2006: Processo a Panariello
di Vincenzo Carlomagno



Dopo il successo dell'edizione 2005, Bonolis non concede il bis. Per la conduzione (e per la direzione artistica) ci si affida al comico Giorgio Panariello, coadiuvato da due debuttanti in Rai: la conduttrice Mediaset Ilary Blasi e l'ex veejay di MTV Victoria Cabello (forse ancora non pronta per la platea della Rai). A Panariello viene affidato sostanzialmente lo stesso schema di gara dell'anno precedente con la divisione dei Big in categorie, ridotte però da quattro a tre, con la soppressione della categoria Classic e l'aumento da cinque a sei componenti per le altre. Nonostante la riproposizione di una macchina ben rodata l'anno precedente, però, l'edizione di Panariello non riesce a ripeterne il successo, ottenendo un vistoso calo di ascolti. Non eccellono nemmeno la qualità dei brani e l'appeal del cast, un ibrido tra tradizione e artisti emergenti, con poche vette: e poche saranno le canzoni ricordate a distanza di anni. Non aiuta nemmeno la molto criticata scenografia di Dante Ferretti, troppo "minimal" e cupa, basata su un palco spoglio, senza fiori, senza scale, senza niente. Da ricordare anche i problemi tecnici che hanno preceduto troppe esibizioni, indifendibili per una manifestazione che dovrebbe fare della professionalità la sua cifra. Quindi, per Panariello, l'anno successivo (e fino a questo momento) non ci sarà il bis.
CATEGORIA BIG
Ad ottenere la vittoria nella finalissima è Povia, sorpresa dell'anno precedente pur partecipando fuori gara. L'autore de "I bambini fanno oh" si impone prima nella categoria Uomini (probabilmente la categoria più debole) e poi nello scontro finale con Vorrei avere un becco, che si fa notare più per il verso del piccione che per il testo, che vorrebbe proporsi come un inno alla spontaneità, proprio come i piccioni (!?!). La canzone, nonostante la vittoria, però, non ha alcun successo radiofonico e di vendite, spingendo Povia a virare su tematiche sensazionalistiche e polemiche costruite ad arte per avere ancora un po' di attenzione, non riuscendoci per meriti artistici (che evidentemente difettano). Il secondo classificato di categoria è il sempreverde Michele Zarrillo, con la delicata ma poco incisiva L'alfabeto degli amanti. Zarrillo sicuramente beneficia dell'aiuto di Tiziano Ferro nella serata dei duetti.

  Non brillano per ritmo e coinvolgimento nemmeno le due semifinaliste della categoria: Alex Britti porta Solo con te, uno dei suoi tipici blues che però non viene ricordato come uno dei suoi maggiori successi (anzi, forse, non viene ricordato proprio). Impalpabile anche L'uomo delle stelle di Ron, nonostante il delicato arrangiamento e l'innegabile bravura vocale di Rosalino Cellamare. Subito eliminato, invece, il country di Gianluca Grignani, con Liberi di sognare, che probabilmente non meritava il fondo della classifica, visti i concorrenti. Profetico, infine, il titolo della canzone di Luca Dirisio: la sua Sparirò, infatti, esce presto di gara, e questa sarà l'unica partecipazione in gara al Festival per il belloccio autore di "Calma e sangue freddo" e qualche altra hit pop, da tempo uscito dai radar (da ricordare un improbabile tentativo di rilancio all'Isola dei Famosi).

