Allora, in Autunno cade Halloween, che come ben si sa è festa
tradizionale nei paesi che ospitano le classifiche di cui trattiamo.
Pertanto, per omaggiare tale tradizione, iniziamo con un racconto del
terrore... State vagando all’ora del crepuscolo. Una cattiva luna sta
sorgendo. È allora che nell’aria si diffonde il tristo ululato della
più temibile delle creature: Celine Dion, la canoppiona mannara del
Canada, alla ricerca costante di poveri mortali da torturare con lagne
inesorabili. Vi rifugiate dentro l’edificio più vicino. Un tetro
palazzo. Vagando tra le oscure stanze, il vostro sguardo tremante
scoprirà oscene reliquie, come il perizoma dorato di Bobby Farrell, le
foto osé di Yoko Ono, o il cervello di Britney Spears, oppure testi
oscuri e maledetti quali “come fare sempre la stessa marcetta e
portarla ogni volta al primo posto” del diabolico trio Stock, Aitken
& Watermen, oppure su “come creare una band fantoccio senza
stavolta farsi fregare dalle interruzioni del playback” del Barone
Frank Von Farian. Ma sarà in quel momento che alle vostre orecchie
arriverà una melodia foriera di sventure, e sarà allora che vi
renderete conto di avere fatto un errore mortale: siete entrati nella
tana di uno di loro e non ne uscirete se non dopo aver ascoltato tutto
il suo repertorio, compresi i lati B, per la modica cifra di qualche
trilione di sterline… Benvenuti nella casa di un Vampiro Musicale, che
vi accoglierà intonando “Goodbye England's rose….”
a) Vecchia pop star da decenni sull’orlo del declino, capace di
rivitalizzarsi periodicamente vampirizzando la propria passata
produzione, magari sfruttando le disgrazie altrui. È sensibile alla
luce e per schermarsi usa occhiali vistosi e parrucchini. Se la
chiamate Zietta vi sorriderà e vi proporrà di farvi vedere la
collezione di dischi d’oro. Ma non seguitela nel suo antro, è una
creatura subdola, che richiede costante energia, vista quella che
dissipa per vizi e cazzate tipo biciclette per palombari, squadre di
calcio e feste natalizie con nevicate artificiali realizzate con
polvere bianca di origine vegetale.
b) 30enne rampante di colore, riconoscibile per la vista sensibile alla
luce, che lo costringe a portare gli occhiali da sole anche in piena
notte di luna nuova durante un black out. Le vesti, firmate e costose,
sono abbinate solitamente a quintali di monili d’oro il cui tintinnare
avverte della sua minacciosa presenza. Ancor più lo riveleranno i
terribili versi (“Yo Yo”! Check Ya Self!”), emessi prima di scagliarsi
sulla vittima prescelta: di solito un hit degli anni ’70 o ’80 che
verrà rapidamente vampirizzato e depredato di ritmica e melodia. A
volte questo terribile rifiuto dell’Inferno fa uso di un’altra
terrificante creatura: il rapper post-mortem.
Ebbene, dopo aver letto questo vi renderete conto con orrore che tali
creature non solo esistono per davvero, ma che infestano l’autunno del
1997...
Non c’è solo Elton ad avere un hit funerario. Infatti subito dopo di lui nel classificone eccovi...
Il primo luglio 2007 si avrà la chiusura dell’anello infernale (altro
che “The Ring”!): Puff Daddy, ormai noto come P. Diddy, canterà una
versione del pezzo al Concerto per Diana a Wembley.
Ovviamente non sarà l’ultimo hit postumo di Notorious BIG. Puffy
infatti conserva gelosamente tutti i nastri delle registrazioni del
defunto compare. Poi lui è bravo come produttore, e da un paio di frasi
biascicate (o da un rutto) può ricavarci tranquillamente un singolo,
basta aggiungervi qualche ospite che fa il resto…
Ma i vampiri non sono ancora finiti, anche se quello di cui sto per
parlare se non altro non ha bisogno di un funerale per avere
successo...
Una curiosità: Will quando faceva parte del duo rap DJ Jazzy Jeff and
the Fresh Prince, ha realizzato nel 1988 un singolo perfetto per
Halloween, “Nightmare On My Street”, che ha procurato loro una causa da
parte della produzione del film “Nightmare” per violazione del
copyright (…).
Bene… abbiamo parlato di vampiri, ma la rassegna delle creature del
terrore è ben lungi dall’essere conclusa… Anzi, in classifica ve ne
sono di ancor più temibili.
In “Das Cabinet des Dr. Caligari”, capolavoro espressionista del cinema
muto germanico, il sordido dottore utilizza un sonnambulo privo di
volontà interamente sotto il suo nefasto controllo per fargli compiere
terribili delitti. Magari ora il bianco e nero espressionista della
pellicola ha perso il suo potenziale orrorifico. Ma se trasportiamo la
vicenda alla fine degli anni ’90 e l’ambientiamo nel terrificante mondo
del pop prefabbricato per adolescenti in crisi ormonale, un brivido di
terrore vi gelerà il sangue nelle vene.
Nell’autunno del 1997 vi sono numerosi emuli del perfido dottore che si
aggirano nelle sale di registrazione, infestando le classifiche con le
loro terribili creature. Volete tremare dalla paura? Ecco la storia che
fa per voi!
Ma c’è in circolazione un terribile individuo che invece ha saputo
trasformare la “tecnica della camicia aperta” in una forma d’arte,
applicandola scienificamente a tutte le sue creature e perfezionandola
allo stremo. Ecco la sua storia. Ma potreste rimanerne talmente
impressionati da non dormire più la notte…
E infatti nel classificone ci son ben 3 singoli dei ragazzotti, di cui arrischiamo una drammatica analisi.
Le ragazzine vogliono però sdilinquirsi, e perciò ecco che i terribili
cinque pubblicano come secondo singolo dal nuovo album internazionale
una tipica ballata: si tratta di AS LONG AS YOU LOVE ME
(scritta da Martin Sandberg, ovvero… Max Martin), che, uscita su
singolo il 30 agosto, arriva al N. 3 UK e nella Top 10 europea. Il
pezzo non viene pubblicato su singolo negli USA, ma questo non gli
impedisce di scalare la airplay chart delle radio fino alla quarta
posizione. Poco da aggiungere: ballatona e soliti pettorali che
emergono dalle camicie aperte. Indovinate che fanno le fanciulle in
fiore nelle loro camerette?
Tuttavia i cinque tartarugati non sono proprio gli idioti che il buon
Pearlman crede. Infatti dopo circa 2 anni di attività (meglio tardi che
mai), i cinque ingenui si accorgono che il manager ha sottratto loro la
stragrande maggioranza (circa il 75%) degli introiti guadagnati col
sudore di sette camicie aperte. Non sospettavano che i soldini che
ricevevano dal grassone come mancia settimanale per comprarsi il
gelato, andare al cinema e comprarsi nuove camicie da tenere
rigorosamente aperte anche in inverno, fossero solo la minima parte dei
soldi che facevano guadagnare. E così, a partire da Brian Littrell (il
più sveglio del lotto?), tutti faranno causa a Pearlman (la prima di
una lunga serie). Poco male, il diabolico Lou li ha già clonati,
creando gli N*Synch (che tra qualche anno gli faranno causa per le
medesime ragioni).
E così, un’altra volta la creatura si rivolta contro il suo creatore.
Ma i BB son dei principianti in confronto alle terrificanti creature
create dal più terribile dei Caligari. Un individuo che sconfina nel
regno dei Frankenstein…
Narra la leggenda che un incidente accorso durante la produzione abbia
seriamente danneggiato i riproduttori vocali delle unità, ma Fuller ha
convenuto che il saper cantare non fosse poi così importante. Il piano
di dominazione mondiale si verifica senza intoppi: dopo poco più di un
anno 19 milioni di case ospitano una copia del cd di esordio delle
cinque.
I più arditi sogni di Fuller stanno per realizzarsi. Ma è proprio ora
che avviene quello che non ha preventivato. Un guasto al computer di
autocontrollo dell’unità Geri (causata probabilmente dall’apposizione
del marchio di uno sponsor sulla chiappa destra) la trasforma in una
capogruppo convinta di essere una grande artista e di essere pure una
gran gnocca. A nulla serviranno i tentativi di abbattimento dell’unità
che, indistruttibile come le compagne, si rivelerà la causa principe
del fallimento del piano di Fuller. E così le cinque creature, in nome
della “libertà artistica”, il 7 novembre danno un calcio in culo a
Fuller con un comunicato stampa. Ancora una volta la creatura si
ribella al Frankenstein di turno, e il novello Prometeo si trova senza
il controllo sulle cinque proprio alla vigilia del suo trionfo. Geri
prende il controllo delle relazioni con gli sponsor, Mel B
dell’organizzazione dei tour, Emma del personale e della beneficenza,
Mel C dei rapporti con la casa discografica e Victoria del
merchandising. La rovina del quintetto, con tali premesse, è alle
porte.
Le cinque unità diventeranno sempre più incontrollabili: in futuro
Geri, autoproclamatosi supergnocca, abbandonerà le catene del gruppo
per godere della massima libertà artistica, che porterà a compimento
con “My Chico Latino”, poi un guasto al sistema di alimentazione ne
determinerà una specie di restringimento dei tessuti. Un blocco ai
meccanismi boccali inoltre le stamperà sulla faccia un isterico ghigno
satanico alla Joker. Neppure il tentativo di riciclaggio nella
discarica delle pop star femminili, i club gay, sortirà l’effetto
sperato. Le altre quattro unità, dopo un tragico tentativo di produrre
un album “urban”, decideranno di percorrere strade diverse, tutte dagli
esiti tragici.
E Fuller? Capirà che per assoggettare le masse con la musica basta uno
show televisivo: creerà Pop Idol e di lì a poco, American Idol. E
realizzerà finalmente i suoi piani. E oltretutto le sue cinque unità,
oramai arrugginite e necessitanti di enormi interventi di manutenzione,
torneranno imploranti ai piedi del loro creatore, che così architetterà
il loro ritorno. Il mondo è destinato a tremare ancora…
Intanto nella chart britannica compare anche la prima conseguenza del
virus Spice. Son quattro squinzie dalle sonorità più R’N’B-urban che si
fanno chiamare All Saints. Il loro singolo di debutto I KNOW WHERE IT’S AT
arriva al N. 4 UK. E il successivo, uscito a fine novembre e modellato
sulla melodia di “Amazing Grace”, diventerà un classico dell’epoca. Ne
riparleremo.
Il suo ultimo album, “Blood On The Dancefloor” è stato un successo
minore alle attese (“solo” 6 milioni di copie vendute e soprattutto un
fiasco totale negli USA). L’album ha prodotto due singoli, la
title-track e “History/Ghosts”, ancora in classifica in Europa durante questo autunno. “Ghosts” appare nell’omonimo film horror di 40 minuti
che vi propino dato che è Halloween (ma non spaventatevi troppo quando
Michael si toglie la maschera da teschio rivelando il suo vero volto!).
