1998: Senza Fabio o con Annalisa
di Mario Bonatti


In un programma di Rai Due andato in onda nell'autunno 1997, intitolato "Milano-Roma", i due ospiti di turno sono Fabio Fazio e Mike Bongiorno. Due generazioni di presentatori a confronto parlano del più e del meno e tra l'altro anche del Festival di Sanremo, in un'ideale passaggio di testimoni. Infatti a ottobre, il popolare showman era in procinto di dedicarsi all'avventura sanremese. Un mese dopo, il mattatore di "Quelli che il calcio" si accorge forse di trovarsi su "Scherzi a parte": grazie lo stesso, signor Fazio, presenta Raimondo Vianello. Va aggiunto che nei due anni seguenti Fazio avrebbe condotto il Festival e, di conseguenza, anche svolto mansioni di direttore artistico. E senza nulla togliere al simpaticissimo Vianello, e alle sue vallette Eva Herzigova e Veronica Pivetti, è facile domandarsi come mai si sia rinunciato non tanto al Fazio conduttore, quanto al Fazio... "governatore" delle scelte artistiche. Se poi si aggiunge che in questa quarantottesima edizione, il regolamento viene modificato in maniera piuttosto stravagante e che proprio questa innovazione incide sul risultato conclusivo, non si può non fare ricorso alla saggezza popolare secondo cui "pensare male è peccato ma...". 14 Nuove Proposte e 14 Big: i primi tre classificati dei Giovani accedono nella serata finale dei Big (che diventano diciassette, ma che numero inusuale!).
BIG
Puntuale come un treno svizzero (un "Treno blu" come reciterebbe il titolo del suo album d'esordio), la Nuova Proposta vincente si prende anche il primo posto tra i Big, con buona pace degli altri campioni. Trattasi di Annalisa Minetti, giovane ragazza con un passato recente da finalista Miss Italia la quale, per quanto possa sembrare indelicato, oltre a sfoggiare una pettinatura leopardata, è segnalata come portatrice dell'handicap della cecità, particolare che inevitabilmente l'aveva fatta emergere dall'anonimato durante le fasi finali dello storico concorso di bellezza. Siamo già nell'epoca della tv pietista, e quindi, aldilà delle intenzioni dei suoi discografici (la Sony per la cronaca, non la Pincopallinodischi), a prescindere se il pubblico medio e popolare, che ha votato per questo Festival, abbia o non abbia inconsciamente considerato questo aspetto, non sarebbe certo giusto attribuire la vittoria al problema fisico di Annalisa, che infatti è condotta trionfalmente alla vittoria anche a causa di altri fattori incontrovertibili, vuoi perché un vincitore di Nuove Proposte quantomeno riceve una certa pubblicità e foto sui giornali in grado di non farlo passare inosservato qualora il giorno dopo si trovasse in mezzo ai più anziani Big, vuoi perché testimonial involontario dell'evento è nientemento che Laura Pausini: non solo il pausinismo bieco e strisciante di cui si impregna questa canzone Senza te o con te, che tra l'altro ricorda un pezzo di Venditti (altro specialista di citazioni occulte, figuriamoci!), ma anche perché nel testo si menziona letteralmente una certa Laura che alla radio "sta cantando storie di strani amori" (vedasi Sanremo 1994!). E come diceva il poeta "questo schifo di canzone non può mica finire qui": vi raccomando anche il messaggio. Senza il lui destinatario o anche con il lui stesso, ("With or without you" la cantavano già gli U2) non fa niente: la vita va avanti, anche se è dura, ma però è facile ("è difficile ma… volerò"). C'è da chiedersi se, con Fazio capostazione, sarebbe potuto partire questo "Treno blu", di cui la versione spagnola è subito pronta per il mercato sudamericano, eldorado di premiate ditte Pausini & Ramazzotti. Per la cronaca la simpatica e bella Annalisa è scivolata subito nell'anonimato al pari dei Jalisse, vendendo in Italia un numero di copie irrisorio.

Il Sanremo 48 si esaurisce più o meno qui: il resto è una carrellata di canzoni sostanzialmente mediocri e monocordi, che fanno di questa edizione la più scadente del ventennio 80-90. L'escamotage Minetti ruba una vittoria a una ritrovata Antonella Ruggiero, dopodiché una certa Lisa, seconda tra le Nuove Proposte, reduce anche lei da qualche flash supplementare dei fotografi nella serata del venerdì, si piazza terza tra i Big: l'assenza della graduatoria completa (tutti quarti a pari merito) impedisce anche di stilare una classifica avulsa dei Campioni quelli veri, che si riducono così a un ruolo di comprimari: addirittura si vociferò che al quarto posto reale fosse finito Luca Sepe, il terzo tra i Giovani! Un capolavoro di giurie.

