( chart USA + UK + World Chart, settembre-ottobre-novembre )
L'AUTUNNO DEL 2000 – Musica per ribelli e borghesi Strano anno il primo del nuovo millennio. Le classifiche dei singoli sembrano impazzite. Negli USA, freschi della discussa elezione del Presidente George W. Bush, la classifica colpita da “tartarughite” fissa un record con il minor numero di singoli entrati in Top 10 nell’arco di un anno (solo 53!). Al contrario, la folle accelerazione della chart britannica arriva al suo apice, con ben 43 singoli che arrivano al N. 1 (un altro record). In entrambi i casi, come causa del fenomeno, viene additato lo scambio di file peer to peer tramite Napster, che sembra influire in modo sensibile sulle vendite dei singoli e sulle loro classifiche: rallentandole, dove la classifica è basata anche sui passaggi radiofonici (che acquistano un peso elevato), oppure accelerandole, dove le vendite diventano un affare per fans e si concentrano in poche settimane. Gli album al momento non sembrano essere invece interessati dal fenomeno e in giro ci son molti dischi multimilionari. La scena musicale si presenta comunque piuttosto variegata. L’ondata pop abbattutasi sulle classifiche a fine anni ’90 è ancora ben lungi dal ritirarsi e le boy band registrano picchi di vendita inauditi. Alcuni protagonisti iniziano tuttavia a segnare il passo, come le Spice Girls, destinate ad essere anzitempo rottamate. Chi non teme la rottamazione è invece Miss Ciccone (prossima signora Ritchie), che continua sulla strada del pop elettronico. E l’elettronica è infatti il suono dominante. La troviamo sia in discoteca che nel rock alternativo sperimentale, che vede in “Kid A” dei Radiohead la sua punta di diamante. Ma le classifiche premiano anche suoni del passato, come nel caso di 4 scarabei di Liverpool che vendono più di tutti con una raccolta… Il classificone è dominato da una pletora di donne. 5 soliste e 2 gruppi capitanati da fanciulle in Top 10. E davanti a tutte, staccatissima, c’è proprio lei…
Madonna – Il potere della musica “Music makes the people come together/ Music makes the bourgeoisie and the rebel”. La musica unisce o divide la gente? La musica contribuisce a scavare il solco tra il ribelle e il borghese? La chiave “dimmi che musica ascolti e ti dirò chi sei” è reale? Si potrebbe scatenare un dibattito dall’ascolto dell’opera datata 2000 della più grande filosofa prodotta dalla cultura di fine ‘900. In genere la musica pop/rock/ecc.. gode di diversa considerazione a seconda dell’interlocutore. C’è chi la considera un’espressione culturale meritevole di attenzione. Altri la considerano al massimo un sottofondo per il tempo che si trova a trascorrere nel traffico. Per tacer di quelli che semplicemente non la chiamano musica perché la “vera musica” è morta da tempo. Poi ci sono quelli che “i Beatles non erano che una boy band”. Quelli che “Gigi D’Alessio è un genio incompreso e se non ti piace sei solo uno snob”. Quelli che “questo disco è brutto perché è registrato male”. Quelli che “l’hip hop non è vera musica”. Quelli che “la vera musica è quella che non vende e chi vende è un venduto”. Quelli che “i ________ (riempite col nome che preferite) sono la più grande band della storia e tutte le altre fanno schifo!”. Quelli che “Amy Winehouse non vale niente musicalmente perché è una drogata”. Quelli che “non c’è più la musica di una volta”! E soprattutto quelli che “quelli che non la pensano come me sono dei cretini”… Premesso che: 1) se i Backstreet Boys mi fanno un album come “Abbey Road” divento loro fan, 2) il giorno in cui Gigi D’Alessio farà la cover di “Je T’Aime… Moi Non Plus” con la Tatangelo (con video sexy-soft) acquisirà tutta la mia stima, 3) che in effetti la qualità della registrazione può influire, ma che non rinuncerei mai a un album che amo anche se non è stato rimasterizzato, 4) che ogni genere ha il suo perché e in esso c’è sempre il bello e il brutto (Jacques de la Palice), 5) che alla fine si può stabilire se uno “è venduto” in base a cosa (o al massimo a come) vende, ma non in base al fatto che venda, in tal caso semmai l’unica certezza è che “ha venduto”, 6) che amare una band non significa necessariamente escludere il resto della musica prodotta nel corso della storia umana (e le opinioni cambiano), 7) che la vita privata dei musicisti è affaraccio loro, a meno che uno non sia apertamente ipocrita (e Amy, purtroppo per lei, non lo è), e che comunque la qualità della musica non si misura in base allo stile di vita del suo autore, 8) che spesso quando si valuta il passato ci si dimentica delle porcherie che lo infestavano. La "fuffa" c'era pure allora e bisogna fare attenzione a non confonderla con qualcosa che semplicemente è "diverso" da quello che c'era prima. Insomma, si potrebbe dire che tutto dipende da quella cosa che si trova tra le orecchie chiamata cervello… Eh, già… il cervello. Bisogna aprire le finestre ogni tanto per ossigenarlo. Ma per ossigenare bene è opportuno spalancare bene le finestre e far circolare l’aria. Viceversa, se entra solo uno spiffero d’aria al massimo si richia di beccare solo un torcicollo. Come in tutti gli altri campi dell’esperienza, anche nella musica una totale apertura mentale sarebbe lo stato ottimale. Certo, una visione aperta a 360° risulta spesso di difficile applicazione, per cui ci si può accontentare di una misura angolare leggermente inferiore (purché l’angolo non sia eccessivamente acuto…). Una cosa è sicura: le ristrettezze della visione mentale della vita si riflettono con quelle dei gusti musicali, a prescindere dalla presunta qualità di questi (per esempio, diffidate da chi vi dice “io ascolto solo musica barocca del ‘700”! Esperienza personale!). E diffidate da chi vi dice che non ama la musica e non l’ascolta: è di sicuro una persona cattiva… Ah, dimenticavo… Ovviamente, chi non la pensa come me è un cretino…;) Ma torniamo alla filosofa che ha originato i deliri sopra esposti. All’epoca è decisamente ringalluzzita. Un raggio di luce l’ha illuminata due anni prima riportandola in vetta dopo un lustro di alti e bassi, e ora la nostra sembra ben intenzionata a rimanervi. Adotta quindi la sua classica formula. Col consueto istinto da segugio fiuta cosa gira intorno di interessante. E assolda i produttori più “cool” in circolazione. Ovviamente non molla la presa su William Orbit, artefice della sua miracolosa resurrezione. Ma in più attinge al “tocco francese” di Mirwais Ahmadzaï (con problemi di comprensione tra la star e il genietto elettronico: la prima non biascica una parola di francese, il secondo non sa l’inglese – ma non c’era un traduttore? Costava? Beh, sappiamo che Madge è corta di braccino…). E pure assolda Mark "Spike" Stent, già collaboratore, tra gli altri, di Spice Girls, Massive Attack e U2. Il nuovo album esce il 18 settembre ed è un mix di suoni spostato verso la dance elettronica europea, che viene tuttavia condita anche con chitarre acustiche di tipo folk, vocoder (diventato infestante dopo “Believe” di Cher) e disparate influenze. E viene intitolato, giusto per ribadire questo approccio totale, MUSIC. Un nuovo disco significa anche nuovo look: smessi gli abiti new age, eccola in versione “hip hop-country-chic”, con tanto di cappello da cow girl e medaglioni d’oro. L’album è anticipato dal singolo con la title-track. Nonostante la Signora non lasci nulla al caso, questa volta internet le gioca un brutto scherzo. Il 27 maggio una copia non autorizzata del pezzo, incompleta, compare in rete (seguirà causa intentata a Napster – come avrà a dire tempo dopo Madge: “ho due figli da mantenere! Non posso permettere che mettano la mia musica in rete!” Me la vedo come la Magnani in “Mamma Roma” – oddio, speriamo che non le venga l’idea di fare un remake di quel film…). L’uscita del singolo, pianificata come lo Sbarco in Normandia, viene quindi anticipata al 21 agosto. Chiama a dirigere il video Jonas Åkerlund, già responsabile del video di “Ray Of Light”. Il video (ovviamente) fa un po’ di scandalo per una sequenza ambientata in uno strip club. Nel video c’è pure una sequenza animata (Madonna all’epoca è incinta di Rocco, il secondo figlio, e pertanto non può scatenarsi in danze, per cui il cartone ha la funzione di movimentare il video). Partecipa al video anche Ali G, il fortunatissimo alter ego di Sacha Baron Cohen, in futuro creatore anche di Borat. Il responso del pubblico è quello atteso. Nonostante Napster, “Music” arriva sparato al numero 1 in una caterva di paesi, diventando il singolo più venduto nel Mondo del 2000. In UK è il suo decimo N. 1, negli USA è il suo dodicesimo (e per il momento, ultimo). Una curiosità: il lato B del singolo contiene un pezzo realizzato col musicista indiano Talvin Singh, "Cyberraga", un adattamento di un testo del Mahabharata. L’album ovviamente ripeterà l’exploit e venderà oltre 13 milioni di copie. Per il suo lancio la nostra sfrutta abilmente il “nemico” di pochi mesi prima, ovvero internet. Una mezz’oretta di concerto alla Brixton Academy il 28 di novembre le frutta 9 milioni di contatti. "Hey Mr. DJ, put a record on, I want to dance with my baby". Alle spalle della Material Girl, c’è la sua rivale N. 1 degli anni ’80, ovvero Janet Jackson. Come Madonna, anche Janet coltiva una carriera d’attrice, iniziata nei lontani anni ’80 con il serial TV “Saranno Famosi” e proseguita al cinema con un film di John Singleton, “Poetic Justice”. Adesso partecipa al seguito del “Professore Matto”, con Eddie Murphy. Non si tratta proprio di un’opera che passerà alla storia, ma la sorellina di Michael ne approfitta per realizzare un singolo per la colonna sonora. DOES IT REALLY MATTER è il tipico pezzo R&B-pop prodotto da Jimmy Jam e Terry Lewis che Janet ci propina da ormai 15 anni. E diventa il suo nono N. 1 americano, rimanendo in vetta alla Billboard chart per tre settimane a cavallo tra agosto e settembre (verrà detronizzata proprio da “Music”). Questo brano segna un record: la Jackson è il primo artista in assoluto ad ottenere N. 1 USA negli ’80, nei ’90 e nei 2000. Il pezzo invece va meno bene in UK, dove arriva al N. 5. E dopo le due veterane ecco le due rampanti Principesse del Pop...
