2004: Un festival legato a un palo
di Vincenzo Carlomagno



Reduci da due stanche edizioni baudiane e da scarse vendite discografiche, Sanremo necessita di linfa nuova e di un restyling. Messo in panchina il Pippo nazionale, si individua in Tony Renis il salvatore della patria, colui che avrà il compito di riportare il Festival agli antichi fasti. Mister Quando Quando Quando promette mari e monti, super ospiti internazionali e non, una formula che esaltasse la gara, canzoni radiofoniche e il lancio di nuove stelle della musica italiana. Col senno di poi, possiamo tranquillamente affermare che Renis abbia miseramente fallito in tutto, riportando il Festival di Sanremo pericolosamente vicino alla debacle del 1975, l'anno horribilis del Festival. Ma andiamo con ordine.

 


IL PRE-GARA
Che non sarebbe stata un'annata facile lo si intuisce ben presto. Le major discografiche si sfilano, per una questione di diritti degli anni precedenti non versati. A presentare i cantanti in gara, quindi, saranno la sola Universal (attraverso la collegata Universo) e le case indipendenti, più qualche cantante che si presenta a titolo personale senza il supporto della sua etichetta. Nonostante la chiamata alle armi attraverso spot che garantivano la possibilità di arrivare a Sanremo per chiunque e le ben 800 candidature presentate, la qualità media (e soprattutto la popolarità) delle proposte arrivate ne soffrirà inevitabilmente. Questo si ripercuoterà anche nei pochi ospiti famosi portati al Festival, per lo più vecchi pezzi di museo quali Lionel Richie o Nat King Cole. Renis si riscatterà parzialmente con la partecipazione alla serata finale di Adriano Celentano, che però prolunga insostenibilmente la durata della serata.

  Altra bega: in autunno inoltrato Paolo Bonolis, conduttore designato, si sfila anch'esso, a causa delle divergenze di vedute con Tony Renis. La nuova conduttrice, Simona Ventura, verrà annunciata soltanto a fine gennaio, quindi poco più di un mese prima del via della manifestazione. Anche il loro rapporto sarà turbolento, a causa di alcune uscite infelici di Renis (come quella ad alcuni artisti "cagasotto" perché non hanno accettato l'invito a partecipare come ospiti), o la contrarietà della Ventura ad ospitare Francesco Cafiso, sassofonista quattordicenne.

  Inoltre, la manifestazione ha dovuto subire l'accusa di conflitto d'interesse, a causa di Mogol e Gianni Bella. Entrambi autori di diverse canzoni in gara, Mogol è anche il fondatore del CET, istituto musicale dove si tenne una sorta di ritiro pre gara con tutti i cantanti selezionati. Per quanto riguarda Gianni Bella, fece storcere il naso anche il fatto che tra i cantanti in gara ci fosse sua cognata Veruska, peraltro ex allieva proprio del CET di Mogol...

  Se Renis ha avuto da affrontare questi inconvenienti non da poco, però, c'è da dire che nell'insuccesso della manifestazione c'è molto di suo. L'idea portante del direttore artistico è quella di eliminare dopo 20 anni esatti la categoria Giovani, proponendo una gara unica tra artisti affermati (o presunti tali) e nuove proposte. Questa decisione porterà ad avere in gara diversi emeriti sconosciuti, che all'annuncio del cast faranno storcere il naso un po' a tutti. Inoltre, l'ossessione della "radiofonicità" delle canzoni porterà alle esclusioni eccellenti di nomi come Al Bano, Mino Reitano, Marcella Bella, Amedeo Minghi, Mariella Nava e Dolcenera, l'ultima vincitrice delle Nuove Proposte. Se l'idea, in teoria, poteva avere un senso, vedremo che la quota "classic" del cast farà rimpiangere almeno un paio di questi nomi, che forse non avrebbero trionfato nell'airplay radiofonico o nelle vendite, ma che avrebbero portato sicuri ascolti televisivi, perché il Festival è (anche) uno spettacolo televisivo.