Andiamo per ordine: Antonella Ruggiero, dopo una serie di vacanze nel Tibet e una maternità, si presenta sotto l'egida di suo marito Roberto Colombo (artefice di numerosi progetti per la CBS, tra cui Alberto Camerini) e presenta Amore lontanissimo, una delicata ballad in punta di basso che rievoca rarefatte atmosfere da romanza, ma rifuggendo dai più corrivi bocellismi, in una chiave sospesa tra jazz e rhythm'n'blues e arrangiamenti d'avanguardia, con un testo radicato nella realtà attuale tra cui spiccano originali scelte poetiche. Quel che sarebbe un primo posto finalmente intelligente diventa una pacca sulla spalla e un consolatorio "bentrovata", che le sarà ripetuto anche l'anno successivo. Antonella tra l'altro canta nella serata finale gettando il cuore oltre l'ostacolo di una forte laringite che ha rischiato seriamente di compromettere la sua presenza sul palco.

Ed ecco anche un terzo posto a sorpresa firmato Lisa, una voce cristallina che saprà farsi strada nel mondo dei musical: calabrese di Lamezia Terme propone Sempre una ballad in chiave blues, sicuramente al di sopra di altre proposte dello stesso genere, anche se confinata nei soliti schemi, magari anche meritevole di un piazzamento tra i Giovani ma premiata eccessivamente con il podio tra i Big: un premio va bene, due no, discorso riconducibile anche alla vincitrice quasi omonima Annalisa.

Tra i restanti Big al quarto posto ex-aequo, sono davvero in pochi a emergere. Su tutti i due complessi: la Piccola Orchestra Avion Travel, e la Nuova Compagnia di Canto Popolare, entrambi di scuola campana. Per il sestetto capitanato da Peppe Servillo, è davvero una piacevole sorpresa per il Festival: dopo esordi traballanti nel sottobosco delle avanguardie (cantavano alla Denovo!), tre album da "Piccola Orchestra" che attraversano un secolo di storia della musica, e alcune colonne sonore, eccoli sulla grande platea sanremese con Dormi e sogna, una suite jazz con pennellate barocche che descrive gli attimi insonni di due innamorati in una alcova estiva, dove anche le zanzare (rievocate da una chitarra distorta nel finale) fanno la sua parte, e dove tutto è alla portata dei cinque sensi, nonostante l'invito al rilascio onirico. Testo che rappresenta un tentativo riuscito di poesia realista, in grado di calarci come spettatori discreti del romantico giaciglio, col risultato di una piccola gemma musicale che nobilita un povero Festival e non risulta per nulla compromissoria rispetto alla cifra artistica del gruppo casertano.

Quanto alla storica formazione etnica fondata da Eugenio Bennato e oggi capitanata da Fausta Vetere, è un ritorno dopo sei anni: l'esaltazione della tradizione partenopea non impedisce di filtrare con maestria la parte più spiccatamente etnica del folk napoletano. In un periodo in cui va forte la World Music, questa Sotto il velo del cielo, si carica di messaggi musicali ancora più elevati: tappeti di archi e inserti di corde pizzicate si fondono in un intreccio di voci che si risolve in un delicato crescendo, attraverso l'ausilio di un testo, equidistante tra speranza e disperazione, che richiama al tema archetipico della povertà invocando la manna dall'alto e il miracolo, da sempre presente nell'immaginario ancestrale, di trasformare gli elementi naturali in cibi commestibili (la montagna in carne arrostita, le pietre in formaggio, i fiumi in vino).

L'impressione è che anche altri autori, altrimenti affidabili sotto il profilo qualitativo, abbiano osato stavolta più del dovuto. Enzo Jannacci propone Quando un musicista ride, pezzo che riassume la sua natura da comico triste: lungi dall'essere ormai privo di idee nuove, è tuttavia un pezzo che si riconduce al Jannacci filosofo, invero poco immediato malgrado la sua bravura compositiva e la supervisione artistica e direzione orchestrale di suo figlio Paolo.

Discorso simile per Sergio Caputo, che almeno propone una ventata di ritmo con questo mambo dal titolo Flamingo, sospeso tra oniriche visioni da notte brava e disimpegno. Caputo, amante del jazz e dello swing con qualche fuga nel country, riesce a dare un degno contributo alla moda sempreverde dei ritmi latini, anche se stavolta lo fa senza dare il massimo di sé. Entrambi comunque promossi.