Britney Spears – La ragazza è proprio fortunata… O no? Per la serie, "quando ancora non erano da ricovero", ecco a voi LUCKY, secondo singolo estratto dal secondo album di Britney Jean Spears. Prodotta dall’ineffabile Max Martin, la canzoncina narra la storia di una ragazza che ha tutto, soldi, fama e bellezza, ma è tanto triste e sola. Il pezzo non è un grande hit negli USA (arriva al N. 23, in quanto il singolo non viene pubblicato e pertanto entra in classifica solo grazie all’airplay radiofonico) ma diventa un grande successo nel resto del Mondo (quasi 4 milioni di copie) e in particolare nel Vecchio Continente, dove arriva al N. 1 in Germania (tenendo sotto nientemeno che Madonna!) e in Top 5 in Gran Bretagna. In alcuni mercati invece fa proprio fiasco. Forse per lo shock provocato dal video: Britney interpreta un’attrice che pure vince l’Oscar! La realtà sarà più dura per lei (e meno inquietante per noi): quando si dedicherà all’arte cinematografica vincerà un Razzie Award come peggior attrice. Nel frattempo la nostra è impegnata nel suo primo Tour Mondiale, che proprio questo autunno interessa l’Europa, Milano compresa. Il Tour è tuttavia interrotto per partecipare agli MTV Awards di New York: la performance fa scalpore perché la verginella fidanzatina d’America (e di Justin Timberlake) fa una specie di strip (e non perché massacra “Satisfaction”!). C’è un’altra invece che è passata per ragazza morigerata solo per qualche nanosecondo… E noi ringraziamo!
Christina Aguilera – Gola profonda inizia a scaldarsi Christina María Aguilera, la futura “Dirrrty Girl”, ha fatto notizia in estate per una serie di supposti flirt. Questo grazie anche a Eminem, che ne ha immortalato le supposte prodezze nella sua "The Real Slim Shady". In effetti il rapper ci è andato un po’ pesantuccio. Ha insinuato che quella boccuccia così brava nei vocalizzi sia espertissima anche in altre cose, e che di questo ne siano ben consapevoli il VJ di MTV Carson Daly e il leader dei Limp Bizkit, Fred Durst. Per tacer delle insinuazioni sul fatto che la nostra eroina sia un’untrice venerea… Christina, che all’epoca ufficialmente esce con un ballerino portoricano, non gradisce e accetterà di far pace con il rapper solo tre anni dopo. Ok, adesso basta gossip. Parliamo del pezzo. Allora… La ragazza di sicuro ha una cosa che Britney non ha, ovvero la voce, ma non ha tuttavia la Cherion di Max Martin a scriverle i pezzi. Così, per il suo quarto singolo, il primo su cui ha il completo controllo creativo, COME ON OVER BABY (ALL I WANT IS YOU), si mette al lavoro con ben 8 altri autori (!). Il parto di cotanto “brainstorming” è tipico pezzettino pop che piace ai teen ager USA e infatti arriva al N. 1 USA (il suo terzo) dopo “Music”, rimanendovi 4 settimane. Mentre è un successo decisamente minore all’estero. Il pezzo è il quarto tratto dal suo album di debutto, tuttavia la versione su singolo è nettamente diversa da quella dell’album. Ha un arrangiamento più “hip hop” e un testo più sensuale (“Don't ya wanna be the one tonight? We can do exactly what you like. Don't ya wanna be just you and me? We can do what comes naturally”) che fanno bandire il pezzo da Radio Disney: era già successo col suo primo hit “Genie In A Bottle”. Sin dall’inizio la ragazza è stata birichina… Comunque è un autunno impegnativo per Christina. In autunno pubblica ben due album. Il 12 settembre da alla luce l’album “Mi Reflejo”, in cui reinterpreta i suoi hit in spagnolo associandoli a nuovi brani. L’album spopola, vendendo 2 milioni e mezzo di copie e facendola diventare l’artista latina di maggior successo dell’anno. Poi, il 24 ottobre butta fuori anche l’album natalizio “My Kind of Christmas”, che rastrella un altro milione e mezzo di copie. Anche le cattive ragazze vendono a Natale...
Anastacia – Lei non è quel tipo di ragazza… C’è pure un’esordiente un po’ più “stagionata” rispetto a Britney e Christina (all’epoca ha 28 anni). Viene da Chicago, si chiama Anastacia Lyn Newkirk e ha una voce che scomoda paragoni nientemeno che con Tinona Turner. La ragazza trova l’America nel Vecchio Continente, dove il suo sound, influenzato dal soul anni ’70, trova orecchie più predisposte rispetto agli States. I’M OUTTA LOVE è il suo biglietto da visita. Il pezzo un soul-pop un po' telefonato dalle vaghe reminescenze disco anni ’70 , diventa un megahit in tutto il Vecchio Continente (Italia compresa), entrando anche nella difficile Top 10 britannica. L’album che lo contiene, “Not That Kind”, diventa un hit in tutta Europa, vendendo solo in UK, dove arriva al secondo posto, oltre 900.000 copie. Se in Europa l'album vende oltre 4 milioni di copie, negli USA non va oltre le 15.000 copie. Anastacia è proprio il caso più eclatante che rappresenta la separazione esistente tra il mercato USA e quello europeo: dominato da sonorità hip hop urban il primo, più pop dance e memore della disco il secondo. Ci son poi divine americane sull’orlo di una crisi di nervi che per incrementare le vendite in UK fanno comunella con tipici esponenti del più retrivo pop europeo...
Mariah Carey & Westlife – Un’accoppiata da paura Qua c’è veramente da aver paura. Da una parte la Stradiva degli anni ’90, prossima all’internamento in clinica (purtroppo temporaneo) e sempre più rifatta. L’ugola d’oro c’è ancora, ma viene come al solito usata a sproposito, giusto per far vedere quante ottave può raggiungere e quante note per respiro può produrre. Dall’altra parte i temibili cloni dei Boyzone. Poi prendete una ballata degli anni ’80. A dirla tutta una bella ballata. Che tuttavia è vista con sospetto perché per il suo interprete/autore originale ha rappresentato il definitivo imbocco di Via dello Sbracamento. Sto parlando ovviamente di Phil Collins, l’ometto pelato che una volta suonava la batteria e cantava con la Genesi e ora fa le canzoni per i cartoon Disney. La sua Against All Odds (Take A Look At Me Now) è tuttavia un gran bel lentazzo. Un’implorazione da parte di un ometto di mezz’età non tanto piacente che mendica un ultimo sguardo alla bella che lo sta abbandonando. Già, che c’entra il tremendo duetto con un pezzo del genere? Nulla. Mariah che implora un ultimo sguardo dell’amato? Ne ha bisogno? Forse per mostragli che si è rifatta le tette? Però può fare un po’ di vocalizzi con il trasporto di un freezer e così lo inserisce nel suo ultimo album, “Rainbow” del 1999. Poi, giusto per portarsi a casa un nuovo N. 1 in UK , ri-registra AGAINST ALL ODDS (TAKE A LOOK AT ME NOW) con i Westlife (e già che c'è ci fa pure un video a Capri). E i bellocci assemblati da Joe Walsh belano impostati e noiosi come sempre. E anche loro, belli senz’anima, non sembrano proprio bisognosi di affetto. Il problema è che il pezzo va, come previsto, al primo posto in UK. Facciamo così i ragionieri. Se Mariah agguanta per la seconda volta la vetta della UK chart, il singolo è invece il sesto N. 1 consecutivo per i Westlife, che inseriscono il duetto nel loro nuovo album, “Coast to Coast”. Anche l’album arriverà al N. 1 britannico, sbaragliando la concorrenza delle Spice (se ne riparla dopo), ma dopo una settimana dovrà mollare l’osso con l’arrivo di una raccolta di quattro tizi di Liverpool... L’album contiene anche il successivo N. 1 della boy band, MY LOVE, che arriva al N. 1 il 5 novembre (il settimo N. 1 consecutivo: eguagliano i Beatles… Ma a Natale troveranno un degno rivale che li terrà lontani dal N. 1: il pupazzo di plastilina Bob The Builder…).
Boy Bands I Westlife ci permettono con gioia (ehm…) di affrontare un prodotto del pop che sta dominando le classifiche di questo autunno. Si tratta del “pop da boy band”. Anche per le boy band vige una diversificazione del suono in base alla provenienza: tipicamente legato all’R’N’B urban quello americano, più influenzato dal soul e dalla disco anni ’70 quello europeo.
