Nell'Italia violenta del 1977 , dove ogni giorno sui giornali appare il
resoconto di un bollettino di guerra, succede anche che un Generale di
Corpo D'Armata possa esplodere con il suo elicottero poco dopo un
decollo da Catanzaro. Enrico Mino, classe 1915, considerato
politicamente un socialdemocratico stava compiendo un giro di visite a
comandi dei carabinieri in varie regioni. Dopo la fuga di Kappler
(avvenuta in agosto dall'ospedale militare del Celio a Roma) era rimasto
molto amareggiato, soprattutto perché la sorveglianza era stata affidata
ai suoi carabinieri. Il 16 agosto, giorno successivo a quello
dell'evasione, rassegnò le proprie dimissioni che furono respinte. Come
tutti sappiamo, l'ex ufficiale tedesco aveva attaccato alla porta della
sua camera il cartello "non disturbare fino alle dieci di domattina" e i
carabinieri avevano rispettato le sue decisioni. Solo che poi Herbert
Kappler se ne andò dentro una valigia della moglie, che aspettava sotto
l'ospedale e che lo trascinò fino alla 132 Fiat parcheggiata di fuori.
Non è una barzelletta, anche se ne ha tutti i contorni, ma la realtà.
Il cancelliere tedesco Schmidt aveva richiesto l'estradizione ma il
governo Andreotti, con il sostegno esterno del PCI, non poteva
concederla così facilmente; visto che non riuscivano a venirne fuori,
Enrico e Giulio si inventarono una fuga degna d'una comica finale, cosa
che non piacque al generale Mino. Che dopo un po' - brooom! - esplose
sull'elicottero. Cosa c'è di strano? Spesso succede che gli elicotteri
esplodano in volo. Non li avete mai visti? Il Consiglio Dei Ministri
nomina al suo posto Pietro Corsini.
Soltanto nel mese di novembre, sulle pagine dei quotidiani, ce ne
sarebbero di cose da annotare. Ma sono davvero così tante che a
raccontarle neanche ci si crederebbe. Solamente tra ottobre e novembre
gli attentati rivendicati dalle BR da Prima Linea e altri gruppi non
sono meno di 56. Senza considerare le bravate cosiddette minori tipo
autobus incendiati, atti di vandalismo, aggressioni a persone etc. Il
primo periodo degli anni di piombo è caratterizzato dalla pressoché
esclusiva presenza dei gruppi di destra. Il peso di codesta attività tra
il 1969 e il 1975 è del 95%, 85% nel 1974 e 61% nel 1975. Per tutto il
periodo che va dal 1976 al 1982 il colore politico predominante è il
rosso. Il 91% nel 1976,l'85% nel 1977, l'89% nel 1978 e l'82% nel 1979.
Le sigle di sinistra che rivendicheranno gli attentati sono oltre 24.
Molto di più quelle di destra (120 sigle attive tra il 1969 e il 1982).
In questa tristissima gara, "vincono" le BR con 494 attentati. Alla fine
dei giochi a rimetterci le penne saranno 1119 persone colpite. Verso
la fine di questo saggio troverete altri accadimenti(i più
rappresentativi) della settimana corrente.
Franco Simone
Franco Simone sta cominciando a raccogliere i risultati di una carriera
iniziata 5 anni prima e che fino ad ora non gli aveva ancora dato grosse
soddisfazioni. Sebbene avesse partecipato a manifestazioni importanti
(Canzonissima e Sanremo) e che alcune delle sue canzoni fossero molto
belle, per qualche strano motivo non era riuscito a fare breccia nel
grande pubblico. Sarà che ha deciso di iniziare in un periodo
caratterizzato dalla moda del cantautore politicizzato quando, se non lo
sei e a meno che non ti chiami Baglioni o Battisti, non ti si fila
nessuno. O dichiari di essere un impegnato o eri finito. Franco Simone
continua con costanza e la RIFI lo sostiene credendo nelle cose che fa.
E' nato ad Acquarica del Capo nel 1949, un paesino del Salento, e arriva
a Roma come studente, verso il 1970, quando si iscrive ad Ingegneria. La
sua passione per la musica fa sì che nel 1972 si presenti al Festival Di
Castrocaro, che riesce a vincere senza problemi. Ezio Leoni, produttore
della Ri.Fi, lo scrittura e lo invia a Venezia, alla Mostra
Internazionale di Musica Leggera. Insieme a lui, nel girone dei giovani
(giovani sì, ma già con un certo nome), troviamo Antonello Venditti (che
porta a Venezia CIAO UOMO) e Carla Bissi, reduce da Sanremo, che si
presenta con LA FESTA MIA. Franco ha una canzone molto suggestiva e con
un testo abbastanza particolare: CON GLI OCCHI CHIUSI E I PUGNI STRETTI.
Il primo album si intitola SE DI MEZZO C'E' L'AMORE e contiene alcune
canzoni molto importanti per la sua carriera: MI ESPLODEVI NELLA MENTE,
ANCORA LEI e DI NOTTE, in coppia con Silvana dei Circus 2001 (che nel
frattempo era diventata solista). Poi una partecipazione alla
Canzonissima di quell'anno dove ben figura e arriviamo al 1974, a
Sanremo, con FIUME GRANDE. Sanremo ormai è quello che è, vola a livelli
molto bassi e le vendite ne risentono. La canzone viene molto apprezzata
ma non entra nelle classifiche. Viene anche tradotta in spagnolo (RIO
GRANDE) e in francese (JE NE COMPRENDS PLUS RIEN). Un anno di stasi o
pressappoco, nel 1975. Esce solo un singolo, TRIANGOLO (retro MIELE E
FUOCO) molto bello ma anche molto sfortunato. Poi, improvvisamente, il
cielo si fa più chiaro: esce TU E COSI' SIA, un brano nato nel 1975 ed
arrivato al successo l'anno dopo. Ed il suo cammino artistico
improvvisamente comincia a prendere tutt'altra piega. Nel giro di
pochissimo tempo quattro grandi gioie per lui: la nascita di sua figlia
Sara, la vittoria a Venezia (Gondola D'Oro), la vittoria come paroliere
dell'anno (battendo, sia pure di pochissime schede, Giorgio Calabrese e
Sergio Bardotti, rispettivamente secondo e terzo) e un brano del 1960
riportato in classifica con un nuovo arrangiamento, IL CIELO IN UNA
STANZA. Non è un brano qualunque. Il paragone fra lui e gli interpreti
originali avrebbe dato da pensare a chiunque ma Franco Simone, che dalla
sua ha molta umiltà e mestiere, l'ha saputo trattare con molta umiltà e
mestiere, cosa che si percepisce subito all'ascolto del singolo. Bella
l'intro con quel basso che in pratica "reinventa" qualcosa ben difficile
da reinventare. E' comunque una prova ardua da superare un confronto di
questo tipo. Se si pensa che nel 1999 ha distrutto Giorgia, non si può
che lodare questa onesta versione, fatta con amore da Franco Simone. In
questo periodo (novembre) sta ultimando il missaggio del suo prossimo
ellepi che si intitolerà RESPIRO che contiene altre canzoni di grossa
presa le quali contribuiranno ad aumentare non poco la sua popolarità:
RESPIRO, CARA
DROGA e IO CHE AMO SOLO TE, un'altra cover, e stavolta
chiama in causa Endrigo.
