( chart USA + UK + World Chart, dicembre-gennaio-febbraio )
INVERNO 2003/04: Un programma TV per venderli tutti… Al cinema e agli Oscar stravince il capitolo finale de “Il Signore Degli Anelli”, “Il Ritorno Del Re”. Gollum finisce nel vulcano con il malefico anello, strumento di potere che consuma il suo possessore. Anche in ambito discografico c’è un equivalente dell'anello tolkeniano: si chiama "Talent Show TV". Porta improvvisamente alla fama illustri sconosciuti (trasformandoli nei cosiddetti “idoli”), che si ritrovano in un batter d'occhio al vertice delle classifiche. Ma altrettanto velocemente li consuma, determinandone la rottamazione una volta trascorsi i famigerati 15 minuti di Warholiana memoria. E così ecco le classifiche popolarsi di potenziali Gollum, stregati dalla fama subito perduta e destinati a vagare tra i vari reality per sfruttare i rimasugli di quel che fu. Ovviamente i discografici non si pongono il problema: sono terrorizzati dal calo delle vendite di dischi che caratterizza l’era dell’i-pod, e anche un “novelty record”, ovvero un disco che vende per ragioni non strettamente musicali, può andare bene. E la TV li crea così facilmente… Tra tanti “idoli TV” che ballano una sola stagione, c’è anche chi riesce a costruirsi una carriera vera (casi rari ma tangibili). Musicalmente parlando, continua la fiera del “new”: nu-soul, nu-jazz, nu-metal, new-new wave. In realtà si tratta più che altro del recupero di sonorità passate debitamente aggiornate. Negli Stati Uniti trionfa il genere urban, come consuetudine da ormai più di un lustro. Il genere gode al momento di ottima salute, evidenziata dal trionfo dei sudisti Outkast, dall’esplosione delle produzioni di Kanye West e dal minimalismo-chic ritmico dei Neptunes. Il pop easy listening, specie quello al femminile, domina le classifiche degli album grazie agli exploit di Dido, Norah Jones e Katie Melua. Intanto, in Gran Bretagna si registra un’esplosione di nuove band. L’art rock post-moderno dei Franz Ferdinand conquista da subito la critica, ma gli scozzesi son accompagnati da altre band etichettate dalla stampa come “the next big thing”. E ora partiamo dal N. 1 del classificone. E si parte davvero bene...
Outkast – Un irresistibile invito a “muoverlo” "Shake it like a Polaroid picture!" Verso la fine del 2003 il duo degli Outkast, ovvero Antwan "Big Boi" Patton e André "André 3000" Benjamin, realizza il nuovo album. L’album è un progetto ambizioso: è formato da due cd separati, ciascuno dei quali costituente quasi un progetto solista di ciascuno dei due artisti. A ribadire tale dualità, esce con un doppio nome: “Speakerboxxx / The Love Below”. Il primo è relativo alla parte di Big Boi, ed è più hip hop misto a funk, il secondo è la parte di André, che spazia tra funk elettronico, R’N’B classico e hip hop jazz. Il primo estratto dall’album arriva proprio dalla parte di André, ed è un elettro-funk straordinariamente contagioso, HEY YA!, completamente diverso da tutto quello che al momento sta girando per le radio. Il singolo è un gioioso inno danzereccio a metà strada tra l’indie rock e Prince che nel break invita le fanciulle a dimenarsi e “scuoterlo come una foto Polaroid”. E non solo le fanciulle, ma tutti, son più che disponibili a muoverlo al suono del pezzo, che in breve diventa un classico del nuovo millennio, passando la bellezza di 9 settimane in vetta alla Billboard chart. In UK arriva “solo” al N. 3, ma resta in classifica per 21 settimane. Diventerà inoltre il primo pezzo a vendere più di 1 milione ci copie sulla neonata i-tunes. In realtà il brano, al di là dell’indubbio valore come inno da party, ha un significato più profondo: è una metafora sull’incapacità di mantenere una relazione ("If they say nothing is forever…then what makes love the exception?"). Una prima versione del brano, inizialmente intitolata “Thank God For Mom And Dad", sta quasi per finire nel precedente album dei due, “Stankonia”, del 2000. Non soddisfa tuttavia André, che lo esclude dall’album. Torna a lavorarci a partire da fine 2002, collaborando col tastierista Kevin Kendricks, già membro del gruppo funk anni ’80 dei Cameo (ricordate “Word Up!”?). Da notare che André suona praticamente tutti gli altri strumenti che compaiono nel pezzo. La sua è anche l’unica voce maschile che compare nel pezzo. I cori infatti son stati ottenuti registrandola più volte. Lo stesso dicasi per i cori femminili: si tratta di un’unica voce femminile (di un’assistente dell’ingegnere del suono). Da notare che il pezzo viene pubblicato su singolo come decisione dell’ultimo momento. Inizialmente avrebbe dovuto essere pubblicata come primo singolo "She Lives In My Lap" (in cui canta l’attrice Rosario Dawson). Andrè completa il pezzo giusto in tempo, chiama i discografici e fa loro cambiare i piani. Ad accompagnare il brano c’è un divertente video in cui Andrè 3000 interpreta tutti i membri di una fantomatica band anni ‘60-’70 chiamata “The Love Below” (compresi i coristi, chiamati i The Love Haters). Il video ricorda un po’ l’esibizione storica dei Beatles all’Ed Sullivan Show del ’64. Anche il video, al di là dell’ambientazione allegra, presenta una nota inquietante. Sul palco infatti c’è una bara verde. Nelle intenzioni di Andrè rappresenta la morte dell’hip hop. Forse i due sperano di fare il funerale a quello che è diventato l’hip hop contemporaneo, dominato da morti cerebrali come 50 Cents. Purtroppo non ci riusciranno in pieno, anche se per un breve periodo si ha la sensazione che l’hip hop possa finalmente diventare qualcosa di nuovo. In ogni caso, questo inverno il dominio dei due è totale. Se l’album è al N. 1, la classifica dei singoli è dominata da una doppietta del duo: “Hey Ya!” e THE WAY YOU MOVE, che dopo aver passato un mesetto al N. 2 dietro il primo pezzo, alla fine lo sostituisce in vetta il 14 febbraio. Il secondo pezzo proviene da “Speakerboxxx”, la parte di Big Boi. È pubblicata negli USA sullo stesso singolo di “Hey Ya!” e, come questo, viene programmato a tappeto dalle radio. Il brano è meno clamoroso di quello che lo precede, ma è comunque un ottimo esempio di hip hop sudista dalle sfumature soul-jazz, con un ritornello (cantato da Sleepy Brown) che ricorda non poco gli Earth Wind & Fire (che, guarda caso, ne faranno una cover). Ah, i due si portano a casa il Grammy 2004 come disco dell’anno. Memorabile la delirante esibizione alla cerimonia, con tanto di ballerine vestite da squaw e una banda militare. Se negli States gli Outkast non hanno rivali, in Europa “Hey Ya!” duella ai vertici delle classifiche con il nuovo singolo di un altro gruppo hip hop...
Black Eyed Peas – Chiudi il becco e balla La band di Los Angeles, le cui origini risalgono addirittura al 1988, formata da will.i.am, apl.de.ap, Taboo e dal recente acquisto, la cantante Fergie, è reduce dal singolo più venduto nel Regno Unito del 2003, ovvero il pezzo anti-razzista e pacifista WHERE IS THE LOVE?, a cui ha partecipato anche Justin Timberlake (un’anticipazione della prezzemolite che lo colpirà tra tre anni?). Il pezzo è ancora ben piazzato nelle classifiche mondiali, ma il quartetto già replica con un secondo singolo estratto dal loro terzo album “Elephunk”. Si tratta di SHUT UP, brano dedicato a liti famigliari che, uscito a novembre, prima raggiunge la seconda piazza in UK e poi si piazza in vetta in numerosi paesi, tra cui Australia, Francia, Germania e Italia. Nonostante sia un enorme hit internazionale, il brano non viene invece pubblicato su singolo negli USA, dove la popolarità della band è ancora in fase di costruzione. Da allora la band continuerà a sfornare hit su hit, tendendo tuttavia sempre più a privilegiare sonorità e tematiche sempre più tamarre. La classifica dei singoli USA è invece completamente dominata dai singoli hip hop, anche se con brani molto diversi che si alternano al N. 1. Se la parte del leone la fanno gli Outkast, al N. 1 con i due brani per 10 settimane consecutive a partire dal 13 dicembre, prima di loro, il 7 dicembre arriva al N. 1 USA Ludacris con la sua STAND UP, che detronizza il duetto tra Beyonce e Sean Paul, “Baby Boy”, dopo 9 settimane. Christopher Brian Bridges, questo il vero nome del rapper, reduce anche da un N. 3 USA con Chingy & Snoop Dogg, HOLIDAE INN, è tra gli artisti hip hop che hanno ottenuto in carriera il maggior numero di primi posti, arrivando ben 4 volte al N. 1 della Hot 100. “Stand Up” è il suo primo N. 1 e alla fine di febbraio seguirà il secondo, anche se in veste di artista ospite: si tratta infatti del clamoroso hit di Usher YEAH! (di cui parlerò quando affronterò la primavera 2004). “Stand Up” vede invece come ospite la rapper Rashawnna Guy, nota come Shawnna. Da ricordare anche il surreale video, diretto da Dave Meyers. Il rapper replica col N. 14 USA… Il brano è prodotto nientemeno che da Kanye West, che sta affrontando un inverno che definire indaffarato è dir poco. Ma andiamo per ordine. Innanzi tutto Kanye produce anche un secondo N. 1 USA di questo inverno, in cui compare anche la sua voce.