Guida economica da campo per la classificazione delle boy band di fine/inizio millennio Avvertenza. La seguente chiave vi consente di arrivare a distinguere le famiglie di boy band. Distinguere le varie band all’interno di una famiglia è spesso impresa improba che sconsigliamo, a meno che non disponiate di analisi del DNA o non siate una teen ager in crisi ormonale con disordini alimentari. Istruzioni per l’uso. Accendete la vostra TV (le boy band hanno bisogno di un supporto visuale) e andare col telecomando su MTV. Meglio se all’ora prefissata per qualche programma appositamente dedicato alle adolescenti inquiete. Fatto? Bene! A questo punto, non appena compare un gruppo, potete applicare la chiave sottostante. Un utile parametro per distinguere le boy band su base scientifica è il loro potere onanistico, esiziale per la sopravvivenza dei gruppi. Tuttavia in questo caso dovete disporre di una teen ager domestica (se riuscite a misurarlo senza di questa e siete maschi, avrete risolto anche ogni dubbio riguardo alla vostra sessualità…). Il simbolo (†) indica entità estinta all’autunno 2000. Chiave: 1. la band compare sul palco suonando strumenti (o per lo meno facendo finta di farlo). Non è una boy band. Si tratta probabilmente di un gruppo pop di altra epoca (i Duran Duran NON sono una boy band). 2. la band è assolutamente incapace di suonare un qualsivoglia strumento. Al massimo uno dei soggetti è in grado di strimpellare con fare serioso il piano mentre gli altri, spesso seduti su trespoli, sono disposti attorno e intonano la lagna di turno (tale comportamento viene assunto infatti esclusivamente in presenza di pezzi lenti). Ok, a questo punto dopo attenta osservazione notate che… 2.a. La band è costituita da femmine. In questo caso avete a che fare con una girl band. Si tratta di un’altra cosa. Le girl band sono facilmente riconoscibili anche per l’elevata rissosità tra le componenti, che sono soggette a periodiche sostituzioni. 2.b. La band è mista ed è formata da femmine e maschi più effeminati delle prime. In questo caso non si tratta di una boy band ma degli Steps, ennesima creatura assemblata da Stock, Aitken & Watermen, miscelando il DNA degli Abba con quello dei Take That. Questo autunno ottegono il secondo N. 1 britannico con STOMP, che viene spacciato per un tributo a Nile Rodgers e Bernard Edwards. E dato che fanno un "tributo", giustamente i loro produttori campionano “Everybody Dance” degli Chic. Tuttavia la produzione nel complesso più che al sound chiccoso, è più vicina alla Hi-NRG camp di Dan Hartman in cui il trio SAW è specializzato. 2.c. La band è costituita da 3-5 maschi, seppur effeminati. Si tratta di una boy band. E a questo punto inizia il difficile. 2.c.1. I soggetti appaiono statici come se avessero blocchi di cemento ai piedi e sembrano tutti vestiti per un matrimonio. Le camicie sono rigorosamente abbottonate. Il repertorio è costituito da lagne, in genere cover di brani anni ’70-’80. Avete a che fare con una boy band irlandese assemblata da Joe Walsh (Gruppo A). Il potere onanistico è piuttosto basso e la vostra teen ager si dimostrerà relativamente interessata. È perché avete sbagliato il target. Il target di queste formazioni è infatti costituito da zitelle vergini 40enni avide lettrici compulsive di romanzetti Harmony in costante attesa di un Principe Azzurro (che a un certo punto, vista l’età che avanza, si trasforma in un archeologo alla Indiana Jones propenso a visitare rovine inesplorate). Il look di questi gruppi risponde esattamente all’aspettativa di questa particolare forma di pubblico: il “Principe Azzurro”. Distinguerli l’uno dall’altro è praticamente impossibile. Si riproducono per clonazione. Specie conosciute: Boyzone (†), Westlife. 2.c.2. I soggetti si muovono in perfetta sincronia e sono maestri della “tecnica della camicia aperta”, atta a rivelare pettorali e addominali debitamente depilati e scolpiti. La suddetta tecnica è elevata dalla band a forma d’arte e spesso abbinata anche all’uso della camicia bagnata. Il repertorio è costituito da due brani a cui vengono cambiati i titoli ad ogni uscita (col tempo che devono passare in palestra non potete pretendere si dedichino a quisquilie come fare canzoni!). Il primo è la lagna saccarinica. Il secondo è il pezzo ritmato secco. Entrambi i brani fanno riferimento alle sonorità urban R’N’B di marca tipicamente americana, anche se sono spesso confezionati da svedesi. I membri della band son distinguibili in base al ruolo predefinito: il biondino efebico, il ribelle tatuato, il pretino, il saggio e l’esponente di una minoranza etnica. State osservando una tipica boy band americana (Gruppo B). Il più delle volte creazione di Lou “Satana” Pearlman. Secondo alcune teorie, questi gruppi derivano dal lavaggio con la candeggina dei “gruppi vocali neri degli anni ’90”, estinti verso la fine del decennio per eccesso di melassa nelle composizioni (secondo tuttavia alcune nuove teorie, tali gruppi si sono invece estinti a causa dell’eccessivo potere soporifero delle loro lagne, che ovviamente comportava un bassissimo potere onanistico. Le adolescenti infatti, anche se ben disposte, una volta giunte nelle loro camerette, tendevano a crollare addormentate prima di iniziare l’attività). Geneticamente modificate per evitare tali inconvenienti (sono OGM musicali), le boy band americane presentano un elevato potere onanistico, che tuttavia a volte viene limitato per assecondare le puritane radio USA. Specie più note: *NSYNC, Backstreet Boys, 98 Degrees. 2.c.3. Soggetti che si muovono in sincronia e si arrabattano con le aperture delle camicie. Sono difficilmente distinguibili dai gruppi americani, che scimmiottano. Il repertorio infatti è vagamente urban R’N’B (spesso con inserti rap, resi necessari dall’incapacità al canto di alcuni componenti) con tuttavia riferimenti al pop anni ’80 (che viene spesso vampirizzato). Potere onanistico discreto ma attivo esclusivamente sul breve periodo. Si tratta di una band europea, derivante da clonazione di materiale importato dagli Stati Uniti (Gruppo C). Specie conosciute: A1, Five, East 17 (†). 2.c.4. La boy band non solo è maestra della “tecnica della camicia aperta”, ma è padrona anche della tecnica dello “sculettamento sincronizzato”, spesso valorizzato mediante hot pants. La camicia spesso non solo è aperta ma viene pure tolta. Musicalmente le influenze sono orientate verso i suoni anni ’70, sia che si tratti di ballate melense sia nel caso di pezzi ritmati (di chiara marca discomusic). Nonostante (o forse proprio per questo) l’elevato tasso di effeminatezza, il potere onanistico sulle adolescenti è elevatissimo. Il prodotto è anche esplicitamente orientato anche per la conquista del mercato gay, solitamente terra di conquista di vecchie babbione. È la tipica band britannica (Gruppo D). Entità estintasi prima dell’autunno 2000 a seguito dell’eccessiva usura (riscoperta nel 2006 come fossile vivente): Take That (†). Vi risparmiamo le sottospecie locali o quelle esotiche. A questo punto passiamo alla fase pratica. Esaminiamo ora le classifiche e vediamo quali di queste famiglie sono rappresentate. Dei Westlife, tipico esempio del (Gruppo A), abbiamo già parlato. Tuttavia va segnalata la presenza anche di un superstite di una boy band di tipo A recentemente estintasi. Si tratta di Ronan Keating (che oltretutto è il co-manager dei Westlife), che è ancora ben piazzato nelle classifiche con il N. 1 inglese di luglio LIFE IS A ROLLERCOASTER, scritto dal leader dei New Radicals, Gregg Alexander. Ne parleremo più approfonditamente un’altra volta. Ora invece ci dedichiamo al Gruppo B. C’è una band che è reduce da un altro duetto da N. 1 con Mariah, che evidentemente ci prova gusto. Si tratta dei 98 Degrees. Losangelini, a differenza dei colleghi non son assemblati da un produttore, ma direttamente dalla casa discografica. Molto più vicini come stile ai Boyz II Men che non alle band costruite da Lou Pearlman, i quattro ottengono per conto loro un N. 2 tra settembre e ottobre con GIVE ME JUST ONE NIGHT (UNA NOCHE), uno dei loro rari pezzi ritmati. Il brano sembra rubato al repertorio di Enrique Iglesias (per la serie attacchiamoci al carro della latin mania...) ed è tratto dall’album “Revelations”, anch’esso arrivato al N. 2 USA. I quattro invece fanno flop oltreoceano, dove il loro brano non arriva oltre il N. 61. E passiamo quindi alle due creature di Lou Pearlman, al momento impegnate a duellare nelle charts e a far causa al loro ladresco ex mentore… Iniziamo dai più anziani…
Backstreet Boys – Cuor di manichino Il 21 novembre pubblicano il nuovo album, “Black & Blue”. L’album, per la cui promozione i cinque fanno il giro del mondo in 100 ore, debutta al N. 1 USA vendendo 1,6 milioni di copie e segnando un record: i Boys sono il primo gruppo ad avere due album con vendite milionarie nella prima settimana di pubblicazione. A livello internazionale il disco vende 5 milioni di copie in una settimana. Insomma, nonostante tutte le boy band in circolazione, le adolescenti sono in astinenza. Alla fine, le copie vendute saranno 24 milioni (!). Tuttavia, tra tanto tripudio, si incominciano a notare le prime crepe. Intanto, l’album vende 16 milioni di copie in meno del precedente “Millennium”, e soprattutto vende davvero poco in Gran Bretagna. Il singolo che anticipa l’album, SHAPE OF MY HEART, ennesima ballata melensa e prefabbricata dagli studi Cheiron di Max Martin (che scrive i pezzi anche per i rivali dei BB, gli *NSYNC…), non va oltre la nona posizione negli USA e in UK viene surclassata da altre boy band come Westlife e A1. Che qualcosa si stia rompendo è nell’aria e, narra la leggenda, il “ribelle” A.J. McLean inizia a sniffare polvere vegetale bianca proprio questo autunno… E ora parliamo dei degni rivali…
*NSYNC – I bambolotti da record di Giustino La band di Justin Timberlake è l’unica capace di competere negli USA con i Manichini del Vicolo in quanto a potere onanistico (ricordiamo che il loro ultimo album del 2000, “No Strings Attached” ha venduto oltre 2 milioni di copie in una settimana solo negli USA). E tutto sommato, qualche piccolo gioiellino pop per loro Max Martin e Rami Yacoub riescono a tirarlo fuori dal cilindro. È il caso di IT’S GONNA BE ME, uno dei più riusciti pezzi del pop di plastica del periodo (qui la divertente esibizione agli MTV Awards). Il brano, diventato in piena estate il loro unico N. 1 nella Hot 100 USA (risultato che, tra l’altro, non è mai riuscito ai rivali Backstreet Boys), è accompagnato da un video in cui i 5 compaiono (Justin con i boccoli permanentati) nei panni di bambolotti (che dopo il successo del video verranno commercializzati…). Ora il pezzo sta invadendo le classifiche mondiali e soprattutto quelle europee, arrivando nella Top 10 britannica. Da notare che un remix del pezzo verrà affidato a Timbaland, futuro collaboratore di Justin. Che il pezzo sia tuttavia un caso quasi isolato lo dimostra tuttavia il singolo che lo segue in classifica, la tediosa ballata THIS I PROMISE YOU, scritta da uno dei maggiori spacciatori di ballate melense di fine anni ’80, Richard Marx. Da notare che mentre i pezzi ritmati della band funzionano discretamente anche in Europa, le loro ballate sono flop tremendi. E passiamo a una band del Gruppo C. La band in questione riesce ad ottenere addirittura due (!) N. 1 in UK questo autunno. Si tratta degli anonimi A1, che arrivano in vetta alla classifica d’Albione prima con una cover karaoke di TAKE ON ME degli A-ha, e poi con SAME OLD BRAND NEW YOU. Da notare che la band sembra avere uno zoccolo duro di adolescenti inquiete che compra i loro dischi, che tuttavia non interessano poi a molti altri acquirenti. Così il loro secondo N. 1 si rende protagonista di un bel tonfo dal N. 1 al N. 8 in soli 7 giorni… Il gruppo D è attualmente (temporaneamente) estintosi. Tuttavia da esso si è evoluta una specie solista molto particolare: la pop star britannica maschile da nuovo millennio.