  Tra gli esclusi, segnaliamo anche la compianta Valentina Giovagnini (seconda nel 2002 tra le Nuove proposte con Il passo silenzioso della neve) e Stefano Zarfati, cantante di discreto successo nel secondo lustro degli anni '90, che presenta Moto perpetuo, ballad di pregevole fattura poi trasmessa a lungo dalle radio e tv di sola musica italiana. Mariella Nava si sarebbe presentata in coppia addirittura con la regina del soul Dionne Warwick (già a Sanremo nel 1968 con la storica La voce del silenzio). Le due avrebbero portato It's forever, ballad diventata l'anno seguente l'inno dei Mondiali di Sci alpino di Bormio. Ma col senno di poi l'esclusione più clamorosa è quella di un giovane cantautore all'epoca sconosciuto, che sarebbe esploso l'anno dopo con un tormentone estivo (Voglio cantare come Biagio Antonacci) e che avrebbe vinto Sanremo tra i Big tre anni dopo. La commissione di Tony Renis, infatti escluse Simone Cristicchi, con Studentessa universitaria, che poi sarebbe diventato il secondo singolo di Cristicchi e una delle sue canzoni più apprezzate. Un brano costruito perfettamente, coinvolgente, che descrive con realismo la vita di una studentessa fuori sede, escluso per inserire nel cast vera e propria robaccia, come vedremo a breve.

  Come se non bastasse, la rapidità della fase di selezione (cinque giorni a cavallo di Capodanno) lascia qualche dubbio anche nella magistratura, che convoca Renis, la deejay Flavia Cercato (membro della commissione selezionatrice) ed esclusi più o meno eccellenti (Al Bano, e "nientepopodimenoche" Natalia Estrada e Ramona Badescu). Renis riuscirà a convincere gli inquirenti che delle orecchie esperte possono riconoscere se un brano è fuffa anche dopo pochi secondi di ascolto, e l'indagine viene archiviata.

  Tornando alle novità dell'edizione, le votazioni sono affidate solo ed esclusivamente al televoto (ahimè), frutto del successo dei reality show in quegli anni. Ci sarà la possibilità di presentarsi sul palco con ospiti stranieri, ma vedremo che pochi ne approfitteranno, con risultati in genere mediocri (e qualche esito a dir poco vergognoso). Infine, viene abolito il limite per la durata delle canzoni. Questo darà luogo a diversi brani oltre i 4 minuti, con un esito a dir poco ridondante per le canzoni in questione.


IL CAST
Ma passiamo al cast. 22 sono gli artisti in gara, dei quali appena due (più due ospiti) donne. Solo otto sono i ritorni: Marco Masini, Mario Venuti (all'epoca in gara con i Denovo), Andrea Mingardi, Omar Pedrini (due volte in gara con i Timoria), e le ex nuove proposte Paolo Meneguzzi, Daniele Groff, Bungaro e Massimo Modugno. A vincere sarà, nettamente, Marco Masini, uno degli artisti più noti in gara. Reduce da qualche anno lontano dalle scene, in protesta con le vergognose voci che a suo tempo dovette subire anche Mia Martini, Masini trionfa con L'uomo volante, un delicato brano che mette d'accordo tutti. Questa dedica da parte di un padre a un ipotetico figlio ancora non nato doppia i voti del secondo classificato e polverizza gli altri, ottenendo un buon riscontro radiofonico. Il secondo classificato è un ignoto pianista, sparito dai radar subito dopo il Festival, tale Mario Rosini, che si presenta con un brano scritto, tra gli altri, dal jazzista Lino Patruno. La melodica e stantia Sei la vita mia conquisterà il secondo posto, ma solo quello, e di Rosini non si parlerà più già pochi giorni dopo la kermesse sanremese. Al terzo posto si piazza la possente voce soul dell'esordiente Linda, con Aria, sole, terra e mare. Prima di Sanremo, le uniche esperienze dell'ex calciatrice toscana sono la vittoria al Premio Mia Martini e una partecipazione a Popstar, il programma televisivo che selezionò "nientemeno" che le Lollipop. A spingere Linda sul podio fu sicuramente la voce black, al servizio di una canzone banale, al limite della filastrocca e senza nessun spessore artistico. Inutile dire che di Linda si ebbe traccia solo in qualche ospitata televisiva e come concorrente di Music Farm nel 2005. Poi il nulla.

