
chiama (come detto in apertura) THE BEAT GOES ON e prende il titolo
dalla celeberrima canzone di Sonny & Cher. Anche qui abbiamo un catalogo
molto vario: dalla musica classica a HOUND DOG di Elvis Presley passando
per un medley dei Beatles (I WANTO TO HOLD YOUR HAND, I FEEL FINE, DAY
TRIPPER e SHE LOVES YOU). Il terzo capitolo si intitola REINASSANCE e si
fa notare soprattutto per una bella cover di SEASON OF THE WITCH di
Donovan. Il quarto 33 giri, cioè quello che promuovono a Venezia,
consta di soli quattro pezzi. Uno è per l'appunto
SOME VELVET MORNING
di Lee Hazlewood, che lo "regala" a Nancy Sinatra prima di essere ripreso
dai ragazzi dei Vanilla Fudge, da un'altra cover (SHOTGUN) e da WHERE IS
HAPINESS e THE BREAK SONG, farina del loro sacco. Il fatto di essere
stati presenti alla Mostra Di Musica di Venezia ha giocato parecchio a
loro favore e l'essere stati presentati enfaticamente (e forse
inappropriatamente) come alfieri della psichedelia americana li ha molto
aiutati. Difatti l'Atlantic italiana, ossia la Ri.Fi di Ansoldi, punta
moltissimo su di loro e fa stampare migliaia e migliaia di cartonati da
piazzare in tutti i negozi di dischi in Italia, oltre a cartoline
apribili da distribuire insieme al singolo ai vari personaggi del
settore, dai disc jockey radiofonici agli autori di trasmissioni tv. Ma
non si acquistano i dischi solo per essersi fatti influenzare
dall'addetto stampa di turno. Sicuramente la canzone è piaciuta e forse
quello che ha più fatto scalpore è essersela vista arrivare ai
primissimi posti a discapito di altre canzoni sicuramente più alla
portata del grosso pubblico. SOME VELVET MORNING resta comunque nella
loro versione, oltre che l'unico vero successo italiano del quartetto,
uno di quei motivi che quasi nessuno saprebbe fischiettare, di difficile
apprendimento anche per un orecchio esercitato. [Ah, per i più curiosi, abbiamo linkato una
cover del pezzo
eseguita dai Primal Scream featuring (udite, udite) Kate Moss in versione
canterina] Il gruppo si scioglie
nel 1970 dopo il flop di un disco dal titolo ROCK'N'ROLL in cui c'erano
alcune cover interessanti come I CAN'T MAKE IT ALONE di Carole King e
THE WINDSMILLS OF YOUR MIND di Michel Legrand (tratta dalla colonna
sonora de IL CASO THOMAS CROWN). Ma è plausibile che il pubblico
"minuto" sia arrivato ad una certa maturazione di livello musicale o è
solo una forma di emulazione e snobismo? O forse è la paura di ammettere
di non aver capito e rischiare di fare la figura del "preistorico"? Si
accettano suggerimenti.
Johnny Hallyday
Quella del 1969, per Johnny Hallyday, è stata la
prima estate italiana della sua vita. In Italia era venuto tante volte,
sia per accompagnare la moglie sia per promuovere le sua canzoni che,
stranamente, non hanno mai riscosso i consensi del pubblico. La moglie
Sylvie Vartan (al contrario di lui, molto nota artisticamente) lo
incitava a spingere perché prima o poi e con la giusta canzone, sarebbe
riuscito a farsi valere anche nelle classifiche dei dischi italiane.
Difatti non si è mai capito come sia stato possibile che, pur essendo
costantemente sui giornali per la sua storia d'amore e guerra con Sylvie
, ogni sua canzone è stata un buco nell'acqua. Johnny nasce a Parigi nel
1943 col nome di Jean-Philippe Smet, Ad 11 anni, nel 1954, fa la sua
prima apparizione in un film molto celebre, I DIABOLICI (LES
DIABOLIQUES) con Simone Signoret. Nel 1957, a 14 anni, si innamora della
musica rock americana e di Elvis Presley e con un gruppo chiamato La
Trinità comincia a girare le sale da ballo e i minigolf parigini. Appare
per la prima volta in tv il 31 dicembre 1959, a 16 anni in una
trasmissione chiamata PARIS COCKTAIL e canta LET'S HAVE A PARTY e il
direttore artistico della Vogue (Jacques Wolfsong) gli offre un
contratto. Il suo primo ep (quattro titoli) si chiama LAISSE LES FILLES
ed esce il 14 marzo 1960. Clamorosa la gaffe di Luciene Morisse,
direttore dell'antenna radiofonica Europe 1 (e marito di Dalida) che
presenta il disco dicendo: questa è la prima ed ultima volta che
sentirete questo Johnny Hallyday. E' una di quelle previsioni
catastrofiche che fanno il paio con quelle rivolte ai Beatles ad Amburgo
e a Mina dai giornalisti dopo averla sentita cantare MALATIA e WHEN. In
men che non si dica, Johnny diventa l'idolo dei copains francesi e di
tutti quelli di lingua francofona. La sua carriera si potrebbe accostare
in Italia a quella di Adriano Celentano e in Inghilterra a quella di
Cliff Richard: "never a dull moment" tanto per citare Rod Stewart. Mai un
momento di stasi (che non è la polizia della DDR). Sempre sugli scudi.