Robbie Williams – (S)pulp fiction Ormai superstar, il buon Robbie domina le chart mondiali, con l’eccezione degli States, che di lui proprio non ne vogliono sapere (un altro caso Anastacia). “Sing When You're Winning”, il suo ultimo album, pubblicato il 28 agosto, arriva al N. 1 il 9 settembre e si avvia a diventare il secondo più venduto dell’anno in patria (oltre 2 milioni di copie vendute). Il singolo che l’ha anticipato è ROCK DJ. Il pezzo è concepito come un omaggio a Ian Dury, scomparso il 27 marzo. Infatti il pezzo ricorda molto nel parlato il pezzo di Dury “Reasons To Be Cheerful, Part 3”, di cui s’è accennato nell’estate 1979. Il singolo è estremamente derivativo, considerato che "ruba" il groove dell'intro a It's Ecstacy When You Lay Down Next To Me di Barry White. Tuttavia esso dimostra anche che il nostro è un abilissimo rielaboratore di suoni, che riesce a tagliare e cucire su propria misura. Il singolo arriva sparato al N. 1 britannico (il suo terzo), e fa molto parlare di sé per via del (censurato) video splatter, in cui il nostro improvvisa uno strip tease integrale (fino all’osso…) davanti a un gruppo di pattinatrici, prima indifferenti e poi cannibali, tra cui compare la anche figlia di Mike Jagger. Il singolo vince il premio di “Best Song of 2000" agli MTV Europe Music Awards e si porta a casa pure un Brit Award. Come secondo singolo Robbie fa uscire in ottobre KIDS, bel pezzo riminescente di certi lavori di George Michael (“Freedom ‘90”) e interpretata assieme a Kylie Minogue (il brano è presente anche nell’album di questa, “Light Years”). Scritta inizialmente da Robbie con il fido Guy Chambers per Kylie, la canzone poi è stata registrata come un duetto con la diva tascabile degli antipodi. Tuttavia la versione di “Kids” presente in “Sing When You're Winning” è diversa da quella di “Light Years”. Presenta infatti un rap finale (censurato dalle radio) di Robbie in cui il nostro si diverte a giocare sulle insinuazioni sulla sua sessualità ("press be asking do I care for sodomy? I don't know, yeah...probably"). Robbie e Kylie intraprendono insieme anche un fortunatissimo tour britannico tra ottobre e novembre e partecipano assieme agli MTV Awards europei (video dell'esibizione). Il pezzo tuttavia non ripete l’exploit di “Rock DJ”, fermandosi al N. 2: esce infatti nella stessa settimana di “Beautiful Day” degli U2 e lo scontro di titani si risolve a favore dei quattro irlandesi. Di cui parliamo ora…
U2 – Bel giorno per Bono Allora, reduci dai due tour più megalomani del decennio e da un paio di album che hanno sollevato più perplessità che entusiasmi, i quattro di Dublino decidono di ritornare a un suono più vicino a quello che li ha resi famosi negli anni ’80: un rock sanguigno con un gusto ineffabile per la melodia. Ovviamente senza tuttavia dimenticare la sperimentazione elettronica dei lavori precedenti. La band quindi ritorna tra le braccia dei produttori Brian Eno e Daniel Lanois per il decimo album, “All That You Can't Leave Behind” (titolo ispirato a un passaggio della Bibbia). Come dice Bono, gli U2 con questo album vogliono “fare domanda per il posto di migliore Band del Mondo”. L’album esce tra il tripudio generale il 30 ottobre, debuttando al N. 1 in 28 paesi (!) (tra le eccezioni, gli USA, dove si ferma al N. 3) e venendo etichettato da Rolling Stone come “il terzo capolavoro degli U2”, dopo “The Joshua Tree” e “Achtung Baby”. La band accantona in parte i consueti toni messianici e si approccia in modo più semplice e diretto nelle canzoni. L’album è riuscito anche perché formato, come dichiarato da Bono, da 11 potenziali singoli. E il primo singolo estratto è la travolgente BEAUTIFUL DAY, che diventa il quarto N. 1 britannico della band il 15 ottobre. Il singolo parte con una batteria elettronica e un sequenziatore per poi esplodere in un inno ottimista che invita ad apprezzare la vita (magari un po’ ipocrita, dato che l’invito a non dare importanza alle cose materiali viene da miliardari che, in seguito, per sfuggire alle tasse cambieranno pure Stato…). Musicalmente è una sintesi tra il suono anni ’80 e quello anni ’90 della band. E si porta a casa pure tre Grammy. L’album venderà oltre 12 milioni di copie, consentendo agli irlandesi di ottenere il posto... "See the bird with the leaf in her mouth, after the flood all the colors came out". Rimanendo in terra irlandese, va segnalato il successo continuativo in classifica di BREATHLESS, il singolo dei Corrs, N. 1 inglese in luglio. Riparleremo della bellissima Andrea e della sua famiglia in un’altra occasione… Come già detto gli U2 impediscono a Robbie e Kylie di arrivare al N. 1, ma quest’ultima non può lamentarsi. Nello stesso periodo porta a casa anche un altro N. 2 UK (e un N. 1 nella patria australiana) con ON A NIGHT LIKE THIS, pezzo eurodance che la ninfa australiana canta nella cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Sydney (con tanto di citazione del divertente film australiano “Priscilla”), davanti a un pubblico di circa un paio di miliardi di telespettatori.
All Saints – Il caffè le rende nervose William Orbit è tra i produttori più richiesti del momento. E olte a lavorare con la Madonna, partecipa alla produzione di un altro album di successo del periodo, “Saints And Sinners”, delle All Saints. Melanie Blatt, Shaznay Lewis e le sorelle Nicole e Natalie Appleton hanno già beneficiato del tocco del produttore che ha confezionato loro la strepitosa “Pure Shores”, uno dei dischi di maggior successo in Europa dell’anno. E ora produce loro un altro bel N. 1 UK, l’R’N’B elettronico di BLACK COFFEE (il loro quinto e ultimo), accompagnato da un video con effetti alla “Matrix”. Tutto bene, quindi? Certo che no! Le sorelline Appleton sono molto scontente perché vorrebbero scrivere anche loro i brani che cantano, di solito composti da Shaznay e Melanie. Conclusione: le tipe baruffano e si mollano. Torneranno nel 2006 ma i tempi ormai saranno cambiati… Rimanendo in tema di gruppi vocali femminili R’N’B, non si può non citare quello di maggior successo mondiale del periodo…
Destiny’s Child – Indipendenza e baruffe Sono al N. 6 del classificone le Destiny’s Child, con JUMPING JUMPING, che arriva al N. 3 USA e al N. 5 UK. La band all'epoca del singolo è ancora un quartetto, ma dopo l'ennesimo cambio di formazione, ovvero la partenza di Farrah Franklin, si assesta finalmente sottoforma del trio formato da Beyoncé Knowles, Kelly Rowland e Michelle Williams. L’album “The Writing’s On The Wall” vende oltre 13 milioni di copie. La formazione non è tuttavia in una situazione tranquilla per la causa intentata da LeToya Luckett e LaTavia Roberson, i due membri originari che hanno lasciato la band a fine 1999 dopo dispute contro il manager del gruppo, che guarda caso è il padre di Beyoncé, accusato di trattenere parecchi guadagni della band. La storia si conclude proprio questo autunno, con un patteggiamento che contiene una clausola che impedisce alle parti di attaccarsi in pubblico (al massimo si pesteranno in privato). Tutte ‘ste beghe tuttavia non influiscono sul successo delle tre superstiti che proprio a novembre ottengono il singolo di maggior successo della loro carriera con il primo brano registrato come trio: INDEPENDENT WOMEN, PART 1 (esibizione live). Il pezzo è tratto dalla colonna sonora del film “Charlie’s Angels” e diventa il loro terzo N. 1 USA, rimanendo in vetta 11 settimane, e arrivando pure, per la prima volta, al N. 1 UK. Una curiosità: le tre diventano il primo gruppo americano femminile ad arrivare al N. 1 UK dal lontano 1985, anno in cui l’impresa è riuscita alle Sister Sledge di “Frankie”. Inoltre rimpiazzeranno al N. 1 in Gran Bretagna un altro pezzo tratto da una colonna sonora di un film all girls, “Can’t Fight The Moonlight” di LeAnn Rimes, da “Le Ragazze Del Coyote Ugly”.