Twista – Una lingua veloce per ritmi lenti Si tratta della sontuosa SLOW JAMZ, autentico tour de force di Twista (all’anagrafe Carl Mitchell), rapper di Chicago noto per la velocità (nel 1992 il Guinnes dei primati l’ha nominato il rapper più veloce del Mondo – record poi infranto da altri) e per la facilità con cui cambia ritmo. Twista è un maestro nel “fast rapping”, tecnica poi utilizzata da gente come Jay-Z e il sopraccitato Ludacris. Il brano abbina una produzione sontuosa che pesca a piene mani dal sound anni ’70 (marchio di fabbrica di West) con repentini cambi di ritmo. Il pezzo campionato (accelerandolo) in questo caso è "A House Is Not A Home", brano di Burt Bacharach e Hal David portato inizialmente al successo nel 1964 da Dionne Warwick, nella versione di Luther Vandross (che viene anche nominato nel testo). Il divertente testo (comprendente pure una battuta su Michael Jackson: “She got a light skinned friend, look like Michael Jackson / Got a dark skinned friend, look like Michael Jackson”) parla della necessità di mettere nei club anche dei brani lenti del passato per creare la giusta atmosfera. Il brano è di fatto un omaggio ai grandi del passato e cita, tra gli altri, anche Marvin Gaye, Anita Baker, Minnie Riperton, Gladys Knight e Isaac Hayes... Nel pezzo, accanto al rapper, compaiono sia il suo produttore, Kanye West appunto, sia l’attore Jamie Foxx (“Collateral”, “Ray”), che dimostra di essere un buon cantante e canta appunto il ritornello. Il successo del pezzo porta anche il relativo album, “Kamikaze”, in vetta. Ma Kanye non si ferma alla produzione di due singoli al N. 1. Produce anche il primo singolo estratto da un altro album da N. 1…
Alicia Keys – La prima pagina del diario di Alicia Si tratta di YOU DON'T KNOW MY NAME, splendida ballata dal sapore anni ’70 che anticipa il secondo album di Alicia Augello Cook, “The Diary Of Alicia Keys”. Per questo brano, scritto da Alicia assieme a Kanye, West campiona un vecchio pezzo dei The Main Ingredient, “Let Me Prove My Love To You” (link a un sample di 30 secondi - ahimè nessun video su youtube). Il singolo si ferma “solo” al N. 3 USA, mentre l’album arriva al N. 1 il 20 dicembre (618.000 copie vendute in una settimana) e dopo una settimana di interruzione, torna in vetta per un’altra settimana. Con questo secondo album Alicia si conferma uno dei nomi di punta del movimento chiamato nu-soul, ovvero di quella corrente dell’R’N’B moderno che è dedita alla riscoperta dei suoni raffinati della musica black a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. Come verrà definita da un critico: “musica nostalgica che tuttavia non perde i contatti con il presente”. Cosa evidentemente gradita a molti, visto che l’album venderà oltre 8 milioni di copie a livello mondiale… Tuttavia lo stakanovista Kanye non si è limitato a produrre hit per altri. Infatti il nostro scende in campo in prima persona…
Kanye West – L’”espulso dal college” fa un incidente ma va in classifica "Thank God I ain't too cool for the safe belt" Il rapper dell’Oklahoma trasferitosi da piccolo a Chicago con la mamma divorziata ha già acquisito una buona fama come produttore non solo per i lavori sopra citati, ma anche per i suoi precedenti lavori per Jay-Z (per il quale ha prodotto, tra gli altri, "Izzo (H.O.V.A.)"). Ma diventa una star di prima grandezza proprio con il suo album di debutto, “The College Dropout”, che esce il 10 febbraio. L’album è anticipato da THROUGH THE WIRE, pezzo autobiografico che racconta di un terribile incidente d’auto avuto nell’ottobre 2002 e da cui è uscito miracolosamente vivo. La sua mandibola è stata rotta in 3 punti ed è stato costretto in ospitale con la bocca bloccata da una armatura di metallo (e sapendo quanto ama aprirla, deve essere stata per lui una doppia sofferenza…). Durante la degenza in ospedale gli arriva all’orecchio "Through The Fire", pezzo di Chaka Khan. Ascoltando la cantante cantare "Right down to the wire, even through the fire", sente che descrive quello che sta provando. Dimesso, dopo 2 settimane inizia così a lavorare su un pezzo che, campionando quello di Chaka Khan, descrive il suo stato d’animo attuale. La sua mandibola è ancora bloccata tra i ferri e questo gli causa non pochi dolori. La lavorazione è praticamente possibile solo grazie a dosi massicce di antidolorifici. Ma lui vuol trasmettere tutto il suo dolore al pubblico! Niente male come ego, eh? Beh, è solo l’inizio, in seguito farà ben di più... Nel testo Kanye cita anche Emmett Till, un ragazzino brutalmente ucciso e mutilato nel 1955 da alcuni razzisti che, seppur individuati, non furono mai condannati. Il video è stato finanziato da West stesso. Il singolo arriva al N. 15 USA (fa meglio in UK, dove arriva al N. 9), ma guadagna recensioni favorevoli da parte di tutta la critica e soprattutto lancia l’album. Nell’autunno 2004, nonostante gravi problemi alla gola, Chaka Khan interpreterà (anche lei soffrendo) il brano assieme a Kanye agli MTV Awards... L’album, con l’immancabile orsacchiotto in copertina (è il suo simbolo nonché portafortuna) arriva al N. 2 USA, diventando uno dei più fortunati e acclamati dell’anno. Da esso già a febbraio viene estratto un secondo singolo, ALL FALL DOWN, che diventerà il primo Top 10 USA del rapper. Se Kanye può essere paragonato a Stakanov, altrettanto iperattivi sono Pharrell Williams e Chad Hugo, ovvero i Neptunes, ancora il team di produttori N. 1 sulla piazza. E tra i grandi hit del periodo c’è proprio una loro produzione...
Kelis – La premiata frapperia erotica apre i battenti Quattro anni prima abbiamo conosciuto Kelis Rogers mentre sbraitava tutto il suo odio nei confronti del compagno infedele (“Caught Out There”). Nonostante il successo, la casa discografica l’ha scaricata, e ha dovuto aspettare qualche annetto prima di ottenere un nuovo contratto discografico. Firmato un contratto con la Arista, adesso la ragazza, 24enne, ci propina il suo “frappè”. No, non è diventata barista nel frattempo per pagare il mutuo. Il MILKSHAKE che ci offre è un hip hop funk elettronico minimale che fa riferimento al sesso. Dice che lei sa fare “frappè” che portano tutti i "boys to the yard". Tagliando corto: un deciso inno al pompino come strumento di potere femminile. Hip Hop ultrastilizzato ridotto all’osso che non lascia assolutamente indifferenti. Magari c’è chi lo odia, ma quelli che lo amano son sufficienti per portarlo al N. 3 USA a dicembre e al N. 2 britannico in febbraio. A lanciare in orbita l’album che lo contiene, “Tasty”, e a trasformare la ragazza in una stella. Kelis avrà a dire riguardo al significato del pezzo che riguarda “tutto quello che vogliamo ottenere, non solo il sesso”. Con questo pezzo mi sa che l’ha ottenuto. Kelis non è l’unica presenza Neptunes in circolazione. Innanzi tutto arriva sotto Natale nella Top 10 USA CHANGE CLOTHES, produzione Hugo/ Pharrell (che pure vi canta) per Jay-Z. Il pezzo è il primo singolo tratto dal suo seminale “Black Album”, che è arrivato in vetta alla Billboard chart in novembre (promosso come l’ultimo lavoro solista di Jay-Z, che ovviamente poi, nel 2006, cambierà idea…). Alla produzione dell’album ha partecipato il gotha dei produttori hip hop, tra cui Kanye (e te pareva), Timbaland, Rick Rubin e ovviamente i Neptunes.
Ho parlato di cover dei White Stripes?
Joss Stone – Jocelyn si è innamorata di un ragazzo che prima era una ragazza di cui si era innamorato Jack Arriva a un clamoroso successo in UK anche la sedicenne nata a Dover Joss Stone (all’anagrafe Jocelyn Stoker). La ragazza ha appena lasciato la scuola (dove ha non pochi problemi a causa della sua dislessia) e già ha lavorato come corista per gente come Gladys Knight, Blondie, Robbie Williams, James Brown, Tom Jones e Rod Stewart. Merito di una bella voce calda che viene valorizzata dal suo album di debutto “The Soul Session”. L’album esce il 16 settembre 2003 ma deve attendere il 17 gennaio per entrare in classifica. Poco male, dato che poi arriva al N. 4 UK rimanendo in classifica per oltre un anno, diventando triplo platino e beccando una nomination ai prestigiosi Mercury Awards! L’album, registrato a Miami, è di fatto una raccolta di cover e presenta sonorità che pescano a piene mani dal soul anni ’70, frutto della collaborazione con veterani come Betty Wright e Timmy Thomas, tra gli altri, e con esponenti del cosiddetto nu-soul come Angie Stone e i The Roots. A trainare l’album c’è, appunto, una cover di un pezzo dei White Stripes. L’originale è “Fell In Love With A Girl”, trascinante rocker incluso nell’album che ha lanciato il duo White un paio di anni prima, “Blood White Cells”. La versione della Stone è un soul-blues rallentato, con il titolo che, essendo lei fanciulla, è cambiato in FELL IN LOVE WITH A BOY. Sebbene non vada oltre la 18esima posizione in UK, è un buon hit internazionale (arriva anche al N. 1 in Argentina) ma soprattutto lancia album e cantante a livello mondiale.