Leroy Gomez (Santa Esmeralda)
Ogni tanto nel mondo dei dischi - come ben sa
chi segue queste scorribande sulle classifiche dal 1964 al 1990 - nasce
qualcosa di nuovo. E solitamente succede in modo inaspettato. Non si sa
né come né perché, forse una specie di ricambio naturale o forse di
calcolo progettato e studiato a tavolino. Sta di fatto che nel filone
della discomusic, che prosegue imperterrito nel suo successo
stratosferico, adesso è apparso un tizio aitante, accompagnato da tre
ragazze, per la verità neanche tanto bellocce ma volgari quel tanto che
basta per fare colpo sulla massa; è lui che ha introdotto nella musica
da discoteca un gusto latino. Avrete capito che stiamo parlando di Leroy
Gomez (o Santa Esmeralda). Questa combriccola di persone, non molto bene
assortite tra loro, ha riportato in auge quel vecchio brano degli
Animals (del 1964) che si intitola DON'T LET ME BE MISUNDERSTOOD e l'ha
fatto con esiti superiori alle aspettative. Chi mai si sarebbe
immaginato che questa canzone sarebbe volata in cima alle classifiche di
tutto il mondo? Durante l'estate i disc jockey di tutti i club più
famosi l'avevano proposta incessantemente e solo ora raccoglie i suoi
meritati frutti. I Santa Esmeralda o Leroy Gomez? Beh, entrambi, dato
che l'uno non esclude l'altro. Leroy Gomez è il cantante solista, Santa
Esmeralda sono le tre donne. Solo che sulla copertina dell'LP campeggia
solo il nome del gruppo. Lui si affretta a dichiarare che Leroy Gomez è
i Santa Esmeralda! La loro formula è azzeccatissima. Ritmo
spagnoleggiante su un brano di successo, un tempo musicale molto
trascinante ma mai finora reso commerciale. Atteggiamenti volutamente
kitsch (le ballerine ballano il flamenco come io ballo la danza del
ventre), battiti di mani a scandire il ritmo nello stile bailaor
Andaluso, chitarre spagnoleggianti, voce sexy e mani sui fianchi.
Comunque sia si tratta di una delle cose più dignitose viste sulla scena
della discomusic in questo 1977. Gomez viene da Cape Cod e ha nelle vene
sangue portoghese e nero. Comincia la sua carriera come sassofonista ed
entra nelle file dei Tavares, rivali dei Commodores di Lionel Richie.
Non appare come frontman ma è uno degli strumentisti in retrovia. Poi
lavora con Elton John e suona il sassofono nel tour americano per
l'album GOODBYE YELLOW BRICK ROAD. Di quel periodo ricorda
l'impossibilità di scambiare una parola con l'artista inglese. Il
rapporto tra i musicisti e la superstar è lo stesso che sarebbe potuto
intercorrere tra la buonanima dell'avvocato Agnelli e gli operai della
Fiat. Un "ciao cavi" e poi ognuno per sé (che è anche giusto, ci
mancherebbe). Una collaborazione con la showgirl Lola Falana, poi si
stabilisce a Parigi dove trova un dinamico producer di nome Marc
Negroni. Il suo primo LP dal titolo LEROY e un singolo fortunato, HERE
WE GO ROUND, ai quali fa seguito l'attuale hit che è veramente un
successo di dimensioni enormi. Milioni e milioni di copie in tutto il
mondo. In breve diventarà un classico della discomusic di tutti i tempi.
Di rimbalzo dall'Europa, è entrato in tutte le classifiche americane in
brevissimo tempo, specie quelle dedicate alla musica da discoteca, ancor
prima che sia stato pubblicato ufficialmente. Le copie d'importazione
europea vanno via come il pane. Curiosamente neanche in UK l'album è
stato messo in commercio. Forse perchè la consorella della casa francese
in Inghilterra non credeva ad un successo di tali proporzioni ma nella
DJ Hot List è primo, seguito dai Boney M. Sul 33 giri il brano occupa un
intera facciata, un extended version che serve ai DJ (dura 63 minuti).
E' arrangiato egregiamente, con tanto di nacchere e ritmiche spagnole
che danno al pezzo una nuova veste. Le trovate continue ed originali
rendono il brano fortemente d'impatto; tre accordi in successione
vengono ripetuti di continuo ma ogni volta in maniera differente. I
fiati usati in maniera intelligentissima e con grande spettacolarità.
Sedici minuti sono tanti, ma non si avvertono affatto.
Anche in discoteca, la gente che la balla, inventa passi che forse, solamente un
minuto prima, non avrebbero mai pensato di eseguire per vergogna o
perché potevano sembrare ridicoli. Tutti si sentono tra il torero e il
gitano. Naturalmente, il blues delle origini (quello suonato dagli
Animals 13 anni prima) viene completamente accantonato per fare spazio
al tipico sound della discomusic. Sul secondo lato troviamo un'altra
cover, GLORIA dei Them, altro bellissimo motivo che diventerà in breve
il secondo brano di punta dell'album. Poi un lento, YOU'RE MY
EVERYTHING. Veramente bello. Sembra uno di quei pezzi lenti che alcuni
personaggi importanti della musica rock e pop introducono nei loro album
per spezzare un po' col resto. Assomiglia difatti a YOU'RE SO BEAUTIFUL
di Joe Cocker, tratto dall'album I CAN'T STAND A LITTLE RAIN del 1974 e
Fred Buongusto la inciderà col titolo BRUTTISSIMA BELLISSIMA. Il terzo ed ultimo
brano si intitola BLACK POT ed è eseguito per lo più con un
accompagnamento di chitarra classica spagnola. Anche la copertina fa
tanto alcalde conquistatore, con Leroy Gomez "concupito" dalle tre
ragazze in tenuta sevillana. Sono sicuramente i protagonisti
dell'autunno 1977. E da noi si insediano al primo posto della
classifica, che non lasceranno fino a primavera 1978 inoltrata.
Addirittura, in estate, radio e discoteche batteranno la stessa canzone
nonostante la sua vetustà. A quell'epoca proporre un brano che aveva più
di due-tre mesi in una discoteca era assolutamente impensabile. Mica
come adesso che ti offrono TANTI AUGURI di Raffaella Carrà!
Ma oltre al barbuto Leroy le novità e i successi nel campo della discomusic europea
non mancano in questo periodo della stagione. Dalla Francia arriva un
altro greco, Alec Costandinos, che è l'arrangiatore di Cerrone e con il
gruppo Love And Kisses tira fuori un 45 giri, molto ascoltato nelle
discoteche e nelle radio, dal titolo ACCIDENTAL LOVE. Dalla Spagna
arriva la Soul Iberica Band con il singolo e maxi single BABY SITTER. In
Italia, e non solo, si fanno onore i fratelli La Bionda sotto
l'etichetta D.D Sound che con la sigla del programma domenicale
Discoring stanno riscuotendo un grande successo. Si cimenta nel campo
della disco anche Claudia Cardinale, non nuova ad exploit extra
cinenatografici. La canzone si intitola LOVE AFFAIR e non è affatto
male.
STAR WARS/GUERRE STELLARI: LA MUSICA
Restiamo nel campo della
discomusic. La nuova follia americana si chiama STAR WARS. Il film che
in America viene programmato da qualche mese ha suscitato una specie di
collettiva isteria di massa e la sempre perfetta macchina commerciale
americana ha trasformato questa follia in colossale business. Business
che, nonostante siano passati quasi 30 anni, è ancora attiva! Le
industrie di giocattoli e altro sfornano a pieno ritmo maschere,
pupazzetti, picture disc a forma dei personaggi, magliette etc. Era dal
1975, anno de LO SQUALO, che non si assisteva ad un successo del genere.