Il Re del Pop è preoccupato. Come può questo clone prendere il suo
posto? Deve attivare immediatamente il suo clone ufficiale, quello
lavato con la candeggina. Quello per cui ha programmato una carriera
speculare alla sua. Dopo un po’ di lavoro minorile nel Club di
Topolino, decide di svezzarlo in una boy band. Non potendo disporre di
un padre dispotico e manesco, l’ha affidato nel 1995 all’individuo
peggiore possibile che ha potuto trovare: Lou Pearlman. Il clone
battezzato Justin Timberlake sta per iniziare la sua carriera discografica.
Se non trovate sufficientemente terrificante questa storia, ecco per voi un racconto che non vi lascerà scampo…
C’era una volta, nel suo tetro castello di Hollywood, una carampana
canoppiona di nome Barbra che si rivolgeva allo specchio magico
(ovviamente sfocato con l’effetto flou per non fare vedere le rughe,
alla stregua delle cineprese che la inquadravano nei film che
dirigeva), rivolgendogli ogni volta l’annosa domanda: “chi è la
canoppiona dalla voce più soave in circolazione?”. Per anni la risposta
è sempre stata la stessa: “Tu, o mia Signora”. Purtroppo, un brutto dì,
il vetro le rivelò una terribile verità, mostrando le fattezze di una
canadese dall’ugola d’oro e dal repertorio orrorifico di nome Celine.
Un canarino del Quebec che oltretutto era di qualche secolo più giovane
di lei. La vecchia trattenne a stento l’ira. Stava quasi per gettare
dalla finestra i due Oscar, quando le balenò per la mente una terribile
idea, molto più terrificante della sceneggiatura del “Principe delle
Maree”. Fu così che, in una notte di luna piena, la canoppiona si
avventurò nella casa della rivale allo scopo di privarla della voce
flautata: le sarebbe bastato mostrarsi a lei senza trucco e la poverina
sarebbe rimasta senza voce per sempre.
Oasis – La band molesta e "modesta"
“Che cosa c’è nel cesto?” “Mio fratello!” (“Basket Case”, Frank Henenlotter, 1982)
Il Brit Pop sta iniziando a mostrare segni di affaticamento. Tuttavia
nella chart inglese molte band della scena stanno ancora ottenendo
grandi successi. Gli Oasis pubblicano il secondo singolo dal loro
controverso terzo album, “Be Here Now”. STAND BY ME, arriva al N. 2 UK. La canzone, scritta una domenica mattina da Noel Gallagher durante i sintomi di un avvelenamento da cibo ("Made a meal and threw it up on Sunday/I've got a lot of things to learn"),
è già stata ascoltata dagli inglesi la sera prima del lancio dell’album
che la contiene: i Gallagher ne hanno fatto una bella versione acustica
per un documentario di BBC1 trasmesso il 20 agosto. L’album, pubblicato
il 21 agosto, debutta col botto il 30 agosto al N. 1 UK vendendo in una
settimana quasi 700.000 copie (l’album venduto più rapidamente di tutti
i tempi in Gran Bretagna) e oltre 1 milione in due settimane. Negli USA
debutta direttamente al N. 2, vendendo tuttavia molte meno copie, anche
rispetto alle previsioni. In totale venderà a livello mondiale oltre 8
milioni di copie, quasi tutte nel giro di un paio di settimane, per poi
sgonfiarsi rapidamente. L’attesa non è stata infatti ripagata dalla
qualità del lavoro, che appare nettamente inferiore ai due
predecessori. D’altra parte la lavorazione dell’album è stata una
specie di calvario: i due fratelli Gallagher litigano tutto il tempo:
Noel pensa che Liam faccia schifo come cantante e Liam che Noel faccia
schifo come autore. Botte e gran consumo di stupefacenti. La formula
sembra essersi già logorata e il sound della band sta iniziando a
ripetersi. Non proprio il massimo per una band il cui suono si rifà a
quello di altre band...
“Be Here Now” viene cacciato dal N. 1 degli album UK da “Marchin' Already”, il terzo album di un’altra band Brit Pop, gli Ocean Color Scene,
molto legati alle sonorità Mod degli anni ‘60. Noel Gallagher si
congratula con loro mandando una targa con l’incisione “Alla Seconda
Miglior Band Britannica”. Steve Cradock, leader degli OCS,
ironicamente risponde: “è un onore essere considerati la seconda
miglior band britannica, davanti agli Oasis e dietro solo ai Beatles”.
Dall’album, che vende oltre un milione e mezzo di copie, la band trae
ben tre Top 10, di cui il secondo e il terzo son in classifica questo
autunno. TRAVELLERS TUNE (N. 5 in settembre) omaggia il northern soul (non per nulla vi canta la storica cantante northern soul P.P. Arnold). BETTER DAY
(N. 9 in novembre) invece viene descritta come “la miglior canzone mai
scritta da Paul McCartney per i Wings”. Come dite? Vi sembra di aver
sentito qualcosa di simile cantato in italiano? Se vi dico Un Giorno Migliore, successo datato 1999 dei Lunapop?
C’è poi un gruppo su cui grava una terribile maledizione…
The Verve – Neppure le droghe servono contro la Maledizione di Allan Klein
Mettetevi nei panni di Richard Ashcroft.
Vi ritenete un genio musicale, ma nessuno sembra crederlo. La band che
avete formato nel 1989, sciolto nel 1995 e riformato nel 1996,
battezzata Verve, ha sempre fatto più notizia per l’elevato consumo di
ecstasy e alcune disavventure a questo collegate, che per la musica
prodotta. Poi, nel 1997, avete un’idea: campionare una versione
orchestrale di “The Last Time” dei Rolling Stones ad
opera della Andrew Oldham Orchestra per il pezzo che anticipa il vostro
terzo soffertissimo album. E succede il miracolo: il brano, “Bitter Sweet Symphony”,
diventa un clamoroso successo che vi permette di sfondare non solo in
patria, ma in tutto il mondo (uscito in giugno, è ancora nelle
classifiche per tutto l’autunno e nel 1998 diventerà un Top 20 hit
negli USA). Peccato che voi non guadagnerete neppure un centesimo da
quel pezzo, dato che i diritti d’autore del pezzo campionato
appartengono a una delle incarnazioni di belzebù in terra, ovvero Allan Klein,
che vi costringe a cedere il 100% dei soldi guadagnati col pezzo (di
cui tuttavia avete scritto il testo), minacciando di far ritirare il
vostro nuovo album, che sta vendendo alla grande, dai negozi. E questo
nonostante voi abbiate chiesto il permesso di campionare il maledetto
pezzo orchestrale. E solo che non avete chiesto il permesso di usarlo
“troppo”… E poi vi meravigliate se uno cade in depressione, si da alle
droghe e scarica la band?
Comunque questo autunno le nubi della bega legale che ne deriva son
appena spuntate all’orizzonte e i Verve si ritrovano, grazie alla
Sinfonia Dolce-Amara, ad essere una delle band più popolari in
circolazione. E l’album che contiene il pezzo (s)fortunato esce il 29
settembre, diventando un clamoroso successo mondiale (oltre 5 milioni
di copie vendute). La genesi dell’album è stata tribolatissima e ad
alto contenuto lisergico. Oltretutto le tensioni col geniale ma
instabile chitarrista Nick McCabe
non son mai state interamente sopite (come testimoniato dalla
copertina, in cui Nick guarda in direzione opposta rispetto ai
compagni). L’album è anticipato da un secondo singolo, che diventa
l’unico N. 1 UK della band. THE DRUGS DON’T WORK
è una ballata melanconica dedicata da Richard al padre recentemente
scomparso. Le droghe a cui si riferisce il titolo hanno un duplice
significato: sia la morfina somministrata al padre morente per lenirne
il dolore, sia quelle prese da Richard per superare il dolore della
perdita. In entrambi i casi gli effetti sono stati nulli e anzi, nel
secondo caso hanno solo peggiorato le cose. Il pezzo arriva al N. 1 il
7 settembre, per poi essere detronizzato da Elton John. E per sua
fortuna stavolta Richard non ha campionato nessun pezzo degli Stones… Now the drugs don't work/ They just make you worse/ But I know I'll see your face again
Parlando di riferimenti alle droghe, c’è un altro hit del periodo che ne trabocca…
Third Eye Blind – La boccaccia vuole qualcosa di più: avere un posto nella storia del rock
Come Richard Ashcroft, anche Stephan Jenkins
è il classico leader che fa e disfa la propria band, in questo caso i
Third Eye Blind. Definito “la più grande boccaccia della musica”, il
tutt’altro che conciliante personaggio passa gran parte del tempo a
parlare male dei colleghi. Jenkins è già stato il produttore della
cover ad opera dei The Braids del classico dei Queen "Bohemian
Rhapsody", e questo già dovrebbe farlo star zitto, se non altro per la
vergogna. Per fortuna la musica che propina con la sua band è ben
altra. Il loro biglietto da visita è la contagiosa SEMI-CHARMED LIFE,
college rock post-grunge dal riff contagioso memore del punk alla Green
Day. Nonostante parli della discesa negli inferi di un drogato
dipendente dalle anfetamine ("Doing crystal meth will lift you up until you break"),
arriva al N. 4 USA tra agosto e settembre, lanciando la band e
l'omonimo primo album. Certo, qualche aggiustamento del testo deve
essere fatto (tra le varie modifiche, il ritornello in cui Stephen
cantava "I want nothing else" è stato cambiato per questione di censura in "I want something else":
non si può dire che un drogato non voglia altro che la droga), ma
l'obiettivo, ovvero il successo, è raggiunto: mantenerlo non sarà
tuttavia facile, anche per colpa di uno strano esserino...
Il Gremlin chiamato Ego
Molti dei musicisti di cui abbiamo parlato nelle righe soprastanti
hanno sulla spalla un curioso mostriciattolo, una specie di Gremlin,
che ne influenza le azioni. Si tratta di una fastidiosa creaturina che
è responsabile di enormi danni nel mondo musicale e non: il suo nome è
l’Ego. Si nutre voracemente di complimenti, fama e successo, e quando
questi arrivano in grande quantità, tende a crescere a dismisura,
gravando sempre più sulle gracili spalle dell'ospite. Il fastidio
causato da questo esserino demoniaco diventa sempre più insopportabile
e i soggetti colpiti si rivelano sempre più irascibili e aggressivi.
Diventano intolleranti nei confronti dei giornalisti, del pubblico e
degli altri membri della band, che vengono spesso liquidati. Lo sforzo
fisico prolungato comporta anche un calo delle difese psicologiche: è
in questo momento che l’Ego rivela la sua vera pericolosità. L’esserino
inizia a bisbigliare all’orecchio dell’ospite, facendogli un vero e
proprio lavaggio del cervello: il soggetto viene così convinto di
essere la cosa più importante accaduta sul pianeta dalla scoperta del
fuoco, con conseguente perdita del senso del ridicolo. Alcuni iniziano
un culto pagano della propria personalità, con tanto di vestali e riti
notturni. Purtroppo tutto questo influisce anche sulla qualità della
produzione musicale, che diventa sempre più scadente. Il successo
diminuisce e così pure l’apprezzamento critico: i nostri però, sotto
l’effetto del mostriciattolo, daranno al colpa alla critica che non li
capisce e al pubblico che non ne capisce (e basta). Se va bene, i
nostri vivacchiano grazie a un manipolo di (inde)fessi fan, in altri
casi, passano dallo stato di stella a quello meno invidiabile di stella
cadente… Converrete che l’Ego è una delle creature più nocive della
musica. Ed è praticamente ineliminabile. Perché, anche se il successo
diminuisce, lui rimane grande.