Dido – La Signora ha preso in prestito le classifiche Joss non è tuttavia l’unica fanciulla che vende dischi a palate. Anzi, ce n’è una in confronto alla quale è effettivamente una principiante. Parlo di Florian Cloud de Bounevialle O'Malley Armstrong. Forse meglio chiamarla col nome d’arte, il più semplice Dido. La sorella di Rollo Armstrong dei Faithless, dopo aver venduto camionate dell’album di debutto “No Angel”, vende vagonate del suo secondo album “Life For Rent”, uscito il 29 settembre ma ancora ben ancorato al N. 1 della classifica britannica. La cantante dal timbro adenoidale ha oramai sviluppato in pieno la sua formula: basi elettroniche per pezzi soft pop riflessivi. Se l’hit autunnale, la bella ballata di “resistenza all’amore” WHITE FLAG, domina ancora le classifiche mondiali (a gennaio arriva anche nella Top 20 USA, risultato notevole all’epoca per un inglese non dedito al genere urban), in patria funziona a dicembre la title-track LIFE FOR RENT, che diventa il secondo Top 10 della bionda tratto dall’album. Ma non sono i singoli a dare l’idea del successo della nostra. Basti pensare che il suo secondo album è tuttora il più venduto del decennio oltremanica. Venderà globalmente oltre 12 milioni di copie, di cui 152.000 nel primo giorno solo in UK. L’album viene nominato ai Brit Awards, ma il premio se lo porta via una band…
The Darkness – Come confezionare il N. 1 sicuro di Natale e dare poi al colpa al destino cinico e baro… “Permission To Land” dei Darkness è l’album vincitore del Brit 2004. La band di Justin Hawkins è la grande rivelazione del 2003, grazie a un suono che riprende l’hard rock classico, quello degli anni ’70, miscelando, tra gli altri, Queen, Aerosmith e Def Leppard, con una bella spruzzata di glam alla T. Rex. L’album rappresenta al meglio il suono di una band che ancora si diverte. Il problema è che con il successo, il gruppo inizia a prendersi un po’ troppo sul serio e questo sarà l’inizio della sua fine. E che la band si stia prendendo un po’ troppo sul serio già lo si capisce dalle dichiarazioni fatte da Justin nel dicembre 2003, quando senza alcuna ironia punta chiaramente al N. 1 UK con la ballata natalizia CHRISTMAS TIME (DON'T LET THE BELLS END). La band vuole realizzare un “classico natalizio” sulla scia di band come Queen, Slade e Wizzard, tutte responsabili di inni natalizi che ad ogni Natale affollano le radio britanniche e non solo. E per raggiungere l’obiettivo non (ci) risparmia nulla. Campanelli da slitta? Presenti! Campane? Presenti! Coro di mocciosi? Presente! Anzi, ci mettono pure il coro della scuola frequentata in gioventù dalla madre di Justin! Nonostante queste e tutte le altre diavolerie impiegate per fare “il perfetto hit natalizio”, Justin (e con lui i bookmaker britannici, che danno il singolo come favorito per arrivare al N. 1 natalizio) non ha tenuto conto dell’elemento imponderabile che (a volte) rende davvero divertenti le classifiche. E che blocca il singolo al N. 2, causando una crisi di nervi alla “diva” Justin che mal sopporta l’affronto e lo fa capire apertamente. Anche perché chi lo ha battuto, ha osato definire i Darkness un “gruppetto divertente”…
Gary Jules & Michael Andrews – La melodia incantata del folle mondo del Coniglio Frank E gli autori di cotanto affronto sono due emeriti sconosciuti, che hanno avuto la pessima idea di pubblicare un loro singolo per il Natale britannico. Il “problema” è che si tratta di un pezzo splendido e che il pubblico inglese stavolta decide di premiare la qualità rispetto alla pubblicità. Michael Andrews è un musicista americano che ha realizzato la colonna sonora di un film, “Donnie Darko”, una fiaba nera ambientata nell’America di fine anni ’80 che, uscita nel 2001 all’indomani dell’11 settembre, è praticamente passata inosservata (l’immagine di un motore di un aereo che precipita su un quartiere all’epoca non è la più indovinata per l’audience americana ancora traumatizzata dall’attentato). Tuttavia il film ha guadagnato nei due anni successivi un seguito crescente soprattutto presso gli adolescenti, sia tramite la diffusione del DVD sia tramite proiezioni di mezzanotte nei cinema (un cinema di new York lo proietta per 28 mesi), acquisendo lo status di cult movie. Mentre negli USA acquista tale status, il film attraversa l’oceano e viene scoperto anche dai giovani inglesi, diventando un grande successo (in Italia lo si vedrà al cinema solo in seguito, anticipato dalla sua fama di film cult). La riscoperta del film porta anche alla riscoperta della sua colonna sonora, e soprattutto per un pezzo compreso in essa, una eterea e melanconica versione strumentale al piano di un hit dei Tears For Fears, MAD WORLD (per l’originale vi rimando all’autunno 1982). Il pezzo viene affidato alla voce di un amico di Andrews, Gary Jules. E a grande richiesta del pubblico, il brano viene pubblicato su singolo proprio in dicembre. E avviene il “fattaccio”: il singolo arriva dritto al N. 1 britannico, vendendo più di mezzo milione di copie, negando al povero Justin Hawkins la gioia della vetta. Il brano rimane in cima alla classifica per quattro settimane, replicando poi il successo in Europa. Da allora questa versione ha incrementato la sua popolarità, apprendo in numerose serie TV, in videogiochi e in spot TV, quasi oscurando in fama la versione originale dei Tears For Fears. Che tuttavia, da autori del pezzo, ovviamente ringraziano viste le royalties (e la riesumazione della loro raccolta in classifica)… Parlando di cinema, vale la pena di citare anche il brano che il 29 febbraio vince l’Oscar come miglior canzone da film. Si tratta di INTO THE WEST, interpretata dalla grande Annie Lennox per il terzo capitolo de “Il Signore Degli Anelli”, l’epico “Il Ritorno Del Re”, che si porta a casa ben 11 statuette. Invece, prima del duo Andrew & Jules al numero 1 britannico arriva un altro duetto, il cui successo non deriva dal cinema, ma nasce invece dal piccolo schermo…
TV, idoli e pollastri Ozzy & Kelly Osbourne – Come si cambia… Siete una signora di mezz’età di nome Sharon Rachel Arden in Osbourne. Siete sposata a una leggenda del rock a cui il vostro paparino ha fatto da manager. Il vostro consorte, che avete conosciuto a 17 anni, è uno dei Padri spirituali dell’hard rock. Anzi dell’heavy metal. Anzi, di più, dell’heavy metal demoniaco. La sua voce ha cantato inni di metallo nero. Ha ingurgitato tutte le forme di alcol e stupefacenti esistenti. Ha pure addentato un pipistrello sul palco (vabbé, per sbaglio e si è dovuto subito fare l’antirabbica interrompendo il concerto...). Insomma, è già tanto che vostro marito sia ancora vivo a 55 anni. È inevitabile che sia decisamente rincoglionito… Voi siete un’affarista nata e, come il vostro paparino, non avete molti di quei fastidiosi scrupoli che potrebbero nuocere agli affari. Avete già messo su nel 1996 un megafestival rock itinerante in onore del vostro maritino, Ozzfest, diventato, anno dopo anno, un passaggio obbligato verso la fama per tutte le band del circuito hard rock e heavy metal. Ora vi ritrovate con un marito rintronato i cui dischi iniziano a vendere meno. Per carità arrivano ancora parecchi soldi con le royalties. Ma tenete famiglia. Anzi, una famiglia piuttosto fastidiosa. Anzi, dirò di più. Avete due figli adolescenti inquieti con smanie di protagonismo di nome Jack e Kelly, che sono più efficaci di un miliardo di spot a favore del controllo delle nascite (a dire il vero c’è pure una terza figlia, Aimee, ma sapete bene che non vi darà corda se gli proponete qualcuna delle vostre idee...). Cosa fare? Semplice! Trasformate la vostra famiglia in un fenomeno multimediale. Andate da MTV e gli proponete un reality sulla vostra famiglia, splendido esempio di nucleo famigliare disfunzionale più simile agli Addams che al modello che alberga nei sogni più arditi di pastori tedeschi & co. E lo show, “The Osbournes”, di sicuro non proprio corrispondente all’idea di spettacolo a supporto della famiglia, diventa un clamoroso successo che si porta a casa pure un Emmy. E così, molti teenagers che manco sanno chi sono i Black Sabbath, finiscono per acclamare Ozzy come un loro idolo. Sull’onda della popolarità acquisita, pure quella buzzicona di vostra figlia Kelly ha ben pensato di sfornare qualche singoletto, come una versione pop-punk di “Papa Don’t Preach” che arriva pure nella Top 3 britannica. A questo punto i tempi sono maturi per l’ennesima mossa: un duetto tra la suddetta figlioletta e il suo papà. Rifacendo un pezzo classico dei Black Sabbath, CHANGES, (l’originale, che parla di una relazione finita, è incluso in “Black Sabbath Vol. 4” del 1972), modificandogli il testo e trasformandolo in un dialogo tra padre e figlia. E il duetto tra papà Ozzy e la (si fa per dire) dolce Kelly si piazza al N. 1 della UK chart giusto prima di Natale. Papà Ozzy tuttavia non si gode particolarmente il momento… è in ospedale infatti. L’8 Dicembre 2003 ha fatto un incidente con il suo quad (quelle fastidiose moto a quattro ruote) e si è fracassato una marea di ossa. Se non ci fosse stata la sua guardia del corpo a rianimarlo sarebbe probabilmente passato dall’altra parte (non è lecito sapere in quale settore tuttavia)… In ogni caso il singolo è il primo e unico N. 1 di Ozzy, a distanza di 33 anni dalla sua prima comparsa nella Top 10 britannica (“Paranoid” con i Black Sabbath, nel 1970). Non temete, Ozzy si riprenderà (tra l’altro la convalescenza viene filmata nel reality) e già nell’estate 2004 lo vedremo partecipare arzillo più che mai (si fa per dire) all’Ozzfest, per poi riunirsi (per la milionesima volta) con i Black Sabbath. Intanto voi, una delle donne più ricche di Gran Bretagna, pubblicherete la vostra vendutissima autobiografia, diventerete una presenza costante in TV, dove, tra l’altro, farete il giudice in vari Talent Show… E parlando di Talent Show, prima di Ozzy c’è un’altra creatura nata in TV al primo posto albionico…
Will Young – Il Pop Idol intelligente, ovvero "Galline in Fuga": il musical Il buon William Robert Young è arrivato alla fama vincendo la prima edizione (datata 2002) del talent show Pop Idol, creato da quella personalità infernale che è Simon Fuller. L’ignobile essere ha scoperto che non è necessario avere 5 galline “speziate” dalle uova d’oro per fare quattrini, ma che basta allevare a ciclo intensivo una sfilza di pollastri da batteria sotto i riflettori di un Talent Show TV, per poi far loro incidere una qualsivoglia “cover karaoke” (preferibilmente dei Beatles). Poi, una volta passato "l'effetto TV", basta tirare loro il collo, spennarli e servirli come pranzo domenicale con tanto di patate novelle.