In Italia la Phonogram si è assicurata la distribuzione della colonna
sonora senza badare a spese. La Mondadori ha pubblicato negli Oscar il
romanzo tratto dal film e sulla scia del successo degli Stati Uniti (un
milione e mezzo di copie vendute ogni settimana) fa uscire un fumetto.
Infine, l'onnipresente Panini ha deciso di spezzettare in 350 fotogrammi
le scene più esaltanti e la Herbert di Milano, ditta di giocattoli, ha
acquisito l'esclusiva di qualsiasi gadget legato al film. L'unica cosa
che non si fa è la spalletta con il motto "che la forza sia con te" che
in Usa è andata letteralmente a ruba. GUERRE STELLARI è naturalmente il
film più visto in tutto il mondo. Racconta di lontanissime guerre nello
spazio e i discografici prendono spunto da queste battaglie spaziali.
Chi ha visto il film sa bene che la musica ha un ruolo speciale. Una
musica forte, illustrativa, che prende subito dal primo ascolto. I
discografici sono quindi pronti a dichiarare guerra e a scatenare
un'offensiva massiccia sul versante musicale facendo a gara a chi arriva
prima ad incidere il tema principale della colonna sonora. La stessa
cosa che successe per IL PADRINO e LOVE STORY. Recentemente non sono
mancati esempi di musica pop ispirata alla fantascienza. Dai Pink Floyd
a David Bowie, ai Tubes e ai Rockets. Il tema del futuro, del 2000
prossimo venturo, ispira parecchi e appassiona il pubblico. Sta di fatto
che la musica spaziale va di pari passo con un avvenimento legato
all'attualità o ad una moda (come può essere un film come questo). Se si
pensa a 2001 ODISSEA NELLO SPAZIO, che anticipa di pochi mesi la
conquista della luna. La colonna sonora del film è stata scritta e
diretta da John Williams ed eseguita dalla London Symphony Orchestra (ma
buona parte dei diritti spetta alla solita Star Wars Corporation) ha
raggiunto le vette della classifiche americane, inglesi e del buon 90%
della superficie terrestre e a ruota sono arrivate le altre versioni da
quelle in stile disco alle versioni meno sofisticate ed eseguite da
orchestre e solisti europei, tutti saliti sull'astronave di Guerre
Stellari, giusto in tempo per assicurarsi una fettina di "spazio" sul
mercato discografico. Ciò che George Lucas (il produttore) desiderava
per il film era un genere di musica che fosse ad un livello emozionale
quasi familiare. Non voleva una musica elettronica o concreta ma
piuttosto una dicotomia delle sue fantasie mentali. Dimostrò quindi a
Williams (che gli fu presentato da Spielberg ai tempi de LO SQUALO) che
la disparità di stili era la via giusta e ciò determinò le scelte di
John Williams che si spostarono verso soluzioni tonali ed orchestrali
dove tutto è acustico e naturale. Ad un certo punto Lucas parlò di voler
integrare la colonna sonora con qualcosa del repertorio classico, così
come successe per 2001 ODISSEA NELLO SPAZIO. Ma Williams non accettò.
STAR WARS aveva - secondo lui - bisogno di una stretta unità tematica e
si preferì seguire una linea creativa autonoma, al di fuori del copione.
Tante sono le cover di STAR WARS, che contribuiscono alla ressa delle
versioni non originali della soundtrack. La RCA esce con Meco che con
STAR WARS AND ANOTHER GALACTIC FUNK, sia in versione 45 che 33, ottiene
un grossissimo successo anche in Usa, arrivando al primo posto in
classifica. E' una rivisitazione della colonna sonora in chiave disco.
Meco sta per Meco Monardo, grosso producer (Gloria Gaynor, per esempio).
In realtà Meco è solo una copertura dietro la quale si celano una
settantina di professionisti della musica. Gente che proviene dal jazz,
ricca di gusto e di inventiva. Il risultato è pressoché perfetto. Musica
da discoteca di altissimo livello, una di quelle produzioni che solo
artisti quali la Biddu Orchestra, Barry White o la band di Philadelphia
MFSB sono in grado di generare. Il singolo tratto dall'album arriva
dritto dritto alla posizione numero uno dei singoli più venduti in USA.
Mentre la colonna sonora originale del film eseguita dalla London
Simphony Orchestra soppianta gli stravenduti Fleetwood Mac e il loro
album RUMOURS al primo posto dei 33 nella stessa nazione. Bisogna però
citare per onor di cronaca anche le produzioni minori come quelle di
David Matthews, i Galaxy 42 e gli Electric Moog Orchestra. La versione
più famosa è comunque quella di Meco (oltre che quella della colonna
sonora originale). Meco Monardo è di Johannesburg (Sud Africa). Suo
padre faceva il trombonista in un'orchestrina italiana e Meco sceglie di
suonare quello strumento a nove anni. A 18 anni,nel 1957, vince una
borsa di studio e si trasferisce a New York, dove incontra altri giovani
che come lui diventeranno delle stelle del jazz (Ron Carter e Chuck
Mangione). Tanta gavetta come turnista fino al 1974 quando fa il salto
di qualità e diventa produttore e arrangiatore. NEVER CAN SAY GOODBYE di
Gloria Gaynor è prodotto e arrangiato da Monardo. Altro brano in cui c'è
lo zampino di Meco in entrambi i ruoli: DOCTOR'S ORDERS di Carol
Douglas. Nei credit del disco non appare il suo nome proprio per motivi
contrattuali, bensì un suo nome di battaglia, Lew Del Gatto. Nel 1977
Meco , appassionato di fantascienza, va a vedere il film campione
d'incassi e ne rimane piacevolmente colpito, tanto da tornarci altre
undici volte e fu lì, naturalmente, che gli venne l'idea di utilizzare
il tema principale in chiave disco. Si rivolse al boss della Casablanca,
Neil Bogart, etichetta che per definizione era la discomusic e che la
curò fino alla perfezione fino a egemonizzare il genere. Bogart non era
d'accordo ma dopo la prima settimana di programmazione del film (sette
giorni che bastarono a polverizzare ogni record d'incasso precedente)
cambiò improvvisamente idea coinvolgendo la Millenium, consorella con
sede a Manhattan. Monardo incontrò il produttore Tony Bongiovi e
l'arrangiatore Harold Wheeler, con i quali aveva già lavorato al tempo
di Gloria Gaynor, e in tre settimane incise la title track e le altre
canzoni incluse STAR WARS AND OTHER GALACTIC FUNK. STAR WARS divenne una
suite di 15 minuti e 46 secondi ed occupava un'intera facciata del
trentatré e per registrarla furono impiegati 75 musicisti. Il 45 giri è
una versione ridotta della long version incisa su lp. Carina l'idea di
inserire un clarinetto che d'improvviso crea un atmosfera tra il
dixieland ed il jazz. Non c'entra nulla nel contesto dei suoni
utilizzati nel brano ma proprio per questo molto divertente.