L’esserino è particolarmente nocivo se attacca giovani musicisti che
ottengono il primo grande successo. Un caso esemplare è quello della
promessa del R’N’B britannico del 1997, Finley Quaye. Lo scozzese di Edimburgo, figlio di jazzisti, realizza nel 1997 un bell’album, “Maverick A Strike”
(N. 3 in UK in ottobre), in cui unisce sonorità jazz a più
contemporanei suoni reggae e soul, saltellando da un genere all’altro.
L’album è il suo terzo e ottiene un lusinghiero successo grazie anche
al singolo EVEN AFTER ALL,
Top 10 UK in settembre. Poi Finley inizia a dare di matto, con notti
selvagge, atteggiamenti infastiditi e fastidiosi. E innesca una faida
nienemeno che con Tricky, signore del Trip Hop, andando a dire
in giro di essere suo zio (ovvero il fratello di sua madre).
Considerato che la madre di Tricky è morta suicida quando questi aveva
4 anni, segnandolo a vita, Tricky (un altro con un grosso Ego sulla
spalla) non gradisce che uno si faccia pubblicità con simili argomenti
e lo attacca violentemente in un suo pezzo. Tutto questo non giova al
giovane Finley, che rapidamente passa dal rango di star (con paragoni
che scomodano nientemeno che Bob Marley e premi in quantità) a quello
di meteora. Gli album successivi non replicheranno il colpo (il secondo
album, intitolato enfaticamente e presuntuosamente "Vanguard",
musicalmente debole, contiene testi con rime che hanno fatto
rabbrividire la critica inglese - "Her name was Suzy/Met her in a jacuzzi").
Otterrà al massimo qualche piccolo successo come "Dice" del 2004,
prodotta da William Orbit. E Finley dal 2005 si trasferirà a Berlino
con il suo Ego sulla spalla, bello pasciuto…
Ora che ci penso, sento uno strano peso sulla spalla...
I Revenenat
Tra le belle sorprese dell'anno ci sono i metalmeccanici
spogliarellisti improvvisati del divertente “Full Monty”, deliziosa
commedia agro-dolce del tipo che solo i britannici sanno fare. E
l'enorme successo del film permette a un brano di ritornare in vita,
ovvero in classifica. Ritorna quindi per la terza volta (!) nella Top
10 inglese YOU SEXY THING, grande hit del ’75 per gli Hot Chocolate.
Altri brani connessi al cinema vengono resuscitati mediante robusti
innesti di basi electro e big beat. Si tratta del progetto del
compositore inglese David Arnold, che, da grande fan del compositore delle colonne sonore di 007 John Barry, realizza “ Shaken and Stirred: The David Arnold James Bond Project”, raccolta di nuove versioni
di pezzi celebri delle soundtrack di James Bond. Un perfetto esempio del suo lavoro è la cover electro di ON HER MAJESTY'S SECRET SERVICE, realizzata con i Propellerheads, che raggiunge la Top 10 britannica (qui
la versione da 9 minuti!). Barry ne è talmente entusiasta da
raccomandare Arnold per la colonna sonora del nuovo film di Bond, “Il
Domani Non Muore Mai”. Da allora David comporrà ben 4 colonne sonore di
007. Alla colonna sonora de “Il Domani Non Muore Mai” partecipa anche Moby con la sua versione del JAMES BOND THEME,
che, pubblicata su singolo, arriva al N. 8 UK. I lavori di Arnold e
Moby ci portano quindi verso un'altra categoria molto inquietante. C’è
infatti chi si ispira alla musica di John Barry per creare scenari
ineguagliabili di tristezza abissale…
Portishead – I fantasmi di Bristol
“Vedo la gente morta…” (“Il Sesto Senso”, M. Night Shyamalan, 1999) "e sta cantando in TV!" (Anonimo)
Nei
gironi infernali del pop c’è infatti spazio anche per anime torturate e
irrequiete, come quelle che vagano tristi tra le grigie strade di
Bristol. Fantasmi intrappolati nell’inferno metropolitano che spiano quello che accade ai vivi, lasciando come
traccia del loro passaggio solo delle misteriose “P”. Stiamo parlando dei
Portishead, lo spettrale quartetto formato dall’emaciata Beth Gibbons,
Geoff Barrow, Dave McDonald e Adrian Utley. Per queste tragiche ombre è
troppo doloroso farsi vedere dai vivi, che tuttavia possono udire i
loro sconsolati lamenti. E se devono comparire in pubblico,
preferiscono nascondersi dietro manichini, oppure infestare strane e
raggelanti bambine come l’inquietante creatura che, tirata fuori dal
corridoio di “Shining”, compare nel video di ALL MINE,
il primo singolo estratto (N. 8 UK) dal loro secondo album, intitolato
col nome del gruppo (per la cronaca si sono ispirati per il video a un
filmato anni ’70 del nostro “Zecchino D’Oro” – nulla avrebbe potuto
scatenare ondate di angoscia maggiori). L’album prosegue sulla via
tracciata dal fenomenale “Dummy”. Una nuova collezione di film noir in
musica che miscela hip hop, jazz, orchestre, moog e buone dosi di
disperazione metropolitana che arriva al N. 2 UK. Meno perfetta della
prima, ma anch’essa sufficientemente ammaliante.
I Frankenstein del pop
Non confondeteli con i vampiri. I Frankenstein non amano le luci della
ribalta. Si aggirano nell’ombra, spesso dentro le discoteche. Solo gli
adepti possono fregiarsi di conoscerne il viso. Vagano tra gli archivi
discografici riesumando vecchi successi. Il trattamento riservato a
questi è metodico: li sezionano, mantenendone solo delle parti e
unendole a pezzi di altri brani, ottenendo creature patchwork. Poi
queste vengono portate in vita tramite un’abbondante dose di battute
ritmiche. Talvolta, come previsto da Mary Shelley, le creature si
ritorcono contro i loro creatori, che si trovano a dilapidare gli
incassi per pagare avvocati per difendersi dai detentori delle
royalties. Spesso tali creature son esseri deformi nello spirito e nel
fisico che spaventano a morte chiunque non sia sufficientemente tamarro
o strafatto. Altre volte ne esce il mostro Rocky del “Rocky Horror
Picture Show”, plastificato, ma non privo di attrattiva, e così vi
troverete ad implorare come Susan Sarandon nella storica pellicola: “Touch-a, Touch-a, Touch-a Touch Me, Creature Of The Night!”
Particolarmente diffusi questo autunno sono i “Frankestein baleari”, ovvero quegli
scienziati pazzi che assemblano creature che impazzano in estate nelle
disco di Ibiza, aiutate dall’abbondante uso di alcolici da parte degli
avventori, per poi vagare senza sosta l’autunno successivo nelle
classifiche di tutto il Continente e delle vicine Isole Britanniche,
seminando morte e terrore.
Dario G non è il solito DJ italiano che ottiene successo nelle
classifiche europee. Si tratta di un trio britannico che prende il nome
da un famoso (in Gran Bretagna) allenatore e manager calcistico, Dario
Gradi. Il trio riesuma nottetempo “Life In A Northern Town”, grande successo folk-alternativo datato 1985 dei Dream Academy.
La canzone viene tagliata a pezzi e ne viene conservato il ritornello che, campionato in loop e abbinata a una ritmica solare,costituisce la spina dorsale di SUNCHYME,
pezzo trance-dance che arriva al N. 2 UK e nelle top 10 europee. I Dario G non perderanno il vizietto e in seguito faranno una cosa analoga con “Dreams” dei Cranberries. Altre informazioni sulla scheda di Mariangela.
I Dario G realizzeranno pure per la Coppa del Mondo di Francia
“Carnaval Du Paris”, dalle sonorità latino-americane. Ma già questo
autunno c’è un dottor Frankenstein che gioca con le sonorità
dell’America del Sud. SAMBA DE JANEIRO è stata creata dai Bellini campionando pesantemente "Celebration Suite" di Airto Moreira
(ovviamente senza accreditarlo…). In questo caso il Mostro di
Frankenstein è davvero brutto, ma appena scopriamo che i Bellini son
tedeschi nulla sembra sorprenderci. D’altra parte non è proprio la
terra germanica lo scenario delle malefatte di Frankenstein? Da notare
una cosa: il nome del gruppo deriva dall'ex capitano della squadra
nazionale brasiliana di calcio Hideraldo Luiz Bellini, che ha condotto
la squadra al titolo del campione del mondo nel 1958. Una relazione
pericolosa tra calcio e dance?
Poi ci son esperimenti di assemblaggio che funzionano. Come quello
messo in piedi dalla sorellina di Michael, una che di interventi se ne
intende parecchio…
Janet Jackson - La sorella di Frankenstein
Si intitola GONE ‘TIL IT’S GONE,
programmato dalle radio fin da fine agosto. Negli States non viene
pubblicata su singolo, mentre in Europa, Australia e Giappone diventa
un hit da Top 10. Per la costruzione della sua nuova creatura, Janet si
è fatta affiancare da un esercito di eccellenti collaboratori: il
collettivo di produttori hip hop chiamato The Ummah (formato da J Dilla e da due membri degli A Tribe Called Quest, ovvero Q-Tip – conosciuto da Janet sul set del film “Poetic Justice” e la cui voce compare nel pezzo - e Ali Shaheed Muhammad)
crea la versione originale del pezzo, poi rifinito dai fidi Jimmy Jam e
Terry Lewis. La creazione del pezzo è delicata, perché si parte da un
classico: “Big Yellow Taxi” di Joni Mitchell, smontata e
riassemblata per l’occasione. Maneggiare materiale del genere è
oltremodo rischioso e richiede più cura del plutonio. Basta un piccolo
errore e viene fuori un orrore che neppure Lovecraft avrebbe saputo
immaginare. Invece la delicatissima operazione si conclude dando alla
luce una creatura decisamente interessante (gradita anche alla stessa
Mitchell, accreditata come co-interprete), accompagnata da un video
diretto da Mark Romanek è ambientato nel Sud Africa dei tempi
dell’Apartheid. Il brano apre la strada all’album “The Velvet Rope”,
il suo sesto, in uscita il 7 ottobre. Durante la lavorazione dell’album
Janet soffre di crisi di ansia e depressione, che influenzano anche i
contenuti del lavoro. Che l’album sia diverso dai predecessori lo si
intuisce fin dalla foto di copertina, ad opera di Ellen von Unwerth, in
cui Janet si presenta a capo chino, quasi in una posa di resa. Con
l’album la cantante si espone senza difese, alternando provocazioni
sessuali a riflessioni sulla depressione e sull’isolamento. Tali
tematiche risultano ostiche per il grande pubblico e l’album venderà
meno, pur arrivando al N. 1 USA, e comunque risultando meno fastidioso
dei suoi stravenduti album degli anni ‘80. D’altra parte Janet si dovrà
pur guadagnare gli 80 milioni di dollari ottenuti col nuovo contratto
con la Virgin Records, che la rende l’artista donna più pagata della
storia!
Per la cronaca, Janet tenterà un esperimento simile nel 2001,
impiegando l’ancor più celebre “You’re So Vain” di Carly Simon.