Non è un caso se quest'estate Johnny Hallyday era primo nella classifica
dei cd in Francia e in Canada. Ma torniamo al 1969. In estate, oltre a
godersi il clima di Roma, aveva girato un film per la regia di Sergio
Corbucci insieme a Gastone Moschin, Mario Adorf e Françoise Fabian dal
titolo GLI SPECIALISTI, un western distribuito in Francia col titolo
molto più personalizzato, LO SPECIALISTA (locandina a fianco) e nel
frattempo si era dato da fare per cercare una canzone da portare o a
Canzonissima, nel caso ci fosse andato, o a Venezia. Si opta per Venezia
e, come diranno i risultati, gli va di lusso. La canzone è la traduzione
italiana di un pezzo che aveva già riscosso tantissimo successo in
patria, QUE JE T'AIME. Con la traduzione di Bruno Lauzi diventa QUANTO
TI AMO.
I due brani del 45 giri vengono registrati a Milano negli studi
della Phonogram l'11 settembre 1969. La canzone sul retro si chiama IO
TI VOGLIO, versione di JE TE VEUX, un brano "underground" molto meno
interessante del primo. Tra l'altro, in questa canzone, il nostro riesce
a cantare in italiano peggio di Antoine (che è un'impresa ardua). QUANTO
TI AMO colpisce per la delicatezza delle parole e per l'interpretazione
molto buona fatta vedere anche durante il suo intervento ripreso in tv a
Venezia. Ma nulla ci toglie dalla testa che se Johnny Hallyday non fosse
arrivato nella città lagunare senza il clamore della partecipazione di
sua moglie a Canzonissima '69 e della popolarità che lei godeva in
Italia in quel periodo, grazie alla trasmissione tv DOPPIA COPPIA e a
colpi clamorosi che rispondono ai nomi di BUONASERA BUONASERA,
IRRESISTIBILMENTE, BLAM BLAM BLAM, FESTA NEGLI OCCHI FESTA NEL CUORE e
LA MARITZA (tanto per citare solo i successi del 1969), probabilmente
Johnny Hallyday starebbe ancora aspettando di avere successo qui da noi.
Il suo nuovo look, studiato appositamente per l'occasione, consta di una
sottile barba bionda curatissima, un cappello a larghe falde con un
foulard intorno alla parte alta, occhiali a specchio. Un look copiato
pari pari da Michel Polnareff l'anno dopo. Sulla copertina di QUANTO TI
AMO i capelli sono fermati da un foulard alla base della fronte. La
canzone è - a seconda del settimanale - sistematicamente al primo o al
secondo posto della classifica dei singoli, alternandosi il primato con
l'altro francese, George Moustaki. E' un momento d'oro per Hallyday
perché in Francia è in testa da tre mesi con la stessa canzone cantata
in versione originale, lascia il primato a favore di Michel Polnareff
che porta in cima alle "tubes" (come le chiamano in Francia) DANS LA
MAISON VIDE e ritorna primo a febbraio con una canzone cantata insieme alla
moglie, LES HOMMES QUI N'ONT PLUS RIEN A PERDRE. Ma non si tratta certo
di un exploit per Johnny Hallyday: è solo normale routine.
Nada
Le sono bastati quei fatidici tre minuti al Festival di Sanremo per diventare
una numero uno. Sono bastati altrettanti minuti al Disco Per L'Estate
per vedere scendere precipitosamente le sue quotazioni nel borsino dei
cantanti. Questa è Nada, la quindicenne dal vocione portentoso. Anzi,
fra qualche giorno sedicenne, essendo nata il 17 novembre 1953. Un
compleanno che festeggerà insieme al team della RCA che la coccola e la
segue passo passo come fosse la cosa più preziosa del mondo. E oltre
agli addetti stampa, alla segreteria di produzione, agli autori Lusini e
Migliacci, a farle festa arriva il suo amico Gianni Morandi (nella foto)
che fino a qualche mese prima aveva visto solo per televisione, sua
moglie Laura Efrikian, il complesso femminile de Le Voci Blu, sotto
contratto con la Mi.Mo (etichetta discografica fondata da Migliacci - MI
- e Morandi - MO)e Dario Farina, altro autore-compositore nel giro RCA.
