di Vincenzo Carlomagno
Dopo l'edizione tutt'altro che brillante guidata da Giorgio Panariello, la RAI decide di affidarsi all'usato sicuro, richiamando il Re del Festival, il Santo Patrono delle sette note, il Gran Mogol della kermesse sanremese: Sua Maestà Pippo Baudo da Militello, Catania. Nonostante sia stato accantonato senza tanti complimenti dopo l'insuccesso (soprattutto di vendite) dell'edizione del 2003, Sir Baudo non se lo fa ripetere due volte e torna a calcare le sacre assi del Teatro Ariston in cerca di riscatto. Riuscendoci. L'edizione del ritorno di Baudo, infatti, registra ascolti decisamente più alti rispetto all'edizione di Panariello, lanciando diverse canzoni e consacrando qualche giovane artista. Non mancheranno i flop, le meteore e, soprattutto, tante ruffianate in puro stile baudiano, oltre a una forse eccessiva quota di canzoni "teatrali". Ma andiamo per ordine. Ad accompagnare Don Pippo nelle cinque serate è Michelle Hunziker, gentilmente concessa da Mediaset. Ritorna il Dopofestival, affidato a Piero Chiambretti, che lancerà il tormentone "Fondanela" di Momo (autrice della canzone portata in gara l'anno precedente da Simone Cristicchi). La surreale canzone venne presentata da Momo alle selezioni di quell'anno, risultando (probabilmente) uno scherzo alle orecchie di Baudo. In un contesto meno ingessato come quello del Dopofestival, però, "Fondanela" colpì il pubblico. Con il ritorno di Baudo, quasi tutte le innovazioni degli ultimi due anni vengono accantonate, a cominciare dalla suddivisione in categorie. Si tornerà, infatti, alla semplice suddivisione in Big e Giovani. Vengono archiviate le eliminazioni nella categoria Big, resistendo però in quella Giovani. A proposito di quest'ultima: a differenza delle edizioni targate Bonolis e Panariello, i Giovani non vengono più relegati a fine serata, a tarda notte, ma riprendono ad alternarsi con le esibizioni dei Big. Per quanto riguarda la classifica finale, vengono comunicate solo le prime dieci posizioni dei Big e il podio dei Giovani. Da notare anche il ritorno alle scenografie standard delle edizioni baudiane, con l'orchestra sul palco, il ritorno delle scale, una maggiore luminosità rispetto al cupo anno precedente, e la novità di immagini di accompagnamento alle esibizioni. A resistere rispetto agli ultimi anni è la sola serata dei Duetti, con versioni rivisitate delle canzoni in gara. Rispetto all'anno precedente (con la censura di una parolaccia dalla canzone di Dolcenera), assistiamo a uno sdoganamento di parolacce ed espressioni volgari nei testi: ne troveremo nelle canzoni di Milva, Fabio Concato, Simone Cristicchi, Daniele Silvestri, Patrizio Baù. Non è Festival senza polemiche, ma quella più nota riferita all'edizione 2007 è a scoppio ritardato. Aprile 2007: viene rilasciato il nuovo singolo di Irene Grandi, "Bruci la città". Il brano diventa un immediato successo, e la cantante toscana non perde occasione per sottolineare che questa canzone (scritta con Francesco Bianconi dei Baustelle) è stata scartata da Pippo Baudo e dalla Commissione dal Festival di Sanremo di quell'anno. Seguono repliche di Pippo Baudo e degli altri membri della Commissione (tra i quali il critico musicale Dario Salvatori), i quali contestano questa ricostruzione, sostenendo di aver ascoltato una versione molto diversa della canzone. A sua volta Irene Grandi non concorda con tali affermazioni, ribadendo di aver presentato la versione poi lanciata come singolo. Insomma, i rispettivi racconti divergono e non si sa quale versione sia stata effettivamente scartata da Baudo e soci. Resta il sospetto, però, che a non convincere il nazionalpopolare direttore artistico siano stati soprattutto alcuni passaggi del testo ("Bruci la città, e crolli il grattacielo, rimani tu da solo, nudo sul mio letto", oppure "Muoia sotto a un tram, più o meno tutto il mondo, esplodano le stelle, esploda tutto questo").