  Riprendiamoci con ciò che di degno di nota c'era in gara. Dopo un convincente debutto hip hop e alcuni tormentoni come La mia signorina e Prima di andare via, Neffa esordisce a Sanremo con Le ore piccole, un pregevole swing dalla durata di appena 2:16 (quindi più breve anche della versione radio edit di 3 minuti imposta ai cantanti per la serata del giovedì). Questo gioiellino finirà soltanto nono, ma contribuirà a rafforzare l'immagine del cantautore campano. Si farà notare anche l'ex componente dei Denovo, Mario Venuti, in gara con Crudele, una sorta di inno al masochismo ("Legami, le mani legami, con doppi nodi all'anima"), scritto a quattro mani con Kaballa'. A dispetto del decimo posto, il brano conquisterà il premio della critica e un buon successo radiofonico e di vendite. Exploit anche per Bungaro, raffinato cantautore e autore, già in gara a Sanremo nelle Nuove Proposte nel 1991. Bungaro presenta la poetica Guardastelle, vera e propria preghiera pacifista che, supportata da una sentita e impeccabile interpretazione, conquista un quinto posto, che non rende giustizia fino in fondo al valore artistico del brano e alla penna del suo interprete. Il raffinato cantautore Gino De Crescenzo, in arte Pacifico, presenta quello che, almeno in versione incisa, è un piccolo capolavoro. Alla sua prima partecipazione sanremese, l'autore che in seguito collaborerà e duetterà, tra le altre, con Gianna Nannini e Malika Ayane, presenta Solo un sogno, brano che musicalmente rimanda alle atmosfere dei Cure, supportato da un testo ricercato ed evocativo. Purtroppo, due esibizioni su tre saranno deludenti, al limite del disastro, e questo gioiellino verrà rilegato in penultima posizione, dietro anche a cialtronate come quelle di André, Losito e Pappalardo. Curiosità: Pacifico tornerà a Sanremo nel 2018 con Ornella Vanoni e Bungaro, altro partecipante a Sanremo 2004 e anche lui assente dall'Ariston per 14 anni.

  Convincente il ritorno a Sanremo da parte di Daniele Groff. La romantica e orecchiabile Sei un miracolo rappresenta fedelmente lo stile del trentino cresciuto a pane e brit pop. Purtroppo, questa sarà la sua ultima partecipazione sanremese, al momento. Promossi anche i DB Boulevard, collettivo di deejay reduce da diverse hit negli anni precedenti. Basterà è un brano immediato e radiofonico, anche se non prettamente dance. Peccato per le imprecisioni del cantante Alessio Ventura, già visto a Sanremo con i Dhamm nel decennio precedente, con molti capelli in più ma uguale imprecisione vocale. Ah, con loro sul palco si presenta Bill Wyman, l'ex bassista dei Rolling Stones, ma in pochi se ne renderanno conto.

  Promosso, quantomeno per gli amanti del genere, Paolo Meneguzzi, al suo secondo Festival dopo un'impalpabile comparsata tre anni prima nelle Nuove proposte. Meneguzzi arriva al Festival da favorito, in seguito a diverse hit quali In nome dell'amore, Verofalso e Lei è, e un crescente seguito tra i teenager. Questa Guardami negli occhi (prego) può essere considerata una classica "meneguzzata", il cui stile verrà ricalcato più volte dal cantante, soprattutto nel ritorno sanremese dell'anno seguente. Il brano dominerà l'airplay radiofonico e, nonostante il quarto posto, sarà il più venduto tra i brani in gara (posizione massima: 2). Si distingue per raffinatezza Lavoro inutile, di Omar Pedrini. Quest'intima riflessione sul lavoro di cantante da parte dell'ex leader dei Timoria conquista il premio per il miglior testo (ex aequo con L'uomo volante). Peccato per la lunghezza (4:15) che rischia di renderla pesante. Tutto sommato degna la partecipazione di Piotta, con Ladro di te. Nonostante l'ultimo posto, il rapper romano lanciato da Supercafone, porta sul palco di Sanremo la sua musica e il suo stile, e non gli si poteva chiedere altro.

  Senza infamia e senza lode il ritorno a Sanremo di Massimo Modugno. Il figlio d'arte si presenta accompagnato dai Gipsy King con Quando l'aria mi sfiora, per un brano televisivo (anch'esso esageratamente lungo e ripetitivo) che rimane confinato alla settimana sanremese, nonostante l'innegabile bravura di Modugno jr. Stucchevole il testo di Generale kamikaze, brano di tale Stefano Picchi, che racconta di un aspirante terrorista che all'ultimo decide di ritornare sui suoi passi e rinunciare al suo folle piano. Fa cadere le braccia la frase che spiega il motivo del pentimento: "Poi nel letto lei mi ha detto sei per me l'uomo perfetto, con l'amore puoi provare a disinnescare... E non detonare". Insomma, tanti innocenti salvati da una notte focosa. Discrete invece interpretazione e melodia, ma di Picchi non si sentirà più parlare, senza particolari rimpianti.