I due però se non altro hanno portato (rovinandolo) un brano di nobili origini al N. 1, bloccando al N. 2 l’ennesimo pezzo del principale spacciatore di “pezzi per nonne” del periodo. L’ineffabile Ronan Keating. Il 26enne più vecchio sulla faccia della terra? L’ex Boyzone è l’indiscusso idolo delle casalinghe albioniche in menopausa. Potremmo considerarlo una specie di gigolo. Invece che vendere amor fisico alle tardone, questo ne solletica le insoddisfatte voglie (ormai destinate a rimanere tali) sussurrando loro nell’orecchio frasi d’amore accompagnate da languide melodie. La ricetta applicata dal nostro risale ai tempi dei Boyzone. 1) sfogliare le classifiche country USA sia contemporanee che del passato; 2) individuare una serie di pezzi sconosciuti o quasi oltremanica; 3) scegliere il pezzo più melenso; 4) inciderlo. Stavolta è toccato a SHE BELIEVES (IN ME), pezzo prima registrato da Steve Gibb e poi portato al successo nel ’79 dal canuto Kenny Rogers (che però aveva almeno l’età – e la voce - per comportarsi da seduttore di tardone!).
L’unica band ancora in attività che può essere considerata appartenente a quel fortunato filone sono i britannici Blue, che tuttavia rappresentano più un termine di transizione verso la via inglese al pop-soul-urban. In ogni caso il repertorio dei nostri rientra in pieno nella caratterizzazione “boy band”. Ballatone alternate a pezzi ritmati e cover karaoke di pezzi famosi, magari interpretate assieme all’autore. È il caso di SIGNED, SEALED, DELIVERED, I'M YOURS, cover karaoke di un classico di Stevie Wonder interpretata proprio con l’autore (ormai tristemente rincoglionito) e con Angie Stone. Nonostante il brano non faccia faville in UK (si ferma solo al N. 11 a fine dicembre, fallendo pertanto la sfida per il podio di Natale) funziona discretamente sui mercati internazionali, Europa in testa. Sorte condivisa dall’hit precedente, la ballata GUILTY, che tuttavia è stato anche un buon hit britannico (arrivando al N. 2). In realtà è il “modello boy band” ad essere prossimo all’estinzione. E le ragazzine rimaste orfane? Niente paura, c’è già un nuovo prototipo di gruppo in circolazione. La guitar band adolescenziale. Il pezzo tipico di questo genere di band è un pop-rock dal ritornello facile. Prefabbricati, ma almeno questi sembra suonino gli strumenti e si scrivano i pezzi. E il primo gruppo di questo tipo, i Busted, è al N. 1 britannico a fine febbraio, scalzando Sam & Mark con WHO’S DAVID?, terzo N. 1 del trio, che segue la novembrina CRASHING THE WEDDING. Ah, ovviamente i Finley, prossimi partecipanti a Sanremo, ne son la fotocopia italica.
Ma passiamo alle donne, che son decisamente più interessanti…
Girls Aloud – Le bambole ri-saltano in classifica In Italia non ci facciamo mancare niente, pertanto abbiamo avuto un goffo tentativo di versione locale di un altro talent show, “Popstars”, che ha portato alla creazione delle Lollipop. Il gruppo da rottamazione anticipata fa tuttavia compagnia agli equivalenti di tutte le varie edizioni nazionali (l’unica cosa in comune è il fatto che tutti i gruppi creati si son sciolti come neve al sole), compresi i britannici Hear’N’Say, vincitori della prima edizione britannica del programma. Ma c’è una clamorosa eccezione. Che ha vinto la seconda edizione inglese di “Popstars”, datata 2002, che è ancora in classifica a un anno di distanza. Si chiamano Girls Aloud, son 5 belle ragazze, certo, ma in un’epoca in cui l’immagine sembra tutto, loro sembrano costituire una sorta di anomalia. Son infatti il gruppo pop più impersonale in circolazione. A differenza di band come Spice Girls, All Saints, Sugababes o Destiny’s Child, in cui le ragazze si distinguono (anche troppo) per personalità diverse, le cinque sembrano quasi prive di personalità. Questo potrebbe essere una critica. Però queste fanciulle costituiscono lo strumento perfetto attraverso vengono realizzati i gioielli pop del team di songwriter e produttori Xenomania (una sorta di dream team della produzione pop britannica, che ha realizzato, tra gli altri, “Believe” di Cher, nonché hit per Kylie e Sugababes, tra gli altri). E sono questi gioielli, pezzi di electro-pop moderno con un occhio puntato verso il power pop, a garantire la longevità delle ragazze (che nel 2008 son ancora in perfetta forma). E infatti le ragazze mostrano maggiormente la corda quando hanno a che fare con cover, che non risultano quasi mai ispirate. Forse la loro unica cover decente è in classifica proprio questo inverno. Sarah, Nadine, Nicola, Kimberley e Cheryl sono in Top 10 UK a dicembre con la loro cover electro (sempre tendente al “karaoke”) di JUMP delle Pointer Sisters (l’originale è stato un grande hit nel 1984), che, uscita in novembre, è arrivata sparata al N. 2 UK diventando il loro quarto Top 3 consecutivo. Il brano delle Girls Aloud è inserito nella colonna sonora del film inglese di Natale. Si tratta di “Love Actually”, una commedia con un cast di all star (Hugh Grant, Emma Thompson, Alan Rickman, Liam Neeson tra gli altri) nella cui colonna sonora è presente anche un altro Top 10 hit britannico del periodo natalizio. E si tratta di un altro hit per l’gruppo femminile ultracool britannico che spesso ha goduto delle produzioni Xenomania. Si tratta delle Sugababes, che ritornare alla grande nel 2002, seguono il loro terzo N. 1 britannico, HOLE IN THE HEAD (ancora in classifica questo inverno in mezza Europa), con la ballata R’N’B TOO LOST IN YOU. Il brano non ottiene un successo paragonabile al suo predecessore, fermandosi al N. 10, ma nelle stesse settimane il terzo album del trio è nella Top 3 inglese.
Victoria Beckham – L’ultimo assalto Non si può parlare di girl group senza ovviamente citare le Spice Girls. Dalla dissoluzione della band ormai molte cose son cambiate (generalmente in peggio per le cinque). Victoria Beckham tenta l’attacco definitivo al N. 1 britannico a gennaio. Dato che è l’unica Spice a non aver mai raggiunto la vetta da solista, a sto punto programma tutto con attenzione. Fa uscire il singolo il 29 dicembre, ovvero in corrispondenza della settimana in cui si vendono notoriamente meno copie. E durante la quale di solito non escono dischi nuovi (per cui evita a priori che uno Spiller qualsiasi la strabatta). Ovviamente conta sul fatto che i suoi fan si fiondino in numero sufficiente nei negozi per comprare il dischetto. Compare in tutte le trasmissioni TV sotto Natale, in modo da avvisarli per bene tutti. E come singolo, pubblica un doppio lato A. Che generi vanno? L’urban R’N’B e la dance elettronica? Bene, si fa preparare un brano urban THIS GROOVE (che campiona “Don’t Disturb This Groove”, pezzo dei The System a cui ho accennato nell’estate 1987) e un pezzo dance, LET YOUR HEAD GO. Risultato? Un terzo posto ai primi di gennaio, ben dietro “Mad World”. Allora, o i suoi fan non son così numerosi, o son pigri. O che sia perché i pezzi non son sto granché? Sta di fatto che da allora ci metterà una pietra sopra (forse il fatto che la casa discografica la licenzia avrà un certo peso…) e passerà il resto dell’anno disegnando scarpe, vestendosi male e portando le corna rifilatele dal maritino… Sta invece attraversando un buon periodo la Baby Spice Emma Bunton che dopo il gioiellino lounge “Maybe” ci riprova con I'LL BE THERE, altro brano in stile sixties che le vale un altro piazzamento al N. 6 della UK chart ai primi di febbraio. Sul fronte degli album, funziona molto bene il soft pop levigato, che da varie parti viene ironicamente definito…
Musica per nonne Infatti sembra che le arzille vecchiette siano diventate una sorta di forza motrice per l’industria discografica. Ignare del peer to peer e del file sharing, sembrano le uniche che ancora varcano le porte di quei luoghi desolati che son diventati i negozi di dischi per comprare quegli strumenti antiquati chiamati cd… E se ci son nonne sordide che riempiono le tasche di gentaglia come Westlife e Ronan Keating, vi son anche tardone dai gusti più raffinati… Scherzi a parte, il soft pop easy listening sta conoscendo un gran momento grazie a una serie di protagonisti.