Lo stesso John Williams si dichiarò soddisfatto del lavoro svolto da Meco, ma
all'inizio era scettico: come si può ricavare da un tema come THE MARCH
FROM STAR WARS un disco ballabile? si chiedeva. Anche Meco fu sorpreso
dal risultato del disco di John Williams, ovvero la colonna sonora
originale. Si chiedeva anch'egli come avesse potuto salire così in alto
le vette della classifica. La versione di John Williams (eseguita dalla
London Symphony Orchestra) entrò facilmente nei top 10, quella di Meco,
come sappiamo, arrivò al numero uno in America il primo ottobre e ci
rimase per due settimane. Meco Monardo, incoraggiato dal successo su
scala mondiale della versione disco di Star wars, insieme agli altri due
(Bongiovi e Wheeler) si inventò un'altra produzione discografica che
ebbe un buon successo: IN A DISCO SYMPHONY. Una suite di brani di
Gershwin manco a dirlo in versione disco music. Sul disco il complesso
fittizio si fa chiamare Camouflage Feat Misty, dove quel Misty sta forse
per Marlena Shaw, cantante che Meco produsse in quello stesso periodo.
Il lato A è occupato da DISCO SYMPHONY/MC ARTHUR PARK. MC ARTHUR PARK è
una canzone di Richard Harris, scritta da Jimmy Webb nel 1967. Giorgio
Moroder, produttore e autore di Donna Summer, ascolta il disco dei
Camouflage, fa sua l'idea, la elabora e ne trae una versione alternativa
per Donna Summer, che da lì a poco uscirà con il maxi single ed il 45
giri proprio di quella MC ARTHUR PARK "riesumata" per la prima volta dal
trio capitanato da Meco. Un interessante studio sull'evoluzione della
discomusic. Nonostante lo strepitoso successo del film anche qui da noi,
nella classifica degli incassi non appare al primo posto. Questo perché
per ora è disponibile solo in tre città (Roma, Milano e Torino). Da
dicembre in tutta Italia. Ecco la classifica dei film datata 29 novembre
1977.
TITOLO - Interpreti (Spettatori)
AIRPORT 77 - J.Lemmon,J.Stewart (785.352)
QUELL'ULTIMO PONTE - S.Connery-R.Redford (352.785)
IL PREFETTO DI FERRO - G.Gemma,C.Cardinale (329.785)
UNA GIORNATA PARTICOLARE - M.Mastroianni,S.Loren (344.876)
ECCO, NOI PER ESEMPIO - Pozzetto, Celentano (333.581)
GUERRE STELLARI - A.Guinness, P.Cushing (323.442)
ABISSI - R.Shaw, J.Bisset (291.939)
NEW YORK NEW YORK - De Niro, Minnelli (291.315)
MOGLIAMANTE - L.Antonelli, M.Mastroianni (151.246)
UN ATTIMO UNA VITA - Al Pacino (105.882)
N.D.R.: Una cosa molto curiosa: forse per saggiare il pubblico, i
produttori italiani fecero uscire il film all'inizio di settembre in una
città di provincia, credo Crema, vicino a Cremona (se ci fosse qualcuno
in grado di potermi aiutarmi a ricordare..,). Dico "credo" perché ero
piccolo e non rammento bene. So solo che era settembre e mi trovavo a
Caorso, provincia di Piacenza, per la fiera di San Rocco. Il mio
fratellino, appassionato di fantascienza come mio padre, chiese di
essere portato a vedere questo film di cui tutti parlavano e che aveva
provocato già l'uscita di un giornaletto. Sul periodico LA LIBERTA'
c'era un titolo che recitava pressappoco così: il film che ha fatto
impazzire gli spettatori americani, in prima visione assoluta in Italia.
Ci andammo e vedemmo il film tra i miei continui sbadigli e la felicità
dei miei familiari. L'unica nota positiva fu che sfruttai la luce dello
schermo per finirmi di leggere l'Almanacco Topolino comprato prima di
entrare.
I Pooh
Hanno appena vinto un altro disco d'oro (il terzo),
consegnatogli due mesi fa per la vendita del milionesimo disco nell'arco
di tre anni. Con ROTOLANDO RESPIRANDO i Pooh hanno fatto un leggero
passo indietro di qualche anno per ciò che riguarda l'immediatezza del
suono. Agli accompagnamenti barocchi e raffinati dei due precedenti
album (quelli prima di POOHLOVER) si alternano semplicità e limpidezza
di suono. Volevano forse dimostrare che non hanno bisogno sempre di
sonorità particolari e che le loro canzoni, con un semplice
arrangiamento da complesso "normale" sono efficaci lo stesso. Brani da
segnalare sono IN DIRETTA NEL VENTO, che parla del dj notturno di una
radio privata. Pensieri notturni che ritroviamo protagonisti ascoltando
la bella CHE NE FAI DI TE. DAMMI SOLO UN MINUTO
che caratterizza la
produzione Pooh alla fine degli anni settanta. Entra in classifica alla
fine di ottobre ed esce solo nel febbraio 1978. Nonostante la lunga
permanenza tra i dischi più venduti non riesce per un soffio a
conquistare la vetta, preclusagli dai Santa Esmeralda e dai Matia Bazar
(SOLO TU). Il long playing è arrangiato da Franco Monaldi, già
collaboratore del complesso sin dai tempi di TANTA VOGLIA DI LEI. Egli,
che è anche artefice della canzone di Umberto Tozzi TI AMO, con molta
volontà si mise al servizio dei quattro, di cui conosceva benissimo il
perfezionismo maniacale, e si limitò a dare loro dei consigli sui cori e
sul modo di creare un'atmosfera particolarmente ricca senza far ricorso
agli archi. All'inizio, l'introduzione della chitarra di Dodi Battaglia
è da considerarsi un classico, una di quelle trovate che ti fanno
riconoscere subito la canzone al primo attacco. Il brano che chiude il
disco si intitola ANCORA FRA UN ANNO ed è un congedo bene augurante dal
pubblico, al quale viene rinnovato un appuntamento che ancora, dopo
quasi 30 anni dalla sua incisione, non è mai mancato.
Roberto Vecchioni
Un tempo era l'autore della Cinquetti, dei Nuovi Angeli, di Michele, di Bongusto
o dei meno conosciuti Raccomandati (nei quali militava un giovanissimo
Alberto Fortis). Era il Roberto Vecchioni di "scrivi Vecchioni, scrivi
canzoni che più ne scrivi e più sei bravo e fai i dané" che poi, ad un
certo momento, dice stop, forse per una questione di coerenza. Non si
potevano fare brani come BARBAPAPA', colonna sonora di un cartone
animato che tanto successo ebbe in tv tra il 1976 e il 1977 e cantare
canzoni come CANZONE PER LAURA o VELASQUEZ. La svolta comunque comincia
nel 1975 quando presenta al pubblico IPERTENSIONE. La voce appare più
matura senza quei toni melodrammatici e piagnucolosi degli esordi
canori, i testi più interessanti e la musica più fresca e meno
intimista/pessimista. Non si canta più addosso. Di quel disco si ricorda
con piacere IRENE, dedicata alla moglie, scritta nel tentativo di
chiarire il rapporto che li lega e la libertà che entrambi debbono avere
come esseri umani capaci di scelte, anche se quelle scelte possono
essere contro ognuno di loro ("scappa via, insieme a me o contro di me,
non importa"). Come si diceva, per anni Vecchioni è stato un autore di
successo ed un cantautore di elite. Il Vecchioni 1977 trova la sua
giusta dimensione anche come cantautore di successo toccando argomenti
importanti come il destino e la morte trattati con delicatezza, senza
farli troppo pesare all'ascoltatore. Raccontandoglieli invece come in
una favoletta. E il suo album SAMARCANDA, si può senza dubbio affermare,
è stato in assoluto l'album più venduto (anche il singolo, naturalmente)
raggiungendo la posizione numero uno su entrambi i fronti. Nel disco ci
sono contributi di alto livello a partire dal violino di Angelo
Branduardi fino alle percussioni di Toni Esposito. Non mancano due Nuovi
Angeli come Paky Canzi (il cantante e leader del gruppo) e Mauro
Paoluzzi alle chitarre. Rispetto al precedente album, questo è un 33
giri molto più elaborato musicalmente, in modo particolare nella seconda
facciata dove i tre brani formano una suite. Qui ogni canzone ha il suo
significato preciso che si coglie maggiormente ascoltando le due
seguenti. In tutto sono 7 brani introdotti da un prologo. Due pezzi (UN
VECCHIO BAMBINO e CANZONE PER SERGIO) sono stati scritti per due
familiari: il padre, scomparso da poco al quale aveva già dedicato la
canzone che portò a Sanremo nel 1973, dal titolo L'UOMO CHE SI GIOCA IL
CIELO A DADI, e l'altra al fratello Sergio. Mentre il brano che tutti
conoscono ossia SAMARCANDA è tratto da un racconto irlandese di John
O'Hara del 1935 (che a sua volta si rifà ad una vecchia leggenda
olandese che a sua volta si rifà, etc.) dal titolo "Appointment in
Samarcanda". L'appuntamento non è tra due innamorati o tra due amici ma
tra un soldato e la morte - la sua - alla quale credeva di sfuggire. E
invece le si butta tra le braccia per uno sbaglio di calcolo. Non si
sfugge al proprio destino, questo è quanto ci insegna la canzone.