Come abbiamo scritto in un articolo estivo, il periodo vacanziero non è
stato propizio per la mini cantante. La sua solenne bocciatura al Disco
Per L'Estate con la canzone BIANCANEVE (chi dice che era colpa del
pezzo, chi del vestito) si era lievemente mitigata grazie al buon
andazzo del retro del disco, CUORE STANCO, di cui esistono due versioni:
quella su 45 giri e quella su 33. La canzone è andata fortissima in
Spagna e in tutti i paesi dell'America latina dove ormai Nada (forse
anche per il suono "amico" del nome) è ormai una estrella. Il titolo era
CORAZON CANSADO. Il quasi fiasco del quarantacinque giri ha turbato non
poco l'andamento del suo primo album, intitolato semplicemente NADA. Un
album molto fresco, entusiasticamente pop, con tutti gli stereotipi
musicali del momento, sapientemente ritagliati sulla sua esile figurina
da persone come Cesare De Natale, Claudio Mattone, il fido Franco
Migliacci, Mauro Lusini ed arrangiatori dal gusto attuale e moderno come
Piero Pintucci, Antonio Coggio, Ruggero Cini, il gruppo dei Pyranas.
Sulla copertina lei appare in un primo piano incorniciato su uno sfondo
rosa, una foto nella quale sorride e che vuole dare di lei un'immagine
di ragazzina acqua e sapone sì, ma con moderazione. Troppo "rustica" per
essere una Lolita, troppo "contadina" per essere una stupidella. Il
disco contiene dodici brani: sei già editi su singoli e sono: il primo,
LES BYCICLETTES DE BELSIZE (versione italiana di un successo di
Engelbert Humperdinck) e PER TE , PER ME (canzone scritta da Shel
Shapiro e Franco Migliacci). Questo disco uscì pochissimi giorni prima
del suo debutto sanremese, perché all'epoca vigeva la regola che chi
partecipava a Sanremo avrebbe dovuto almeno avere un singolo già edito
in precedenza. E siccome Nada era "nata" il giorno prima, si precipitò
in Via Nomentana negli studi della RCA ed incise questo singolo niente
male. Gli altri due singoli contemplati nell'album sono MA CHE FREDDO
FA, accoppiato con UNA RONDINE BIANCA (canzone che avrebbe dovuto
cantare Silvie Vartan se fosse andata al Sanremo di quell'anno) e infine
BIANCANEVE accoppiato a CUORE STANCO. I restanti sei brani sono inediti.
C'è la versione italiana di SAUVE MOI di Eric Charden , già nota
nell'interpretazione dell'autore e che successivamente inciderà anche
Mal (SENZA TE). Il vocione di Nada è completamente in contrasto con
l'atmosfera della canzone , che invece richiederebbe più delicatezza.
Senza te penso che morirei: lo dice come se fosse più scocciata che
rattristata. Un'altra canzone già edita da altri cantanti in precedenza
è SE TU RAGAZZO MIO, motivo sanremese della Ferri e Stevie Wonder.
Francamente non si sentiva la necessità di farla cantare anche da Nada
che non la canta granché bene. Sembra più che altro un riempitivo per
l'album che una scelta oculata. Forse Piero Pintucci, autore del brano e
arrangiatore di altre due partiture oltre questa, avrà chiesto
espressamente alla cantante di Gabbro di inciderla. Essendo questa una
produzione per pochi intimi, avranno voluto certamente concentrare le
scelte in un repertorio "familiare", legato cioè a quei tre-quattro nomi
che firmano un pò tutto, con gli arrangiamenti alle canzoni. Pollice
verso anche ad una versione che definiremmo orrenda tanto per usare un
termine gentile. E cioè la versione italiana di YELLOW SUBMARINE firmata
da Mogol. Il quale dovrebbe vergognarsi per avere scritto un testo da
cerebrolesi che non riesce neanche a divertire perché il nostro ha un
umorismo da nuraghe sardo. Senso dell'umorismo che invece ci mette Nada
e l'arrangiamento canzonatorio dei Pyranas. Sembra una canto intonato in
un pulmino di ritorno da una gita scolastica. La cosa che stupisce è il
motivo per cui è stato inserito un brano del genere. Forse per dare di
Nada un aspetto giocoso, spensierato, adatto ad una ragazzina della sua
età. L'anno prima incisero la stessa canzone il gruppo francese dei
Compagnons De La Chanson (il titolo esatto era UN BEL SOTTOMARIN) gruppo
storico della scena transalpina fin dagli anni quaranta. Naturalmente
nessuno si accorse di questo singolo. Ed eccoci alle canzoni inedite più
riuscite del disco: DAI, VIENI QUI. L'originale è del gruppo inglese dei
Grapefruit, tipico complesso britannico dell'era del dopo beat, a
cavallo fra il pop e la bubblegum. Il titolo in inglese è ROUND GOING
ROUND. A tradurlo ci pensa Migliacci. Fresca l'interpretazione di Nada.
Avrebbe tranquillamente potuto essere una canzone da lato A di un
singolo, per vivacità e commerciabilità. Stessa cosa si può dire per UNA
DONNA SOLA di Daniele Pace. Questa canzone fu scritta un anno prima per
Mario Tessuto, non ancora recordman di vendite con LISA DAGLI OCCHI BLU.