  Veniamo dunque a ciò che va stroncato senza pietà, oltre ai due terzi di podio già citati. Tale Marco Canigiula, in arte André, si presenta (in base a cosa, lo ignoro, date le canzoni più che dignitose rimaste fuori gara e da me già citate) con la terrificante Il nostro amore. André, giovanotto ancora minorenne di bella presenza e look da tamarro, con questa canzoncina vorrebbe scimmiottare gli astri nascenti dell'r'n'b all'italiana, come Tiziano Ferro e lo stesso Meneguzzi. Il risultato è un testo a dir poco pessimo e stucchevole (Io per te bambina cosa non farei, gasp), con vocalizzi ridicoli, l'esasperazione di alcune pronunce (ammore, mme) e una melodia facile facile. Nelle intenzioni di Tony Renis, André avrebbe dovuto conquistare i cuori delle ragazzine. Invece, conquisterà solo i bassifondi della classifica e tanto, tanto ridicolo con il quale ricoprirsi, tanto che, nel post Sanremo, Canigiula passa dietro le quinte, come autore e produttore.

  Debutta a Sanremo anche DJ Francesco, figlio di Roby Facchinetti dei Pooh e reduce dal tormentone estivo La canzone del capitano. Senza particolari doti canore, anzi, Facchinetti jr. vorrebbe ricalcare le orme del Jovanotti degli inizi. Sicuramente non ne ha ricalcato la carriera canora. Era bellissimo conquista un fin troppo generoso undicesimo posto ma non lascia il segno, se non per l'imbarazzante testo (C'è che eravamo grandi insieme io ero l'ape tu eri il miele, ciliegina sulla torta il mio vasetto pieno di Nutella; panna sul budino foto sopra il comodino, fresca brezza del mattino il primo squillo sul telefonino). DJ Francesco, poi Francesco Facchinetti, calcherà altre due volte il palco sanremese (l'ultima delle quali in coppia col padre), fino a capire, finalmente, che il canto non è la sua strada: si reinventerà in diversi campi, quasi mai con esiti esaltanti.

  Uno dei pochi ritorni in gara è quello del cantante bolognese Andrea Mingardi. Accompagnato dai Blues Brothers, la sua È la musica è un'altra riflessione sul mestiere del cantante, in chiave blues ma decisamente più scanzonata e meno poetica della canzone di Pedrini. Anche questa canzone supera abbondantemente i 4 minuti e, soprattutto, la soglia di sopportazione. Mingardi si riscatterà in seguito duettando con Mina. Passando a cantanti anagraficamente più giovani, il livello non si alza. Tale Simone (Tomassini) viene presentato come il nuovo pupillo di Vasco Rossi, ma la sua È stato tanto tempo fa sembra scritta da un ragazzino delle elementari (Ma se vuoi sorvolo, e insieme a te io prendo il volo; ma se vuoi nuotiamo, nel mare dove non si tocca, così ti bacio sulla bocca). Il timbro alla Vasco prima maniera non lo aiuterà a far ingranare la sua carriera, che segnala un paio di singoli discretamente passati da radio e tv musicali e la partecipazione a Music Farm nel 2005. E basta.

  Un pieno di melassa con Cuore, presentata da Morris Albert, famoso negli anni '70 per un'unica hit (Feelings, peraltro accusata di plagio). Vocalmente inconsistente, il brasiliano trapiantato in Italia viene supportato da Mietta, che con la sua voce tira avanti la carretta, ma il brano resta un'inutile ballad fuori tempo. Chissà quali radio intendeva Renis quando parlava di canzoni radiofoniche, se pensiamo a Cuore. Veruskella Pieroni, in arte Veruska, è l'oggetto misterioso di questo Festival. Detto già delle sue parentele e frequentazioni, non si capisce cos'altro possa aver convinto Tony Renis a portare in gara questa sconosciuta, che subito dopo Sanremo tornerà per sempre nell'oblio artistico. Un angelo legato a un palo (autori i fratelli Bella) musicalmente non è nemmeno male (a parte il verso Sola... da sola, il mio cuore adesso vola), ma Veruska ha un timbro anonimo, un'interpretazione manieristica e, se vogliamo, anche un discutibile look alla Jennifer Lopez di inizio millennio, che non centra nulla con le atmosfere della canzone. Insomma, altro palo (appunto) preso da Tony Renis.