CATEGORIA BIG A trionfare è il secondo classificato della sezione Giovani 2006, Simone Cristicchi. La sua Ti regalerò una rosa è una poesia in musica sul difficile tema della malattia mentale, argomento molto caro al cantautore romano. La vittoria mette d'accordo critica e pubblico, ed è la consacrazione definitiva di Cristicchi come uno degli autori più raffinati e sensibili del panorama cantautorale italiano. Per il resto del podio bisogna pagare la tassa alla più vetusta melodia sanremese. La medaglia d'argento, infatti, è appannaggio di Albano, che a pieni polmoni canta la romanza Nel perdono, scritta, tra gli altri, dal figlio Yari e da Renato Zero. Ci perdoni lo zar di Cellino San Marco, ma la canzone è veramente vecchia, punto. Essendo determinato anche dal televoto, questo secondo posto è decisamente scontato. Ma se, alla fine, Albano sul podio può comunque starci (dato il contesto), a essere musicalmente raccapricciante è il terzo posto. Pippo rigioca la carta del tenore pop (dopo Bocelli e anche Alessandro Safina, visto per la prima volta al Sanremo 2001 con la Carrà) e presenta tale Piero Mazzocchetti, spacciato per cantante di successo in Germania. Il giovane piacione abruzzese canta a pieni polmoni Schiavo d'amore, una romanza evidentemente tirata fuori dalla naftalina per l'occasione dal cassetto degli autori del brano (quei due volponi di Morra e Fabrizio). La canzone fa breccia nelle signore di mezza età, ma di lei e del suo interprete si perdono presto le tracce, senza particolari rimpianti, fino alla parentesi, esattamente dieci anni dopo, nel cast di Tale e Quale show. Ai piedi del podio, troviamo il maggior successo di quest'edizione, insieme alle vincitrici di categoria. Daniele Silvestri, torna in gara cinque anni dopo "Salirò" e ne bissa il successo (soprattutto radiofonico). La paranza è una canzone molto orecchiabile, apparentemente frivola e leggera ma, tra fritture di pesce, nomi di città, rime e giochi di parole, il testo nasconde diverse bordate e riferimenti a casi di attualità (in primis la latitanza del boss Provenzano e riferimenti all'avvocato Taormina del famigerato caso Cogne). Al quinto posto troviamo l'ultima partecipazione in gara per Mango, prematuramente scomparso sette anni dopo per un attacco cardiaco. Il congedo sanremese dell'artista lucano avviene sulle note di Chissà se nevica, non uno dei suoi brani più memorabili ma comunque di discreta presa sul pubblico. Curiosità: nella serata dei duetti, ad accompagnare Mango sul palco è sua moglie Laura Valente, vocalist dei Matia Bazar negli anni '90, durante il periodo pop rock della band (quello, per intendersi, post Antonella Ruggiero e prima della svolta "da balera" con Silvia Mezzanotte e Roberta Faccani). Al sesto posto si classifica l'impalpabile pop per ragazzine di Paolo Meneguzzi, che con Musica presenta una delle sue canzoni più dimenticabili e smielate, per quanto le radio la passino, anche più del dovuto. Per la serata dei duetti, la canzone viene presentata con la meteora inglese Nate James (reduce dal suo unico successo "The message"), in una versione che sarà poi incisa. In settima posizione, la bella sorpresa firmata da Tosca (e l'attore Massimo Venturiello, ospite nella serata dei duetti) che si ripresenta dopo i fasti sanremesi degli anni '90 con un eccellente esempio di teatro canzone. La sempre ineccepibile voce di Tosca è al servizio di questa Il terzo fuochista, che con un'interpretazione magistrale e teatrale coinvolge gli ascoltatori descrivendo le atmosfere di una festa di paese. Con l'ottava posizione il livello precipita drammaticamente: troviamo, infatti, il duetto tra Roby e Francesco Facchinetti (per nostra fortuna al suo ultimo Festival e al capolinea della sua discutibile carriera canora). Facchinetti padre si sacrifica quindi per dare un'altra occasione sanremese al suo erede, ma questa Vivere normale è uno stucchevole dialogo tra padre e figlio, e la performance vocale di Facchinetti junior è decisamente improponibile. Segue al nono posto una canzone decisamente meglio riuscita, Appena prima di partire, che diventerà uno dei brani