La canzone è quindi datata 1968 come prima versione. Era una cover del
gruppo inglese Cupid's Inspiration e il titolo originale era YESTERDAY
HAS GONE. La versione di Tessuto era piatta e noiosa (forse non era il
personaggio adatto) mentre invece l'originale era ricca di trovate
musicali e di grande coralità. Nada ne fa una versione di tutto
rispetto, sicuramente la sente adatta a sé, le piace e lo si può capire
dalla riuscita pressoché perfetta del brano. Sentita è anche RITORNERA'
VICINO A ME, ennesima cover proveniente dall'ex impero britannico:
AFTERGLOW. Originariamente interpretata dagli Small Faces di Steve
Marriot, non perde l'impronta primaria e l'atmosfera solida da successo
sicuro. E' un disco godibilissimo, un compendio dei vari sound e delle
mode musicali del momento. Un album che avrebbe meritato maggiore
fortuna considerando che era la prima importante prova della carriera di
Nada. La quale, con l'incoscienza tipica degli adolescenti, sembra non
curarsi affatto di tutto ciò e si butta a capofitto nella mischia
cercando di far dimenticare il passo falso estivo. La canzone presentata
a Venezia, e che porta a Canzonissima sfidando big affermati come Milva
e Claudio Villa, si chiama CHE MALE FA LA GELOSIA ed è già un successo.
Non contemplata nell'album (di uscita precedente), è un brano che
servirà a costruire su Nada uno stile riconoscibilissimo nel tempo. Come
pennellato sulle sue capacità vocali, strapieno di ah ah e di suoni
gutturali, ha un testo finalmente giusto per l'età della cantante,
ancora giovane ma quasi donna: soprattutto sicura del fatto proprio. La
canzone ha uno spessore diverso dai successi precedenti. Ci si accorge
facilmente del passo avanti che gli autori vogliono far fare a Nada
estraniandola dal personaggio "primitivo" della bambina capitata per
caso in un ingranaggio più grande di lei. Un successo che travalicherà i
confini italiani per approdare come al solito in Spagna, Venezuela,
Argentina e in alcuni paesi europei, sia nella versione italiana sia in
quella spagnola (QUE DANO ME HACEN LOS CELOS). Sul retro, RITORNERA'
VICINO A ME (di cui abbiamo parlato poc'anzi).
Amen Corner
De Profundis per gli Amen
Corner che dopo tre anni di fortunata carriera chiudono i battenti. La
serata d'addio si e svolta a Londra il 4 di ottobre, dove il gruppo
britannico ha dato il meglio di sé. La motivazione principale e quella
dell'esaurimento della vena artistica. Gli Amen Corner era una band
gallese di r'n'b così denominata in omaggio ad un luogo ai confini di
Bracknell nel Berkshire, una regione della campagna inglese. I loro
primi singoli vengono stampati dalla Deram, casa sussidiaria della Decca
: GIN HOUSE e WORLD OF BROKEN HEART , entrambi del 1967. Nel 1968
incidono BEND ME SHAPE ME (PRENDI PRENDI in Italiano nella versione di
Claude Françoise e Gianni Morandi) e HIGH IN THE SKY. Ricordiamo alcuni
successi della band che sono BEND ME SHAPE ME (PRENDI PRENDI, cantata da
Morandi e Claude Francois), HIGH IN THE SKY, due altri successi
internazionali. Sempre nel 1968 lasciano la Deram e firmano per la
Immediate, la casa discografica di Mick Jagger dei Rolling Stones e il
loro primo singolo con la nuova etichetta diventa un hit internazionale.
Il titolo è IF PARADISE IS (HALF IS NICE). La canzone è una cover
italiana di un brano cantato da Ambra Borelli (La Ragazza 77) scritto da
Lucio Battisti e che si chiama IL PARADISO DELLA VITA. Da noi passata
inosservata, in Inghilterra diventa un hit di clamorose proporzioni
arrivando al primo posto in classifica tanto che in primavera lo incide
di nuovo una Patty Pravo in gran forma e ne fa un successo che porta
avanti per tutta l'estate, abbreviandone il titolo: IL PARADISO. Il
complesso incide un album (FAREWELL TO THE REAL MAGNIFICENT SEVEN) e due
altri singoli, HELLO SUZIE e GET BACK (dei Beatles) per poi sciogliersi
definitavemente a novembre 1969. Tutta la loro produzione è raccolta in
vari cd. Il migliore è senza dubbio THE IMMEDIATE ANTHOLOGY.
George Harrison
Ha smesso di fumare, non beve più caffè, non mangia carne e fa tre quarti d'ora di
meditazione al giorno. Si è fatto crescere i capelli e una lunga barba.
George Harrison è decisamente cambiato nell'aspetto e nelle abitudini.