  A proposito di cose improbabili, ecco la seconda classificata della finalissima, nonché vincitrice della categoria Donne. Il duo Mogol-Gigi D'Alessio confeziona per Anna Tatangelo (giovane amante di D'Alessio e per questo fischiata quando l'appena diciannovenne Anna dedicherà il successo di categoria al suo Gigi) una canzonetta con un testo imbarazzante, un ammasso di stupidaggini e frasi fatte che meriterebbe la citazione per intero tra le "Perle di saggezza" qui in basso. Eppure, la bruttissima Essere una donna conquista il secondo posto assoluto, nonostante sia ricordata, a 15 anni di distanza, come una delle vette trash del Festival di Sanremo. Imbarazzo, profondo imbarazzo, soprattutto perché si impone su una delle più belle prestazioni sanremesi della vincitrice della categoria Giovani nel 2003, Dolcenera, che ottiene il suo definitivo riscatto dopo l'esclusione dal cast del 2004 per mano di Tony Renis, e iniziato con la vittoria di Music Farm nel 2005. Com'è straordinaria la vita è uno dei pezzi più riusciti di Dolcenera, un grintoso brano, che cresce dopo un sussurrato inizio al piano, per liberarsi nel primo ritornello, fino al ritmo incalzante e accorato della seconda parte della canzone. Curiosità: la cantante salentina, rispetto alla versione incisa, ha dovuto sostituire una parolaccia presente nel testo. Qualche anno dopo, con i Maneskin o Lo Stato Sociale (solo per dirne alcuni) le parolacce sul palco dell'Ariston sono state decisamente sdoganate...

  Si fermano in semifinale, invece, le sonorità jazz di Nicky Nicolai, per il secondo anno di fila al Festival ma questa volta senza il marito Stefano Di Battista e, quindi, in un'altra categoria. La sua Lei ha la notte (probabilmente incentrata su una prostituta), però, nonostante l'innegabile classe e bravura della Nicolai, rappresenta un passetto indietro rispetto a "Che mistero è l'amore" dell'anno precedente. Niente male, invece, il debutto da solista al Festival di Simona Bencini, già in gara nel 1997 con i Dirotta su Cuba. Questa volta la Bencini presenta Tempesta, un raffinato brano dalle sonorità soul e r'n'b, scritto a quattro mani con Elisa (musica della Toffoli, testo della Bencini). Da menzionare soprattutto il duetto nella serata del venerdì con la leggenda del soul e del jazz inglese Sarah Jane Morris, che non risparmia voce e polmoni per supportare la Bencini: questa versione anglo-italiana del brano venne anche incisa dalle due artiste.

  Tra le due canzoni eliminate subito troviamo Spagna con Noi non possiamo cambiare: se ci fosse una parola per descrivere questa e molte delle canzoni partecipanti, questa sarebbe la già citata da me "impalpabile". Canzone che non lascia alcuna traccia, oltre che "vecchia". Chi invece si fa notare (anche troppo) è Anna Oxa, ormai entrata nella sua fase "Lei non sa chi sono io", che le fa erigere un muro invalicabile tra lei e il pubblico (indicativo è il verso "Io sono l'antipatica e la bella)". Questa Processo a me stessa, scritta con Pasquale Panella (paroliere dell'ultimo e criptico Battisti), è un brano teatrale, decisamente di difficile ascolto e comprensione, oltre che di difficile esecuzione (la stessa Oxa si presenta con i fogli del testo in mano). L'esibizione nel complesso risulta pesante, dark (molti fecero paragoni con le Bestie di Satana...), appesantita ulteriormente dalla scenografia cupa. Necessitando di molti ascolti prima di essere compresa, è facile immaginare che due soli ascolti non possano bastare per arrivare al cuore del pubblico, che infatti la elimina subito. Al netto delle polemiche e delle sovrastrutture della performance, non si può negare la pregevole fattura artistica del brano, per quanto sia anti-sanremese in tutto e per tutto, più adatto ai teatri che a una manifestazione canora con tanto di gara.

  Passando alla categoria Gruppi, a imporsi furono i Nomadi, poi terzi nella finalissima. Il gruppo di Beppe Carletti, con la voce (all'epoca) di Danilo Sacco, torna a Sanremo dopo l'unica partecipazione del 1971. Dove si va cattura subito l'attenzione del pubblico, tanto da essere per molti la favorita alla vittoria finale, poi andata a Povia e al suo piccione... In ogni caso, lo storico gruppo sfrutta perfettamente la vetrina sanremese per dare nuova linfa alla propria carriera.