più noti e di successo degli Zero Assoluto, al loro ritorno a Sanremo dopo il debutto dell'anno precedente. Questa hit radiofonica si fa ricordare anche per il duetto con Nelly Furtado, che con i suoi inserti in inglese e la sua caratteristica vocalità dona qualcosa in più al brano, tanto che anche questa versione ("Win or lose") verrà incisa, perdendo però in intensità rispetto al live di Sanremo. In seguito, Nelly ricambierà il favore invitando il duo ad accompagnarla nella versione italiana di un suo brano ("All good things"). A chiudere la Top Ten è Antonella Ruggiero, con la pacifista Canzone tra le guerre. Detto della solita magistrale interpretazione dell'ex vocalist dei Matia Bazar e del testo importante, il sottoscritto non può non far notare la "pesantezza" della canzone: come dire "bella, ma da ascoltare per un minuto e basta" (e invece sono quattro minuti, e non passano mai). Mi scuso con i fan della Ruggiero e di questo genere, è sicuramente una mia mancanza. Come detto, per le dieci canzoni classificatesi fuori dalle prime dieci posizioni non è stata comunicata l'effettiva posizione in classifica. Tra queste, è doveroso iniziare con un altro brano teatrale in gara, The show must go on, l'ultima (profetica) apparizione sanremese di Milva. La pantera di Goro incanta come suo solito, con un intenso brano scritto dall'altrettanto compianto Giorgio Faletti, sulle gioie e (soprattutto) dolori della vita dell'artista. Forse troppo sofisticato per i palati (poco) fini delle varie giurie. Altro bel ritorno in gara è quello di Nada, l'ex bimba prodigio di "Ma che tempo fa", capace di reinventarsi di continuo restando sempre credibile. Questa Luna in piena è un pezzo ipnotico dalle venature rock, scritto dalla stessa Nada Malanima, e interpretato in maniera convincente, ma questo non è sufficiente per finire nelle posizioni che contano. Convincente è anche il debutto sanremese (sulla scia del successo di Nicky Nicolai) della sensuale vocalità di Amalia Grè, reduce dal successo di "Io cammino di notte da sola". Qui la Grè presenta l'accorata Amami per sempre, presentata con l'accompagnamento della calda voce di Mario Biondi nella serata dei duetti (e poi "coverizzata" anche da Orietta Berti, ma questa è un'altra storia). Degna di nota è anche la terza partecipazione sanremese dei Velvet, con Tutto da rifare. Il gruppo romano, stavolta, presenta atmosfere più soft e un arrangiamento più orchestrale e meno rock: se la classifica non sorriderà loro, lo farà l'airplay radiofonico. Nota a margine: durante l'esibizione nella serata finale, il cantante Pierluigi Ferrantini (in seguito speaker di Radio Due Rai), scende in platea per dedicare le parole più significative della canzone alla sua compagna («Io oggi penso solo a lei, io oggi so che le direi, che ogni giorno che passerà, sarà un giorno di gloria»), la conduttrice Carolina Di Domenico. Per la quota "canzone teatrale" (ancora), In Italia si sta male (si sta bene anziché no), un inedito di Rino Gaetano presentato in gara dall'attore Paolo Rossi. Il testo risulta attuale anche dopo quasi 30 anni, a dimostrazione di come avesse precorso i tempi il compianto (e rimpianto) cantautore calabrese, ma la performance di Paolo Rossi lascia poco, anche perché poco consona a una manifestazione che in teoria è canora, e poi è l'ennesima canzone in gara "recitata". E non è nemmeno l'ultima. Infatti, troviamo anche il ritorno di Johnny Dorelli (all'epoca 70 primavere), al suo nono (e verosimilmente ultimo) Festival. La sua Meglio così è fedele allo stile e allo swing di Dorelli, ma nonostante l'innegabile classe la canzone non ha le carte per catturare l'attenzione del pubblico e diventare un evergreen. Tematica degna di nota è quella trattata in Oltre il giardino di Fabio Concato. Il cantautore torna a Sanremo presentando una delicata riflessione sui licenziamenti in età adulta e la difficoltà a reinventarsi oltre i 50 anni. Musicalmente però la canzone non decolla, come Guardami degli Stadio, ballad senza infamia e senza lode. Si tratta probabilmente della partecipazione sanremese meno ricordata e meno fortunata del