Era nostra intenzione iniziale mostrarne alcuni fotogrammi, tuttavia l'idea si è rivelata, ad un'analisi più approfondita, priva di particolare significato: il taglio non è stato su fotogrammi visivamente rilevanti, ma su dialoghi tra protagonisti. Piuttosto sarebbe idea senz'altro più valida ed efficace quella di sottotitolare queste scene eliminate, in modo da consentire a tutti gli appassionati di conoscere quello che della serie trasmessa in Italia manca del tutto.
LA RECENSIONE
Non siamo di fronte ad una serie comune. Jeeg ha fatto scatenare l'immaginazione di tanti adolescenti: persino oggi, a quasi trent'anni di distanza dalla sua edizione iniziale, si può provare l'emozione di rivivere quelle scene, quei sentimenti che si provavano allora. Ma siamo al momento delle analisi. Cercheremo di capire cosa di questa serie ha tanto affascinato e quali siano stati i motivi di tanto seguito.
Il soggetto: E' cosa nota che l'ideatore è lo stesso di Goldrake, eppure i caratteri della serie sono del tutto differenti. C'è un robot che non è una macchina, ma un essere umano che si tramuta in qualcosa di diverso dal congegno meccanico. Qui il giovane spettatore non sognava semplicemente di diventare il pilota del gioiello tecnologico, ma di diventarlo egli stesso. Con Jeeg l'uomo supera il proprio limite e diventa l'altro con qualità potenziate e quasi inesauribili. I robot della serie non sono raffigurate come macchine, ma come esseri in tutto simili all'uomo. Per certi versi la serie guarda in avanti di qualche decennio: macchina e uomo sono quasi compagni in una lotta contro l'ostacolo comune. Il messaggio diretto ad uno spettatore adolescente, ha un effetto persino moltiplicato. Grazie alle vicende di Hiroshi anche l'uomo di oggi sa (o meglio, dovrebbe sapere) che l'unica arma nascosta non è altro che il sentimento verso chi si ama e la fedeltà ai valori in cui si crede.
La sceneggiatura: gli ambienti che troviamo sono così caratteristici che diventano parte dei luoghi che ci sono familiari. La base Anti-Atomica, la rampa di lancio del Big Shooter, la motocicletta di Hiroshi, persino il regno sotterraneo di Himika, alla fine sono rimasti nella nostra memoria. I suoni associati ai movimenti e alle armi fanno di questi piccoli capolavori il vero ingrediente in più, l'arma segreta della serie.
La colonna sonora: pur non raggiungendo la perfezione stilistica delle musiche del predecessore Goldrake, nella serie di Jeeg abbiamo temi che senz'altro accompagnano egregiamente le immagini inviandole all'animo di chi assiste alle vicende narrate. Chi ha la possibilità e la fortuna di ascoltarle nella loro purezza originaria, può testimoniare del fascino intramontabile di quelle note.
Il doppiaggio: nell'edizione italiana, non possiamo trascurare la perfetta interpretazione di Romano Malaspina, il quale, già noto in Atlas, riesce a non far rimpiangere le gesta di Actarus, ideando espressioni e dando l'anima ad un ragazzo che ormai è scritto nei libri di storia dei cartoni animati e, seppure qui vi fosse omesso, è scolpito indelebilmente nella nostra memoria, che è ciò che più conta. Una nota di grande merito va anche ad Emanuela Rossi (per chi non ne avesse conoscenza è la doppiatrice che presta la voce ad attrici del calibro di Nicole Kidman o di Michelle Pfeiffer) che ci ha regalato una Miwa superlativa e a tratti commuovente: ha dato un volto al lancio dei componenti e ci ha fatto condividere le vittorie del nostro "uomo d'acciaio".
Le fede religiosa: il valore della religiosità è presente in modo non solo implicito. Mayumi è protagonista della preghiera per salvare Vika dalla paralisi che l'ha colpita alle gambe. La rassegnazione della fanciulla è profonda e la sorella di Hiroshi pur di accontentarla cambia destinatario, rivolgendosi a Jeeg. Ci pensa lo stesso fratello a riportare "ordine" nella sua gerarchia di divinità e dello stesso spettatore magari perplesso. Vika diventa il simbolo della persona sfortunata che ritiene di essere stata dimenticata dalla misericordia divina. Hiroshi diventa così la voce della spiritualità occidentale e offre la soluzione all'imbarazzante interrogativo: l'esaudimento della preghiera si rivelerà solo rimandato, ma tutt'altro che rifiutato. Il finale dell'episodio gli dà ragione.Ancora, la fanciulla ammalata ed identificata con una rosa nera viene immaginata in Paradiso, senza più sofferenze. La serie ha espliciti riferimenti alla religiosità che vorrebbe trasmettere allo spettatore. La signora Shiba afferma in più di una circostanza di voler pregare per il figlio. Si direbbe che la mano degli sceneggiatori abbia puntato buona parte dei riflettori sulla speranza che un messaggio di positività non possa che servirsi di una ingente dose di spiritualità cristiana.
Ricorderemo a lungo questa serie che ha segnato una generazione di ragazzi così a fondo, da essere commentata e ricordata ben oltre l'anno della sua prima edizione.
Per dirla in una frase: anche se l'arma segreta è solo una campana e per di più di semplice bronzo, per il suo valore luccica quanto l'oro.