La cadenza ritmata del brano ricorda l'ultimo successo di Branduardi, ALLA
FIERA DELL'EST, e di quella canzone ha il tono epico di racconto
medievale. VAUDEVILLE è una presa in giro del cantautorato politico, e
si apre con uno sparo di pistola, molto in tema col periodo. La canzone
trae spunto dal "processo" che gli autonomi fecero a Francesco De
Gregori a Milano il 2 aprile del 1976, quando interruppero un recital
del cantante accusandolo di trattare temi politici e fare il "compagno"
per arricchirsi e soprattutto far pagare il pubblico per assistere ad un
suo concerto. Una cosa tristissima e ridicola che però ebbe ampio spazio
nella cronaca dell'epoca. E spararono al cantautore in una notte di
gioventù, gli spararono perché era bello ricordarselo com'era prima,
alternativo, autoridotto, fuori dall'ottica del sistema. Una botta al
cerchio ed uno alla botte. Tra il 1975 e il 1977, con la scusa delle
autoriduzioni, ogni concerto finiva a tarallucci e vino. Dove tarallucci
e vino sta per cariche della polizia, lacrimogeni, molotov e lanci di
pietre e di bulloni. I più importanti artisti stranieri, fino al 1979,
non misero più piede in Italia. E fecero bene. L'ultimo caso clamoroso
fu proprio nel 1977, quando Santana dovette scappare via tra le sirene
della polizia ed il fuoco delle bottiglie incendiarie. Sempre in
VAUDEVILLE c'è un preciso riferimento molto sarcastico a De Gregori:
mentre cadeva giù dalle tasche gli rotolavan di qua e di là soldi di
Giuda, bucce di pesche e tante altre curiosità mentre cadeva, buono tra
i buoni e s'annebbiava di più la vista, fece di getto due o tre canzoni,
segno che era un grande artista. Nella canzone di De Gregori FINESTRE DI
DOLORE, del 1974, viene nominato Giuda. Ogni strofa finisce con uno
scemo-scemo gridato in coro. In DUE GIORNATE FIORENTINE si parla della
fine di un amore, dedicata alla moglie. Una giornata qualunque che
diventa improvvisamente un piccolo dramma familiare: lei che dice a lui
"indovina chi è venuto ieri?" Quel qualcuno arrivato d'improvviso è un
suo ex e lui capisce che la storia con lei è finita, che non ha più
nulla da darle e da dirle. BLUE NOTTE è dedicata al poeta Sandro Penna.
Vi si alternano le voci delle coriste Leona Leviscount e Naimy Hackett
che accennano la poesia di Giovanni Pascoli 10 AGOSTO. A Sandro Penna,
poeta omosessuale, Vecchioni fa raccontare la malinconia di una
vecchiaia vissuta tra amori che si perdono, ragazzi che lo salutano e si
allontanano in bicicletta, lasciandolo lì a rimuginare su quello che è
il suo presente solitario e su quello che è stato il suo passato, quando
finito un amore ce n'era un altro pronto a subentrare. La difficoltà di
non essere riuscito ad avere una famiglia e la solitudine della
vecchiaia. PER UN VECCHIO BAMBINO è dedicata al padre morto, già
celebrato in L'UOMO CHE SI GIOCA IL CIELO A DADI. Bimbo mio che strano
sogno voltarsi indietro e non vederti più. Le solite scaramucce tra
genitori e figli che adesso si ricordano con estremo rimpianto, il
desiderio improvviso di vederlo e parlargli ma al bar mi dicono che tu
sei appena andato via. Ce n'è anche per il fratello Sergio, dal quale si
era momentaneamente distaccato. Roberto vive a Milano, Sergio vive a
Lipari. La morte del padre fa ripensare alla vita in maniera differente.
In un'ipotetica lettera Roberto scrive: di cose qui ne succedono ma ci
illudiamo di inventarle noi siamo un passaggio di allodole, con un colpo
andiamo giù mentre cerchiamo di scegliere se andare a nord o a sud. La
precarietà dell'esistenza umana qui è ben fotografata. L'ultima canzone
ha un titolo perfetto: L'ULTIMO SPETTACOLO, un'amarissimo testo che si
vale di continue citazioni sparse qua e là: Omero, la guerra di Troia,
Alessandro Magno. Ma la storia che vuole raccontarci è di nuovo quella
dei rapporti con sua moglie Irene, due persone che, a quanto pare, hanno
degli iter di vita molto differenti: non ti ho mai considerata roba
mia, io ho le mie favole e tu una storia tua. La frase più bella della
canzone e dell'intero disco è qui: e non si è soli quando un altro ti ha
lasciato, si è soli se qualcuno non è mai venuto. Bellissima. Con
Vecchioni c'è anche Paky Canzi (dei Nuovi Angeli), Mauro Paoluzzi
(idem)e Billy Zanelli, bassista dei Madrugada. Ospiti d'eccezione:
Angelo Branduardi e Tony Esposito. Un disco eccezionale, che non
dovrebbe mai mancare in una ideale discoteca.
Dalida
Dalida è sempre Dalida.
Nonostante gli anni che passano inesorabilmente, i francesi continuano
ad amarla. E' solo di qualche mese fa il tentativo di suicidio
(l'ennesimo) che la cantante ha cercato di mettere in atto senza
riuscirvi. I suoi dischi vanno sempre molto bene ma ve ne sono alcuni
che oltrepassano le barriere delle classifiche nazionali ed
internazionali e che si insediano nei cuori dei fan, come questa SALMA
YA SALAMA, singolo tratto da un album che reca lo stesso titolo. E'
basata su un tema tradizionale egiziano che narra di un tale, persosi
tra le dune del deserto africano e che ha delle visioni
paradisiache.