  Dietro di loro, nella categoria, si piazzano gli Zero Assoluto. Il duo, nato come gruppo hip hop, è ormai orientato al pop ed è reduce da alcune hit estive (su tutte "Semplicemente"), che ne hanno fatto idoli giovanili, da quando hanno abbassato le pretese artistiche rispetto agli esordi. Non fa eccezione il brano del debutto sanremese. Svegliarsi la mattina è un brano "facile facile", orecchiabile, che fa subito presa nelle radio e nel pubblico di riferimento, grazie al "na na na na na na" del ritornello. Ma De Gasperi e Maffucci hanno fatto di meglio, sia prima che dopo.

  Si ferma in semifinale un altro scempio della coppia Mogol-D'Alessio. La categoria Gruppi si conferma un riempitivo per solisti rimasti fuori dalle altre categorie, e vede approdarvi un idolo della musica napoletana, Gigi Finizio, tornato a Sanremo dopo due comparsate a metà anni '90. Per l'occasione, viene messa in piedi un'operazione decisamente ruffiana ma scadente dal punto di vista musicale: a Finizio, infatti, viene affiancato un gruppo di adolescenti, cantanti e musicisti, i cosiddetti "Ragazzi di Scampia", provenienti dal famoso quartiere napoletano, tristemente noto per fatti di cronaca. La canzone è, senza mezzi termini, imbarazzante, con un testo (interamente in napoletano) che definire trash sarebbe un complimento. Andrebbe segnalato tutto nella rubrica sottostante, ma Anna Tatangelo gli ha rubato l'onore (gli autori però sempre quelli sono, "casualmente"). Qui segnaliamo giusto "Simme nat' ajere ma già sapimme ca pe' campa' ce vo' a scola d'a strada pe' ce' mpara' e cercamm 'o sole dint'a munnezza pe' ce scarfa'". Mario Merola si sta rivoltando nella tomba...

  Figura dignitosa, invece, per gli altri semifinalisti, i Sugarfree, reduci dal grande successo del loro singolo di debutto, "Cleptomania". Qui portano Solo lei mi dà, che per quanto ricordi le atmosfere di Cleptomania, è una gradevole ballad pop-rock, impreziosita dalla voce caratteristica di Matteo Amantia.

  Non arrivano in semifinale le due canzoni più raffinate della categoria, senza ombra di dubbio scippate del posto dal guazzabuglio guidato da Gigi Finizio. Innanzitutto, troviamo Mario Venuti, che per l'occasione (ossia per liberare posto nella categoria Uomini) si presenta con gli Arancia Sonora, la band che lo accompagna in tour. Un altro posto nel mondo è un gioiellino, un brano delicato, sognante, suonato da signori musicisti (il chitarrista Tony Canto su tutti), per non parlare della voce inconfondibile di Venuti. Senza giri di parole, un grave errore da parte delle giurie, ma il brano avrà un buon successo radiofonico.

  Di indubbia qualità anche Un discorso in generale, cantato da Noa e Carlo Fava, accompagnati dai musicisti del Solis String Quartet. La voce dell'interprete israeliana del brano portante de "La vita è bella" di Benigni incanta, ma a discolpa della giuria si può dire che certamente non bastano due ascolti per un brano jazz e intimo come questo, anch'esso più adatto ai teatri che a una manifestazione come il Festival (per quanto sia coraggioso e giusto allargare i confini nazionalpopolari della kermesse).


CATEGORIA GIOVANI
Anche quest'anno, per le dodici nuove proposte in gara, c'è la possibilità di giocarsi la finalissima tra le vincitrici di categoria. Peccato che anche quest'anno si preveda di farli esibire in coda alle serate, oltre mezzanotte. Il livello delle canzoni in gara è molto variegato, tra canzoni di livello e canzoni francamente dimenticabili, e qualche nome farà parlare più o meno a lungo. A imporsi, come spesso accade, è però una meteora, con una canzone altrettanto dimenticata (presto) e dimenticabile: Riccardo Maffoni, ennesimo cantautore con la chitarra (e una inconfondibile zeppola). Sole negli occhi mescola cantautorato, blues, pop rock ma si impone nella sorpresa generale, soprattutto considerando chi gli arriva dietro e che godeva di tutti i favori dei pronostici.