Sugababes – Sovraccarico di zuccheri e veleni Se le Bambine del Destino sono la portaerei della flotta R’N’B pop made in USA, nella vecchia Inghilterra nasce un collettivo che diventerà la pop band dominante del nuovo decennio (arrivando per ben 7 volte al N. 1 UK). Non prima però di un immancabile numero considerevole di cambi di formazione e baruffe varie. Si tratta delle Sugababes, che esordiscono arrivando al N. 6 britannico (entrando poi anche nella Top 3 tedesca) con un autentico pezzo di classe, OVERLOAD. Il singolo viene apprezzato anche dalla critica. In effetti è decisamente di livello superiore rispetto alle offerte di altri gruppi femminili emergenti dell’epoca. La formazione d’esordio è costituita da Keisha Buchanan (l’unica ancora nel gruppo nel 2007), Mutya Buena e Siobhán Donaghy. Le fanciulle si trovano 13enni a un party nel 1998, a 14 firmano un contratto con la London e a 15 debuttano con l’album “One Touch”. Il nome deriva dall’appellativo di Keisha a scuola: “Sugar baby”. Purtroppo le “zuccherine” son piuttosto pepate, e di lì a poco iniziano le rogne. Le baruffe porteranno alla fuoriuscita nel 2001 della Donaghy, colta da depressione. L’album, nonostante il successo del singolo, non sfonda, e la London le scarica. Tutto finito? Assolutamente no: le rivedremo più in forma che mai nel 2002, con un nuovo membro, Heidi Range. Le baruffe tuttavia saranno finite… Insomma, ‘sti gruppi di fanciulle tutte cosce e sorrisi sembrano degli autentici vulcani prossimi all’esplosione piroclastica stile Pompei. D’altra parte, come ben sanno tutti quelli che dividono postazioni di lavoro con più fanciulle, non c’è nulla di peggio di un gruppo di femmine potenziali concorrenti rinchiuse in spazi limitati…
Spice Girls – Crollo urbano Anche le Spice hanno avuto al loro buona dose di beghe. Geri se n’è andata per dedicarsi a un repertorio più adatto alla sua "statura artistica" (zeppe comprese) e le altre quattro si ritrovano dopo aver pubblicato lavori solisti. Allo stato attuale delle cose Mel C (la “lesbica latente sportiva”) è quella messa meglio. I TURN TO YOU, riuscito brano eurodance, è diventato a fine estate il secondo N. 1 UK consecutivo della ragazza e ora impazza in mezzo Mondo. Mel B (la “ninfomane leopardata con piercing”) in settembre ottiene un discreto hit solista, TELL ME, che arriva al N. 4 UK. Purtroppo per lei, l’album che lo contiene, “Hot”, uscito a ottobre, è un fiasco col botto (50.000 copie vendute!). Emma (la “baby sitter bionda da film sexy”), a parte la partecipazione a un remake di “What I Am" ad opera dei Tin Tin Out, non ha ancora fatto nulla. Victoria (“il travestito anoressico”), ora signora Bechkam, ha appena fallito un terrificante attacco al n. 1 UK. E ora le quattro uniscono le forze e pubblicano il 6 novembre il terzo album, “Forever”, sposando un sound più R’N’B urban. Ed è questo il problema. Nel trash pop non hanno concorrenti, ma il nuovo genere è fin troppo saturato di proposte e quindi il passo si rivela fin troppo rischioso. Il primo singolo estratto, l’accoppiata HOLLER/LET LOVE LEAD THE WAY, diventa il nono N. 1 della band, diventa un discreto successo internazionale più per il nome della band che per l’effettiva qualità, mentre non entra neppure nella Top 100 USA, dove non viene pubblicato su singolo temendo che finisca scaricato illegalmente da Internet (mossa questa poco avveduta, dato che il pezzo viene ignorato o quasi dalle radio). L’album, uscito in UK la stessa settimana del nuovo album dei Westlife, fa scatenare la stampa inglese che parla di una nuova “battaglia delle pop band”. Beh, la battaglia per le Spice si chiama Waterloo, dato che il loro album si piazza al N. 2, surclassato dagli irlandesi. Le quattro partecipano agli MTV Europe Music Awards in novembre, ma alla fine la promozione del nuovo lavoro, rivelatosi un semi-disastro commerciale (”solo” quattro milioni di copie vendute nel mondo), viene abbandonata, la pubblicazione dei singoli successivi cancellata e alla fine le quattro annunciato lo scioglimento nel febbraio 2001. Per la serie: se il pop manifatturato non vende al primo colpo, cestinare subito. L’R’N’B è il genere dominante, e ad esso si affida, per il suo album di debutto “Can't Take Me Home”, Alecia Beth Moore, meglio nota come Pink, che ottiene il secondo Top 10 USA con MOST GIRLS. La cantante in seguito dirà che il suono di questo suo primo album le è stato imposto dai discografici e di non aver neppure gradito il look imposto. Tornerà alla grande a fine 2001 con un nuovo lavoro decisamente più pop-rock e più personale.
Erykah Badu – La Signora e il suo bagaglio Miss Badu, all’anagrafe Erica Abi Wright, è tra i massimi esponenti del nu soul, ovvero del recupero delle sonorità soul anni ’60 e ’70 nell’ambito della scena urban a cavallo tra i due millenni. Dopo alcune collaborazioni di prestigio, come quella con i Roots, e un parziale ritiro per dedicarsi al figlio Seven (avuto con André 3000 degli Outkast), Erykah ritorna con lo splendido “Mama's Gun”, in cui influenze anni ’70, jazz e hip hop convivono in modo perfetto. Dall’album viene estratta come singolo BAG LADY. La canzone, che nell’album è un pezzo dalle influenze soul jazz, viene remixata, addizionando il campionamento di un pezzo di Dr. Dre, "Xxplosive", e diventa il suo primo Top 10 nella Hot 100 di Billboard. Il pezzo tratta di una donna che ha problemi ad avere una nuova relazione in quanto porta con se il “bagaglio pesante” delle precedenti. La morale è di “viaggiare con i bagagli leggeri” e aver fiducia nel futuro. E a proposito di relazioni, la Signora Badu proprio in questo periodo, lasciata da André, inizia a frequentare un altro rapper impegnato, Common.
Hip Hop E parlando di rap, la situazione all’epoca è piuttosto varia. L’hip hop è il genere dominante negli USA e permea gran parte della musica pop, e la chart degli album USA vede ben artisti molto diversi tra loro arrivare in vetta. A incominciare da…
Nelly – L’hip hop di st. Louis rappa il blues Cornell Iral Haynes, Jr., il rapper nato ad Austin ma cresciuto a St. Louis rappresenta la versione più pop e da festa dell’hip hop. Il suo stile disimpegnato lo ha reso uno dei rapper di maggior successo commerciale. Debutta con l’album “Country Grammar” (9 volte platino), a cui collaborano i St. Lunatics, il gruppo di cui faceva parte agli esordi. Il disco passa gran parte del mese di settembre in vetta alla Billboard chart, mentre il primo hit estratto, la quasi omonima (HOT SHIT) COUNTRY GRAMMAR, diventa il suo primo Top 10 USA. Il rapper all’epoca è un’autentica novità: il suo suono non è legato alla east e alla west coast, né tantomeno al cosiddetto “dirty south”. Il ragazzo del 1974 lancia lo stile del midwest. I testi son piuttosto banalotti e leggeri, ma la musica ha quella venatura R’N’B che la distingue. È la scena di St. Louis, profondamente influenzata dal blues, a caratterizzare il suo hip hop. Nelly voleva fare un disco che lo facesse distinguere dal resto della scena hip hop e ci è riuscito, pur senza fare miracoli. Ripeterà l’impresa? A Nelly segue il veterano LL Cool J, con un album che tuttavia non lascia grande segno, nonostante il nome pretenzioso “G.O.A.T. (Greatest Of All Time)” . Poi, tra Madonna e i Radiohead, arriva in vetta, vendendo più di 2 milioni di copie, Mystical con “Let's Get Ready”. Il rapper di new Orleans dietro a questo pseudonimo, Michael L. Tyler, è in circolazione dal 1995 ed è arrivato al quinto album. È tra gli esponenti di punta del rap sudista (Southern Rap noto anche come Dirty South). L’album è trainato dal singolo prodotto dai Neptunes (e si sente) con con cui elegantemente dice SHAKE YOUR ASS (noto anche come "Shake It Fast") alla fanciulla di turno (e più grosso è meglio se ce l’ha grosso…). Tanto più il testo è sessista e volgare, tanto più la musica vira verso un funky rap avanguardista e bollente. Il brano conoscerà un’ulteriore popolarità qualche anno dopo, grazie al film “About A Boy” (è il brano che Hugh Grant fa conoscere allo sfigatissimo ragazzino protagonista del film). Il 28 ottobre è quindi il turno, dopo i Radiohead, di Ja Rule, il rapper East Coast dal vocione profondo, che arriva al N. 1 con ”Rule 3:36”, il suo secondo album. A trainare l’album è il singolo BETWEEN ME AND YOU, interpretato con l’allora emergente Christina Milian.
Jay-Z – Un affare di famiglia Poi arriva al N. 1 USA “The Dynasty: Roc La Familia”, album di Shawn Corey Carter, alias Jay-Z. Il disco in realtà nasce come vetrina per più artisti della Roc-A-Fella Records (casa fondata da Jay_Z stesso), ma alla fine viene pubblicato come nuovo lavoro solista di Jay-Z, per assicurare più vendite. All’album partecipano nuovi produttori che all’epoca sono ancora poco noti. Jay infatti vuole dare loro la possibilità di mettersi in luce. Tra questi nomi nuovi vi sono un tal Kayne West e dei tali che si fan chiamare Neptunes. E proprio a questi ultimi affida il primo singolo, che all’epoca diventa il maggior successo del rapper, I JUST WANNA LOVE U (GIVE IT 2 ME). Il singolo entra nella Top 10 americana, mentre l’album vende in una settimana più di mezzo milione di copie. L’album tuttavia viene criticato perché ha un suono più soft rispetto ai predecessori (risultato anche del fatto che i nuovi produttori adottati, come West, tendono ad impiegare campioni del soul anni ’70). Nessun problema, il prossimo album sarà il suo capolavoro. In Gran Bretagna invece debuttano nella Top 10 dei singoli i veterani Wu-Tang Clan con GRAVEL PIT (N. 6 il 24 novembre). Il supergruppo dell’hip hop, nato nel 1991 e formato, tra gli altri, da Ghostface Killah, ODB, Method Man e RZA, tutti reduci da clamorosi successi solisti (e varie controversie). Il collettivo di Staten Island ha già ottenuto un album al N. 1 UK nel giugno 1997 con “Wu-Tang Forever”, senza tuttavia realizzare un singolo di successo da esso. Adesso finalmente hanno un hit single in UK con il divertente brano, tratto dal nuovo album “The W” e campionante un pezzo dei Cameo.