E allora c'è da chiedersi a chi altri affidarci: una nutrita schiera di Big emergenti gioca ciascuno la propria carta. Niccolò Fabi cede alla canzone d'amore con Lasciarsi un giorno a Roma, pezzo che non tradisce le sue capacità, la sua abilità di mettere su un bel tappeto pop le sue parole non banali, anche se si poteva pensare a un'altra trovata più interessante, memori dei suoi "Capelli" da cui si fa ancora accompagnare.

Alex Baroni ripropone un bel groove in stile Level 42 con questa Sei tu o lei (quello che voglio), pezzo calibrato sulle sue doti ma forse un po' scontato nel tema del triangolo cerebrale.

Silvia Salemi conferma il suo momento d'oro con un altro pezzo del pigmalione Artegiani, che vuole in qualche modo lanciare dei messaggi sui valori dei nostri tempi con questa Pathos che, richiamando echi mediterranei da antica Grecia da cui la parola trae origine, denuncia una certa assenza di emozioni ("Pathos dove sei / ti abbiamo perso così?").

Paola e Chiara arrivano d'ufficio dalle Nuove Proposte e si producono in uno spumeggiante rock sempre all'unisono intitolato Per te, che dà un colpo al cerchio del ritmo e uno alla botte della facile melodia, con le ormai consuete rime false ("ce-man-ca-to'-po-co-che' / mi met-tes-si'-a-pian-ge-re'").

Le ombre si alternano alle luci, e neanche gli artisti più navigati ne sono esenti. A proposito di Luce, ecco Mango che si fa accompagnare da una bellissima voce alla Kate Bush, dal nome esotico Zenima, ma italianissima, pezzo etereo che ha un inizio coinvolgente ma poi si adagia sulle tonalità a cui Mango ci ha ormai abituati, fino a voler prendere lui il sopravvento invece di far da padrino a questa giovane voce.

Andrea Mingardi si ripropone col suo blues evanescente e una Canto per te, che sembra una dedica a una persona lontana, forse assente o anche simbolica, anche questa riuscita a metà, scorrevole nell'inciso con qualche attrito nel chorus.

E niente di nuovo per Paola Turci che si arena nel suo stile confidenziale di un country innocuo, senza fare nessun passo avanti con questa appena dignitosa Solo come me, che rimesta nei suoi temi di donna che lotta alla pari con il maschio fedigrafo in un noioso no contest ("Un calcio e un pugno ti darei / ma come ti vorrei").

E infine le due delusioni piene: Ron con Un porto nel vento è l'illustre nella lista dei migliori. Difficile trovare un pezzo così inconsistente, neanche brutto ma decisamente impalpabile.

Molto peggio fa l'ineffabile Ivana Spagna che nel 1994 si era ispirata a "Last Christmas" degli Wham per "Gente come noi", e a questa si (auto)ispira per E che mai sarà? (per tacere di altri piccoli plagi nella sua discografia in lingua italiana). Come se non bastasse, per questo pezzo viene usata, per la solita canzone sugli amori, una similitudine che ricalca tutti gli aspetti del mondo della scuola, ma la scuola superiore, cioè quella del pubblico a cui si rivolge, quello degli adolescenti. Dire ruffiano è dire poco: ci sono davvero tutti, dalla cartella al concetto di "rimandare", dal ripetente fino al "compagno… della vita".


NUOVE PROPOSTE
Ma per fortuna che ci sono le Nuove Proposte: nel senso che se questi sono i giovani, allora perché i Campioni non possono prendersela comoda, sapendo di non essere facilmente insidiabili?

Diamo subito un'occhiata al Premio della Critica, e non è un caso se l'unica nota lieta viene da questo pezzo. Senza confini rilancia lo stile dell'incompreso cantautore pugliese Antonio Calò, in arte Bungaro (non molto fortunato a Sanremo), e si affida a una voce femminile e a una poesia idealistica e quindi innocua, ma molto affascinante nel creare un'atmosfera degna di nota. Un ricorso al naif da non disprezzare, con echi di paesi lontani e paesaggi notturni dove inserire un idillio amoroso. A cantarlo è Barbara Eramo, davvero una bella voce calda e suadente, ma anche qui c'è la zampata di una furba commissione artistica (o chi per essa): il progetto artistico si avvale anche del nome del pianista che l'accompagna ma non canta una nota che è una, tale Claudio Passavanti. Ecco che Eramo & Passavanti diventa improvvisamente un gruppo, e nella sezione dedicata alle Nuove Proposte, prima della serata finale si proclama in via provvisoria e assolutamente inedita non i primi tre, bensì la migliore donna (la Minetti) il miglior uomo (Luca Sepe) e il miglior gruppo (appunto Eramo & Passavanti), che gruppo non è, perché allora basta davvero portarsi l'intera sala d'incisione per fare una filarmonica. Volevano dargli risalto, oppure erano pochi i gruppi veri? E la coppia maschile Nitti & Agnello a quale categoria apparteneva?

