1984: Terra-terra promessa
di Mario Bonatti


L'edizione n. 34 segna una breve svolta in una manifestazione che è sempre più una vetrina promozionale e sempre meno una gara canora. Tre introduzioni segneranno questa edizione, due delle quali in negativo e cioè l'esibizione delle canzoni in gara in playback, vera e propria morte della competizione, e l'introduzione della votazione attraverso l'abbinamento delle schedine Totip. A parte il discorso legato alla trasparenza dei voti e alla impossibilità di garantirla, anche ammettendo che i risultati siano davvero veritieri appare sin troppo semplice che con una semplicissima operazione a tappeto non c'è nulla di più facile che favorire una canzone piuttosto che un'altra, votandola in massa e investendo in fiumi di schedine. Tuttavia le votazioni che contraddistingueranno queste sei edizioni saranno legate alla natura stessa del voto, al quale si avvicinerà soprattutto un pubblico di mezza età che tenderà a premiare i matusa, con qualche sospetta eccezione che vedremo negli anni seguenti, e a penalizzare le proposte più al passo coi tempi, delegittimando la graduatoria dal lato qualitativo. Ecco perché, benche' l'introduzione di una categoria per esordienti garantisce una certa attenzione del mondo discografico verso le novita', sarà altrettanto chiaro che il Festival sarà usato senza ritegno anche a uso e consumo di chi non potra' pubblicizzare altrimenti il proprio prodotto. Le giurie resteranno solo per la nuova categoria, quella delle Nuove Proposte: è qui che si scateneranno le polemiche per una serie di eliminazioni più o meno scandalose. Tratteremo le categorie a parte.


BIG
Il livello delle venti canzoni partecipanti non appare così malevolo, sebbene le situazioni più retrograde riescano a sollevare il proprio tanfo di vecchio fino a coprire l'odore di fresco delle altre. Dicevamo dunque della schedina Totip, ed ecco una concentrazione di vecchiume che si erge a baluardo della melodia prendendosi le posizioni di maggior prestigio delle venti previste. Vincono (come abbondantemente annunciato alla vigilia) Albano e Romina Power con Ci sarà, da diversi anni sulla cresta dell'onda: peccato perché per l'occasione potevano trovare qualcosa di meglio di questo sciatto inno all'ottimismo, pregno dei più biechi stereotipi.

Secondo arriva Toto Cutugno (che non ci starà) iniziando la serie di canzoni ruffiane e senza vergogna: assolutamente insulsa e vecchio stampo questa Serenata con tanto di "affacciati alla finestra bella mia".

Ma il terzo posto non è da meno: ecco Christian con Cara, una beguine priva di mordente condita da tematiche pruriginose del tipo "ragazzina che andava a scuola ma ora studia nel mio letto perché ormai è una donna e modestamente anche per merito mio". Il podio ha dunque il privilegio di esibirsi in finale di serata, con tutti i benefici che ciò comporta dal lato promozionale.

Al quarto posto continua la via del miele (anche se Un amore grande almeno offre una dignitosa penna di Totò Savio e un certo respiro musicale), con Pupo, che all'ultimo momento rimpiazza una Loretta Goggi che si sentiva troppo stressata essendo anche impegnata in televisione. Anni dopo, Enzo Ghinazzi sparerà a zero su questa edizione, denunciando il fatto che le prime tre posizioni erano già occupate e quindi poteva prendersi solo il quarto posto. Denuncia che si rimangerà il giorno dopo (troppo tardi?).

Illazioni a parte, dal quinto posto soltanto si possono trovare alcune indicazioni di un certo valore: è infatti appannaggio della vera rivelazione di quest'anno. Non voglio mica la luna lancia Fiordaliso che finalmente raccoglie quanto seminato dal 1982 e si impone come sex symbol casareccio, grazie a una melodia accattivante e ben condita da una voce roca ma sensuale e una audacia figlia dei tempi nuovi. Un brano indovinato e una buona coreografia.

Meritato anche il sesto posto di Mario Castelnuovo che, anche facendo leva su una lirica melodia, firma una straordinaria canzone d'amore ambientata a Roma nel pieno della seconda guerra mondiale, tra un soldato al fronte e una ragazza che lo aspetta confidando nella pace, storia che poi si rivelerà realmente accaduta. Nina è dunque un esempio di come si possa a volte coniugare buona musica e una parvenza di impegno storico o culturale e offrirla sulla ricca tavola alla cui mensa pubblico e addetti ai lavori solitamente fanno man bassa. Castelnuovo non perde di vista la sua ricerca di una nuova della canzone d'autore e arrivera' ad irridere il successo facile anche a costo di rinunciare alle classifiche di vendita.