Rock e dintorni C’è poi il cosiddetto Nu-Metal, fusione tra hard rock e hip hop. E la band di maggior successo del periodo sono i Biscotti Mollicci…
Limp Bizkit – Il Chiappa e Spada del Nu-Metal Dopo l’album “Significant Other” la band di Fred Durst è all’apice della fama e dle successo. I testi esprimono disagio giovanile attraverso errori di sintassi e grammatica. Il successivo “Chocolate Starfish And The Hot Dog Flavoured Water”, terzo loro album, segna un ulteriore evoluzione della miscela di metal, rap, funk e pop che caratterizza il suono della band. L’album è anticipato dall’hit TAKE A LOOK AROUND, che rielabora il tema di “Mission: Impossible” per il secondo film della serie interpretata dal nanetto di Scientology. L’album, uscito il 17 ottobre, esordisce al N. 1 della chart USA vendendo oltre 1 milione di copie in una settimana (alla fine le copie vendute a livello mondiale saranno 12 milioni). Ovvio, non tutto è oro quel che luccica: le recensioni nel complesso stroncano l’album. D’altra parte i testi sono decisamente di grana grossa, a partire dal titolo, che allude al sesso anale (“la stella marina al cioccolato” e “l’acqua al gusto di hot dog”…). Un pezzo, “Hot Dog” deve la sua fama al non invidiabile primato di citare oltre 48 volte la parola “fuck”. E probabilmente è proprio questo il pezzo che indica la futura direzione della band: provocazioni sempre più grossolane, con testi ai limiti della demenza aggressiva, che si uniranno a una sempre maggiore stanchezza compositiva. Poi c’è chi arriva al N. 1 senza concedere nulla alle mode, anzi…
Radiohead – La nascita del bambino A Il buon Thom Yorke si trova in una strana situazione: è in depressione perché ha successo. Elogiato da critica e pubblico in seguito a “OK Computer” (uno degli album che hanno segnato il decennio), Thom tuttavia soffre il fatto di essere sotto l’attenzione di troppi. Addirittura, vedendo stuoli di gruppi-fotocopia comparire dal giorno alla notte, sente che la sua musica è diventata troppo comune e ritiene che sia stata svuotata di ogni contenuto. Non riesce più a comporre e decide di non registrare alcune canzoni già pronte. E decide che band deve cambiare direzione. Tuttavia non sa bene quale. Il chitarrista Ed O'Brien vorrebbe passare a uno stile semplificato, più pop. Mentre Yorke ritiene che i loro lavori precedenti sono stati insufficienti dal punto di vista ritmico. Ha un passato da DJ ed è da sempre affascinato dalla musica elettronica. Pertanto inizia a pensare a sviluppare un suono più ritmico, elettronico, in cui i testi acquisiscano una minore importanza. Registrano il nuovo album, il loro quarto, col produttore Nigel Godrich tra Parigi, Copenhagen, il Gloucestershire e Oxford, senza che la casa discografica imponga loro un termine. Dopo una prima fase di perplessità (Ed O’Brien e il batterista Phil Selway si trovano inizialmente a disagio, dato che, nel nuovo corso, tastiere e drum machine sostituiscono i loro strumenti), la band si appassiona ai suoni elettronici e inizia a divertirsi a “giocare” con vari programmi di alterazione dei suoni. E si dedica pure a campionamenti. Non ci sono solo tastiere tuttavia, nella lavorazione viene coinvolta anche un’orchestra. Dopo mesi di lavoro, la band realizza una trentina di brani. Alcuni costituiscono l’album, “Kid A”, i rimanenti finiranno nel successivo “Amnesiac”. L’album è il più atteso dai tempi di “In Utero” dei Nirvana. La cosa spaventa non poco Yorke. Alla fine si opta per evitare una campagna di marketing tradizionale e nessun singolo viene pubblicato (sebbene OPTIMISTIC venga scelta come brano per le radio). La campagna viene attuata facendo uso di Internet: vengono realizzati brevi film con la musica della band. L’album viene messo a disposizione dei fan via internet. La band fa alcuni concerti in Europa in estate suonando i nuovi pezzi, e subito le registrazioni vanno su Napster. Un mese prima della sua uscita, l’intero album circola già su Napster. Tuttavia la cosa non si risolve in un calo delle vendite, anzi aumenta l’attesa per il disco (tale strategia si evolverà ulteriormente e 7 anni dopo arriverà a quella sviluppata per “In Rainbow”). L’album così debutta sparato al N. 1 su ambo le sponde dell’Atlantico, diventando il primo N. 1 USA di un artista inglese dopo 3 anni. È probabilmente l’album meno commerciale di maggior successo dell’anno. La stampa lo accoglie con toni messianici. Miscelando Kraftwerk, classica contemporanea, jazz, dominato dalle tastiere, l’album rappresenta a suo modo il punto di non ritorno della ricerca elettronica. Non crea proseliti come gli album precedenti, in quanto è chiaro che si tratta di un’anomalia. Mai musica onanistica (ovvero fatta per proprio piacere, ignorando il pubblico) ha attirato di più le masse. La band intraprende in autunno un tour europeo, oltre a 3 date negli States in piccoli teatri. In ottobre la band appare al “Saturday Night Show”, dove festeggia la prima posizione con THE NATIONAL ANTHEM e IDIOTEQUE. Come dirà Thom: “per una settimana, siamo stati come i Beatles”. E parlando del diavolo... Viene infatti pubblicata in novembre la raccolta “1”, che riunisce tutti i pezzi dei Beatles che sono arrivati al N. 1 in USA e in UK. Nonostante l’agguerritissima concorrenza l’album si incolla al N. 1 delle classifiche di mezzo mondo vendendo oltre 25 milioni di copie (!) e dimostrando che la beatlesmania è ben lungi dall’essere finita. Nonostante tutte le “Anthology” pubblicate, evidentemente una raccolta dei successi dei Fab Four rimane un sicuro acquisto per le Feste…
Coldplay – Un grattacapo di successo Tra i gruppi che all’epoca vengono etichettati come degni proseliti dei Radiohead ci sono i futuri pretendenti al ruolo di rock band N. 1 d’Albione: si tratta dei Coldplay, che ottengono il secondo top 10 tratto dal loro splendido album d’esordio “Parachutes”, TROUBLE, uno dei brani migliori del repertorio della band di Chris Martin. Nato come pezzo veloce dominato da chitarre, si è poi evoluto in una melanconica ballata per piano. Grande anche il video originale, diretto da Sophie Muller, con Chris Martin legato a una sedia in seri guai (negli USA circolerà nell’anno dopo un altro video, diretto da Tim Hope). Nonostante il titolo del brano, la band è tutt’altro che nei guai. L’album a settembre è nominato per il prestigioso Mercury Music Prize. Inoltre, le previsioni di vendita della Parlophone, pari a circa 40.000 copie, vengono stracciate: a dicembre avrà venduto oltre 1,6 milioni di copie solo in UK. Per tacer del fatto che la band riuscirà in un’impresa ormai considerata quasi disperata per un gruppo britannico: sfonderà negli USA (con buona pace dei vari Robbie Williams). Dall'altra parte dell'Oceano Atlantico, accanto al nu-metal, va molto un rock da classifica che ha digerito le sonorità grunge, smussandone tuttavia tutte le caratteristiche più stridenti per metterle a disposizione del grande pubblico della middle America. Il suono formalmente ricorda una versione pop del grunge. Ancor più drastica è la mutazione dei testi. Non più testi "malati", ma descrizioni intimistiche con una buona dose di buoni sentimenti. Al massimo di parla di problemi affettivi. Insomma, i Journey rivestiti con una patina grunge...
Creed – Braccia di creta aperte con sentimento dai cloni dei Pearl Jam Arrivano al N. 1 USA con WITH ARMS WIDE OPEN i Creed (notate bene: nel 1982 i Journey hanno avuto un hit con un pezzo intitolato “Open Arms”...). La band sta vendendo vagonate di copie del secondo album, “Human Clay” (arriverà a 11 milioni di copie solo negli USA!), realizzato nel 1999, grazie a un suono che ricorda una versione pop dei Pearl Jam, smussati ovviamente di ogni traccia di asperità. Le somiglianze son incrementate anche dal timbro della voce del cantante Scott Stapp, quasi un clone di Eddie Vedder, leader della Marmellata di Perle. Non è tuttavia chiaro se tali somiglianze siano frutto di stima. Anzi, sembra che i Creed non gradiscano l’accostamento. In agosto il bassista Brian Marshall se ne esce con una frase infelice sulle qualità artistiche di Vedder. Stapp, padre padrone dei Creed, lo butta fuori dalla band e chiede pubblicamente scusa. Ma questa sembra quasi una reazione dettata dal desiderio di non inimicarsi i fan dell’ormai storica band di Seattle (essendone imitatori, è presumibile che parte dei fan dei Pear Jam compri anche i loro dischi...). Dal canto suo, il buon Eddie Vedder, interpellato a proposito dell’accaduto, alla fine si limiterà a citare Charles Caleb Colton: “l’imitazione è la forma più sincera di adulazione”... Ma torniamo al pezzo che arriva al N. 1 statunitense l’11 novembre (e nel 2001 diventerà un hit anche in UK, cosa rara all’epoca per i pezzi rock americani). La power ballad è dedicata al figlio che Stapp sta per avere (il figlio verrà chiamato Jagger in onore indovinate di chi…). Parte dei proventi sono destinati in beneficenza a favore delle famiglie disagiate e il pezzo darà anche il nome a una fondazione dedita allo stesso scopo. Il figlio nascituro ispirerà pure questo N. 1, ma tuttavia non riesce a salvare dal naufragio il matrimonio di Stapp, che divorzia prima che il brano arrivi in classifica… Un altro pezzo autobiografico avente a che fare con figli e divorzi diventa il maggiore hit americano (N. 11) degli Everclear di Portland, Oregon. Si tratta di WONDERFUL, brano scritto dal leader, Art Alexakis, figlio di una famiglia di divorziati (al padre, che ha abbandonato la famiglia, il cantante ha già dedicato “Father Of Mine”). Art dedica il brano alla figlia di 7 anni, che sta vivendo a sua volta il trauma del divorzio dei genitori. Il pezzo è tratto dall’album “Songs from an American Movie, Vol. 1: Learning How to Smile” uscito a luglio e incentrato sul divorzio del leader. La band poi pubblica subito a novembre anche un altro album, “Songs from an American Movie, Vol. 2: Good Time for a Bad Attitude”, il cui successo tuttavia viene penalizzato da quello persistente del primo volume.
Three Doors Down – La Kriptonite è femmina Trionfale debutto in classifica dei Three Doors Down, trio del Mississippi formato da Brad Arnold, Matt Roberts e Todd Harrell. Con il primo singolo tratto dal loro album di debutto “The Better Life”, KRYPTONITE, arrivano al N. 3 della Billboard chart l’11 novembre, rimanendo per ben 18 settimane in Top 10. Il pezzo, un buon rock radiofonico, parla di una relazione altalenante in cui l’amata a volte produce effetti simili a quelli prodotti dalla famigerata sostanza verde su Superman. Il successo del brano è esclusivamente americano, tuttavia apre le porte delle classifiche alla band, che rinnoverà e amplierà il successo due anni dopo.