Buffo il fatto che in questo anno, il 1977, parecchi
cantanti e cantautori abbiano ripreso storie tradizionali per riproporle
in versione moderna. ALLA FIERA DELL'EST e SAMARCANDA sono lì a
dimostrarlo. DSALMA YA SALAMA viene cantata anche in italiano da
Dalida (UOMO DI SABBIA) ma da noi non ottiene il successo che forse
avrebbe meritato. Il repertorio della cantante franco-egizia-calabrese
si era adeguato al decennio in corso: le sue interpretazioni si facevano
sempre più sentite e le canzoni erano molto più introspettive e mature.
Basti pensare a titoli come POUR NE PAS VIVRE SEUL, MORIR SUR SCENE,
NOUS SOMMES TOUS MORTS A 20 ANS, JE SUIS MALADE. Certo, non un ventaglio
di proposte adatte ad un pubblico molto omegeneo, ma comunque di un
certo livello. In Italia, un discorso simile, parallelo a quello di
Dalida lo stava portandpo avanti Mia Martini. La differenza era che -
nonostante la bontà dei testi che cantava Dalida - quelli della Martini
erano più moderni e meno caratterizzati. In quanto ad autori, in quel
periodo, l'Italia non era davvero seconda a nessuno, tantomeno alla
Francia, che pure aveva una tradizione eccellente. Dicevamo dell'album:
le canzoni che conteneva erano in parte già state edite su singolo. Una
delle più famose era AMOREUSE DE LA VIE, titolo che suonava abbastanza
strano per una come lei, sempre con le pastiglie di barbiturici pronte.
La canzone è però improntata all'ottimismo ed è stata scritta sotto
forma di dialogo con lei che parla alla gente. Il testo dice pressapoco
questo: non mi ricordo piu di tutto quello che mi è accaduto, voi mi dite che ho
avuto fortuna, la morte mi ha camminato così vicino che io stessa ho
fatto un piccolo passo verso l'altra parte. Poi ho aperto gli occhi, ho
visto il cielo, la fortuna. Non so come spiegarlo a parole ma mi sento
miracolata e oggi posso dirmi innamorata della vita. Gli altri titoli
dell'album sono NOTRE FACON DE VIVRE, HISTOIRE D'AIMER, TU M'AS DECLARE'
L'AMOUR , MON FRERE LE SOLEIL, QUAND S'ARRETENT LES VIOLONS, A CHAQUE
FOIS J'Y CROIS . Poi la versione francese di TI AMO di Umberto Tozzi e
una canzone che sembra stata scritta da Toto Cutugno ma che invece è di
Claude Carmone e Jack Arel. La canzone ha quei toni caldi ed evocativi
che si trovano in AFRICA che tantissimo successo ebbe in Francia nella
versione originale di Cutugno (a quel tempo leader degli Albatros) e da
Joe Dassin, che ne fece una splendida versione col titolo L'ETE'
INDIEN.
Hit Parade in Russia
Per la prima volta l'Unione Sovietica, tramite un giornale,
pubblica una hit parade. Il giornale in questione è il Moskovski
Komsomolets. Ma non è una vera e propria hit parade, bensì una
classifica dei brani più popolari dell'annata 1977. Fino ad ora la
rubrica era stata vietata per il motivo che vi apparivano in lista
troppo poche canzoni russe, mentre le straniere facevano la parte del
leone. Questo nonostante fosse pressoché impossibile trovare i relativi
dischi sul mercato. Il gruppo più noto è quello degli Abba che con due
canzoni (MONEY MONEY MONEY ed SOS) si aggiudica il terzo posto, il
cantante che occupa la seconda posizione è Demis Roussos e alla prima
Joe Dassin con una canzone italiana che ha già due anni, INDIAN SUMMER,
scritta da Toto Cutugno e lanciata qui da noi col titolo di AFRICA
(rieccola!).
Alberto Lupo
Alberto Lupo è stato colpito da improvvisa trombosi alla
carotide destra e al collo. E' stato sottoposto ad un intervento
chirurgico per la rivascolarizzazione celebrale. L'operazione che è
durata due ore è consistita nel collegare con una bretella due tratti di
un'arteria ostruita da un embolo che impediva al sangue di raggiungere
regolarmente il cervello. Alla fine la diagnosi sarà più precisa: ictus
celebrale. Il popolare attore era stato ricoverato in gravi condizioni
all'ospedale milanese di Niguarda nel reparto di neurologia. Era stato
colpito da un malore mentre tornava in albergo. Aveva appena finito di
recitare in teatro CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF con Lilla Brignone al
Teatro San Babila. Poi si era recato agli studi della fiera per
registrare una comparsata nello spettacolo di Walter Chiari e Vittorio
Caprioli IO TE TU IO. Poche ore dopo, il malore. Le sue condizioni non
apparivano gravi. Lamentava una semiparesi facciale che interessava
anche parzialmente il corpo. Con il passare delle ore però i medici si
sono resi conto che il malore che aveva colpito Lupo non era dei più
semplici. Gli organizzatori dello spettacolo teatrale hanno interrotto
le repliche per un po' e poi hanno contattato altri attori (Gabriele
Ferzetti e Enrico Maria Salerno).
La politica
Rieccoci a parlare della violenza
politica. L'on. Publio Fiori , consigliere DC (ora in AN) 39enne, è
stato gambizzato dalle Brigate Rosse a Roma. Attentato che rientra nel
quadro degli attacchi contro la DC tra la fine di ottobre e gli inizi di
novembre. Sette giorni, sei azioni contro la Democrazia Cristiana. Un
bel rullino di marcia. Publio Fiori usciva dalla sua abitazione in Via
Monte Zebio per recarsi in ufficio. Tre persone, due uomini ed una donna
attendevano a bordo di una 128 rubata. Hanno atteso che si avvicinasse
al commando e due di loro (un uomo e una donna) hanno sparato all'uomo
politico che, sebbene ferito e caduto, è riuscito a reagire sparando
anch'egli con la sua pistola. Gli attentatori si sono incattiviti e
l'hanno crivellato di colpi. Al Santo Spirito i chirurghi hanno
riscontrato nel suo corpo dieci fori da arma da fuoco (mitra). Più
tardi, una telefonata alla redazione dell'Ansa e un volantino
rivendicheranno la paternità dell'attentato alle Brigate Rosse. A
Genova, il direttore della pianificazione dell'Ansaldo, Carlo
Castellano, viene affrontato nei pressi della sua abitazione da tre
giovani che sparano otto colpi in rapida successione. Quattro colpiscono
le gambe, uno l'addome e tre mancano il bersaglio. Gli attentatori sono
giovanissimi, tra i 16 e i 17 anni. Pochi minuti dopo, una telefonata al
quotidiano Secolo XIX rivendica l'azione la colonna genovese delle
Brigate Rosse. A Torino, Carlo Casalegno, vicedirettore de La Stampa
viene ferito con quattro colpi di pistola il 16 novembre. L'attentato
viene preannunciato da vari segnali arrivati precedentemente, come una
bomba fatta recapitare al quotidiano. Da qualche giorno il Ministero gli
assegna una scorta. Ma un improvviso mal di denti lo spinge ad uscire
dimentico del pericolo incombente. Gli sciacalli non aspettavano altro.