Il resto della graduatoria è decisamente pleonastica, eccettuando le ultime posizioni, che certo non vogliono dire cattiva qualità. Se infatti andiamo a vedere le canzoni meno votate, troviamo alcuni personaggi di indubbio talento. A cominciare dagli Stadio, che si sono guadganati la palma di Big accompagnando Lucio Dalla nelle sue tournée. La loro canzone tenta in qualche modo di amplificare il loro nome e tenerlo meglio a mente. Allo stadio è anche un pretesto per sciorinare un bell riff di chitarre, e certo non manca di una certa vena trasgressiva dal momento che apologizza il sesso en plein air e in luogo pubblico, con una punta di ironia che non guasta e una serie di ammiccamenti al pubblico giovanile.

Al penultimo posto, ecco il Premio della Critica: Enrico Ruggeri torna a Sanremo dopo l'esordio con i suoi ex-Decibel quattro anni prima con "Contessa". Questo suo Nuovo swing è di una eleganza disarmante e traccia con un ampio afflato poetico la metafora di un amore che prende il posto del precedente come una nuova canzone che si fa largo in un concerto senza soluzione di continuità, ma che rende l'esistenza così densa di emozioni. Ruggeri saprà stupirci anche nelle edizioni seguenti su come a volte l'etichetta di cantante rock sappia riservare anche molteplici e versatili risvolti dal punto di vista stilistico.

Terzultimo posto per un artista all'avanguardia. Chi ricorda Garbo? Renato Abate, bergamasco, è stato uno dei pochi artisti che guardavano ai fenomeni d'oltreconfine ma non d'oltremanica, i cui dischi andrebbero rivalutati. Questa Radioclima è un'elegia al medium che in questi anni sta vivendo la seconda giovinezza attraverso il boom della modulazione di frequenza. E paradossalmente, al quartultimo, ultimo della vecchia guardia, è proprio quel Riccardo Del Turco che aveva fatto la sua bella figura due anni prima, e che adesso, pur ritornando a muoversi nell'alveo della melodia, lo fa scegliendo un argomento quantomeno attuale, quello delle famiglie separate, con un testo in bilico tra filosofia e canzone d'autore, in un insieme non immediato ma originale (Serena alienazione).

Tra la testa e la coda, restano poche proposte degne di essere ricordate, ma ricordiamo prima quelle "indegne", affinché nulla vada dimenticato. Da lancio di pomodori è il ritorno di Marisa Sannia che nei suoi anni 60 almeno si faceva produrre da Endrigo, e torna come riesumata con un pezzo Amore amore a dir poco raccapricciante, ideale testimonial di uno zuccherificio, le cui parole si contraddicono una dietro l'altra. Infelice ritorno di Iva Zanicchi, prodotta da Umberto Balsamo (su cui torneremo tristemente nelle edizioni seguenti) con questa Chi mi darà assolutamente priva di un qualche spessore e troppo indulgente verso le campionature elettroniche di cui è composto l'arrangiamento. Inconsistente la seconda volta di Donatella Milani che rimpasta un po' di cliché in blue-jeans con questa Libera. Senza infamia e senza lode Anna Oxa con una audace ma scolorita Non scendo, prigioniera della gamma monocromatica del suo produttore Mario Lavezzi. Mesto canto del cigno di Alberto Camerini, anche se la sua presenza è comunque di tutto rispetto. Certo La bottega del caffè pur essendo un grazioso samba, non ha molto a che fare con la sua opera che lo ha reso uno dei più audaci ricercatori musicali, e si rifugia troppo facilmente nella oleografia brasiliana. Onesto il tentativo di Bobby Solo di gettarsi alle spalle gli anni 60 (come ha tentato nelle precedenti e recenti edizioni) e di riproporsi con una situazione raffinata, sebbene Ancora ti vorrei (titolo freudiano di un artista ormai lontano dalle classifiche) rimanga di stampo ormai obsoleto.