Norah Jones – In vetta a prendere il sole Ritorna il 9 febbraio Norah Jones (all’anagrafe Geethali Norah Jones Shankar – è la figlia del grande maestro di sitar Ravi Shankar) con l’album “Feels Like Home” che si insedia al N. 1 praticamente ovunque alla fine di febbraio, vendendo in una settimana più di un milione di copie solo negli USA (venderà qualcosa come 14 milioni di copie a livello mondiale). Si può dire che la ragazza è riuscita a passare indenne la prova del “secondo album”. Rispetto al suo album di esordio, aumenta un po’ le sfumature country, ottenendo un elegante country jazz che già affiorava in pezzi come la splendida title-track del suo primo album. L’album viene anticipato dal singolo SUNRISE, che diventa un discreto hit, ma Norah non è artista da singoli. Lei vende (a palate) gli album interi.
Katie Melua – “L’usignolo della Georgia” Ketevan "Katie" Melua è nata nel 1984 nella Georgia (la repubblica ex sovietica). Trasferitasi a seguito della Guerra Civile prima in Irlanda del Nord e poi, visto che anche Belfast non brillava per tranquillità, a Londra, la ragazza inizia a frequentare una locale scuola d’arte. Lì viene notata all’inizio del 2003 dal produttore Mike Batt, che le offre un contratto presso la propria etichetta discografica. E un anno dopo la fanciulla si alterna a Dido al vertice della album chart UK per tutto l’inverno con “Call Off The Search”, lavoro che vende oltre 1,2 milioni di copie in 5 mesi solo in Gran Bretagna. L’album viene trainato dal primo singolo, la ballata acustica CLOSEST THING TO CRAZY, scritta da Batt. All’inizio la promozione del pezzo incontra non poche difficoltà, dato che non c’è molto interesse per la ragazza. Poi però il produttore di BBC Radio 2 Paul Walters si innamora del pezzo e inizia a trasmetterlo. E il pezzo arriva in Top 10 a dicembre, rimanendo in classifica per tutto l’inverno (a febbraio addirittura risale in Top 20). E a gennaio l’album, pubblicato ancora a novembre, arriva al N. 1. Se le carampane inglesi assaltano i negozi per comprare il pop acustico della Melua, le coetanee americane (e pure quelle più giovani) invece impazziscono per il bel Josh Groban…
Josh Groban – Pop classicheggiante al Superbowl Arriva al N. 1 degli album USA anche il losangelino Joshua Winslow Groban, meglio noto come Josh Groban, esponente di un pop easy listening vagamente sinfonico che ricorda quello del nostrano Bocelli. Grazie alla sua voce di baritono (e al suo bel faccino) Josh ha acquistato una crescente popolarità nel corso degli anni precedenti, comparendo in serie di successo come “Ally McBeal” e “Una Mamma Per Amica”, esibendosi con gente come Celine Dion, Elton John e Stevie Wonder e partecipando a molti eventi, tra cui la Cerimonia di Chiusura delle Olimpiadi Invernali di Salt Lake City del 2002 (dove ha cantato con Charlotte Church), il concerto del Nobel per la Pace e pure il concerto di Natale in Vaticano (per la cronaca, il concerto del Natale 2003 viene invece vietato a Lauryn Hill, rea di aver polemizzato sulla gestione dello scandalo dei preti pedofili negli USA). Ora mette a segno un grande successo con “Closer”, il suo secondo album. Uscito a novembre, l’album arriva al N. 1 in gennaio, mettendo in saccoccia la bellezza di 5 milioni di copie vendute solo negli USA (il terzo più venduto del 2004 laggiù). Nell’album il cantante non si limita a cantare in inglese, ma affronta pure le lingue italiana, francese e spagnola. Nell’album figurano anche “Caruso” di Dalla, "Oceano" (portata a Sanremo 2003 da Lisa – Annalisa Panetta - e praticamente passata quasi inosservata da noi) e “Mi Mancherai” (tratta da una melodia realizzata da Bakalov per il film “Il Postino”). Il pezzo di punta internazionale è tuttavia YOU RAISE ME UP, originariamente scritta sulla base del pezzo classico “Danny Boy” nel 2001 da Rolf Løvland, del gruppo irlandese-norvegese Secret Garden. Più di 100 artisti ne hanno fatto la cover, compresi gli immancabili Westlife (te pareva), che la porteranno al N. 1 UK nel 2005. La versione di Groban è prodotta dal suo scopritore, il potente produttore David Foster e diventa popolarissima, venendo cantata da Groban a ogni occasione, compresa una commemorazione per i caduti nell’incidente dello Space Shuttle Columbia del 2003, tenutasi prima della finale Superbowl, che si tiene il 1 febbraio 2004.
Janet e le sue sorelle: Donne perdute Ma, poche storie, musicalmente parlando, quella finale del Superbowl passerà alla storia con il termine “malfunzionamento del guardaroba”. Infatti lo show dell’intervallo è teatro di uno degli eventi che hanno sconvolto di più l’audience americana dall’invenzione della televisione: la fuoriuscita della tetta di Janet Jackson. Ma facciamo un piccolo passo indietro. Lo show dell’intervallo del Superbowl è, per importanza negli USA, quasi paragonabile a San Remo. Andarci significa l’aver raggiunto lo status di star. Lo show della trentottesima edizione vede partecipare P.Diddy, Jessica Simpson, Nelly, Kid Rock e, soprattutto Janet, che dopo aver cantato un paio dei suoi successi, viene raggiunta sul palco da Justin Timberlake, per cantare in coppia l’ultimo hit di questi: "Rock Your Body". Il pezzo termina con la strofa: "I'm gonna have you naked by the end of this song" (ti avrò nuda prima della fine di questa canzone). Ed è allora che Giustino toglie una cosina a Janet ed esce la tetta davanti a 90 milioni di spettatori. Se da noi la fuoriuscita di una tetta al massimo provoca un po’ di risate e attira l’attenzione della popolazione maschile, nei puritani USA il fatto è paragonabile a un attentato terroristico. Più di 500 mila telefonate infuriate arrivano alla CBS, rea di aver trasmesso “l’orribile visione”. E nei giorni successivi il cosiddetto “nipplegate” porterà a conseguenze ai limiti della parodia: una multa salata alla CBS (550.000 dollaroni), Giustino e Janet che implorano a capo chino e, dulcis in fundo, i Grammy trasmessi in leggera differita per consentire la censura di eventuali ulteriori fattacci… Probabilmente se invece avessero fatto esplodere una bomba ammazzando i 71.000 presenti nello stadio ci sarebbero state meno conseguenze mediatiche… E il successivo album di Janet farà fiasco… Un caso? Ma Janet non è che una delle tante “donne perdute” che affollano il mondo del pop… e il classificone ne presenta parecchie! La mutevole (di aspetto - adesso gira mora) Christina Aguilera è in circolazione con il quarto e il quinto hit tratti dal suo fortunato “Stripped”. Dopo due inni da lap-dance e una bella ballata per adolescenti in crisi d’autostima la nostra piazza l’hit autunnale CAN'T HOLD US DOWN, inno hip hop-femminista in cui la nostra urla a piena voce il diritto di darla in giro (eseguito con un’altra esperta del settore, Lil’ Kim), diritti che tutti le riconosciamo appieno e per cui non la criticheremmo mai. A dire il vero sembra che il pezzo sia una risposta ad Enimem e a certi suoi commenti (vedi l’autunno 2000). Ad esso segue una di quelle ballatone drammatiche che ogni tanto la Aguilera tira fuori. THE VOICE WITHIN arriva nella Top 10 UK (il quarto Top 10 dall’album) e si piazza nella Top 40 USA. Intanto, un’altra delle sue compari nella cover di “Lady Marmalade” dell’anno prima, la sguaiata Pink, è presente nelle classifiche con due hit. A TROUBLE (nel cui video western compaiono le allora sconosciute Pussycat Dolls), che sta scendendo in dicembre infatti segue GOD IS A DJ (niente a che vedere con l’omonimo brano dei Faithless), N. 11 in UK. Da notare tuttavia che Alicia Moore (ovvero il nome vero di Pink) sta ottenendo un maggiore successo all’estero che non negli USA. Ma Xtina e Pink in realtà son tipe che sanno quello che fanno e hanno la testa ben calata sulle spalle. Mentre c’è una ragazza perduta che è veramente “persa” ormai…