Fa vita molto ritirata ed evita di apparire in pubblico se non in
occasioni speciali come opere di beneficenza o foto ufficiali del gruppo
(i Beatles, naturalmente). In compenso frequenta assiduamente il tempio
di Radha Krishna. Il suo avvicinamento all'induismo era cominciato ai
tempi delle meditazioni yoga e del Maharishi Yogi, di casa dai Beatles
qualche tempo prima. Lo hanno lasciato ai suoi sproloqui dopo aver visto
che mentre predicava umiltà e povertà andava in giro in Rolls Royce! Un
po' come qualcuno di nostra conoscenza che si è fatto una barca da due
miliardi e le sue scarpe costano un milione di lire al paio. Comunque,
pur abbandonando il Maharishi, George non si è staccato completamente da
quella filosofia: tornò in India e prese lezioni di sitar da Ravi
Shankar (è di Harrison l'idea dello strumento indiano in TOMORROW NEVER
KNOWS) e cominciò ad ospitare santoni nella sua casa di Londra.
Innamorato della musica degli Hare Krishna ha inciso un singolo, THE
HARE KRISNHA MANTRA, nel quale oltre alla sua voce c'è anche quella di
tutti i seguaci del tempio londinese Radha-Krishna. Difatti non esce a
suo nome ma come The Radha-Krishna Temple. Questo tra lo stupore e la
preoccupazione dei manager della Apple, la casa discografica dei
Beatles. Il disco invece non fatica a raggiungere le prime posizioni
della classifica dei dischi più venduti. Confortato dal successo del
singolo, si affretta a produrre anche un album di canti e preghiere
indiane. Certamente non con il proposito di farne un business anche
perché tutti i proventi delle vendite andranno al tempio londinese degli
Hare Krishna. Il trentatré si intitola THE RADHA-KRISHNA TEMPLE ALBUM e
si compone di sette preghiere-canzoni: Govinda, Sri Guruvastakam, Sri
Ishopanishad, Bhaja Bhakata-Arati,Bhajahu Re Mana, Hare Krishna
Mantra, Govinda Jaya Jaya. Il disco (cd) è tutt'ora disponibile (come
ogni prodotto dei Beatles) in tutto il pianeta, acquistabile anche via
internet. Sia in versione originale (stessa copertina) sia con una
grafica più digeribile per il pubblico occidentale.
Natalino Otto
Natalino Otto, il
cantante "swing" degli anni quaranta e primi cinquanta, si spegne a 57
anni anni stroncato da un infarto. Era nato a Sampierdarena nel 1912 e
il suo vero nome era Natale Codognotto. Aveva esordito a 17 anni come
batterista sul transatlantico Conte Di Savoia partecipando a più di
trenta traversate. Era l'epoca del Nastro Azzurro, cioè del massimo
riconoscimento ai transatlantici che effettuavano la traversata
Genova-New York a tempo di record. Natale era un vero fenomeno:
conosceva a perfezione inglese e francese (all'epoca, non era mica
scontato!) e quando cantava, si doveva tendere bene le orecchie per
capire che in realtà era italiano. Insieme a lui c'era un altro ragazzo,
che dopo la guerra sarebbe diventato un maestro di composizione e di
pianoforte: Umberto Chiocchio (padre di Gaio) il quale, era uno dei più
grandi interpreti di Gershwin esistenti al mondo. Fu dopo uno di questi
viaggi che Natale decise di rimanere a New York, invaghito dai ritmi più
alla moda negli States, scoperti comprando dischi su dischi durante i
suoi viaggi. Smise di fare il batterista e cominciò una carriera come
cantante. Nel 1940 tornò in Italia ed entrò nell'orchestra di Cinico
Angelini. Fino a quel momento era stato sempre Natale Codognotto: ora
diventava Natalino Otto. Vittorio Veltroni, papà di Walter e pezzo
grosso dell'EIAR, lo chiamò a presentare spettacoli per i feriti di
guerra. Da qui parte la sua grande e lunga carriera. Nelle case si
faceva a gara per contare quanti dischi di Natalino Otto si avessero. Un
cantante di jazz e swing, in un periodo in cui il jazz, essendo l'Italia
in guerra con gli americani, era vietato. Ma per lui , interprete di
musiche ritmate (come si diceva allora) ma "all'italiana" si chiudeva
volentieri un occhio. Alcune delle canzoni che lo fecero diventare un
beniamino tra i giovani più all'avanguardia del momento, che preferivano
le sue canzoni a quelle di Lina Termini o del Trio Lescano, erano MISTER
PAGANINI, STARDUST, MAMMA MI PIACE IL RITMO, CHE RITMO, LA CLASSE DEGLI
ASINI etc. Sposatosi con la cantante Flo Sandon's il 1° aprile 1955
all'età di 43 anni e dopo aver lavorato e duettato con lei in un
programma radiofonico dal titolo FANTASIA A DUE VOCI si ritirò ed aprì
un negozio di dischi a Milano.
Canzonissima
Partenza sbagliata per una delle
Canzonissime più controverse della storia. Questo spettacolo, per il
quale quest'anno si è abbondato in lustrini e paillettes, specchi sparsi
per tutto il teatro Delle Vittorie (dello scenografo Jack Bunch).