Ne restano quattro: Drupi con Regalami un sorriso smorza i toni delle sue passate performance blues ma offre un valido contributo su come a volte si possa essere romantici con stile (bellissimo il giro melodico su un tappeto di tastiere); Fiorella Mannoia torna con un pezzo jazz Come si cambia che è tra le migliori sue cose dell'era Lavezzi, una interpretazione che avrebbe meritato sicuramente un'esibizione dal vivo e ricalca le dissertazioni filosofiche in stile Mogol su come sia difficile a volte amare o sentirsi amati; il Gruppo Italiano, reduce dai fasti dell'estate precedente con "Tropicana", porta una ventata di ritmo con questa Anni ruggenti in perfetto stile anni '40 che ricostruisce le atmosfere e i suoni delle orchestre di una volta, miscelandole con una buona dose di non-sense e una spruzzata di surreale che non guasta e la bella voce impostata di Patrizia Malta; dulcis in fundo Patty Pravo, ritorno in grande stile il suo, sotto l'egida del suo fedelissimo Vincenzo Monti che firma per lei Per una bambola, un ispirato incontro tra una donna e il suo passato, mutuata dalla pucciniana "madame Butterfly" (echi orientali percorrono l'intero pezzo) ma che vuole essere soprattutto un tentativo di non rinnegare il suo passato artistico, simboleggiato proprio da quella "bambola" che fece la sua fortuna nell'ormai lontano 1968 e che adesso torna nel nuovo titolo. In fondo a Sanremo basta setacciare con cura e qualcosa si trova.


NUOVE PROPOSTE
Sedici nomi più o meno sconosciuti (quasi lo stesso numero dei big) rappresentano la novità di questa edizione, che saprà lanciare nomi più o meno di spicco, ma che al di là del discorso qualitativo, sempre discutibile in quel di Sanremo, saprà dare una grossa mano (meglio dei Big) all'esportazione del Made in Italy nel mercato estero.

Non a caso, la prima edizione viene vinta da Eros Ramazzotti, che neanche era tra i favoriti e forse neanche godeva dell'ottimismo del suo team di lavoro, se è vero che trovarono non poche difficoltà a stampare nuove copie del suo 45 giri, che anzi aveva inizialmente una copertina con Eros dal capello lungo, successivamente accorciato per scelta di Eros (che dovrà comprare anche un vestito a Sanremo per la seconda serata) prima di salire sul palcoscenico dell'Ariston, non certo una strategia di marketing. Una vittoria a sorpresa, tra le poche azzeccate di questa categoria: non a caso la novità del "settore giovanile" saprà dare nuovi impulsi al mercato con la conseguente tendenza a diversificare le proposte, salvo poi appiattirle per lanciare piu' la voce che il pezzo. Evidentemente il pubblico dei giovani acquirenti cercava da tempo uno come Eros, visto e considerato il successo che raccoglierà da qui a due anni. Faccia pulita ma pronto a fare il duro se le avversità della vita glielo chiedono, disinvolto e grintoso, belloccio, e apportatore di tematiche propositive e in sintonia con l'opinione pubblica under 18. Questo è fedelmente rappresentato da Terra promessa con l'aggiunta di un ritmo dance che precorre la British Invasion il cui fenomeno data proprio il 1984.

Soltanto quattro dei sedici partecipanti non sono esordienti al Festival. Un pizzico di esperienza in più che aiuta dunque sia Marco Armani sia Flavia Fortunato, che si guadagnano il podio. Meritato il secondo posto di Solo con l'anima mia, un bel pop metropolitano a tinte blues che il bravo Armenise ha scritto a quattro mani con il promettente Luca Carboni. Più smargiassa la proposta della bella cantantina cosentina: infatti Aspettami ogni sera riecheggia spudoratamente il tema di Flashdance. Piazzamento eccessivo, se si pensa che questo presunto exploit conferirà alla riccia Flavia il titolo di Big alla quale si aggrapperà con ulteriori quattro partecipazioni (l'ultima nel 1992) senza mai essere entrata nella Top 10 italiana.