  Stiamo parlando di Simone Cristicchi, arrivato a Sanremo due anni dopo la clamorosa (a posteriori) esclusione di due anni prima con "Studentessa universitaria" (lanciato come singolo dopo la canzone sanremese) e l'ancor più clamoroso successo dell'estate 2005 del suo singolo di debutto "Vorrei cantare come Biagio" (dove Biagio sta per Biagio Antonacci). Questa Che bella gente (scritta con Momo, eclettica cantautrice conosciuta però più per il demenziale esperimento di "Fontanela") è un eccellente compromesso tra qualità e orecchiabilità. Con ritmo e con tanto di fisarmonica, infatti, Cristicchi, con il suo inconfondibile stile da cantastorie, racconta di malelingue e danni provocati da zizzania e pettegolezzi (come non pensare a "Maledette malelingue" del compianto Ivan Graziani, in gara a Sanremo '94). Il cantautore romano deve accontentarsi del secondo posto di categoria, ma presto si prenderà la sua rivincita sul palco sanremese, mentre di Maffoni si perderà ogni traccia, senza particolari rimpianti del pubblico.

  In genere non esaltanti sono i giudizi sui semifinalisti. Manieristica e antica risulta la proposta della pur brava Helena Hellwig, che si presenta con Di luna morirei, scritta tra gli altri da Mango. Altra canzone semifinalista è Irraggiungibile di L'aura, da molti all'epoca indicata come la nuova Elisa (se non altro perché i suoi singoli di debutto erano in inglese) e reduce dal successo dell'album "Okumuki" (ricordiamo i singoli "Radio star" e "Today", che onestamente erano superiori alla canzone sanremese, per quanto più che dignitosa). Favorita della vigilia anche lei, L'aura deve fermarsi in semifinale, al pari dell'orrida Un mondo senza parole, affibbiata all'onesta interprete Monia Russo. Si tratta di una pausinata fuori tempo massimo, con un testo che risulta un concentrato di melassa da giornaletti alla Cioè ("Tu... di che stella sei, per me... sarai come un bimbo che... già sa che non può fare a meno di te e sa che tu l'amerai"). Conclude il lotto dei semifinalisti il validissimo Tiziano Orecchio con l'altrettanto valida Preda innocente. Al pari di Maffoni, Hellwig e Russo, però, Sanremo non rappresenterà per lui un trampolino di lancio, nonostante le sue innegabili doti vocali (estensione in primis).

  Passiamo agli eliminati del primo turno (quindi dopo un solo ascolto) e ad alcune eliminazioni assurde. Il caso più clamoroso è quello di Ivan Segreto, talentuosissimo jazzista siciliano che arriva anche lui con i favori dei pronostici, e invece si vede escludere subito dalle giurie (evidentemente addormentate, visto l'orario) la sua bellissima Con un gesto. Non si può nemmeno trovare l'alibi del genere che non funziona a Sanremo, se pensiamo agli exploit sanremesi di Sergio Cammariere e Raphael Gualazzi prima e dopo di Segreto. Nonostante una performance impeccabile dal punto di vista vocale e atmosfere degne dei migliori jazz club, il cantautore siciliano deve lasciare spazio, tra gli altri, all'anonimo Maffoni. Tant'è.

  Nella stessa serata devono lasciare il passo gli Ameba 4, gruppo rock prodotto da Caterina Caselli e che si distingue per atmosfere psichedeliche anni '70. Curiosità: alla chitarra c'è nientemeno che Ermal Meta, prima del suo ritorno in gara qualche anno dopo come leader de La Fame di Camilla e ancora più avanti come solista. A differenza di Segreto, però, per loro si può dare l'alibi alla giuria per la difficoltà di questa <>Rido... forse mi sbaglio, per quanto, per orecchie esperte e consumatori abituali di musica, si tratti di un gioiellino. Altro brano di qualità ma di difficile ricezione per orecchie non allenate è Non dimentico più dei Deasonika, una rock ballad che parte sussurrata per finire in un crescendo cantato a pieni polmoni dal cantante Max Zanotti.