Stavolta “Son of a Gun (I Betcha Think This Song Is About You)”, la
creatura ottenuta, si rivelerà una specie di blob informe che
oltretutto si arrampicherà a fatica nelle classifiche…
Ma Janet non è l’unica diva rifatta sull’orlo di una crisi di nervi che
vaga senza posa nelle classifiche dell’autunno 1997. Ve n’è un’altra
altrettanto bisognosa di esplorare la propria sensualità...
Mariah Carey - La diva è scatenata
“Addio, mio idolo caduto e falso amico” (“The Phanthom Of The Opera”, Andrew Lloyd Webber, 1986)
La povera Mariah Carey si sente come un usignolo dentro la gabbia
dorata costruitale attorno da Tommy Mottola. Non ne può più. Con
tutti gli uccellini là fuori con cui volare, a lei tocca rimanere in
casa col geloso marito/pigmalione italo-americano (e si parla pure di
qualche contatto di questo con la mafia, giusto per rispettare tutti
gli stereotipi). E il Bruto le impedisce pure di vestirsi come tanto le
piacerebbe, adducendo che sembrerebbe “una buddana svergognata”! Nel
1997 finalmente viene data in pasto alla stampa la storica notizia:
Mariah e Tommy si separano. Ora la Diva, senza più catene, può dare
finalmente libero sfogo al suo anelito di libertà. Tale anelito è
chiaramente espresso nell’album “Butterfly”,
il suo secondo disco che debutta consecutivamente al N. 1 USA. Il
tema del disco, il preferito di Mariah e forse il suo più apprezzato
dalla critica, è la fuga dal bozzolo (il controllo di Mottola). Mariah
si scopre (in tutti i sensi) con questo lavoro e allo stesso tempo
intensifica il suo flirt con l’hip hop (già iniziato con “Fantasy” del
’95), collaborando con l’onnipresente Signore del Male Sean “Puff
Daddy” Combs. HONEY,
il singolo apripista, scritto tra gli (alquanto numerosi) altri con
Puffy e l'altrettanto ubiquitario Q-Tip, diventa il suo 12esimo N. 1
USA il 13 settembre e arriva nella Top 3 UK. Anche qui siamo in
territorio caro a Mary Shelley, in quanto si campionano "Hey DJ" dei World Famous Supreme Team e "The Body Rock” dei Treacherous Three.
Nel video, ispirato a James Bond, Mariah appare sensualmente in bikini
e sui tacchi a spillo. Nello stesso tempo, nelle radio USA furoreggia
anche l’autobiografica BUTTERFLY.
La ex ragazza della porta accanto ha lanciato il segnale: è libera e
disponibile! Sotto a chi tocca: prendere il numerino, prego!
Nel frattempo Mariah trova anche il tempo di produrre l’album di debutto del quartetto femminile R’N’B Allure, la cui cover del Top 10 USA di Lisa Lisa & The Cult Jam datato 1986 arriva al N. 4 in novembre, diventandone il maggiore successo. ALL CRIED OUT è eseguita con un altro gruppo vocale R’N’B, stavolta maschile, gli 112, che sono un po’ il prezzemolo all’epoca, figurando in numerosi singoli, tra cui la già citata “I’ll Be Missing You”.
Il tormentone europop
È l’equivalente musicale delle antiche pestilenze che flagellavano il
vecchio continente. Avanza minaccioso nelle classifiche. Il suo
avvicinarsi è segnalato dalle vibrazioni del suolo scatenate dal suo
“tumptumptump” in 4/4. Tenterete la fuga, ma non vi lascerà scampo: si
insinuerà direttamente nel vostro cervello, costringendovi a
canticchiarlo nei momenti di debolezza. L’epidemia ha origine da uno
qualsiasi dei paesi del continente e rapidamente invade il mondo
lasciando alle spalle milioni di timpani offesi. E il tormentone di
questo autunno si origina dalla placida Scandinavia. D’altra parte che
aspettarsi da una terra che ha dato il nome al famigerato Rattus
norvegicus, veicolo della peste?
Aqua – La minaccia della bambola danese
Che
in Danimarca ci sia del marcio lo diceva pure Shakespeare. Ma è
nell’autunno del 1997 che dal paese della Sirenetta si diffonde la più
terribile pandemia musicale del decennio, che non risparmia nessun
paese del globo terracqueo. Gli agenti di diffusione sono una
norvegese, Lene Nystrøm, e tre danesi, René Dif, Søren Rasted e Claus
Norreen. I quattro, dopo aver mutato il nome da Joyspeed ad Aqua
iniziano a far danni a partire dal 1996. Per un primo momento in
patria, prima con “Roses Are Red” e poi, all’inizio del 1997, con “My
Oh My", con cui rompono tutti i record di vendita in Danimarca. Rompono
pure qualcos’altro, ma non è ancora nulla. La loro ricetta è:
spensierati pezzi bubblegum dotati di testi facili, contagiose melodie
accattivanti e ritmica tamarramente eurodance.
Col
terzo singolo scoppia la pandemia. Uscito nel maggio 1997 entro la fine
dell’anno si sarà diffuso su tutto il globo terracqueo. Il motivetto
ricalca i precedenti, ma in più ha un testo dedicato alla bambola di
plastica più famosa del mondo. No, non Cher. La Barbie! La canzoncina è
ovviamente BARBIE GIRL
e ha un divertente testo che è un florilegio di doppi sensi (in
sintesi, Barbie fa le porcherie con Ken!). La Ditta produttrice della
bambola, che come ben sappiamo ha a cuore il destino dell’umanità
(basti pensare ai sistemi progettati per lenire le carenze di piombo in
età prescolare), interviene prontamente con la scusa di tutelare la
reputazione della loro creatura. Ovviamente tutti sanno che in realtà
l’intento è quello di salvare il Mondo dalla mefitica canzoncina,
altrimenti perché rendersi ridicoli con una causa tanto idiota che
finirà rigettata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel 2002? In più
tutti sanno che Barbie, notoriamente frigida, non fa le porcherie con
Ken (che oltretutto se la spassava con Big Jim prima che Barbie stessa
non facesse cancellare la produzione di quest’ultimo per vendetta).
Nonostante l’ascolto ripetuto del disco provochi vari effetti
indesiderati (eruzioni cutanee, orchite, otite, manie suicide, manie
omicide), chi sopravvive arriva alla completa dipendenza: inizia a
battere a tempo le mani sbavando e gridando “Come On Barbie Let’s Go Party!”.
E così il singolo viene acquistato dalla massa e arriva al N. 1 in una
caterva di paesi, Gran Bretagna compresa (dove spodesta le Spice Girls)
piazzandosi pure in Top 10 negli USA. Ne faranno pure cover ska e punk.
Il successo del singolo lancia anche l’album che lo contiene,
“Aquarium”, comprato da 14 milioni di temerari che ormai non possono
più fare a meno delle canzoncine dei quattro.
Non si può
negare ai quattro una certa simpatia tuttavia. I nostri non si
accontentano di lambire i territori del trash e del kitsch, pieni di
morti e feriti. Loro ci sguazzano dentro deliberatamente. La loro arma vincente è la
completa mancanza di ogni pretesa di “seriosità” che caratterizza quasi
tutte le altre pop band coeve che cercano (a parole) di convincerci che
sono “artisti veri”. E gli Aqua, da buon gruppo scandinavo (Abba
docet), a differenza delle Spice, hanno orecchio per melodie efficaci. Insomma,
stavolta la plastica è perlomeno riciclabile. “Life in plastic, it's fantastic!”
Non tutto il pop che arriva dalla Scandinavia è tuttavia così virulento.
Robyn – La bella nella casa (discografica) del terrore
La cantante e autrice svedese sta conoscendo un momento di grande
popolarità negli States. Scoperta a 16 anni nel ’94 da Meja (popstar
svedese nota per il pezzo "All About The Money"), ha debuttato sul
mercato sotto la produzione di Max Martin (si ancora lui!) e Denniz
Pop. Nell’autunno 1997 la ragazza ha due graziosi singoli pop-dance
confezionateli addosso da Martin nella Top 10 USA, DO YOU KNOW (WHAT IT TAKES) e SHOW ME LOVE
(usata nel 1998 nel film “Fucking Åmål”), che diventeranno poi successi
anche in UK. La troviamo quindi a fare da supporter al tour dei
Backstreet Boys fino a che non le viene un esaurimento da affaticamento
e se ne torna in Svezia. Tornerà nel 1999 con un album autobiografico
dal suono più evoluto, che tuttavia, pur diventando un hit in Europa,
non verrà distribuito negli USA (la casa discografica lo riterrà “non
adatto” a quel mercato…). Si tratterà della prima disputa tra
discografici e artista, la cui evoluzione musicale non viene appoggiata
e che porterà Robyn a creare una propria etichetta nel 2004, ottenendo
successo con un sound elettro-pop in patria. Nel 2007 la troveremo
trionfalmente e meritatamente al N. 1 UK con la bella “With Every
Heartbeat”, dimostrando, se ce ne fosse bisogno, che i discografici non
capiscono proprio un cavolo…
Ci son poi i tormentoni da discoteca. A fornircene una serie completa sono i Sash!
(un trio capitanato da Sasha Lappessen), che, dalla Germania, dopo un
pezzo in francese e uno in spagnolo, ci propinano un pezzo in inglese, STAY,
cantato da La Trec, una specie di melodramma trance che è sicuramente
il migliore del lotto. Torneranno nella primavera ’98 con un pezzo in
italiano, “La Primavera”, in cui una squinzia in ecstasy delira sulla
“stagione dell’amore”… La trance si fa poliglotta...
Strettamente imparentato al tormentone europop è…
L’hit dal sapore esotico
L'equivalente musicale della malaria. Turisti scoprono qualche allegra
musichetta in un paese esotico. La portano in Europa, dove si diffonde
attaccando milioni di innocenti. Colpisce le sponde europee a
intermittenza. Ovviamente interpretato in una qualche lingua del terzo
mondo, non va tuttavia confuso con la vera world music, in quanto punta
all’effetto “cartolina” e rende i suoi interpreti delle star per i
famosi 15 minuti previsti da Warhol. Ma per quei minuti non sembra
esistere altro alle radio…
“Era re e dio nel mondo che conosceva ma ora è venuto nella civiltà
come prigioniero per soddisfare la vostra curiosità. Ecco a voi Kong,
l’ottava meraviglia del mondo! E il suo ultimo cd è in vendita in tutti
i migliori negozi di dischi!” (“King Kong”, Ernest Beaumont Schoedsack e Merian C. Cooper, 1932 – con leggera aggiunta)
Wes – L’hit medicinale
Grande successo paneuropeo per Wes (da non confondere col partner musicale anni ’70 di Dori Ghezzi), la cui ALANE,
dopo essere stato l'hit dell'estate in Francia (dove è arrivato al N.
1), infesta le classifiche di mezzo continente, arrivando, tra l’altro,
al N. 2 in Germania (giungerà nella UK Top 20 l’anno dopo). Wes
tuttavia non è una persona, ma un progetto musicale di un duo, formato
dal cantante camerunense Wes Madiko e da quella vecchia volpe di Michel Sanchez, che è metà dei Deep Forest,
la nota band di world music elettronica. Il brano rappresenta lo stile del duo: musica tradizionale africana adattata alle
discoteche europee. C’è pure un ballo ad esso collegato. Il camerunense
è nato nel 1964 a Motaba. Dall’età di 2 anni il nonno gli insegna la
musica e a suonare la kalimba. La biografia diffusa all’epoca dalla
Sony, molto new age, ci informa che Wes Madiko è un guaritore musicale
che intende curare la gente con la sua musica, cantata in lingua bantù.