Sebbene il cast dei conduttori sia di prima scelta (Dorelli, Vianello e
le Kessler) in realtà ha fortemente deluso. Vianello, ridotto a spalla
di Dorelli e viceversa e le Kessler che ballano e cantano nello stesso
modo da quasi 10 anni, non sono certo d'aiuto. Sarà l'aria che tira in
Italia (molto cupa, tra scioperi e attentati terroristici) sarà che il
copione è abbastanza scadente (nonostante il valore degli autori:
Terzoli, Vaime e Verde), sarà anche il paragone con la Canzonissima
precedente condotta da Mina, Chiari e Panelli ma gli italiani ormai si
rivolgono a questo spettacolo esclusivamente per il montepremi finale
preferendo uscire il sabato sera. Un biglietto costa 500 lire, il premio
è di 150 milioni di lire. Particolare curioso è che una parte di questo
denaro non finirà nelle tasche del fortunato ma si tradurrà in "opere di
bene" in sovvenzioni distribuite ad un sorprendente numero di bizzarre
istituzioni, enti ed associazioni. Alcuni nomi? Il Convegno Nazionale
Artisti Critici e Studiosi d'Arte, Ente Vicentini Nel Mondo, alla Curia
Vescovile di Matera, Associazione Italiana del Pedone!!! Canzonissima
ridotta a cuccagna per pochi fortunati e parecchi postulanti. Ma di
questa edizione (e in particolare della sesta puntata del 1° novembre)
ce ne parlerà con dovizia di descrizioni David Guarnieri più avanti. Ci
interessa indugiare sulla sigla iniziale, di
Terzoli-Vaime-Verde-Canfora, e cioè QUELLI BELLI COME NOI cantata dalle
gemelle Kessler e non solo. Intorno alla canzone si era creata una ressa
senza precedenti. Memori del successo dell'anno precedente con ZUM ZUM
ZUM (incisa oltre che da Mina anche da Sylvie Vartan, Il Piccolo Coro
Dell'Antoniano, The Motions, Gigliola Cinquetti, Renata Pacini), questa
volta nessuno vuole arrivare secondo. In prima battuta, la incidono le
gemelle tedesche: la sigla è loro, la ballano e la cantano...ci
mancherebbe altro. Ma poi, tanto per rimanere nel cast, lo stesso
Dorelli, oltre che ad incidere la sigla finale dal titolo DOMANI CHE
FARAI, ne fa una sua versione, più spiritosa delle Kessler, da autentico
showman. Ma la cosa fa gola anche ad altre due cantanti: Carmen Villani
e Rita Pavone. La Villani, di casa in tv (LA DOMENICA E' UN'ALTRA COSA
con Raffaele Pisu) la incide per la Fonit Cetra (sul retro QUESTA
SINFONIA, vecchio di un anno). La sua versione è completamente priva di
qualsiasi appeal. A partire dalla flebile voce tipica della cantante
che, oltre a non essere affatto spiritosa, nell'interpretazione appare
monocorde. In più c'è l'aggravante costituita dal tentativo di jazzare
il brano. Difatti non si capisce come mai in quel particolare periodo
(1968-1969) due cantanti che hanno una voce non adatta allo scopo, come
la Villani e Lara Saint Paul (altra miracolata del video), insistano a
proporsi come cantanti dai toni jazz. La versione della Villani è curata
dallo stesso Bruno Canfora, il quale ha scritto un arrangiamento per
soli dieci strumenti adatto alle qualità vocali della cantante di
Ravarino. Più grintosa - come è nella sua natura - la versione di Rita.
Pare anche esagerare calcando un po' la mano sugli accenti più vivaci,
personalizzandola esasperatamente, bamboleggiando un po' troppo e
ripercorrendo uno stile che ormai la gente non tollera assolutamente
più. Una Rita Pavone tornata, in questo 1969, al suo esiguo pubblico,
ingrassata per via della gravidanza, visibilmente scontenta e con un
repertorio al di sotto delle sue capacità. Il peggior periodo della
Pavone. La sua partecipazione a Canzonissima con DIMMI CIAO BAMBINO, un
bruttissimo brano tedesco inciso sul retro di QUELLI BELLI COME NOI,
lascia di stucco la gente tanto che la Mondaini ne farà una parodia
gustosa proprio in una puntata di Canzonissima, quando gli autori
disperati per il poco gradimento, la chiamano a sostegno del marito
naufragato, insieme agli altri conduttori, nel mare di critiche. Ma la
cosa buffa è che questa corsa a chi arriva primo porta poi al nulla
perché il pezzo farà fatica a "vendicchiare" anche nella versione
originale, cioè quella delle gemelle Alice ed Ellen Kessler, figuriamoci
nelle altre versioni. L'idea del quelli belli come noi non era male.