Red Hot Chili Peppers – “Analisi degli effetti del sogno californiano sulla società post moderna”. Dottor Anthony Kiedis, Libera Università Californiana dei Peperoncini Piccanti. La band con cui gli U2 devono misurarsi per il posto di rock band da stadio N. 1 del pianeta sono tuttavia i quattro californiani, che hanno messo la testa a posto e sono diventati più “spirituali” (resta poco ormai della scandalosa e innovativa band di “Blood Sugar Sex Magic” e il funk-crossover di quel lavoro si è perso per strada a favore di un rock più posato che tuttavia mostra un fiuto innegabile per melodie convincenti). Anthony e soci ottengono con la title-track il quarto hit dal loro stravenduto CALIFORNICATION (oltre 15 milioni di copie). Il pezzo è una critica della “Californian way of life” e gioca sulle parole California e fornicazione. Musicalmente è una ballata nel tipico stile dei quattro, il cui riff ricorda "Elevation", pezzo della seminale band new wave Television. Il testo invece gioca su una serie di immagini e di citazioni di cultura pop che hanno dato origine a una miriade di interpretazioni. Il testo esplora il marcio che sta dietro le immagini di Hollywood, esempio dell’influenza della cultura occidentale (dunque americana) sul Mondo. Si lamenta di come la cultura occidentale sia ormai diventata di plastica (dal sesso ai corpi ai sogni) e di come l’apparenza (caratteristica intrinseca di tutte le produzioni cinematografiche) oscuri la verità (“Space may be the final frontier/ But it's made in a Hollywood basement”, con un riferimento a “Star Trek”). Ci son citazioni dedicate a Star Wars ("Alderaan's not far away" ovvero la fine della civiltà è vicina: Alderan è il pianeta distrutto dalla Morte Nera) e a Kurt Cobain e David Bowie ("Cobain can you hear the spheres/ Singing songs off station to station” – Cobain era molto amico della band e “Station To Station” è stato registrato da Bowie proprio nella Città degli Angeli, in piena fase di dipendenza dalle droghe). Nel brano si cita per la prima volta anche il personaggio di Dani, la ragazzina qui indicata come "teenage bride with a baby inside" che ricomparirà poi in “By the Way” e darà il titolo a “Dani California”. Basta? Ah, il brano è accompagnato da un grande video, che simula un videogioco. Diretto dalla coppia Jonathan Dayton e Valerie Faris, futuri autori del delizioso “Little Miss Sunshine” (per fortuna, non sempre “Hollywood sells Californication”).
Elettronica da discoteca (e da classifica) Iniziamo dalla house francese, nota come “French touch”. Sonorità retrò (il riferimento è la disco anni ’70) filtrate attraverso l’elettronica che funzionano tanto nelle disco quanto alla radio.
Daft Punk – Ancora una volta al successo La premiata ditta formata da Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter, dopo il grande successo del primo album, “Homework”, è ormai riconosciuta come la punta di diamante del movimento house francese. Allontanatisi su un pianeta lontano, i due marziani robotici della discoteca (nelle conferenze stampa appaiono vestiti proprio come robot) ritornano sul nostro pianeta nel novembre 2000 con il singolo che anticipa il loro nuovo album, “Discovery”. Il singolo è ONE MORE TIME, subito etichettato come il loro pezzo più commerciale in assoluto e che, conseguentemente, arriva sparato al n. 2 UK, diventando il loro maggiore hit. Al singolo partecipa il dj americano Romanthony (Anthony Wayne Moore) come vocalist. Il cantato viene filtrato e alterato digitalmente con l’auto tune, generando un effetto simile a quello generato dal vocoder, diventato a dire il vero un po’ troppo infestante dopo “Believe” di Cher (vedi anche Madonna). Il singolo diventa anche il primo Top 40 americano del duo. Anche se “Around The World” e “Da Funk” son tutta un’altra cosa… Ma il vero grande hit della house francese del periodo è…
Modjo – Una signora tres Chic Ancora un duo elettronico, formato dal produttore Romain Tranchart, cresciuto in Brasile, e dal cantante Yann Destagnol. I due si sono conosciuti nel 1998 e nel settembre di due anni dopo arrivano nientemeno che al N. 1 britannico con LADY (HEAR ME TONIGHT), rimanendovi due settimane. Niente male come debutto. Il pezzo utilizza un campionamento di un pezzo degli Chic, "Soup For One". Il successo del brano è paneuropeo. Seguiranno altri hit da discoteca fino a che i due non opteranno per seguire carriere soliste. In particolare, Tranchart remixerà canzoni per svariati artisti, tra cui Shaggy e Mylène Farmer. Per la cronaca, i Modjo sono la prima band francese ad arrivare al N. 1 britannico.
Spiller – Dalla gondola al jet del groove Si chiama Cristiano Spiller, è alto più di 2 metri, fa il DJ, e a fine agosto si rende responsabile di un duplice atto meritorio: 1) porta al N. 1 britannico una produzione italiana, 2) impedisce a Victoria Beckham (con “Out Of My Mind”) di arrivare al suddetto N. 1, originando un dramma umano da cui l’anoressica tamarra delle Spice non si riprenderà facilmente. Meriterebbe un monumento solo per questo. Se poi consideriamo che la sua GROOVEJET (IF THIS AIN'T LOVE) è uno dei migliori pezzi che si siano ballati in discoteca nell’anno, allora possiamo davvero congratularci col ragazzo. La storia del pezzo è da leggenda della dance elettronica. Il pezzo viene registrato nel 1998 in una notte in un piccolo studio casalingo. Il brano, strumentale, si basa sul campionamento di "Love Is You" un pezzo disco originariamente interpretato nel 1977 da Carol Williams, disco diva della Salsoul. Il mix tra ritmica house e disco viene portato a Miami a una rassegna-convegno della dance internazionale chiamata Winter Music Conference. Lì un DJ tedesco famoso, Boris Dlugosch, già collaboratore dei Moloko (in seguito collaborerà anche con Jovannotti), lo nota e lo inserisce nella propria playlist al Groovejet Club (il brano sembra sia stato dedicato da Spiller proprio a quel club di Miami dopo una visita). Inizia il passaparola. Il pezzo, ancora in versione strumentale, viene pubblicato in un EP verso il Natale 1999. Tuttavia gli manca ancora qualcosa. Si decide quindi di dotarlo di una parte cantata. E qui entra in gioco un valore aggiunto: la vocalist. Si tratta di una bellissima brunetta chiamata Sophie Ellis-Bextor che fino ad allora ha campato come cantante di un gruppo indie chiamato The Audience noto per un hit minore del 1998 intitolato "A Pessimist Is Never Disappointed" e scioltosi lo stesso anno. Sebbene il gruppo non riscuota grande successo, Sophie è stata eletta a fine anni ’90 come la donna più sexy del rock britannico. E ora Spiller le regala un grande hit, permettendole il lancio di una fortunata carriera solista. Pubblicato in Gran Bretagna dalla seminale etichetta dance Positiva Records, il singolo arriva al N. 1 UK vendendo più di 200.000 copie in una settimana. Poi diventa un hit in tutta Europa e arriva al N. 1 pure in Australia, vendendo più di 2 milioni di copie in totale. Spiller non replicherà più il colpo nelle classifiche, tuttavia continuerà a incidere pezzi per le discoteche frequentando il gotha della musica elettronica mondiale. E “Groovejet” sarà il primo pezzo usato per testare l’I-Pod.
Non c’è solo il veneziano in circolazione tuttavia. C’è pure un torinese di origine salernitana che si chiama Luigino Celestino Di Agostino, meglio noto come Gigi. È ormai una presenza costante da mesi nelle classifiche europee grazie alla sua techno progressiva: melodie orecchiabili su basi ritmiche minimaliste che corrono sulla lama di rasoio che segna il confine tra la musica elettronica e la marcetta. In novembre la sua LA PASSION in vocoder, costruita su "Rectangle" del musicista francese Jacno arriva al N. 2 tedesco e in breve diventa un hit paneuropeo. Il pezzo verrà incluso nell’album “Tecno Fes Vol. 2”, che uscirà a dicembre. E in classifica c’è pure il suo compare Mauro Picotto con KOMODO, tipico esempio di trance melodica all’italiana con inserto rubato ai Deep Forest.
Fatboy Slim – Il grassone magrolino vende la pizza con Jim “Quando ho iniziato io, nelle gerarchie di un locale il dj era un po’ meno importante di chi raccoglieva i bicchieri. Eri solo il tipo che stava nell’angolo e metteva su i dischi” (Norman Cook, da “Last Night A DJ Saved My Life” di Bill Brewster e Frank Broughton, Arcana ed.) Il DJ ora è la vera star. Non è più un semplice miscelatore di suoni altrui nel corso della serata in discoteca, ma crea un proprio suono che viene proposto attraverso i suoi set al pubblico. Ogni DJ crea il proprio suono distintivo che lo distingue e lo rende riconoscibile fin dalle prime battute. Anzi, lo rende una superstar. Tra queste nuove stelle c’è sicuramente il Maestro del Big Beat, ovvero Norman Cook, alias Pizzaman, ora meglio noto come Fatboy Slim, che torna con l’atteso successore del fortunatissimo “You've Come A Long Way, Baby”. Maestro di breakbeat distorti e compressi e di campionamenti in loop di pezzi anni ’60, nonché creatore di uno stile che rende riconoscibile qualsiasi remix su cui abbia messo le mani, l’ex Housemartin pubblica il 6 novembre il nuovo album “Halfway Between The Gutter And The Stars” (titolo ispirato a una frase di Oscar Wilde), in cui collabora con nomi come Macy Gray, Bootsy Collins e Roger Sanchez. L’album segna un passaggio di stile. D’altra parte o Norman faceva un bis del precedente lavoro, oppure decideva di percorrere nuove strade. Abbandonati (in parte) i ritmi forsennati e i riferimenti all’hip hop, realizza così un lavoro più vario (i detrattori diranno pretenzioso) in cui le ritmiche big beat si affiancano a brani elettronici più riflessivi e a campionamenti rock. E infatti il disco è anticipato da SUNSET (BIRD OF PREY), un Top 10 UK che riduce le battute e dal big beat passa alla trance melanconica alla Moby. Ma soprattutto in questo pezzo, definibile trance pacifista, Norman osa l’inosabile: il campionamento della voce di Jim Morrison. Infatti viene campionato un brano (“Bird Of Prey”) in cui il defunto leader dei Doors declama una delle sue poesie (non che la cosa sia poi una novità, già i suoi ex compagni dei Doors hanno tentato di rinverdire i fasti nel 1978 aggiungendo basi musicali ai testi declamati da Jim e pubblicando l’album “An American Prayer”). Bello anche il video che gioca sul contrasto tra innocenza e violenza. Una curiosità: anche Fat Boy Slim usa la parolina “fuck” molte volte, nella censuratissima “Star 69”. Ma il risultato è ben diverso rispetto a Fred Durst. Un’altra superstar tra i DJ è Mr. Paul Oakenfold, che sotto il marchio Planet Perfecto (supergruppo che conta anche Ian Masterson e Jake “JX” Williams) realizza BULLET IN THE GUN 2000 (N. 7 in UK), remix di un pezzo pubblicato in origine l’anno prima (qui la versione originale). Nella stessa settimana Oakey ha pure un secondo Top 10 in Britannia, sotto lo pseudonimo di Element 4, associato ad Andy Gray, è responsabile infatti di BIG BROTHER UK TV THEME, ovverosia del tema del “Grande Fratello” inglese… Ebbene si, il 2000 è l’anno dell’arrivo dei reality in TV: che la fine della civiltà occidentale, come cantano i Red Hot Chili Peppers, sia vicina?