È per questo nobile motivo che ha deciso di venire in Europa nel 1987.
E il buon Sanchez, conosciuto nel 1992 e con cui realizza l’album “Welenga”
(che significa “coscienza universale” – lo renderà il primo artista
africano ad ottenere il disco di diamante), altro non è che il veicolo
che rende la cura del nostro disponibile per le masse europee. Che ovviamente hanno deciso con entusiasmo di sottoporvisi, scambiandola erroneamente solo per un tormentone estivo dal gusto esotico.
E parlando di creature esotiche…
Ricky Martin - L’idolo delle folle latino-americano
Ecco a voi l’idolo pop latino denominato Enrique José Martín Morales,
meglio noto come Ricky Martin. Ricky è un perfetto prodotto da
laboratorio frutto di accurata selezione ambientale. È un
sopravvissuto a quella macchina tritatutto che sono i Menudo, l'eterna boy band latino-americana i cui membri
vengono periodicamente rottamati (si dice che alcuni siano stati usati per produrre il Soylent Green). Il
Ricky molla i Menudo prima che sia troppo tardi, nel 1989, a 17 anni,
per finire la scuola. Dal ’91 è una star in tutto il Sud America. E 6
anni dopo fa danni in Europa, arrivando al N. 1 in Francia e
al N. 6 in UK, con il suo primo grande hit mondiale, (UN, DOS, TRES) MARIA,
canzoncina tamarra che dopo un “Un pasito pa'delante” trasmette il
desiderio di prendere la radio e scagliarla giù dalla finestra, magari
cercando di colpire il primo sventurato passante. “Maria” è contenuta
nel suo terzo album “A Medio Vivir”, del 1995 (7 milioni di copie
vendute!). Il portoricano, che nel frattempo ha recitato pure in
“General Hospital”, si avvia a diventare così una star mondiale e da
questo momento sfornerà una serie di singoli drammaticamente identici
in cui inviterà la Maria di turno a muovere il Bon Bon e darsi alla
Vida Loca.
Ma Ricky in passato è stato una creatura ben più letale…
I bambini prodigio canterini
“Le persone, specie i bambini, non sono misurabili in base al loro
quoziente intellettivo. La cosa importante è se sono buoni o cattivi, e
questi bambini sono cattivi” (“Il Villaggio dei Dannati”, Wolf Rilla, 1960)
Sono tra le creature più subdole. Il potere di queste minuscole
creature è terrificante. Basta che aprano la boccuccia rivelando magari
un sorriso sdentato ed emettano qualche suono stridulo per ipnotizzare
le masse, che sentiranno l’improvviso impulso di uscire di casa e
comprare il loro disco. La creatura di solito vive in simbiosi con un
altro essere, il suo produttore/manager, che spesso è il genitore della
creatura (se si tratta della madre è ovvio che punta a vendicarsi dei
dolori del parto). Si tratta infatti generalmente di un rapporto di
simbiosi a senso unico. La creaturina favorisce l’afflusso di liquidi
verso il manager, che la ricambia spremendola il più possibile prima
che sia troppo tardi. Il potere ipnotico di questi esserini è infatti
di breve durata e di solito cessa quando crescono in altezza e si
ricoprono di peli (o spuntano loro le tette). A questo punto il manager
deve operare la rimozione dell’essere dal palco, staccandolo dal
microfono e possibilmente sostituendolo con un essere più giovane,
magari un consanguineo di minore età. I bambini canterini soffrono
malamente il distacco dal palco e spesso dopo il distacco sviluppano
simbiosi con altri individui, noti come pusher...
I ragazzini canterini si distinguono dai nani perché questi ultimi
hanno la barba e vivono in grotte scavate nella roccia. Tuttavia sono
stati registrati casi di nani che, debitamente sbarbati, sono stati
messi dietro un microfono spacciandoli per bambini prodigio canterini.
In questo caso gli effetti venefici sono minori e al massimo si
limitano a un’orticaria. È il caso dei tre fratellini Hanson
di Tulsa, Oklahoma, uno dei casi musicali del 1997. Isaac, Taylor e
Zachary, biondi e carini, altro non sono che tre nani debitamente
sbarbati amanti del glorioso bubble gum anni ’70. E si tradiscono
perché suonano i propri strumenti e compongono le proprie canzoni, cosa
rara nel pop per adolescenti degli anni '90. Certo, in alcuni brani le
vette di melassa son intollerabili, ma la freschezza di “MMMBop”, il
loro primo grande hit, e di WHERE’S THE LOVE,
hit inglese (N. 4) e hit radiofonico USA, son davvero merce rara negli
sventurati tempi del 1997. Certo, poi ti propinano la melassa buonista
di I WILL COME TO YOU
che stimola istinti omicidi. Dopo lo strabordante successo dell’album
“Middle of Nowhere”, il trio ricomparirà in seguito anche nel decennio
successivo, minimizzando gli effetti della crescita: la prova che si
trattava di nani.
I
bambini prodigio tuttavia possono rivelarsi davvero nocivi se inseriti
in un preciso contesto: la famiglia canterina al completo. In questo
periodo la terra di Germania, avvezza alle peggiori epidemie musicali,
è scossa dal Regno di Terrore instaurato dalla Kelly Family,
famigerato collettivo folk composto da più generazioni della stessa
famiglia. Nel 1997 ottengono l’ennesimo successo con l’album
“Growin´up” (che nella chart tedesca duella per il primo posto con
“Eros” di Ramazzotti - e poi non dite che questa non è una puntata di
Halloween!) e il singolo BECAUSE IT’S LOVE (N. 3 in settembre).
LeAnn Rimes - La ragazzina, la beghina e la ballata di Diane Warren
“Qualcosa oltre ogni comprensione sta accadendo a una ragazzina in
questa strada, in questa casa. Un uomo è stato chiamato come ultima
risorsa per cercare di salvarla. Quell’uomo è l’Esorcista”. (“L’Esorcista”, William Friedkin, 1973)
“Ne ho fatto una regola. Mai possedere una posseduta!”. (“Ghostbusters”, Ivan Reitman, 1984)
Esiste tra le ombre del mondo del pop una terribile entità, definita la
beghina canterina, che si impossessa di fanciulle illibate
trasformandole in puritane accanite che rintronano la gente con una
sfilza di zuccherosi brani intrisi dei più melliflui valori. Tra una
canzone e la successiva le possedute rimarcano il concetto che sono
vergini e che non la daranno se non dopo aver incastrato uno col
matrimonio. La beghina vaga negli anni di corpo in corpo, puntando al
sempiterno mercato delle bacchettone mamme anti-rock. Generalmente le
possedute diventano così noiose che pure la beghina si stufa e le
abbandona. Solitamente anche il successo abbandona le fanciulle, che si
sposano e passano il resto della vita a controllare se i cd acquistati
dai figli siano censurati o meno. Altre volte si rende necessario un
terrificante esorcismo. L'entità viene allontanata, ma le poverette in
genere manifestano la cosiddetta "fregola da recupero del tempo
perduto" (su cui non mi dilungo perchè penso abbiate capito in cosa
consiste). A questa abbinano inoltre la tendenza a frequentare
chirurghi estetici e pusher. Dopo pochi mesi danno di matto e in genere
a meno di 30 anni sono già dei relitti da giornaletto scandalistico.
Esistono poche fanciulle immuni alla beghina. Sembra che la causa sia
un gene “Z”, che le rende inattaccabili. Poi ci son casi di attacchi su
donne in età post-adolescenziale, che portano le possedute a sparare
cazzate para-religiose davanti ai microfoni su cui prima simulavano
orgasmi multipli.
Nel 1997 imperversa nelle classifiche un evidente caso di possessione:
una dolce virginale fanciulla dalla voce d’angelo di Jackson,
Mississippi, cresciuta in Texas, che bazzica la scena country sotto il
controllo totale del padre. Questi ha capito che il successo della
figliuola è dovuto alla sua virtuosa innocenza e, per non corromperla,
evita accuratamente di farla entrare in contatto con il denaro
guadagnato. LeAnn debutta nel 1991 a soli 11 anni. Il suo album del
’96, “Blue”, vende oltre 8 milioni di copie, grazie a una voce e uno
stile che ricordano la grandissima Patsi Cline. E nel 1997 realizza il
suo leviatano: “You Light Up My Life: Inspirational Songs”, un album
di cover che tuttavia segna un irreversibile spostamento verso il pop.
La possessione da parte della beghina appare evidente: la title-track è
la cover della scialba YOU LIGHT UP MY LIFE,
originariamente portata al N. 1 USA per 10 interminabili settimane tra
il 1977 e il 1978 da Debby Boone, figlia di Pat, altra posseduta
dall’entità.
Ma il pezzo che sancisce il trionfo mondiale della vergine è HOW DO I LIVE,
una ballata "over the top" composta dall’entità demoniaca nota come
Dianne Warren, la Regina Infernale delle tronfie lagne in levare
preconfezionate. Mai combinazione fu più funesta. Originariamente
incisa per “Con Air”, alla fine viene scartata in favore di una versione leggermente più country
dello stesso pezzo interpretata da Tanya Tucker. Questa, anche per
decisione della casa discografica di non stampare più di 300.000 copie
del singolo per evitare di danneggiare le vendite dell’album, non va
oltre la posizione N. 23 della Billboard chart. Ma quella, più pop,
della Rimes arriva al N. 2 (solo Elton John la ferma), vendendo oltre 3
milioni di copie e rimanendo nella Hot 100 per 69 settimane stabilendo
un record imbattuto. Ripeterà poi il successo oltreoceano nel 1998 (34
settimane nella UK Top 40!).
Nel 2000 la fanciulla farà causa al babbo (evidentemente vuole
“sporcarsi” con i soldini) e conoscerà l’amore puro di un ballerino che
sposerà. Si libererà placidamente dalla beghina e svolterà
definitivamente verso il pop, sia pur morigerato. Ma non crediate che
la beghina sia sconfitta. Tornerà più e più volte, anche se faticherà
non poco, vista l’assoluta mancanza di vergini nel panorama pop
adolescenziale del nuovo millennio…
I Babau
Tutta questa bontà vi ha disgustato? E
allora giusto per fornirvi un po’ di sollievo (e far fuggire i
bambini), eccovi il video dell’esibizione agli MTV Awards del 4
settembre 1997 del reverendo Marilyn Manson con la sua celeberrima BEAUTIFUL PEOPLE.
La sua è l’esibizione finale del programma e non si può certo dire che
passi inosservata. Alla fine della canzone il presentatore Chris Rock
ammonirà ironicamente i presenti dicendo loro: “adesso andate subito in
chiesa altrimenti finite all’inferno!”. Un po’ di shock rock ad
Halloween non può mancare, eh?
The Prodigy – Energia distruttiva in sintesi
Wendy... Tesoro... Luce della mia... Vita... Non ti farò niente.