Britney Spears – Cartoline dalla zona morta? A inizio dicembre arriva al N. 1 della USA album chart anche lei, Britney, con il suo quarto lavoro, “In The Zone”, pubblicato il 17 novembre. L’album preme l’acceleratore sull’immagine sexy della cantante. Coinvolge signori produttori come R.Kelly, Moby, Roy "Royalty" Hamilton e Bloodshy & Avant e venderà oltre 8 milioni di copie. Bisognerebbe però capire in che zona è finita. Forse quella morta di cronenberghiana memoria? Allora, la ragazza ha fatto notizia nei mesi precedenti per il fallimento del suo ristorante “Nyla”, per la relazione (finita) con Fred Durst dei Limp Bizkit (non c’è che dire, se nasceva un moccioso come minimo era l’Anticristo). Con Fred ha pure preparato dei pezzi per “In The Zone”, che tuttavia alla fine son stati tutti scartati. A settembre c’è stato il famigerato bacio lesbo con Madonna agli MTV Awards. In occasione della cerimonia Britney fa ascoltare a Madonna un nuovo pezzo, che vorrebbe fosse il primo singolo dall’album al posto dell’inizialmente prescelta "Outrageous", realizzata per lei da R Kelly. Il pezzo che Madonna ascolta è stato confezionato da Christopher Stewart e Penelope Magnet, dopo che la loro “Pop Culture Whore” è stata rifiutata da Britney. A Madonna il pezzo piace e Britney le chiede se vuole cantarlo con lei. E così è. E adesso la ragazza è in circolazione proprio con il duetto con l’anziana collega (eh eh eh), ME AGAINST THE MUSIC. Mai titolo fu più appropriato. Come spesso accade con i duetti tra superstar, il risultato è nettamente inferiore alle attese. C’è in più un video in cui le due compaiono assieme in una serie di situazioni dai contorni lesbo. La lavorazione è una battaglia tra il regista, Paul Hunter, e Madonna, che non ne approva l’operato. Vista la popolarità delle interpreti è inevitabile che il pezzo diventi un successo un po’ dappertutto. Tuttavia il successo, pur considerevole è inferiore alle attese. Video e canzone non convincono in pieno negli USA, dove il brano non va oltre la 35esima posizione. In UK il pezzo arriva invece al N. 2, ma vende nel complesso meno del previsto. Madonna introduce la Spears alla Kabbalah, ma l’interesse di questa dura giusto quel tanto che basta per fornire qualche ulteriore titolo ai giornali. La soap in cui la sua vita si è trasformata tuttavia non si arresta e il 3 gennaio 2004 c’è il cosiddetto “colpo di scena”. Ovvero la nostra si sbronza e sposa l’amico di infanzia Jason Allen Alexander nella The Little White Wedding Chapel di Las Vegas. 55 ore dopo viene annullato per “incapacità di intendere” della sposina. Eppure, sta sfigata ha alle spalle degli abili produttori (gli svedesi Bloodshy & Avant) e un’abile autrice (l'ex pop diva Cathy Dennis, già responsabile di “Can’t Get You Out Of My Head”, il brano che ha resuscitato Kylie meglio di 100 plastiche). E l’unione di questi produce uno dei grandi pezzi pop del decennio, TOXIC. Di cui riparleremo... Nel frattempo la “vecchia” Madge intasca altri hit (minori) dal suo controverso “American Life”. NOTHING FAILS è un discreto hit europeo che esce in sul mercato europeo abbinato su singolo con LOVE PROFUSION, che invece in negli USA esce come separatamente come quarto singolo. Da notare tuttavia che entrambi i singoli falliscono un piazzamento nella Hot 100 USA. Per rivedere il proprio nome in vetta alle classifiche la Ciccone dovrà attendere un paio di anni, sfruttando un aiutino degli Abba...
Beyonce – Chi fa da se fa per tre Miss Bootylicious è reduce da due dei più grandi hit del 2003, ovvero la travolgente “Crazy In Love” (il suo miglior pezzo) e la meno riuscita (ma altrettanto fortunata) BABY BOY, realizzata in duetto con Sean Paul. Questo inverno quindi pubblica il terzo hit tratto dal suo album di debutto solista “Dangerously in Love”. Si tratta di ME, MYSELF & I, ennesimo inno femminista all’autodeterminazione (argomento che tira tra le cantanti R’N’B). Il pezzo rientra nella categoria “pezzo standard che funziona nella classifica USA” e si piazza senza problemi al quarto posto della Billboard chart, risultando invece un hit minore nel vecchio continente, che in materia è un po’ più – giustamente - esigente (salvo poi cadere di fronte a certe marcette eurodance…). D’altra parte B ha già sfoderato un capolavoro col primo singolo, non si possono chiedere miracoli... B oramai ha innescato il timer che sancirà la fine della sua band, le Destiny’s Child. E parlando di fanciulle che hanno (quasi) scaricato la band originaria, ecco un altro caso emblematico…
No Doubt - Gwen rivendica la sua vita Uscita invernale con la raccolta “The Singles: 1992-2003” per la band di Anaheim, California, guidata da Gwen Stefani. Con questa raccolta la band sospende l’attività lasciando campo libero alla sua front woman per dedicarsi a una carriera solista di successo che sarà tuttavia segnata da un’altalenante qualità delle produzioni. L’aria di smobilitazione è evidenziata anche dall’inedito che viene scelto per lanciare la raccolta. Si decide infatti di non scrivere un pezzo nuovo, ma di rifare un hit dell’84 dei Talk Talk, IT’S MY LIFE, proponendola in una versione molto simile all’originale. Il pezzo approda nella Top 10 USA e diventa un grande hit in tutta Europa, meno che nel Regno Unito, dove invece il singolo viene un po’ snobbato (non va oltre la ventesima posizione). Venderà nel complesso quasi 5 milioni di copie. Nel video diretto da David LaChapelle Gwen fa fuori uno dopo l’altro i propri compagni: una metafora della sua volontà di diventare una star solista? Anche se alla fine le tre vittime si gustano l’esecuzione della bionda platino (un’altra metafora che prevede un fiasco per la sua carriera solista?). Sta di fatto che alla fine del 2004 tornerà da sola con “Love. Angel. Music. Baby.” e forse il suo miglior pezzo in assoluto, “What You Waiting For?”, quasi un’autoesortazione a darsi da fare (senza il resto della band?) prima che il timer dia lo stop. Gwen non è l’unica front-woman del pop-rock USA in circolazione. Anzi, alla solare bionda platino si è affiancata una lunare ragazza dai capelli corvini.
Evanescence - Di Ben rimane solo lo spirito immortale La ragazza in questione è Amy Lee, frontwoman degli Evanescence, di cui è diventata da poco l’indiscussa leader. Infatti il co-leader originario della band di Little Rock, Arkansas, il tormentato chitarrista Ben Moody (affetto da disturbi della personalità), se n’è andato il 22 ottobre nel mezzo del tour europeo. La band dopo l’enorme successo estivo di “Bring Me To Life” e l’hit autunnale, ancora in classifica, GOING UNDER, questo inverno arriva nella Top 10 su ambo le sponde dell’Atlantico (al N. 7 sia negli USA che in UK) con la ballata per piano MY IMMORTAL, terzo estratto dall’album multimilionario “Fallen”. Il brano, che compare con “Bring Me To Life” nel film “Daredevil”, risale addirittura al periodo 1997-98 ed è di fatto uno dei primi scritti da Moody per la band. Ne esistono numerose versioni (almeno 5) e quella su singolo (chiamata Band Version) differisce da quella dell’album. Il testo sembra sia stato ispirato a Moody da un film e parla del ricordo di una persona amata (forse morta) che ossessiona la protagonista come un fantasma. Tuttavia brani come questo, unitamente ad alcune prese di posizione di Moody, hanno dato il via a una sorta di fraintendimento per cui la band è stata erroneamente e frettolosamente inserita tra le band “cristiane”, etichetta che la band ha sempre rifiutato (e considerato il livello medio di pensiero dei gruppi cristiani USA, direi che è un bene…). Accompagnato da un bel video in bianco e nero girato a Barcellona prima della partenza di Moody (ironicamente la band esce con un pezzo che parla di un abbandono tragico proprio quando il suo co-leader se ne va), il brano diventa un hit anche in tutta Europa, rilanciando alla grande l’album.