  Altro carneade è Danny Losito, capellone ex vocalist di progetti dance di successo negli anni '90 ma ignoto come solista. Sul palco di Sanremo presenta la facilotta Single, canzonetta orecchiabile dallo scarso spessore artistico e un improbabile testo (E mi manca la lasagna che mi cucinavi tu, te ne sei andata sola in Spagna e quasi non mi parli più). La cosa peggiore, però, è che ad accompagnare Losito è il gruppo delle Las Ketchup, le tre sorelle spagnole diventate famose in tutto il mondo grazie ad Asereje. Il problema è che sul palco le loro voci non si sentono minimamente: presentate come coriste, dai loro microfoni non si sente alcun suono, risultando solo una scenografica e inutile presenza. Evidentemente, dopo aver provato a piazzarle con Natalia Estrada, le Las Ketchup andavano comunque portate all'Ariston: per quale motivo, mistero. Le ultime tracce di Losito risalgono a una altrettanto fallimentare partecipazione a Music Farm 2005, dove venne eliminato alla prima puntata dopo aver dimenticato completamente il testo di Mille giorni di te e di me di Claudio Baglioni.

  Concludiamo la nostra carrellata sul cast di Sanremo 2004, volutamente, con Adriano Pappalardo e la sua Nessun consiglio. Reduce dalla partecipazione all'Isola dei famosi e da un conseguente bagno di nuova popolarità, l'interprete di Ricominciamo batte il ferro finché è caldo e ci prova con Sanremo, ma con esiti discutibili. A parte l'immagine da "gggiovane" che Pappalardo vuol dare (e all'epoca le sue primavere erano già 59), il testo è un'accozzaglia di citazioni dalla sua partecipazione al reality show di Raidue, frasi nonsense, minacce e volgarità (Ora faccio a modo mio e un consiglio lo do io, lasciatemi sfogare o mi difendo io, picchio molto duro ho un pugno che è un mattone e mi starà alla larga il solito coglione). Ma, siccome Sanremo non è un reality, la sua partecipazione si rivela un sacrosanto flop, ed è già troppo che in classifica Pappalardo riesca a mettersene dietro ben cinque.

  Riassumendo, quella di Sanremo 2004 non viene certo ricordata come un'edizione di successo, incassando addirittura una sconfitta negli ascolti ad opera del Grande Fratello (in onda su Canale 5) nella serata del giovedì. Dal punto di vista dello spettacolo, Simona Ventura, Gene Gnocchi, Paola Cortellesi e Maurizio Crozza (non presente però in tutte le serate) fanno la loro parte, con i comici in grande spolvero. Peccato che la musica non fosse all'altezza, presentando troppe canzoni di livello mediocre o cantanti di scarso appeal. Di conseguenza, pochi saranno i brani passati dalle radio (su tutti, Venuti, Meneguzzi e Masini), ancor meno quelli che venderanno. Dei giovani artisti presentati nessuno arriverà al successo, tanto che l'anno dopo ben tre di loro proveranno (senza successo) il rilancio nel reality show di Raidue Music Farm, guarda caso presentato da Simona Ventura. Per quanto riguarda il Festival, servirà Bonolis, l'anno seguente, per risollevare il carrozzone sanremese.

 


TOP 3
1) Solo un sogno - Pacifico
2) Guardastelle - Bungaro
3) Le ore piccole - Neffa

TOP SHIT
1) Il nostro amore - Andrè
2) Nessun consiglio - Adriano Pappalardo
3) Era bellissimo - DJ Francesco

FRASE DELL'ANNO:
Sotto il cielo la terra, ogni uomo una stella
una speranza sospesa, tra la scienza e la guerra
(da "Guardastelle", Bungaro)

PERLE DI SAGGEZZA:
Non rompetemi le uova nel paniere
non rubatemi il coniglio dal cilindro
non provate a darmi un buon consiglio che sbadiglio.
(da "Nessun consiglio", Adriano Pappalardo)

VINCENZO CARLOMAGNO

Continua...