Dare la patente di "bello" ed accumunare migliaia e migliaia di persone,
che belle probabilmente non sono, soltanto con l'esortarle a cantare la
sigla del programma (brutto casomai è chi non la canta) era stata una
bella trovata. La normalità (o la mediocrità fisica) di una moltitudine
di persone che diventa motivo di vanto, come a dire" noi, i normali,
siamo i belli, voi, i belli, siete i brutti" è un sottile escamotage
psicologico che avrebbe dovuto funzionare. Una sorta di Ugly Pride
subliminale. Invece un successo previsto diventa un insuccesso
imprevisto. Complice l'andamento della trasmissione e il periodo poco
felice nel tessuto sociale. Ad ottobre, pensando forse a quale sfacelo
di vendite avrebbe fatto la sigla , Fiorenzo Fiorentini e il regista
Giorgio Mariuzzo si mettono d'impegno nello scrivere e girare un film
che cerca di sfruttare la popolarità della sigla. In fondo non si erano
girati due film dal titolo ZUM ZUM ZUM e ZUM ZUM ZUM N.2? Gli attori
chiamati a recitare in questa non esaltante produzione sono Maurizio
Arcieri, Carlo Delle Piane, Lino Banfi, Carlo Dapporto, Ric & Gian,
Isabella Biagini e Loredana Bertè. Praticamente la Rai in technicolor.
Concludendo, la sigla, anche se non riuscirà ad essere un vero successo
in termini di vendite, riesce ad entrare nella testa della gente, non
fosse altro perché se la sentono declamare in tv tutti i sabati sera. E
chi non ricorda almeno il capoverso quelli belli come noi che sono in
tanti a cantarla tutto il giorno vanno avanti?
Campionato Calcio
Eccoci al consueto
appuntamento con il calcio. Il 2 novembre la serie A osserva un turno di
riposo e lascia in classifica il Cagliari di Gigi Riva al primo posto,
seguito dalla Fiorentina dell'allenatore Pesaola al secondo e l'Inter di
Mazzola al terzo. Seguono, in quarta posizione Roma, Milan, L.R.Vicenza
e Lazio. Il Milan, come vincitore della Coppa Dei Campioni a maggio (4 a
1 sull'Ajax di un giovanissimo Cruyff) disputa la finale della Coppa
Intercontinentale allora chiamata "Coppa Europa-Sud America". E' una
partita violentissima, una caccia all'uomo perpetrata dai giocatori
dell'Estudiantes nei confronti dei milanisti, in special modo su Combin
, ridotto ad una maschera di sangue. Forti di giocare in casa, a Buenos
Aires, nello stadio Boca Juniors, gli argentini massacrano (e non è un
modo di dire) sette giocatori del Milan. La stampa mondiale condanna gli
episodi di una partita definita "la coppa del sangue". I milanisti sono
bersaglio delle più deplorevoli violenze ma non cadono nel trabocchetto
e non reagiscono. Perdono 2 a 1 ma in virtù del risultato acquisito a
Milano (3 a 0) vincono lo stesso la coppa. L'unico gol milanista è di
Rivera, che pareva non dovesse giocare. Vediamo qui a fianco Combin in
due immagini: come si presenta il suo volto e lui in un momento della
partita, soccorso a bordo campo. Il 4 novembre si giocano le
eliminatorie per il campionato del mondo del 1970. L'Italia batte il
Galles 4 a 1. Si gioca a Roma alle 14 e 30 e l'uomo della partita sarà
Gigi Riva con una tripletta che stende i "minatori" gallesi e il
portiere Sprake. L'altro gol italiano è segnato da Sandro Mazzola.
Christian Calabrese
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CANZONISSIMA '69
di David Guarnieri
Amici di "Hit Parade Italia", innanzitutto un grande saluto da parte
mia! Anche questa volta vi parlo di "Canzonissima" (trasmissione
amatissima e, particolarmente rimpianta da tanti teleutenti), quella del
1969. L'edizione precedente, diretta da Antonello Falqui, scritta da
Marcello Marchesi, Italo Terzoli ed Enrico Vaime e condotta da Mina,
Walter Chiari e Paolo Panelli si è rivelata un clamoroso successo, sotto
ogni punto di vista (indice di gradimento e di ascolto, qualità
artistica, vendita dei dischi e dei biglietti della Lotteria). Sulla
base degli ottimi risultati, i dirigenti della Rai danno fiducia,
nuovamente ad Antonello Falqui ed al suo "braccio destro", Guido
Sacerdote (produttore esecutivo). I testi sono firmati nuovamente da
Terzoli e Vaime, ai quali si aggiunge Dino Verde. Confermati anche il
costumista è Corrado Colabucci, il direttore d'orchestra, Bruno Canfora
e lo scenografo, Cesarini da Senigallia (questi fa ricoprire il Teatro
"Delle Vittorie" di Roma di specchietti di cristallo). Le novità
riguardano le coreografie, curate da Jack Bunch e gli animatori dello
show: Alice ed Ellen Kessler, Johnny Dorelli e Raimondo Vianello
(l'intenzione iniziale del regista e degli autori è quella di avere
ancora Mina in qualità di primadonna, ma la "Tigre di Cremona",
saggiamente, non accetta il pur prestigioso incarico). I due inviati
esterni sono Gianni Boncompagni e Paolo Villaggio. I cantanti in gara
sono 42. I prescelti sono: Fausto Leali, Rosanna Fratello, Don Backy,
Ombretta Colli, Little Tony, Shirley Bassey, Jimmy Fontana, Dori Ghezzi,
Mal, Miranda Martino, Massimo Ranieri, Orietta Berti, Tony Astarita,
Patty Pravo, Robertino, Bobby Solo, Dalida, Maurizio, Lara Saint Paul,
Peppino Di Capri, Iva Zanicchi, Domenico Modugno, Sylvie Vartan, Mario
Tessuto, Rocky Roberts, Herbert Pagani, Marisa Sannia, Mino Reitano,
Sergio Endrigo, Gianni Morandi, Fred Bongusto, Nada, Claudio Villa,
Betty Curtis, Milva, Giorgio Gaber, Al Bano, Rita Pavone, Michele,
Carmen Villani, Dino e Nino Ferrer. La quindicesima edizione dello show
parte sabato 27 settembre 1969. La sigla iniziale, "Quelli belli come
noi" è cantata dalle Gemelle Kessler. La sigla finale, cantata da Johnny
Dorelli si intitola "Domani che farai".