Solo che devi lasciarmi finire la frase. Ho detto che non ti farò
niente... Solo, quella testa te la spacco in due... Quella tua
testolina te la faccio a pezzi! (“Shining”, Stanley Kubrick, 1980)
Tra gli altri inquietanti figuri presenti agli MTV Awards ci son pure i
Prodigy che si portano a casa un premio per il video della loro
“Breathe”. Tuttavia i maghi dell’elettro-punk fanno notizia anche per
il terzo fenomenale hit tratto dal loro “The Fat Of The Land”. Si
tratta di SMACK MY BITCH UP
(N. 8 UK), canzone e video che provocano un putiferio. C’è chi afferma,
come l’americana National Organization for Women (NOW), che si tratta
di un invito a praticare la violenza sulle donne. Niente male per un
brano il cui testo consiste solo in otto parole: "change my pitch up/smack my bitch up",
reiterato su un viscerale beat elettronico assemblato dal leader della
band, Liam Howlett. Liam dirà: "Chi pensa che sia una canzone che
invita a picchiare le ragazze è senza cervello". Tra l’altro le parole
son state campionate da un pezzo del gruppo rap Ultramagnetic MCs,
"Give The Drummer Some". Il video comunque butta benzina sul fuoco
(d’altra parte la band ha inciso “Firestarter”…). Diretto da Jonas
Åkerlund, è girato in soggettiva, mostrando il punto di vista di una
persona che va in disco, prende droghe e alcool, fa danni e a botte,
vomita, molesta donne e finisce per trombare una prostituta. Con
magistrale colpo di scena finale. Il pezzo è censurato dalla BBC e il
video viene trasmesso da MTV solo dopo la mezzanotte, ma questo non gli
impedirà di vincere l’MTV award come miglior video dance l’anno dopo. E
qualche anno dopo finirà nella colonna sonora di film come “Charlie’s
Angels” e “Closer”. Per la serie: tutto si normalizza alla fine. Ma lo
straordinario potenziale energetico del brano è rimasto invariato.
I gruppi femministi dell’epoca additano tra i babau anche personaggi
dall’aspetto decisamente più rassicurante, ma capaci di scatenare
polemiche come i Prodigy…
Matchbox Twenty – Il pulsante di lacio è stato schiacciato
Debutto ufficiale in classifica per i Matchbox Twenty di Orlando,
Florida, con l’album “Yourself Or Someone Like You”, realizzato nel
1996. Il gruppo è guidato dal cantante e autore Rob Thomas, che
diventerà noto anche sulle nostre sponde come l’interprete dell’hit del
1999 “Smooth” di Carlos Santana. L’album arriverà a vendere oltre 12
milioni di copie solo negli USA grazie a un pop rock che funziona bene
sia nelle radio dei college sia sulle stazioni più orientate verso un
pubblico adulto. E nonostante i temi affrontati, non proprio allegri.
Prendete il singolo radiofonico PUSH,
che traina l’album al successo piazzandosi al N. 5 della Billboard
Airplay Chart il 4 di ottobre. Come già successo ai Prodigy, anche
questo pezzo viene ferocemente attaccato da alcuni gruppi femministi,
dicendo che incoraggia le violenze verso le donne. In realtà il pezzo
parla di abusi psicologici che si possono scatenare all’interno di una
coppia e della rabbia repressa che si può covare. Rob dirà: “vi
sembriamo tipi che possono prendere a botte una?”. Sembra tuttavia che
il pezzo gli sia stato ispirato da una sua ex che l’ha mollato dando via i
suoi abiti, senza che Rob avesse i soldi per
prendersi nuovi vestiti… A proposito di abusi psicologici: l’uomo che è
ritratto sulla copertina dell’album farà causa al gruppo nel 2005
asserendo che la foto è stata impiegata senza il suo permesso e che il
suo uso gli ha creato problemi psicologici. Il ritardo della causa è
dovuto, a detta del tipo, perché si è accorto del cd con notevole
ritardo. Che sia da credergli? Forse Rob e i ragazzi son davvero dei
Babau!
Tra coloro che all’epoca criticano il brano dei Prodigy ci son pure i
Beastie Boys (che si son dimenticati evidentemente dei casini provocati
10 anni prima) e un gruppo che invece sta ottenendo un clamoroso
successo con un pezzo che inneggia allo sbronzarsi…
I Faust del pop
“Tutti gli articoli (del contratto n.d.r.) che sono stati esclusi
saranno ritenuti inclusi. Che cosa significa?” “È una clausola per
proteggerti, Winslow.” ("Il Fantasma del Palcoscenico", Brian De Palma,1974)
Chumbawamba – Il manifesto universale della sbronza
A
fine anni ’90 son pochi gli artisti di produzione britannica che
riescono a penetrare l’oramai sempre più impenetrabile fortezza della
chart USA. Tra questi vi sono i Chumbawamba con TUBTHUMPING.
Il collettivo che si cela dietro questa strana sigla è un gruppo
anarcoide nato nel 1982 a Leeds. Il gruppo inizia come punk-anarcoide
fortemente anti-tatcheriano. Il loro obiettivo è la distruzione del
Governo. Li distingue una certa vena sarcastica, facilmente desumibile
dai titoli dei loro primi lavori ("Pictures Of Starving Children Sell
Records" - critica dei vari Live Aid, "Never Mind The Ballots"). Nel
corso degli anni raffinano il loro suono e nel 1997, dopo anni di
onorata carriera indipendente, i duri e puri vendono l’anima al
diavolo: firmano per la EMI! I fan della prima ora inorridiscono e
iniziano a mandare lettere minatorie (specie se si considera che hanno
partecipato nel 1989 a un LP intitolato “Fuck EMI”). Tuttavia la band
si giustifica chiarendo che essendo in una società capitalistica, tutti
perseguono il profitto, anche le etichette indipendenti per cui
incidevano prima. E poi loro vogliono attaccare il sistema dall’interno
usando le sue stesse armi e lanciare i loro messaggi a un pubblico più
vasto... Se poi arrivano soldi in modo da permettere loro di campare
solo con la musica, dato che al momento tutti fanno altri lavori per
vivere... Ecco la fregatura del musicista impegnato: si deve sempre
giustificare!
Comunque
i nostri fanno centro col primo singolo pubblicato per la demoniaca
etichetta: un trascinante inno da festa dal ritornello che ti si
appiccica in testa. Accantonata (apparentemente) la politica, il pezzo
parla del passare la notte sbronzandosi (il coretto angelico "pissing the night away").
Il singolo esce a fine estate in UK e arriva sparato al N. 2, diventa
un hit colossale in tutta Europa e a tempo record scala anche la
classifica di Billboard. Nelle intenzioni l’hit dovrebbe essere un po’
come un ariete di sfondamento, per poi piazzare pistolotti politici
agli adolescenti rincoglioniti da MTV. E infatti l’album “Tubthumper”
(in inglese il termine indica un attivista politico), non manca di
brani impegnati e dai testi feroci e presenta in copertina citazioni
che svelano il background politico del gruppo e che tuttavia vengono
prontamente eliminate nelle stampe destinate agli USA (si sa, l’essere
anarcoidi tendenti al comunismo non è la ricetta migliore per vendere
in quel mercato…). I nostri hanno infatti fatto i conti senza l’oste,
ovvero la casa discografica. Se l’obiettivo era far soldi, si può dire
perfettamente centrato. Ma la rivoluzione non passa (ovviamente) per la
via del tormentone da party. D'altra parte la vera musica politica lo è
nella forma (la musica stessa) e non ha bisogno di pistolotti e
proclami politici che risultano spesso banali e noiosi. Tuttavia i
ragazzi rimangono anarchici nello spirito e nel 1998 il loro leader,
Danbert Nobacon, verserà acqua sul futuro vicepremier britannico John
Prescott ai BRIT Awards. La band otterrà un secondo hit in patria con
“Amnesia”, poi, dopo un inno calcistico e un singolo bloccato dalla
casa discografica intitolato “Tony Blair” (mandato però come regalo di
Natale ai fan) e due album che invano cercano di ottenere successo,
ritornerà nel circuito alternativo finanziando con parte dei ricavati a
gruppi che si battono contro le multinazionali... “I get knocked down! But I get up again/ you're never gonna keep me down”
I mutanti
“Quella cosa vuole diventare come noi!” (“La Cosa”, John Carpenter, 1982)
Siamo qui per narrare la terribile storia dei mutanti. Iniziano
dedicandosi a generi duri e puri, dicendo che il successo commerciale
non interessa loro. Poi si accorgono che i loro dischi li comprano i
soliti quattro gatti. E allora che ti fanno? In un disco infilano un
pezzo che non c’entra nulla col resto del repertorio, anzi che ci sta
come i cavoli a merenda. E a questo punto aspettano che le radio si
accorgano dell’anomalia. Se questo succede e l’anomalia piace al
pubblico, che la spedisce in vetta alle classifiche, ecco che può
avvenire la drammatica mutazione. Subdola ma irrefrenabile. Le
distorsioni delle chitarre si trasformano in semplici riff
orecchiabilissimi, la batteria si placa e il cantante invece di inveire
inizia a miagolare. E al disco successivo vi troverete davanti una pop
band. I quattro gatti iniziali li chiameranno venduti, e non si potrà
dare loro torto, visto il numero di dischi che vendono… Se poi la band
ha la fortuna di avere un frontman belloccio e fotogenico…
Sugar Ray – Come volare in vetta
“Vuole trasformarmi in qualcosa d’altro, non è tremendo. Quanti
darebbero chissà cosa per cambiare in tutto in parte.” “In cosa
trasformarti?” “Tu pensi a una mosca? A una mosca di 75 chili? No, io
diventerò qualcosa che non è mai esistito. Io sto diventando una…
Brundlemosca. Pensi che valga un paio di Nobel?” (“La Mosca”, David Cronenberg, 1986)
Un caso di questo genere è rappresentato dai californiani Sugar Ray (nome derivante dal pugile Sugar Ray Leonard) capitanati da Mark McGrath,
bonazzo con la tartaruga al posto giusto. Dopo un primo album, del
1995, dall’aggressivo suono funk metal, pubblicano nel 1997 l'album “Floored”.
Che contiene l’anomalia di cui sopra. Si tratta di un pezzo sornione e
orecchiabile dalle influenze pop-reggae e hip hop (ormai il crossover,
ovvero il mix tra pop, rock e hip hop è acquisito e funziona nelle
radio) chiamato FLY,
a cui partecipa anche l’artista reggae Super Cat. Il pezzo, tipico
brano da ascoltare sulla spiaggia dopo aver fatto surf, arriva al N. 1
della Airplay chart USA il 18 di ottobre, rimanendovi 6 settimane. Dopo
un tale successo tutti son convinti che i 15 minuti di celebrità della
band siano passati. Questa nel 1999 realizzerà quindi un album
inequivocabilmente pop intitolato sardonicamente “14:59”, indicando che
quei 15 minuti non son ancora passati… In effetti quell’ultimo secondo
scadrà nel 2001. Ma c’è invece chi non cambia di una virgola il proprio
suono e ottiene lo stesso successo…
The Mighty Mighty Bosstones – Quando la fedeltà paga
Sugli States negli anni ’90 si abbatte la “terza ondata ska”, ovvero lo ska-core,
mix tra lo ska giamaicano e il punk americano. Il genere, nato alla
fine degli anni ’80, vede il suo momento di grande successo commerciale
tra il ’95 e il ’98 lanciando in orbita band come No Doubt, Sublime e i
Mighty Mighty Bosstones. Questi ultimi, formatisi a Boston nel 1985,
duri e puri del genere, di cui son pionieri, hanno alle spalle anni di
onorata carriera quando d’improvviso i teenager americani li scoprono.