  Eliminato subito anche un giovane proveniente da Latina, Virginio. Il ragazzo porta in gara Davvero, una delicata ballad r'n'b dedicata al padre e alla difficile comunicazione con lui, forse cantata con un uso leggermente esagerato del vibrato. La canzone fa intuire che Virginio abbia come punti di riferimento Tiziano Ferro, Stevie Wonder e R Kelly: questo e una performance ricca di pathos e molta emozione non bastano però a far passare il turno a Virginio, che avrà la sua rivincita cinque anni dopo, vincendo la decima edizione di Amici di Maria De Filippi.

  Con le ultime due eliminazioni scendiamo decisamente di livello. Indecifrabile è la proposta di tale Andrea Ori (visto un decennio dopo in gara a The Voice con altrettanta scarsa fortuna). La sua Nel tuo mare (scritta con Mino Vergnaghi, vincitore meteora del Sanremo '79 con "Amare") ha una struttura a dir poco complessa, che ne rende difficile la fruizione. Non basta la voce roca (l'ennesima!) di Ori. Ma è con Capirò crescerai di Antonello che il livello sprofonda. Il secondo ex Amici di Maria De Filippi in gara a Sanremo (dopo Maria Pia con i Superzoo nel 2003) si presenta come il solito belloccio (clone di Meneguzzi e Dirisio) con la canzoncina per teenager innamorate, che peraltro canta male (dimentica addirittura le parole di una strofa). Con questa dimenticabile esibizione cala il sipario sulle velleità canore di Antonello, poi riciclatosi come produttore e autore (ciao André, Sanremo 2004).

 


TOP3 BIG
1) Un altro posto nel mondo - Mario Venuti & Arancia Sonora
2) Com'è straordinaria la vita - Dolcenera
3) Processo a me stessa - Anna Oxa

TOP SHIT BIG
1) Essere una donna - Anna Tatangelo
2) Musica e speranza - Gigi Finizio e i ragazzi di Scampia
3) Vorrei avere il becco - Povia

TOP3 GIOVANI
1) Con un gesto - Ivan Segreto
2) Rido, forse mi sbaglio - Ameba 4
3) Che bella gente - Simone Cristicchi

TOP SHIT GIOVANI
1) Crescerò crescerai - Antonello
2) Un mondo senza parole - Monia Russo
3) Sole negli occhi - Riccardo Maffoni

FRASE DELL'ANNO BIG:
Non riesco a immaginare qualcuno
qualcosa che inizi,
ho più dimestichezza con la fine,
e non c'è niente che mi riporta indietro.
Ci sarà un altro posto nel mondo,
una strada che riparte da qui.
Ci sarà un altro istante nel tempo,
per vivere tutte le vite possibili che volevo io.
(da "Un altro posto nel mondo", Mario Venuti & Arancia Sonora)

FRASE DELL'ANNO GIOVANI:
Per esempio certe volte preferisco i matti
perché dicono quello che pensano
e non accettano ricatti e compromessi.
Non si confondono con gli altri,
nel bene, nel male rimangono se stessi
(da "Che bella gente", Simone Cristicchi)

PERLE DI SAGGEZZA BIG:
So che mi vedi come il miele da mangiare tu,
ma ti stai sbagliando sai,
io non sono una ciliegia.
Essere una donna
non vuol dire riempire solo una minigonna.
(da "Essere una donna", Anna Tatangelo)

PERLE DI SAGGEZZA GIOVANI:
Io sento che c'è, dentro di te,
un mondo senza parole.
L'immenso che vuoi, è già parte di noi,
un'onda che non ci basta mai.
(da "Un mondo senza parole", Monia Russo)

VINCENZO CARLOMAGNO

Continua...