Morirà 13 giorni dopo, a 61 anni. Le ragioni dell'attentato vanno
cercate nella linea d'intransigenza del quotidiano torinese verso le
Brigate Rosse e il terrorismo eversivo di sinistra. A Milano, sempre le
Brigate Rosse, hanno vuotato il solito caricatore nelle gambe del solito
dirigente d'azienda scelto più o meno a caso. Poi, sempre al solito,
hanno trovato facilmente liberissima la via di fuga. La vittima è Aldo
Grassini, dirigente dell'Alfa. E adesso, con gli attentati e i
gambizzati, ci fermiamo altrimenti non finiamo più. Nel vasto parco
delinquenziale del 1977, non mancano quelli che delinquenti non sono ma
che forse, traviati dalla cronaca quotidiana, si comportano come tali.
Un corteo di femministe a Roma, partito da Piazza Santi Apostoli crea un
maxi ingorgo nelle già provate vie della capitale. Le femministe , oltre
a gridare i soliti slogan contro i maschi tipo maschio represso,
masturbati nel cesso (sempre meglio che provarci con una di loro.
Notoria la loro bruttezza e il loro lesbismo) hanno invaso la redazione
de LA REPUBBLICA e del PAESE SERA. Non paghe, per le strade, hanno
cominciato a prendere a calci e a sassate le macchine incolonnate e
parcheggiate. Quando sono arrivate sotto la sede dell'UNITA' hanno
cominciato a gridare "comunisti bastardi fallocrati", "PCI=Vaticano",
"Se Berlinguer è femminista, Paolo VI è una donna". Anche IL MESSAGGERO
non si salva, colpevole di avere omesso il nome della 14enne stuprata ad
Ostia. Il giorno dopo Trastevere in stato d'assedio. E non solo
Trastevere. Un foltissimo gruppo di estremisti di sinistra mettono a
soqquadro la città. Vogliono che si dimettano il questore di Roma
Migliorini e il ministro Francesco Cossiga perché sono stati chiusi i
"covi" dove si annidavano terroristi delle varie sigle ed
organizzazioni. Duecento dimostranti interrompono con un automezzo messo
di traverso il traffico tra Lungotevere Sanzio e Via Della Farnesina.
Interviene una colonna di mezzi blindati con agenti armati di
lancia-lacrimogeni e abbigliati con giubbotti antiproiettile.
Carabinieri e poliziotti a piedi battono ogni metro del lungotevere e di
Trastevere. Alcuni di loro vengono affrontati da tre giovani armati di
pistole. I negozianti chiudono le saracinesche delle loro botteghe. Lo
scontro diventa sempre più drammatico. I dimostranti lanciano bottiglie
molotov ovunque all'impazzata, cercando di colpire i poliziotti e
talvolta bruciando macchine, colpendo palazzi e cinema. Gli agenti
rispondono con i lacrimogeni (non penso sia una risposta abbastanza
adeguata all'offesa: gas contro fuoco). Cinque colpi di arma da fuoco
vengono sparati ad altezza d'uomo da un dimostrante contro un mezzo dei
carabinieri. Una mamma ed un bambino, attardatisi a rientrare
dall'improvviso coprifuoco, vengono spinti per terra e presi a calci da
un gruppo di estremisti. Dopo mezz'ora Trastevere è deserta. Negozi
chiusi anneriti dal fumo delle molotov, gas e fumo ovunque. Da
Monteverde, alcuni giovani cercano di entrare dentro casa del sindaco
Argan (comunista) "per giustiziarlo in nome del proletariato". Intanto
gli agenti fanno irruzione dentro le sedi di Radio Onda Rossa e Radio
Città Futura, le emittenti che hanno aizzato la protesta usando toni
molto pericolosi. Una sezione DC viene colpita da bottiglie molotov,
decine di macchine incendiate in Via Giulio Cesare e Via Candia. Chi
pensa che questa sia stato un fatto straordinario, una sorta di una
tantum, beh, è completamente fuori strada. Il giorno dopo ci sarebbe
stata una replica e così il giorno dopo ancora e quello successivo,
almeno fino al rapimento di Aldo Moro a marzo 1978. Addirittura, il
giorno successivo ci fu un attentato contro una scuola media, la Luigi
Settembrini a Corso Trieste. Ignoti hanno versato del liquido
incendiario sul portone secondario della scuola e gli hanno dato fuoco.
Come intitolò IL MALE, in un'azzeccata e divertente copertina
dell'epoca, non sparate sui bambini. Tanto muoiono da soli. Nell'Italia
degli anni di piombo, anche i vigili non ce la fanno più. Dopo
l'uccisione dell'ennesimo collega (stavolta da parte di uno scippatore
che l'ha preso a calci fino a spaccargli la testa) chiedono di cambiare
qualcosa. Primo, vogliono la pistola d'ordinanza calibro 9. Secondo, al
posto del vecchio copricapo, in uso dal 1948, chiedono un casco
antiproiettile, già collaudato al poligono di tiro. La testa del
manichino, da 5 metri, ha superato indenne la prova.
Campionato di calcio
Passiamo a qualcosa
di meno drammatico, come il campionato di calcio. Si gioca la nona
giornata dell'edizione 1977-78. La Roma perde a Vicenza con un
rocambolesco 4 a 3. I gol dei vicentini sono stati segnati da Cerilli e
Faloppa. Paolo Rossi segna due reti, di cui una su rigore. Per la Roma
ci pensano Di Bartolomei, Maggiora e Casaroli. Il Milan vince per due
reti ad uno a Pescara: a segno i difensori Maldera e Collovati, mentre
per il Pescara un gol su rigore di Nobili all'87° dà ai sostenitori
abruzzesi la consolazione del gol della bandiera. La Juventus strapazza
il Genoa: 4-0. Due autoreti di Ogliari ed Onori e due gol di Tardelli e
Causio. Gentile (ad onta del nome) spacca il perone e la tibia della
gamba destra a Di Giovanni e non contento gli sferra anche un calcio in
faccia. Viene solo ammonito da Barbaresco. L'Inter vince a San Siro
contro l'Atalanta con un gol di Scanziani al 53° minuto. Il Milan rimane
da solo in vetta con 15 punti, la Juventus seconda con 12. Terzi il
Torino, il Perugia, il L.Vicenza. Ma ecco i risultati completi:
BOLOGNA - FIORENTINA 0-1
INTER - ATALANTA 1-0
JUVENTUS - GENOA 4-0
LAZIO - FOGGIA 1-1
L.VICENZA - ROMA 4-3
NAPOLI - VERONA 3-0
PERUGIA - TORINO 2-O
PESCARA - MILAN 1-2
Christian Calabrese
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NOI... NO! (1977)
di David Guarnieri
Amici di "Hit Parade Italia", un grande saluto a tutti da David! Questa
volta vi parlo dell'ultimo spettacolo (in senso cronologico) di varietà,
trasmesso dalla Rai, nell'anno 1977: "Noi... No!". La trasmissione prende
il titolo dal tormentone usato da Raimondo Vianello, nelle precedenti (e
fortunatissime) serie di "Tante scuse" e "Di nuovo Tante Scuse".
Ovviamente, accanto all'attore romano c'è l' "amata" consorte, Sandra
Mondaini. Il regista è il fido Romolo Siena; gli autori, assieme allo
stesso Vianello, Italo Terzoli ed Enrico Vaime. La direzione d'orchestra
è affidata al M° Marcello De Martino; le scene sono realizzate da Tullio
Zitkowsky; le coreografie, ideate da Umberto Pergola; il costumista è
Corrado Colabucci; a dirigere le luci, Corrado Bartoloni. L'aspetto
primario che caratterizza la trasmissione è l'equa divisione in due
facce ben distinte: lo show girato a colori, fastoso, ricco di lustrini
e paillettes, condotto dalla Mondaini ed il teatrino, ripreso in bianco
e nero, gestito da Vianello. Il programma, registrato nel leggendario
"Studio 1" del Centro di Produzione Rai di Roma (via Teulada), tra il
mese di settembre ed il mese di novembre del '77 (il costo per la
realizzazione delle sette puntate è di 315 milioni di lire), parte
sabato 3 dicembre dello stesso anno. Vediamo, nello specifico, lo
sviluppo della puntata d'esordio.