The Rasmus – Ombre sinistre finlandesi sulle classifiche Restando in campo “goticheggiante”, grande successo in tutta Europa anche per un singolo di una band finlandese. A dire il vero è già dal 2000 che artisti del paese delle renne e di Babbo Natale gironzolano allegramente per le classifiche continentali. Basti pensare ai casi clamorosi rappresentati da Boomfunk MC e Darude. Stavolta è il turno dei Rasmus, quartetto formato a Helsinki nel 1994, che riesce a unire in IN THE SHADOWS una buona propensione al ritornello pop con vaghe influenze goticheggianti. Non siamo ovviamente al livello di “cupezza menagrama” dei connazionali HIM (che proprio questo inverno penetrano per la prima volta nella Top 20 UK con l’”allegra”, sin dal titolo, FUNERAL OF HEARTS, con un “muro del suono” creato associando archi e chitarre), ma una strizzatina d’occhio ad atmosfere cupe c’è. Il singolo, tratto dal quinto album della band, rappresenta quasi una versione dark di A-Ha o Roxette (ed è un complimento) e funziona alla grande in tutta Europa, Italia compresa. Tra breve entrerà anche nella Top 3 britannica e farà pure la sua comparsa nella Top 40 USA. La band poi tenderà a produrre una serie di singoli fotocopia di questo ma che comunque le permetteranno di mantenersi nelle chart europee. Un termine di moda all’epoca è “nu-metal”. Basta che ci sia una schitarrata, qualche porzione di rap e un po’ di elettronica ed eccoti subito comparire il termine. Pure i Rasmus vengono etichettati così (!). E la stessa sorte è toccata in precedenza agli Incubus, che tuttavia prendono decisamente le distanze dal genere col settimo album, "A Crow Left of the Murder..." (N. 2 USA e N. 6 UK), il cui titolo (un corvo a sinistra dello stormo) indica la volontà di ribellarsi sia alle classificazioni facili dell'industria discografica, sia alla situazione politica. Questo emere nel primo singolo estratto, MEGALOMANIAC, in cui il leader e cantante Brandon Boyd critica George W. Bush, cosa accentuata nel video, in cui viene abbinato a una simpatica compagnia formata da Hitler, Stalin e Mussolini... Ci son tuttavia delle band che invece accettano di buon grado l'etichetta "nu-metal"... Dal secondo album, “Meteora”, i Linkin Park piazzano nella Top 20 di Billboard in febbraio il terzo estratto, NUMB, pezzo che conferma il sestetto californiano come una delle band più popolari oltreoceano. Il brano dall’inconfondibile intro alla tastiera si confermerà uno dei più popolari della band verso la fine del 2004, quando verrà ri-registrato e unito in un mash up (traduco: brano derivante dalla fusione di due brani distinti) con un pezzo di Jay-Z, "Encore", tratto dal suo “Black Album”. Il mash up tra nu metal e rap, che trainerà l’album realizzato in collaborazione col rapper newyorkese, “Collision Course”, conquisterà le classifiche mondiali, rivelandosi un successo ancor maggiore dell’originale. "Numb / Encore" verrà interpretata da Jay-Z e Linkin Park anche durante il “Live 8” nel 2005 e comparirà in seguito anche nel trailer del film di Michael Mann “Miami Vice”. Per una band nu-metal all’apice della fama, eccone una in caduta libera. I Biscotti Mollicci (ovvero i Limp Bizkit) di Fred Durst vanno incontro a un severo ridimensionamento con l’album “Results May Vary”. Il secondo estratto è la cover di BEHIND BLUE EYES degli Who, che ottiene un buon successo soprattutto in Europa, piacendo un sacco ai tedeschi. Inutile dire che è da preferire nettamente l’originale (di cui ho parlato a proposito dell’autunno 1971). Nel video Fred bacia in bocca Halle Berry (il pezzo comparirà anche nel suo nuovo film, “Gothika”). In effetti l’unica cosa degna di nota del nuovo lavoro di Durst sono le attrici famose che compaiono nei video: in “Eat You Alive” c’è Thora Birch (la brunetta di “American Beauty”) legata. Rimanendo in tema di cover (molto di moda, a quanto pare), si segnala anche quella che Sheryl Crow fa di THE FIRST CUT IS THE DEEPEST, pezzo di Cat Stevens diventato anche un hit per Rod Stewart. Il pezzo è un inedito compreso nella raccolta “The Very Best of Sheryl Crow” e diventa uno dei maggiori hit radiofonici della cantante del Missouri. La versione della Crow è la più popolare negli States tra tutte quelle pubblicate – e son tante. Infatti, la versione di Rod Stewart nel ’77 è stata un N. 1 in UK ma non ha avuto fortuna negli USA. Nel frattempo Sheryl gode di una certa fama nei tabloid per essere all’epoca la compagna del discusso campione di ciclismo Lance Armstrong, che annuncia proprio nel gennaio 2004 la loro relazione.
La nuova "nuova ondata" di band dalla Britannia Franz Ferdinand – L’Arciduca e il “cecchino” "So if you're lonely, you know I'm here waiting for you. I'm just a crosshair, I'm just a shot away from you." Il 21 gennaio esplode nella Top 3 britannica TAKE ME OUT, un clamoroso inno rock che porta alla gloria i suoi autori, gli scozzesi Franz Ferdinand di Alex Kapranos. Il nome della band deriva da una corsa di cavalli intitolata all’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria, il cui assassinio a Sarajevo ha notoriamente innescato (in realtà è stato un pretesto) la Prima Guerra Mondiale. Beh, l’ambizione della band non è quella di dare il via a una guerra, ma di dare l’assalto al mondo del pop. E si può dire che ci sia riuscita. Tra un anno saranno ai Grammy. Niente male per una band formata nel 2001 a Glasgow da Kapranos, Bob Hardy, Nick McCarthy e Paul Thomson, il cui singolo di debutto, “Darts Of Pleasure”, nonostante le buone recensioni, ha fatto fiasco. I Franz inaugurano il 2004 con l’etichetta “the next big thing”, generalmente menagrama. Ma per una volta la stampa ci azzecca. Infatti il secondo singolo, “Take Me Out” appunto, li lancia definitivamente nella stratosfera. Un pezzo che inizia come un brano degli Strokes e poi diventa una specie di sinfonia disco-rock. In realtà la canzone usa la metafora di un cecchino per esprimere le dinamiche amorose. Come dirà Kapranos, parla proprio della tensione sessuale che si crea tra due persone che si attraggono ma che non hanno intenzione di fare la prima mossa. Praticamente un duello in cui entrambi si inquadrano nel mirino di un cecchino. E il protagonista alla fine implora di “stanarlo”, ovvero di portarlo ad esprimere i suoi sentimenti. L’album che esce un mese esatto dopo, il 21 febbraio, “Franz Ferdinand”, viene salutato dalla critica inglese come la manna dal cielo. E il pubblico, una volta tanto, condivide. L'album miscela indie minimale con power pop ritmico e art rock, unendo presente e passato, suonando retrò e moderno nello stesso momento. L’album s’invola al terzo posto in UK e diventa uno dei successi britannici dell’anno, rimanendo nella Top 10 UK per oltre 70 settimane e vendendo nel mondo oltre 3,5 milioni di copie. Da notare anche le copertine di album e singoli, ispirate allo stile minimalista Soviet degli anni ’30 e in particolare ad Alexander Rodchenko.
Scissor Sisters – Ovvero come fare i Bee Gees che rifanno i Pink Floyd E che entra in scena con una mossa a dir poco rischiosa. Una cover di COMFORTABLY NUMB, pezzo dei Pink Floyd scritto da Roger Waters (qui l’originale, che in “The Wall” segna la definitiva trasformazione del protagonista in un nazista). Già fare una cover dei Pink Floyd è mossa ardita. Farla in stile disco elettronica e cantarla in falsetto come i Bee Gees significa cercare la morte. Già si potrebbe intravedere un’armata di pinkfloydiani con torce e forche pronti a mandare al rogo chi ha osato tanto (ma non Roger Waters e David Gilmour che invece apprezzano la cover dichiarandosi fan della band)! I responsabili son 5 newyorkesi che si chiamano come in genere vengono chiamate le lesbiche in slang (”Scissor Sister” è il nome di una posizione adottata dalle fanciulle…). E scomodano come numi tutelari non solo Bee Gees e Moroder, ma anche Elton John, il glam rock e Billy Joel. Praticamente gli anni ’70 in blocco, con tutto il kitsch e il camp possibile. Si tratta di un quintetto formato da Jake Shears (vero nome Jason Sellards), Babydaddy (Scott Hoffman), l’esuberante “maestra di cerimonie” Ana Matronic (Ana Lynch), Del Marquis (Derek Gruen) e Paddy Boom (Patrick Seacor). Narra la leggenda che Shears e la Matronic si siano conosciuti a un party di Halloween, quando lui faceva lo stripper. Il batterista Boom arriva solo in un secondo momento, dopo che la band ha già firmato un contratto per una piccola etichetta e sta registrando l’album (in cui pertanto predominano le batterie elettroniche). Se negli USA bushiani, dediti alla Bibbia e all’hip hop, al massimo ricevono lettere minatorie (anche per il fatto che tre membri son dichiaratamente gay), il lato B del loro primo singolo, “Electrobix”, attira l’attenzione dei DJ britannici. Si tratta proprio della loro cover dei Pink Floyd. Questo attira anche la Polydor, che offre loro un contratto. Il primo singolo pubblicato per l’etichetta, “Laura”, passa quasi inosservato (arriva al n. 54 della UK chart – si rifarà nell’estate 2004, ripubblicato), ma quando “Comfortably Numb” viene pubblicata, si invola al N. 10 UK in gennaio. Molti scommettono tuttavia che si tratta della solita one hit wonder. 12 mesi (e altri 3 hit) più tardi la band farà incetta di Brit Award e sarà titolare dell’album più venduto oltremanica del 2004 (oltre 2 milioni e mezzo di copie), spiccando in una lista di riposanti album “per nonne”… In realtà le Sorelle Forbice non sono i primi a riservare un simile trattamento al materiale pinkfloydiano. Già nei ’70 c’è stato un esperimento chiamato "Discoballs" che senza vergogna alcuna ha tramutato vari brani dello storico gruppo in pezzi disco. A dire il vero le Sorelle Forbice hanno battuto di sole 582 copie il secondo classificato, un altro album di debutto.
Keane – I “nuovi” Coldplay - parte I Si tratta del debutto di un trio che viene subito etichettato dalla stampa come “i nuovi Coldplay”. Tom Chaplin, Tim Rice-Oxley e Richard Hughes sono caratteristici per non usare chitarre, ma per impostare i propri pezzi esclusivamente su riff pianistici (e nel 2006 addirittura distorceranno il suono del piano creando un effetto simile a quello delle chitarre distorte…). In realtà ciò è più una necessità, dato che il fondatore (e chitarrista) Dominic Scott ha lasciato la band nel 2001 e non è stato rimpiazzato. La band nasce nel 1995 col nome The Lotus Eaters (niente a che vedere con la band inglese degli anni ’80). Nel 1997 il pianista e compositore Tim Rice-Oxley rischia di unirsi ai Coldplay, ma alla fine ha preferito rimanere con la band originaria, che con l’arrivo del cantante Chaplin cambia il nome in Keane (nome derivante da un’amica di famiglia di Chaplin che alla sua morte lasciò in eredità soldi alla famiglia di Chaplin). Negli anni successivi la band si fa le ossa nel giro dei pub e pubblica dischi per etichette indipendenti, tra cui la Fierce Panda, la stessa che ha scoperto i Coldplay. Il primo pezzo pubblicato su singolo è "Everybody’s Changing", brano che ripubblicato nel 2004 diverrà un grande hit. Nel 2003 la band firma per la Island e poco dopo debutta trionfalmente in classifica a fine febbraio al N. 3 UK con SOMEWHERE ONLY WE KNOW, ballata “piano-rock” basata su un riff di piano e synth e rappresentativa dello stile della band che anticipa l’album “Hopes And Fears”.