Di punto in bianco la band diventa “di moda” e va in classifica. La
loro THE IMPRESSION THAT I GET diventa un grande hit radiofonico, portando l’album “Let’s Face It”
verso posizioni mai raggiunte prima dalla band (e mai più replicate).
All’inizio del 1998 il singolo, pubblicato in UK, diventerà un hit
anche in Albione.
Ma Halloween è la Notte delle Streghe, pertanto…
Tremate! Le Streghe son tornate!
“Non riuscirai a sfuggire alla mia vendetta, o a quella di Satana!
La mia vendetta ti colpirà, col sangue dei tuoi figli, e dei loro
figli, e dei figli dei loro figli, continuerò a vivere per sempre! Mi
riporteranno alla vita che tu ora mi sottrai!” (“La Maschera del Demonio”, Mario Bava, 1960 - ma anche un pezzo qualsiasi dedicato a un ex da Alanis Morissette...)
“Io non penso che gli uomini siano la risposta a tutto”. “E allora perché finiamo sempre a parlare di loro?” (“Le Streghe di Eastwick”, George Miller, 1987)
Le classifiche sono invase dalle streghe! Sono ricomparse già da una
decina di anni. Ma il botto vero è arrivato con l’inviperita canadese,
che con un maleficio sull’ex ha venduto in men che non si dica quasi 30
milioni di copie del suo album. Questo ha definitivamente sconvolto le
fragili menti dei discografici. Possibile che una, vestita e incazzata,
venda di più di una ignuda e conciliante? Si riscatena così la più
grande caccia a quelle streghe che si fanno chiamare cantautrici. Ma
non per metterle al rogo, come ai buoni vecchi tempi! Per mandarle in
classifica! E nel 1997 le classifiche presentano una densità mai
registrata in precedenza di fattucchiere munite di piano o chitarra. Se
poi pure squinzie sciamannate come le Spice Girls vendono parlando di
“Girl Power” si capisce che le cose sono davvero preoccupanti...
E come se non bastasse, proprio nel 1997, le Streghe si radunano in un
Sabba Infernale: un festival musicale itinerante interamente al
femminile, chiamato Lilith Fair Tour, che grazie a una serie
incredibile di malie sonore si rivela uno dei più clamorosi e influenti
della fine degli anni ’90. È chiaro che si tratta di un Sabba fin dal
nome: lo dedicano a Lilith, la leggendaria prima moglie di Adamo della
tradizione ebraica, che si rifiutò di “stargli sotto” e se ne andò
(venendo sostituita da Eva), diventando un lussurioso demone notturno!
Nell’edizione del 1997 compare la creme de la creme del cantautorato
femminile americano. Manca solo la rossa Tori Amos, ma quella ha fatto
sapere che vuole avere uomini attorno… Il tour, che si svolgerà anche
nei due anni successivi è la risposta all’industria discografica, che
non intende finanziare tour o festival con cantautrici donne come
headliner. Mai smentita sarà più clamorosa: nelle tre edizioni
raccoglierà in beneficienza oltre 7 milioni di dollari (destinati ai
movimenti per le donne) e sarà visto da più di 2 milioni di spettatori.
Volevate sapere cos’è il “girl power”?
Molte delle convenute al sabba dominano le classifiche mondiali.
L’estate è stata dominata da Meredith Brooks e la sua “Bitch”, vero
manifesto programmatico della donna degli anni ’90, che al momento, sia
pur ancora ben piazzata, sta scendendo nelle classifiche. Stessa sorte
anche per la futura vincitrice del Grammy Shawn Colvin e la sua “Sunny
Came Home”. Chi invece sta salendo le classifiche mondiali è proprio la
capogruppo.
Sarah McLachlan – Il mistero che affiora sulla superficie delle classifiche
La “capostrega” dietro il Lilith Fair Tour è una delle superstar
femminili degli anni ’90 che arrivano dal Canada (come Alanis, Shanya e
Celine). Più precisamente, Sarah arriva dall’Ontario. Nel 1994 ha
venduto oltre 5 milioni di copie del suo album “Fumbling Towards
Ecstasy”, che l’ha rivelata a livello internazionale, ma è nel 1997,
con il successivo “Surfacing”,
che fa strike pieno. Realizzato col fido produttore Pierre Marchard e
pubblicato in contemporanea con l’inizio del Lilith Fair, vende 8
milioni di copie solo negli USA (11 in totale)! Merito di melodie
cristalline e di testi che esprimono sensibilità e sicurezza, cantati
dalla calda voce dell’autrice. Il lavoro viene considerato meno
unitario rispetto ai precedenti, tuttavia presenta una serie di gemme,
una delle quali è pubblicata come primo singolo. BUILDING A MISTERY
(dedicato a un misterioso “beautiful fucked up man” – diventato
“strange” o “messed up” per le radio), arriva nella Top 20 USA,
arrivando al N. 13 in ottobre. È solo l’inizio. E giusto per stare in
tema Halloween, il brano inizia così… “you come out at night/ that's when the energy comes/ and the dark side's light/ and the vampires roam…”
Ma c’è una maliarda in circolazione la cui pericolosità è davvero alta…
Fiona Apple – La criminale del sesso
Ecco
cosa succede a comprare un disco di Alanis! Si fa ottenere un contratto
discografico con la Sony a una torrida newyorkese di 18 anni. La voce
profonda e roca, dalla decisa carica sensuale, unita a testi
sprezzanti, acidi, straziati e potenti la rendono uno di quei
personaggi che non passano inosservati. E fanno capire subito che è una
ragazzaccia di quelle cattive. Non una che si atteggia. Questa è una
vera bomba a orologeria. Fiona Apple McAfee Maggart, questo è il suo
nome, ha un passato molto difficile, segnato da disordini
comportamentali e marchiato da una tragedia. A 12 anni ha subito una
violenza carnale e il tema affiora nelle sue composizioni, grondanti
angoscia. Tuttavia è chiara a riguardo: lo ha superato e ne parla solo
perché vuole far capire che non se ne vergogna. La ragazza ha una
lingua affilata, e lo dimostra anche chiamando Tori Amos (che ha
vissuto un’esperienza simile alla sua e ne ha fatto il tema di molti
suoi pezzi, tra cui “Me And A Gun”) la “ragazza poster dello stupro”
(sebbene in realtà lei non la consideri una critica alla collega).
Il suo album di debutto, “Tidal”, uscito nel 1996, diventa un clamoroso successo questo autunno, quando il quarto singolo, la torrida e splendida rock-blues CRIMINAL, diventa un hit, grazie anche all’inquietantemente sensuale video girato da Mark Romanek.
Basta guardarla in quel video in cui compare seminuda, pallida e magra:
una tentatrice di Babilonia che attenta agli equilibri ormonali dei
giovani americani. Ma non promette loro sano spasso. No, questa ha idee
losche per la testa e non promette nulla di buono. Il video vince pure
un MTV Award, e la ragazza non mancherà di dar sfogo alla propria
linguaccia nel discorso di ringraziamento, sparando a zero su MTV e
l’industria discografica definendoli “stronzate” e invitando la gente a
pensare con la propria testa e a non badare alle apparenze. I media il
giorno dopo la criticheranno, più che altro per una certa ipocrisia
della cosa: lei non ha esitato a far uso del sex appeal per vendere.
Lei, dolcissima, risponderà: “quando ho qualcosa da dire, lo dico
fottutamente!”. L’album diventerà triplo platino. Come si suol dire: le
brave ragazze vanno in paradiso, ma quelle cattive vanno in classifica.
“I've been a bad, bad girl/ I've been careless with a delicate man/
And it's a sad, sad world/ When a girl will break a boy just because
she can”.
E poi c’è la biondina hippy…
Jewel – Giochi acustici
Si chiama Jewel Kilcher e sta vendendo camionate del suo album di
debutto, l’acustico “Pieces Of You”. Il successo della biondina cresciuta
in Alaska è molto legato ai singoli estratti dall’album. Dopo aver
ottenuto uno dei massimi hit dell’anno con la deliziosa ballata
acustica “You Were Meant For Me”, è ora in classifica con il terzo hit,
FOOLISH GAMES,
inizialmente lato B del precedente pezzo. L'inserimento nella colonna sonora di “Batman & Robin” ha comportato la ri-registrazione del pezzo, che già in partenza, rispetto
agli altri contenuti nell’album, soffre di una produzione più elaborata
che mal si addice all’interprete (è come aggiungere zucchero nel
miele). Jewel tuttavia riesce a sfiorare pericolosamente il territorio
minato di Celine Dion riuscendo a non caderci dentro, conservando una
certa sincera spinta emotiva che anima il suo debutto discografico (e
che verrà miseramente persa nei successivi album). Il video
(involontariamente comico: cavalli e mimi kabuki?) ce la rivela così
com’è (o perlomeno appare): una specie di pseudo-hippy ingenua e naive
che sembra la versione intonata di Phoebe di “Friends”.
Parlando di Halloween non si può non citare “Batman & Robin”,
non tanto perchè nel film ci son tizi che girano mascherati, quanto per
l’orrore indicibile della pellicola. Ovvero quello che accade quando
metti un regista mediocre a girare su una sceneggiatura che dimostra
ancora una volta gli effetti deleteri della cocaina sul cervello umano.
Nei panni (sprecati) dei cattivi l’attuale Governatore della California
vestito da frigorifero e Uma Thurman truccata come un travestito
floricoltore. Dallo stesso film è tratto anche un altro hit, GOTHAM CITY, ennesima ballata gospel realizzata con lo stampo da R. Kelly, che decisamente è meno nocivo quando si da ai pezzi ritmati.
Certo, se il pop-rock è dominato da fanciulle, anche il settore black
vede grandi protagoniste femminili. Arriva in novembre al N. 12 USA
anche la Regina dell’Hip Hop, Missy Elliott, che dopo aver partecipato alla delittuosa “Not Tonight”, si fa perdonare con l’eccellente SOCK IT 2 ME, realizzata con Da Brat e tratta dal suo debutto, "Supa Dupa Fly". E in settembre nella stessa posizione arriva anche il suo compare, Tim Mosley, meglio noto come Timbaland, che debutta proprio con UP JUMPS DA BOOGIE, realizzata in duo con l’amico Magoo
e scritta anche con Missy, che partecipa al pezzo assieme a Aaliyah. Il
futuro dominatore delle classifiche di metà anni 2000 è decisamente più
magrolino all’epoca, eh?
Ma c’è una strega che è in assoluto la più temibile in circolazione…
Bjork – Betulla, la strega tascabile dei ghiacci
Parliamo della Guðmundsdóttir. È stata scambiata per un folletto
nordico un po’ dispettoso e decisamente bizzarro. Ma è con l’album del
1997 che getta la maschera, e lo si capisce fin dall'inquietante copertina: la
nostra è la temibile e arcana Strega tascabile dei ghiacci. Dopo un
pacco-bomba mandatole da un fan poi suicida, dice “la cosa si è spinta
troppo oltre” e si rifugia nella natia Islanda. Anche per evitare di
malmenare altri giornalisti. Isolatasi sulla sua isola di ghiacci e vulcani, Betulla (significato del nome
bjork in islandese) lancia strilli acuti al vento e trae ispirazione per le sue nuove
composizioni. Poi si reca in Spagna, dove
le trasferisce, con l’aiuto di produttori a lei asserviti (stavolta Mark Bell e Howie B), nell’album “Homogenic”, uscito il 23 settembre. È il suo terzo album solista ed è il suo lavoro più omogeneo (come suggerisce il titolo) ed emotivo.