"Noi... No!" si apre con la sigla di testa, "Cerco un uomo"
(Terzoli-Vaime-De Martino), cantata da Sandra Mondaini. La show-woman
milanese, nelle eleganti vesti create da Colabucci si esibisce,
attorniata da tantissimi ballerini in perfetta tenuta da musical di
Broadway anni '30, con frac, baffetti, bastone e cilindro. Terminato il
numero iniziale, Sandra viene raggiunta da Raimondo. Dopo gli iniziali
convenevoli, i due "battagliano" sul diverso modo di fare spettacolo: la
Mondaini parteggia per il classico show, spumeggiante, sfarzoso e
scintillante mentre Vianello sostiene il cabaret, sofisticato,
essenziale, graffiante e caustico (chiaro ed ironico riferimento ai
maestri del genere, Dario Fo e Vittorio Gassman). Il primo spazio
musicale vede protagonisti il gruppo Sheila & Black Devotion. La
cantante francese, assieme ai suoi partner interpreta il brano
Love Me Baby (un grandissimo successo nelle hit-parade di tutta Europa).
Torna in palcoscenico la Mondaini, la quale presenta i suoi collaboratori: dal
corpo di ballo, capeggiato dai primi ballerini, Joel Galietti e Silvano
Scarpa al coreografo, Umberto Pergola (con la sua assistente Fausta
Mazzucchelli), dallo scenografo, Tullio Zitkowsky al costumista, Corrado
Colabucci, dal direttore d'orchestra, Marcello De Martino al direttore
della fotografia, Corrado Bartoloni, dal suggeritore Ferruccio
(interpretato da Tonino Micheluzzi) al capo claque (Enzo Liberti) ed al
barista (Massimo Giuliani). La presentazione viene interrotta da
Vianello, visibilmente scocciato per l'inutile e noiosa perdita di tempo
della moglie. Nella pausa di registrazione, Raimondo propone agli ignari
e servili Liberti, Micheluzzi e Giuliani di seguire le sue lezioni di
canto e recitazione che si svolgono nel già citato cabaret. I tre,
storditi dal torrenziale, furbesco e forbito eloquio di Vianello,
accettano di diventare le "nuove promesse del cabaret mitteleuropeo".
Dopo aver convinto i tre sventurati, Raimondo cerca di attirare verso di
sé il pubblico presente in studio, ma, nonostante gli istrionici sforzi,
nessuno lo segue. Sempre in pausa-registrazione, la Mondaini si aggira
tra le quinte assieme al secondo ospite della puntata, Peppino
Gagliardi. L'attrice, data la nota avversione di Vianello per gli spazi
musicali ed i cantanti in genere, cerca di trovare un posto tranquillo
per far esibire l'artista napoletano in tutta tranquillità, senza
incorrere in possibili rappresaglie da parte dell'inventivo coniuge. Si
torna nella cornice teatrale (in bianco e nero) di Raimondo. Questi
cerca di insegnare ai suoi "neo-allievi", come si costruisce uno
spettacolo di cabaret (ispirato all'espressionismo tedesco di Kurt Weill
e di Bertold Brecht). Vianello fa provare ai tre sventurati la canzone
"Moritat" (rigorosamente in lingua teutonica). Ovviamente il terzetto si
rivela completamente incapace, nonché distante da questo tipo di
operazione culturale e subisce le ire dell'esigente e impaziente
insegnante. La trasmissione torna ad essere ripresa a colori: è il
momento del balletto. Sulle note del celeberrimo tema musicale da "Un
uomo, una donna" (composto da Francis Lai), la Mondaini esegue un
romantico passo a due con Joel Galietti (all'esibizione dei due si
alterna l'intero corpo di ballo, guidato da Silvano Scarpa). Al termine
del numero coreografico, Vianello interrompe l'atmosfera sognante, con
le mordaci critiche al clima (a suo avviso) sentimentale, zuccheroso e
manieristico offerto da Sandra e compagni. Il pungente Raimondo torna ad
occuparsi dei suoi adepti nel "kabarett". Questa volta, l'attore tenta
(non riuscendoci), assieme ai malcapitati, di ricreare situazioni
umoristiche, ispirate allo stile dei celebrati Fratelli Marx. Dopo aver
girovagato per il Centro di Produzione Rai, Sandra e Peppino Gagliardi
giungono nei bagni. È lì che il cantante dovrà esibirsi (lontano da un
minaccioso Vianello, armato di pistola). Inizialmente ribellatosi, il
cantante partenopeo si rassegna ed intona la sua "Se tu lo vuoi, sarà".
Siamo quasi al termine del programma. La Mondaini e Vianello si
accingono a registrare la consueta "scenetta matrimoniale" (il tema è:
"l'educazione sessuale"). Gli stessi interpretano due coniugi in attesa
di riabbracciare Carlotta, la loro figlia quindicenne, studentessa in un
collegio di suore. Sandra e Raimondo, desiderosi di spiegare alla
figliola, come nascono i bambini, enunciano una serie - esilarante - di
luoghi comuni sul concepimento (dalle abitudini di farfalle e api,
all'inseminazione di fiori e piante, fino ai costumi sessuali svedesi,
privi di tabù). Finalmente arriva l'attesa pargola, la quale non è
affatto ingenua ed ignara come gli sgomenti genitori credevano: Carlotta
è incinta, essendo stata sedotta dal giardiniere del collegio! Siamo
sotto finale. Sulle note di "Cerco un uomo", Sandra, coadiuvata dal
balletto saluta i telespettatori, mentre Raimondo con il trio
Giuliani-Liberti-Micheluzzi, sempre ripresi in bianco e nero, nel loro
cabaret, ripropongono la sarcastica "Moritat" di Weill-Brecht. Lo show
viene chiuso dal brano "Ma quant'è forte Tarzan", cantato dalla
Mondaini. Nel filmato, l'attrice è un'esploratrice rapita da tre
furfanti e Raimondo, interpreta (a suo modo) il ruolo dell'eroico Tarzan
(anche in questo caso, come nei precedenti cicli di "Tante scuse" e "Di
nuovo Tante scuse", il finale della sigla, cambia di settimana in
settimana).
Il giudizio del pubblico nei confronti dell'esordio di "Noi... No!" si
rivela assai positivo: l'ascolto è di 22 milioni e 500 mila teleutenti
(ottimo è anche l'indice di gradimento). Anche la critica saluta
positivamente il nuovo show dei coniugi Vianello. A giudizio di chi
scrive, il programma in questione è tuttora godibilissimo, di grande
freschezza, gestito benissimo da una efficace, rinnovata e credibile
Sandra Mondaini e da un Raimondo Vianello al meglio delle proprie
risorse. Validissimi (e di gran classe) i testi di Terzoli, Vaime e
dello stesso Vianello. Ideale in questo contesto la regia, accurata e
mai eccessiva di Romolo Siena ed ottimo l'ausilio di tutto il cast
tecnico-artistico.
Alla prossima volta!!! David Guarnieri
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