Snow Patrol – I “nuovi” Coldplay - parte II “I nuovi Coldplay” hanno tuttavia dei seri concorrenti. Infatti c’è un’altra band che debutta nella Top 10 britannica questo inverno seguendo le orme di Travis e Coldplay, pur con un suono (basato sulla chitarra) maggiormente spostato verso il power pop. E infatti vengono etichettati dalla stampa a corto di idee come “i nuovi Coldplay” (di nuovo…). Anche se tanto nuovi neppure loro sono. Formati nel 1995, hanno già alle spalle due album quando la Polydor li mette sotto contratto. Dopo un piccolo hit con “Spitting Games” (anche in questo caso diverrà un successo quando verrà ripubblicata), il primo febbraio debuttano al N. 5 della UK chart gli scozzesi Snow Patrol di Gary Lightbody con la ballata RUN. Si riveleranno una delle band britanniche di maggior successo del decennio, capace di sfondare anche negli USA. Il loro primo hit d’altra parte parla da se. Una grande ballata atmosferica. Una storia di separazione forzata tra amanti. Tuttavia il pezzo in realtà è stato scritto da Lightbody in un periodo molto delicato, durante il quale ha perfino rischiato di crepare per una caduta dalle scale durante una sbronza. Gli è andata bene e ci ha rimesso solo qualche dente. Messo di fronte alla prospettiva che tutto avrebbe potuto finire così stupidamente, Gary scrive il brano in cui parla di ricerca della luce alla fine di un tunnel. La band si doveva chiamare Polar Bear, ma il nome era già occupato, per cui ha scelto un nome sempre collegato alla neve. Da notare che il batterista Jonny Quinn è il nipote dell’attrice Patricia Quinn, tra gli interpreti del “The Rocky Horror Show”. Debuttano nella Top 20 britannica a fine gennaio anche i The Zutons di Liverpool, con il singolo PRESSURE POINT, ottimo anticipo del loro suono che miscela umorismo con psichedelia, ritmica new wave e sax tagliente. Ne riparleremo. Tra tante band che arrivano al successo, ce ne sono altre che invece mantengono quello conseguito. Come i gallesi Stereophonics, che a metà febbraio arrivano al N. 5 UK con MOVIESTAR, pezzo è un inedito non compreso nel loro ultimo album “You Gotta Go There To Come Back” (verrà incluso solo nelle ristampe).
Dance e dintorni E iniziamo dal genere dancehall (variante danzereccia accelerata del reggae e basata generalmente su drum machine). L’abbiamo nominato prima, a proposito di Beyonce. Per Sean Paul, il re del dancehall, il 2003 è stata un’annata straordinaria, che gli ha portato ben 5 hit mondiali, di cui 2 N. 1 USA (“Get Busy” e “Baby Boy”) e un N. 1 UK (“Breathe” con Blu Cantrell). E il giamaicano la corona con il quarto singolo tratto dal suo secondo album, “Dutty Rock”, il reggae I'M STILL IN LOVE WITH YOU, interpretata con Sasha. Il pezzo è la cover del pezzo di Alton Ellis la cui base è stata usata da un N. 1 UK di cui ho parlato a proposito dell’inverno 1977/78…
LMC Vs U2 – Mash Up anni ‘80 Il primo febbraio arriva in vetta infatti TAKE ME TO THE CLOUDS ABOVE, risultato della collisione tra il riff di chitarra suonato da The Edge in “With Or Without You” (il cui utilizzo è la ragione dell’accreditamento degli U2) e alcune strofe di “How Will I Know”, uno dei primi grandi hit di Whitney Houston (incluso nel suo album di debutto). L’abbinamento è una sorta di termine di transizione tra un mash up (vedi sopra) e un campionamento in loop di un pezzo anni ’80, moda che infesterà discoteche e classifiche negli anni a venire. Il risultato di questo “abbinamento che non s’aveva da fare”, resta al n. 1 per due settimane. Va detto che nel pezzo il cantato non è di Whitney, ma di Rachel McFarlane. La vocalist è attiva sin dai primi anni ’90, come voce per il gruppo dance Loveland, che ha ottenuto qualche piccolo hit nel 1994. La cantante ha inoltre fatto parte del cast del musical “Rent”. Gli LCM son invece un trio, costituito dai proprietari dell’etichetta indipendente All Around The World, specializzata nell’importare hit dance dall’Europa. Il pezzo comunque non è una loro idea: è basato su un bootleg svedese intitolato “Mash Up Kids”. Ne Cambiano la base ritmica, da una house a una trance, e acquisiscono le lincenze (gli U2 accettano, e vengono accreditati, mentre quella di Whitney deve aver costato troppo e così alla fine si è scelto di far cantare la parte alla MacFarlane). C’è un altro “eroe degli anni ‘80” che compare in un hit dance queste settimane, è il buon Robert Smith dei Cure, che presta la sua voce a un pezzo di Junior Jack (ovvero l’italiano emigrato in Belgio Vito Lucente) DA HYPE. Non solo gli anni ’80 vanno in discoteca, tuttavia. Che ne dite di vampirizzare un superclassico dell’era dei figli dei fiori? È quello che deve aver pensato il duo tedesco dei Boogie Pimps, che addiziona alla storica SOMEBODY TO LOVE dei Jefferson Airplane una base ritmica alla moda, un video con la modella Natasha Meale et voilà, un Top 3 UK.
USCITE CHIAVE Molti album chiave del periodo li abbiamo già citati. Però ce ne son altri in circolazione… Il 27 gennaio esce il nuovo album dei francesi Air, Talkie Walkie, il loro quarto. Il nome del disco si riferisce a un pezzo di Serge Gainsbourg, "Le Talkie Walkie". D’altra parte il grande autore è una delle influenze dichiarate del duo elettronico, che in seguito scriverà per la figlia di Gainsbourg, Charlotte, le canzoni dell’album “5:55”. La band continua la sua esplorazione di sonorità elettroniche rarefatte e atmosferiche, come in CHERRY BLOSSOM GIRL, spesso abbinandole a ritmiche dance come in SURFING ON A ROCKET. L’album include anche ALONE IN KYOTO, inserita nella colonna sonora del bel film di Sophia Coppola “Lost in Translation” (d’altra parte gli Air hanno realizzato la colonna sonora dle primo film della Coppola, “il Giardino Delle Vergini Suicide”). Fino ad ora abbiam parlato di album che venderanno comunque molto. Per rimanere invece in ambito alternativo, ecco i Liars, con “They Were Wrong, So We Drowned”, uscito il 24 febbraio. L’album è stato realizzato nel New Jersey dalla band dance-punk australiano-americana di stanza a Brooklyn. Il leader del trio Angus Andrew ha scoperto il mito della notte di Valpurga, durante la quale le streghe si riunirebbero sul monte Brocken, in Germania. E così, debitamente “carburati” e ispirati dai paesaggi notturni delle foreste del New Jersey, realizzano un album basato sulla paura. Ma non è un concept album: è uno “story album”, ovvero si racconta una storia di streghe, a metà strada tra Blair Witch Project e la sperimentazione musicale con canzoni dalla struttura alterata. Mentre la critica USA lo stronca (poi lo rivaluterà), in Europa si grida al capolavoro. Per voi BROKEN WITCH, WE FENCED OTHER GARDENS WITH THE BONES OF OUR OWN (che ricorda a tratti la spettrale “Ghost Town” degli Specials) e THERE'S ALWAYS ROOM ON THE BROOM. Il 9 febbraio 2004 esce il nuovo lavoro a firma dei Lambchop. Anzi i nuovi lavori. “Aw Cmon / No You Cmon” sono due album che vengono realizzati in contemporanea, come una sorta di botta e risposta, dal collettivo di Nashville guidato da Kurt Wagner. Ma attenti, non lasciatevi sviare dal luogo di provenienza! Ci si trovano anche sonorità country, ma di country alternativo, che viene miscelato a svariati altri stili, creando di fatto un suono molto personale. In questi due album Wagner esplora sonorità eleganti, spesso romantiche e maliconiche, che lambiscono la lounge music (facendo azzardare paragoni con Bacharach), il cantautorato d’alto livello e il soul anni ‘70, cosa peraltro non nuova alla band. Per voi l’unico brano che son riuscito a trovare su youtube: la desolata LOW AMBITION. Alla prossima fermata, si ritorna indietro di 12 anni. Tra il lutto dorato dei Queen, il “pericoloso” Michael Jackson, fenomeni country e cover milionarie, succede qualcosa di inatteso. Un album di un gruppo fino a poco prima conosciuto solo nei dintorni di Seattle arriva al N. 1 USA davanti a Jacko, U2 e Guns’N’Roses. La cosa “odora” di novità, ma è solo la punta di un iceberg. Gli anni ’90 sono arrivati…
Marco Fare clic qui per inserire un commento a questa monografia.  
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