L’obiettivo è evocare sonoramente il paesaggio islandese: infatti crea
“paesaggi emotivi” con calde colate laviche di archi classicheggianti su/contro
spigolose basi elettroniche. E la sua voce forma rivoli cristallini
derivanti dai ghiacciai che scorrono sul tutto. Le sue nuove malie
incantano i suoi adoratori, sempre più istericamente accaniti, e ne
acquistano di nuovi, facendo tuttavia fuggire chi non è sensibile al
suo fascino stregonesco. Queste malelingue addirittura affermano che
con la sua voce inciti i gabbiani ad attaccare la gente.
Dall’album (N. 4 in UK e Top 10 in tutta Europa) vengono tratti ben
cinque singoli.
I primi due, pubblicati nel 1997, sono la bellissima JOGA,
autentica ode all’isola natale (pubblicata in sole 3000 copie), e
l’epica e sensuale (forse un po’ troppo melodrammatica) sinfonia in
crescendo di BACHELORETTE ("I'm a fountain of blood, my love, in the shape of a girl"), il cui bellissimo video è diretto, come il precedente, da Michel Gondry. L’ultimo estratto, nel 1999, sarà ALL IS FULL OF LOVE, dallo splendido e inquietante video robotico girato da Chris Cunningham.
Nel 1997 agli MTV Europe Awards si porta a casa il premio di miglior
artista donna. Una avvertenza, se vivete vicini al mare (o a una discarica) ascoltatelo con
le finestre chiuse, non si sa mai, un gabbiano potrebbe attaccarvi…
Le mummie
“È tornata in vita!” (“La Mummia”, Karl Freund, 1932) “Ed è andata in tour!” (Anonimo)
Come ogni compagnia horror che si rispetti, non può mancare la cara
vecchia mummia... No, Cher non ha fatto un disco nel 1997. E di Elton
John abbiamo già parlato. Ma anche questo autunno ci son alcuni
sarcofagi scoperchiati… Iniziamo dai Fleetwood Mac che dopo 15 anni
tornano al N. 1 degli album USA il 6 settembre con “The Dance”,
album live realizzato con la formazione dello storico “Rumours”
(Christine McVie, Lindsey Buckingham, Stevie Nicks, Mick Fleetwood e
John McVie). L’album live celebra infatti il ventennale dello storico
album. L’album contiene anche materiale inedito, tra cui SILVER SPRINGS, scritta dalla Nicks per “Rumours” ma poi scartata.
The Rolling Stones – La ricerca delle mummie babilonesi
Certo, con tutti i lifting fatti, la grande Stevie Nicks non appare
come una mummia incartapercorita. Ma ci sono quattro arzille mummie che
invece mostrano tutta la loro età (nonché tutti gli stravizi passati:
evidentemente si son divertiti parecchio con le sacre vestali note come
groupie…). Sono gli Stones e il 29 settembre pubblicano l’album
“Bridges To Babylon”. I vecchiacci intendono togliersi un po’ di
polvere dalle antiche spalle, e pertanto chiamano tra i produttori
anche i The Dust Brothers
(che visto il nome, di polvere se ne intendono…), reduci dal successo
di “Odelay” di Beck. Per la prima e unica volta gli Stones usano
campionamenti in un loro album. Il pezzo di punta è la fiacca ANYBODY SEEN MY BABY,
che più che altro si fa notare per assomigliare in modo inquietante a
“Constant Craving” di k.d. lang. Jagger dice di non conoscere neppure
il pezzo, ma i vegliardi ovviamente sanno il fatto loro e per non far
la fine di un Ashcroft qualsiasi, prevengono ogni bega legale
accreditando la lang e il suo collaboratore Ben Mink tra gli autori… Più interessante risulta il video, merito di una splendida Angelina
Jolie. L’album, non memorabile, arriva al N. 6 negli Usa e al N. 3 in
UK. Ma la cosa più importante è il tour che ne accompagna l’uscita, il
monumentale Bridges To Babylon Tour (108 date in 4 continenti davanti a
4 milioni e mezzo di spettatori), i cui incassi li confermeranno le
mummie più ricche del rock…
Il Tunnel dell’orrore
E ora gran finale con una corsa sul treno dei mostri musicali!
Abbassate la sbarra che si parte! Subito dopo l’ingresso, ecco a voi
una delle più pestilenziali creature del decennio: la minaccia italiota
Alexia, che stavolta ci propina la sua UH LA LA LA.
Non siete riusciti a tapparci le orecchie in tempo? Non sapete che
altro via aspetta! Per la serie: band che cadono a pezzi ma non si
arrendono ecco a voi i Genesis di CONGO
(ovvero come far finta di andare avanti senza il leader originario e
neppure il leader di scorta). Una curva a gomito ed eccovi fronte a
fronte ai No Mercy, che come dice il nome, non avranno pietà: mix micidiale di europop e latin che massacra KISS YOU ALL OVER, grande hit del ’78 degli Exile. Ma ecco un’altra cover ancor più orripilante: DA YA THINK I’M SEXY? in versione rap ad opera degli inverencondi N-Trance! Pensate di aver superato il peggio? Illusi! Ecco la versione “mini me” del biondino dei Backstreet Boys: Aaron Carter con la putrida CRUSH ON YOU (cover di un già bruttarello hit del 1986 della teen band di origine polinesiana (!) The Jets). Gran finale con Coolio e la sua C U WHEN U GET THERE, vera e propria minaccia: anche quando passerete all’altro mondo ve lo dovrete sorbire!
Ma proprio nel momento in cui tutte le speranze sembrano svanire, ecco
che arriva la luce del giorno... Sembra la salvezza, ma siamo sicuri
che la polizia che sta arrivando sia così amichevole?
Radiohead – Inutile scappare... Il fato ti prenderà lo stesso!
“This is what you get, when you mess with us”: suona decisamente come una minaccia, eh? Mai minaccia è stata più affascinante, tuttavia. KARMA POLICE,
pezzo dedicato all'ineluttabilità del fato e a chi lavora in grandi
compagnie dominate da manager, è il secondo estratto dal seminale “OK
Computer”, l’album che di fatto trasforma definitivamente i Radiohead
nella band degli anni ’90. Il titolo deriva da una battuta che i membri
della band si scambiano in tour quando uno fa qualche scemenza: "la
polizia del karma prima o poi verrà a prenderti!". Accompagnato da un
grandissimo video girato da Jonathan Glazer, il brano arriva al N. 8 in
UK. Su di esso tuttavia aleggia uno spettro, per l'esattezza quello di
quattro scarafaggi: come ammesso da Thom Yorke, il riff di piano che
accampagna la minaccia sopra riportata cita apertamente "Sexy Sadie" dei Beatles.
Anche Thom quindi è un piccolo Frankenstein, ma di livello decisamente
superiore. E tra le fonti di ispirazione per l'album la band cita,
oltre ai Fab Four, anche Miles Davis, Pink Floyd ed Ennio Morricone. E
per finire in bellezza, citiamo proprio il grande finale in cui, mentre
Thom canta "And for a minute there, I lost myself, I lost myself", tutto sfuma su un effetto di distorsione creato con una delay machine digitale dal chitarrista Ed O'Brien...
USCITE CHIAVE
Una "mummia" che invece realizza un album acclamato questo autunno è il grande Bob Dylan, che con "Time Out Of Mind", il suo 41esimo, ritorna col produttore Daniel Lanois
a un suono blues. L'album esce il 30 settembre, a quattro anni dal
precedente e segna la rinascita del vecchiaccio, che nel frattempo ha
assistito al successo della band del figlio Jakob, i Wallflowers. Il
disco vede un Dylan meditare sul senso della propria vita. Tra i pezzi
di punta la bella e malinconica NOT DARK YET,
in cui il nostro si pone più amari interrogativi che risposte nel fare
un bilancio della propria vita, ribadendo che tuttavia "non è ancora
completamente buio, anche se tra poco lo sarà". Per tacer dell'ode
all'amor perduto e alle sue pene, LOVE SICK.
In quanto ad età, nessuno può tuttavia superare gli arzilli vecchietti cubani del "Buena Vista Social Club",
clamoroso successo mondiale che di fatto ha innescato l’esplosione
della musica cubana e latino-americana in occidente. Il progetto deve
il nome a un club attivo negli anni '40, aperto alla sola gente di
colore. Il disco è nato da un’idea di Juan de Marcos González e Nick
Gold, presidente della World Circuit Records. Nella sua lavorazione
viene coinvolto anche Ry Cooder (finito a Cuba per registrare
delle canzoni con musicisti del Mali, quando questi non ottengono il
visto, si ritrova con Gold, che ha riunito con González la Afro Cuban
All Stars, una all stars di musicisti cubani della vecchia guardia, tra
cui il grande Compay Segundo, Ibrahím Ferrer e il pianista Rubén González.
Il successo del disco, uscito il 16 settembre, verrà amplificato anche
grazie all'omonimo successivo (del 1999) film documentario di Wim
Wenders (con cui Cooder ha collaborato più volte, a partire da “Paris,
Texas”), che ne descrive la genesi attraverso interviste un paio di
strepitosi concerti dell’ensemble. Per voi il pezzo che apre l’album, CHAN CHAN.
Tornando ai cantautori americani, ecco Elliott Smith, nato nel '69, con il suo sound lo-fi e intimo. Smith realizza con "Either/Or",
il terzo album, il suo lavoro più completo e vario, con cui sperimenta
un suono elettrico. Tra i pezzi di punta del lavoro si possono citare BALLAD OF BIG NOTHING, l'ode alla bottiglia BETWEEN THE BARS e la rassegna di disastri amorosi di PICTURES OF ME.
L'album deve il titolo a un saggio di Kierkegaard e alcuni dei pezzi in
esso contenuti verranno impiegati, assieme al suo brano più noto (e
candidato agli Oscar), MISS MISERY, nel film "Will Hunting - Genio Ribelle",
il film di Gus Van Zandt (appassionato di musica e amico del cantante,
conosciuto a Portland) che ha lanciato Matt Damon e Ben Affleck. Smith,
afflitto da tossicodipendenza e alcolismo, se ne andrà in modo
misterioso nel 2003, a seguito di due pugnalate nel petto, forse
suicida.
E giusto per concludere in mestizia, una segnalazione per due grandi
che hanno abbandonato questo pianeta proprio questo autunno: il leader
degli INXS, Michael Hutchence, e il re del pop-country degli anni '70, John Denver.
“Attenzione! Questo è il momento in cui l'assassino creduto morto
ritorna in vita per lo spavento finale!” (sparo) “Non nel mio film!” (“Scream”, Wes Craven, 1986)
Abbiamo scherzato un po'. Spero che questa puntata speciale vi sia
piaciuta. Tra 15 giorni si torna alla normalità visitando l'autunno di una delle annate più rivoluzionarie del secolo. E naturalmente la rivoluzione contagia anche la musica...
Marco
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