E rimanendo in ambito femminile, bis per Sonique, la DJ londinese già membro del gruppo house di fine anni ’80 S-Express. Dopo l’enorme successo di “It Feels So Good”, N. 1 in UK per tre settimane (quasi un record all’epoca) e Top 10 negli USA (uno dei pochissimi Top 10 americani del periodo di origine inglese), la ragazza piazza al N. 2 della UK chart SKY. Pop-techno di buona fattura che da noi diventerà un successo l’anno dopo, grazie a uno spot TV. Abbassando il ritmo, il genere che ha dominato nelle discoteche britanniche negli ultimi mesi è stato il cosiddetto UK Garage (o 2-Step), filiazione del Drum’n’Bass. La band che più di ogni altra ha rappresentato commercialmente il suono sono stati gli Artful Dodger di Pete Devereux e Mark Hill, artefici del lancio di Craig David, che arrivano al N. 4 UK con il quarto hit, PLEASE DON'T TURN ME ON. Stavolta a cantare il brano hanno chiamato Lifford, ex cantante dei Public Demand.
Zombie Nation – La musica dei morti viventi del Commodore 64 KERNKRAFT 400 dei Zombie Nation è stato scippato del N. 1 in UK da Mariah e Westlife. Molti avrebbero dato un braccio per vederlo al N. 1, non tanto perché lo amano, ma per evitare di vederci l’atroce duetto. Ma chi sono i Zombie Nation? Il DJ di Monaco di Baviera Florian Senfter, meglio noto come Splank! (associato a un altro DJ, Mooner), ne parla come di un movimento di cui è a capo. E ci costruisce attorno un website. Ex membro di una band trash metal, la sua missione è di “abbattere tutte le convenzioni”. Forse qualche birra e qualche pasticchetta di troppo? In ogni caso il successo del singolo, diventato negli USA addirittura un inno da hockey, gli permetterà di fondare una propria etichetta, tuttora in attività. Il brano, che per certi versi, come fattomi notare da Pop!, ha anticipato il revival electro-clash degli anni 2000, è techno-trance germanica che si ricorda bene delle sue origini. Sembra quasi un pezzo techno fatto dai Kraftwerk. Il riff di tastiera è minimale e semplicissimo. Si tratta del campionamento di un pezzo scritto da David Whittaker per un vecchio gioco del Commodore 64 (per i più giovani, uno dei primi computer casalinghi), “Lazy Jones”, del 1985. E il risultato fa venire in mente addirittura Brian Eno, quasi come se fosse diventato matto e si fosse dato alla dance. Ma questo è pop ultracommerciale rispetto al pezzo che segue…
Azzido Da Bass – La notte di tregenda della techno Parlo di DOOMS NIGHT di Azzido Da Bass, ovvero dell’amburghese Ingo Martens. Ingo è uno dei DJ più famosi di Germania. Con Stevo Wilcken prepara il pezzo per la Love Parade 2000. E qualche mese più tardi un remix di Timo Maas lo porta nella Top 10 britannica dopo aver spopolato nelle disco europee. Per descrivere il brano, vi basti pensare al pezzo techno dal suono più “sporco” del mondo: quasi come se il disco fosse stato immerso nel fango di qualche palude prima di essere stato messo sul lettore. Per tacer della totale assenza di quella cosa che piace tanto a noi italiani, la melodia. Rumore ben organizzato, insomma, ma affascinante e ipnotico. Lo adoro.
USCITE CHIAVE Ricapitoliamo. I generi dominanti del periodo sono elettronica, hip hop e pop rock al femminile. Volete che non ci siano uscite chiave relative a questi generi? Iniziamo dalla musica elettronica. Il 27 novembre esce lo splendido “Since I Left You”, debutto su album dei The Avalanches, collettivo di 6 DJ di base a Melbourne. Negli anni precedenti hanno fatto da spalla in tour ad autentici maghi del campionamento come Beastie Boys, Public Enemy e Beck. E hanno imparato bene. Il disco, frutto di due anni di lavoro, rappresenta uno dei vertici del taglia e cuci ed è composto da campioni di vecchi dischi, film e show TV. Si parla di circa 3500 campionamenti (!), con una lista che va dai Boney M agli Osmonds, dai Mamas And Papas ai 5th Dimension, da Debbie Reynolds agli Isley Brothers, da Kid Creole and the Coconuts a Sergio Mendes, fino ad arrivare a Madonna, che ha dato il suo regal permesso per poter campionare i suoi lavori (“Holiday” che confluisce in "Stay Another Season"). A dirla così sembra la scaletta di un party trash. E invece ci troviamo di fronte a un autentico gioiello: una summa di pop art che ripercorre la storia del pop con tutta l’emozione possibile. Sembra che l’uscita dell’album sia stata ritardata proprio per ottenere tutti i permessi ufficiali per gli svariati campionamenti. Tra le gemme dell’album non si può non citare la title-track, basata sull’unione di campionamenti dei Main Attraction (“Everyday”), di "By The Time I Get To Phoenix"e di "Let's Do The Latin Hustle", e FRONTIER PSYCHIATRIST, basato sul campionamento del pezzo omonimo, contiene addirittura un campionamento del film di John Waters “Polyester”. E stiamo ancora in ambito elettronico, seppur non ballereccio, con “Felt Mountain”, debutto dei Goldfrapp, Alison Goldfrapp (già vocalist per Tricky e Orbital) e Will Gregory, uscito l’11 settembre. Realizzato dalla Mute, costituisce una miscela di elettronica cinematica e cabarettistica a metà strada tra il glaciale e il sensuale. La distaccata Alison Goldfrapp si candida al ruolo di seduttrice sintetica, ma i suoi approcci fanno più inquietare che eccitare. Citazioni cinematografiche sonore (in copertina si ricorda Sergio Leone) e ricordi d’infanzia costituiscono la base dei brani. L’album, realizzato in 6 mesi, vende la prima settimana 914 copie: alla fine ne venderà 500.000, e consentirà al duo di imporsi come una delle nuovi nomi dell’elettronica inglese. Tra i pezzi l’ipnotica e malsana LOVELY HEAD, dall'ammaliante intro fischiettato, la sognante UTOPIA, la glaciale e bondesca HUMAN e PILOTS. Se i Portishead realizzano colonne sonore di inesistenti film noir anni '50, qua siamo nei territori di Lynch o Cronenberg. Hip hop. Che ne dite di un album di Southern Rap? Eccovi allora “Stankonia” degli Outkast di Atlanta, uscito il 31 ottobre. Il gruppo, futuro dominatore delle classifiche con la leggendaria “Hey Ya”, si presenta con un album davvero riuscito. L’album arriva sparato al n. 2 USA e deve il titolo alla parola “stank” che sta per “funk”. Il titolo pertanto si riferisce a una terra di fantasia che i due definiscono "the place from which all 'funky thangs' come". L’album deve il suo successo all’approccio musicale di Big Boi e Andre 3000, che si fanno influenzare da svariati generi, alla stregua di Prince, distanziando tutto il circondario hip hop. Mentre gli altri sparano proiettili e cazzate, loro giocano con sintetizzatori e riescono a incorpora una miriade di generi in uno. Si passa da strumenti indiani a riff chitarristici da heavy metal, per poi passare a gospel, P-funk, samba e drum and bass. Il tutto in una salsa psichedelica memore di Sly & The Family Stone. Se il maggiore hit dell’album è MS. JACKSON (di cui parleremo un’altra volta), il primo singolo estratto è B.O.B, ovvero “Bombs Over Baghdad”, pezzo drum’n’bass e che fa uso di un coro gospel e di chitarre distorte. Il pezzo ovviamente, sia per stile musicale sia per contenuti del testo, non incontra i favori delle radio americane e fa fiasco. Il pezzo verrà poi censurato dopo l’11 settembre 2001, mentre, nel 2003 con l'invasione dell’Iraq verrà addirittura usato come colonna sonora dell’esercito, cosa che i due musicisti non gradiranno affatto, visto il contenuto pacifista dello stesso. I due alla fine diranno la loro, anche se ammetteranno di non aver purtroppo potere su come la gente interpreta i loro brani… Concludiamo con una donzella… E che donna! Il 23 ottobre esce “Stories From The City, Stories From The Sea”, nuova prova di P.J. Harvey. Salutato da Rolling Stone come “il miglior album della sua carriera” e accompagnato da recensioni entusiastiche, vincerà il Mercury Prize nel 2001, diventando al contempo un buon successo commerciale per la cantautrice inglese. Tra i brani, da segnalare il primo singolo, GOOD FORTUNE, THIS IS LOVE (I can't believe life's so complex/ When I just wanna' sit here and watch you undress) (qui la versione video) e il duetto con Thom Yorke (ancora lui!) in THIS MESS WE'RE IN. Yorke inoltre suona la tastiera e canta nei cori di "One Line" and "Beautiful Feeling". Dopo anni spesi a sperimentare a sonorizzare la rabbia, questa volta Polly Jean cerca la bellezza dei suoni. È più sicura di se ed è più matura. Vuole una produzione raffinata e sontuosa: più rassicurante. Ma questo non vuol dire che si sia ammorbidita, anzi! E non ha perso un grammo di energia. E infatti avverte: si tratta sempre di pop alla P.J. Harvey, per cui sarà da considerare tutt’altro che popolare in base agli standard medi della gente… Bene, la prossima volta faremo un balzo indietro di 20 anni. E sarà un inverno freddo freddo per la musica: l’8 dicembre infatti un colpo di pistola chiuderà tragicamente un sogno. Ma è anche il periodo ideale per visitare Vienna, per vestirsi da pirata newromantico e per ballare con l’ultimo N. 1 americano della disco music…
Marco Fare clic qui per inserire un commento a questa monografia.  
|
  |