Gli altri due ritorni invece rasentano la dabbenaggine: tornano infatti (come Nuove Proposte!) i Collage piazzatisi secondi nel 1977, e battono ogni record di mielosità (nel loro repertorio già ipercalorico) con questa assurda Quanto ti amo. Torna anche Giorgia Fiorio. Sempre più graffiante e emancipata, si fa ancora più audace nel titolo Se ti spogli (a ritmo di shuffle) salvo poi coprirsi di ridicolo tra versi pruriginosi e scialbi doppi sensi ("Tu sei tostoÉ") e alimentare forti sospetti sul terzo posto ottenuto l'anno prima con le schedine.

Eliminati entrambi: ma naturalmente non mancano le esclusioni discutibili. A cominciare dal Premio della Critica Rodolfo Santandrea, eclettico personaggio prodotto da Cocciante che stupisce con una romanza postmoderna ispirata al mito de La Fenice, che incontra con felice scelta le arie dell'Ottocento con i suoni più moderni. Canzone originale, forse troppo per i gusti della giuria. Inaudita piuttosto l'eliminazione di Giampiero Artegiani, che l'anno prima aveva vinto il Disco per l'Estate (o quel che ne restava) e che meritava un posto al sole con Acqua alta in Piazza San Marco, dimostrando di essere uno straordinario epigono ma in senso evolutivo della melodia tradizionale, con la quale riesce a padroneggiare anche in questa storia d'amore senza lieto fine ambientata in una Venezia triste come Aznavour insegna. Troppo barocca per i gusti del pubblico.

Così come troppo all'avanguardia Mondorama, (deliziosa finestra sul villaggio globale con un occhio all'espressionismo tedesco) scritta e presentata da un terzetto di stravaganti ragazzi, Richter, Venturi (uomini) e Murru (donna). Questa canzone sarà poi il loro nome d'arte (con l'aggiunta di una h a "mondho"), e dello stesso breve progetto, che involontariamente funge da precursore alle avanguardie di fine anni '90 e che forse deve essere risultato incomprensibile all'epoca.

Falliti invece i tentativi di alcuni disinvolti personaggi di fare i britannici senza averne l'aria, vedi Rodolfo Banchelli con Madame (che non regge il confronto con l'omonima canzone di Renato Zero del 1976) e Luigi Sutera (look alla Freddie Mercury) che canta in italiano ma ammicca col titolo I'm in love with you e col ritmo pop ma annacquato (successivamente darà voce ai canti etnici della sua Sicilia).

Fa tenerezza invece la partecipazione in extremis di un duo folk di Genova, popolare nella loro terra, che sostituiscono tale Silvia Conti che diffonde il suo pezzo prima del tempo: questo duo (di cui uno visibilmente pingue) si chiama Trilli e la loro Pomeriggio a Marrakesh risente della loro matrice popolaresca, onesta ma inadeguata al Festival.

Anche le altre finaliste si distinguono per la loro ventata di nuovo, anche se non tutte convincono in maniera lampante: gradevole la proposta elettronica dei Dhuo (anche se Walkin' è in inglese), divertenti i tre Canton, con questa Sonnambulismo scritta da Enrico Rugggeri, che filosofeggia sulle insonnie del maschio moderno senza prendersi sul serio; anacronistico il romanticismo di Ivano Calcagno con Principessa delle rose; ridondante la dance del bel damerino Fabio Vanni (prodotto da Bobby Solo) con questa Lei balla sola che sarà ripresa circa dieci anni dopo da Fiorello, ma senza che se ne sentisse la necessità. Per ultimo tale Valentino, clone del primo Vasco della cui scuderia fa parte, che canta una canzone legata a un concorso di Sorrisi su un testo da scrivere partendo da una musica data, e che viene vinto da un fruttivendolo, e ascoltando Notte di luna lo si evince facilmente.


GRADUATORIA PERSONALE:
1) Nuovo swing
2) Per una bambola
3) Nina
Nuove Proposte
1) La fenice
2) Acqua alta in Piazza San Marco
3) Sonnambulismo

SHIT SANREMO:
1) Amore amore
2) Cara
3) Serenata
Nuove Proposte
1) Quanto ti amo
2) Se ti spogli
3) Lei balla sola

FRASE DELL'ANNO:
"Nina, credi all'amore?
Credo ancora all'amore perché avrà gli occhi tuoi"
(da "Nina", Mario Castelnuovo)

PERLE DI SAGGEZZA:
"Cammino solo / quattro calci ad un barattolo / è una canzone / che non vuol finire mai"
(da "Lei balla sola", Fabio Nanni)

MARIO BONATTI

Continua...