Come al solito, analizziamo una puntata della serie (nello specifico, la
sesta, trasmessa il 1° novembre 1969). Lo show si apre con le scherzose
schermaglie tra Johnny Dorelli e Raimondo Vianello. Quest'ultimo sfida
il cantante-attore di Meda, e, come nelle precedenti puntate, con grande
arguzia, riesce a "spillargli" le 20 mila lire pattuite. A Dorelli non
rimane altro che presentare i sei cantanti in gara: Fred Bongusto, Betty
Curtis, Giorgio Gaber, Milva, Nada e Claudio Villa.
La prima ad esibirsi è Milva (in quei mesi, protagonista assieme a Gino
Bramieri della commedia musicale di Garinei & Giovannini, "Angeli in
bandiera"). La "Pantera di Goro" interpreta con grande bravura ed
eleganza, la sua "Aveva un cuore grande". Il secondo è il grande Giorgio
Gaber con la trascinante "Com'è bella la città". La terna viene chiusa
da Betty Curtis ed il remake della classica "Gelosia" (Jealousy).
Lo show prosegue con Alice ed Ellen Kessler, le quali, coadiuvate dal
balletto, propongono un elaborato numero musicale, ideato da Jack Bunch,
dedicato ai "suoni della vecchia America". Nell'ordine si passa da una
tribù di indiani e di squaw alla "Square Dance", dal "Vaudeville" al
cinema sonoro de "Il cantante di Jazz", fino al fasto di Broadway,
ispirato alle "Ziegfield Folies". Altro momento di spettacolo con
Raimondo Vianello e Johnny Dorelli. L'attore romano, interpreta
nuovamente il divertente personaggio di "Tino il cretino".
Si torna alla gara musicale con Claudio Villa e la sua interpretazione
(lievemente eccessiva) de "Il tuo mondo". A seguire, Nada, la quale
canta (non strepitosamente), "Che male fa la gelosia" (già lanciata alla
"Mostra Internazionale di Musica Leggera - Venezia '69"). L'ultimo
esponente è il sempre elegante Fred Bongusto con "Una striscia di mare"
("Un disco per l'estate '69").
In attesa dei risultati finali, Raimondo Vianello e Johnny Dorelli
intrattengono il pubblico con una serie di divertenti battute. A
seguire, le Gemelle Kessler nell'interpretazione di "Una donna che ti
ama" (versione italiana di "This Guy's In Love With You" di Burt
Bacharach e Hal David, portata al successo negli Stati Uniti, da Herb
Alpert e da Dionne Warwick). È il momento delle votazioni: ai giudizi
delle giurie esterne si sommano quelli della giuria interna del "Delle
Vittorie". La classifica provvisoria della puntata è la seguente:
I sei cantanti in gara attendono il "copioso" invio di cartoline da
parte del pubblico, esortato dalle Kessler, da Dorelli e da Vianello,
nel grazioso numero musicale che conclude di fatto la sesta puntata
della trasmissione.
Nonostante i grandi sforzi organizzativi della Rai e la bravura del cast
tecnico ed artistico, la quindicesima annata dello show non si rivela un
successo (a differenza di "Canzonissima '68" con l'amatissimo [e assai
convincente] terzetto formato da Mina, Chiari e Panelli). A giudizio di
chi scrive, lo spettacolo preso in esame, riesce ancora ad affascinare
per la grande maestria nella regia di Antonello Falqui, per i costumi di
Corrado Colabucci, per le musiche azzeccate del sempre ottimo Bruno
Canfora, per le scene, avveniristiche (ed ardite) di Cesarini Da
Senigallia, nonché per le convincenti prove offerte dall'inarrivabile
Raimondo Vianello, dal multiforme Johnny Dorelli e dalle fascinose ed
impeccabili Gemelle Kessler.
Saluti a tutti!!! David Guarnieri
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