Il resto è davvero un quadro desolante: la medaglia di bronzo Luca Sepe (Un po' di te) anticipa senza farlo apposta l'epopea di Operazione Trionfo e i trionfi di Gigi D'Alessio, con una voce molto impostata che accompagna una scialba melodia in stile neo-partenopeo, cantata comunque in lingua, che racchiude le più viete banalità da canzonette.

E se passano praticamente inosservati Paola Folli con Ascoltami, Costa con Compagna segreta, Serena C. con Quante volte sei (ex Baraonna) e un retorico Federico Stragà con Siamo noi (ennesimo aggiornamento alla "ragazzi di oggi"), lasciano perplesse sia le inutili proposte di una… Nannini in gonnella, tale Liliana Tamberi con una sguaiata ed eccessiva Un graffio in più, sia il duetto di Nitti & Agnello, con una tipica canzone da provino su I ragazzi innamorati che fa rimpiangere il fascino dei fotoromanzi, o la dolcezza dei leccalecca, la cui scelta doppia sembra uno stratagemma per dare una vetrina a due voci con un solo pezzo, forse perche' non c'erano più posti liberi per dargli una canzone ciascuno.

Italian style? Forse: ma anche le sonorità che si piccano di essere innovative cadono nel già sentito, seguono cioè un certo trend di arrangiamenti, lessico e registri che le radio stavano diffondendo già da qualche tempo, facendo perdere così elementi di sorpresa e originalità. Per questa ragione fallisce il tentativo di Marco Morandi di fare il figlio d'arte "tutto-suo-padre" con un gruppo dal discutibile nome "Percentonetto" e una Come il sole che suo padre non avrebbe cantato neanche sotto tortura.

Falliscono anche i Taglia 42 con Con il naso all'insù, poverissimo incontro tra quel che resta dei Matia Bazar e una via del pop comoda ma priva di una qualche destinazione.

Nulla da segnalare di buono neanche per la band Luciferme (Il soffio) che millanta credenziale da band al passo con le sonorità, con certi ricorsi a un ritorno di un inqueitante gusto del noir, finendo col prendere in prestito abiti dai guardaroba dei Litfiba, dei Timoria, degli U2 solo per fare bella figura alla festa o almeno tentarci.

Un identikit rock non privo di qualche elemento positivo sarebbe Alessandro Pitoni, voce calda e graffiante, look da maledetto e grinta da animale di palcoscenico, anche se la sua canzone non eccepisce i soliti richiami al manuale del perfetto rocker e alle tematiche sulla "generazione di sconvolti" in questa sua Dimmi dov'è la strada per il paradiso, che tenta in parte di attirare l'attenzione su un genere di rock di qualità, ma si ritorce su precedenti e analoghi tentativi azzardati anni prima a Sanremo (esempio: Conidi) e fuori (esempio: Priviero), facendo solletichi ai vari Ligabue, Vasco e Piero Pelù.

Alla fine è davvero una lunga linea retta, dove quasi nulla registra un qualche picco in su. Fazio giungerà provvidenziale, anche se solo per un difficile triennio.


GRADUATORIA PERSONALE:
1) Dormi e sogna
2) Amore lontanissimo
3) Sotto il velo del cielo
4) Senza confini

SHIT SANREMO:
1) E che mai sarà
2) Senza te o con te
3) Un po' di te
4) Un graffio in più

FRASE DELL'ANNO:
"L'amore mio non sbaglia
sei vera vera vera vera vera vera vera vera e bella
ti porto sulla mia spalla"
(da "Dormi e sogna", Piccola Orchestra Avion Travel)

PERLE DI SAGGEZZA:
"Oggi cerco un amico che venga
a raccontarmi chi sono e perché
non ho niente di me"
(da "Fragolina", Leandro Barsotti)

MARIO BONATTI

Continua...