gruppo guidato da Gaetano Curreri, che qualche anno più tardi avrà ben altra fortuna sul palco dell'Ariston. A otto anni dall'unica partecipazione sanremese (terza tra le Nuove proposte) e dopo qualche anno di oblio conseguito a qualche annata di successi estivi a cavallo dei due secoli (e una dimenticabile partecipazione a Music Farm nel 2006) torna in gara Leda Battisti, in cerca di un rilancio, che però non avverrà. La flamencheggiante Senza me ti pentirai è fedele alla cifra stilistica di Leda Battisti e non sfigura di certo ma, oltre a non conquistare la prima metà di classifica, è l'ultima apparizione ad alti livelli della cantautrice di Poggio Bustone (come Lucio Battisti, con il quale Leda però non condivide alcuna parentela). Concludiamo con un duetto stucchevole, anche se pieno di significato (soprattutto a priori). I fratelli Bella (Marcella e Gianni) presentano Forever (per sempre), firmata - guarda un po' - da Mogol e lo stesso Gianni Bella, altra canzone sul tempo che passa. Che originalità nel 2007. La canzone rappresenta per entrambi la temporanea (?) ultima presenza in gara al Festival, e la seconda in coppia, dopo "Verso l'ignoto", datata 1990 ma, soprattutto, è l'ultima apparizione pubblica di rilievo di Gianni, prima dell'ictus che lo colpirà nel 2010 e lo costringerà ad abbandonare le scene. In ogni caso, nonostante le caratteristiche vocalità dei fratelli Bella, questa canzone risulta un inutile revival, e una delle maggiori indiziate all'ultimo posto. Ma rimarremo con questo dubbio "amletico" forever, appunto.
CATEGORIA GIOVANI Con il ritorno di Lord Pippo, la categoria Giovani non è più relegata alle ore piccole ma torna ad alternarsi con i Big, in puro stile baudiano. Ma a tornare ai livelli baudiani (in particolare delle annate 2002-2003) è anche la qualità delle canzoni dei cosiddetti giovani, che in molti casi portano canzoni fuori dal tempo e prive di qualunque appeal, con le solite eliminazioni scandalose. Non è un caso che a emergere dal lotto dei 14 partecipanti sarà solo uno, il vincitore. Il cantautore romano Fabrizio Mobrici, meglio conosciuto come Fabrizio Moro, torna in gara tra i Giovani dopo la poco fortunata esperienza del 2000 e anni turbolenti e di silenzio artistico (nei quali va compresa la bocciatura da parte di Tony Renis dal cast di Sanremo 2004). Moro si rimette in gioco (e a nuovo, in tutti i sensi) presentando quello che sarà un grande successo e uno dei suoi cavalli di battaglia, Pensa, un orecchiabile inno alla responsabilità civile e, più in generale, contro la mafia. Una tematica sicuramente importante ma, a detta di chi scrive, forse un'operazione un po' ruffiana e dalla facile presa, alla quale si accompagna una canzone appena sufficiente dal lato musicale. In futuro Moro saprà fare molto meglio, anche a Sanremo. Piazza d'onore per gli occhi verdi (e l'improbabile e laccata pettinatura anni '80) di Stefano Centomo con Bivio, romantica canzone dal crescendo incalzante e che vede Centomo iniziare seduto al piano per poi alzarsi nel finale in puro stile Dolcenera (per dire). Questa canzone avrà un buon successo radiofonico e verrà molto usata nei talent per gare di canto e di ballo, ma di Centomo non si sentirà più parlare granché. Al terzo posto troviamo un duo reduce dalla quarta edizione di Amici, i Pquadro, al secolo Piero Romitelli e Pietro Napolano, con Malinconiche sere. La loro canzone è un pop adolescenziale senza pretese, che finisce sul podio (oltre che per la popolarità televisiva del duo) per mancanza di avversari. A questa canzone seguirà poco (tipo collaborazioni con Disney Channel) e Romitelli si dedicherà soprattutto alla scrittura di canzoni per altri (tra i quali la sorella). Per gli altri cinque finalisti non viene indicata la posizione finale. Diciamolo subito: quasi tutte queste canzoni non sono degne di nota, a iniziare dalla vecchissima e insostenibile Il senso della vita, presentata dalla manieristica cantante di origine albanese Elsa Lila, già vista senza successo quattro anni prima con l'altrettanto insostenibile "Valeria". Non è un caso che a scrivere questa canzone siano i vetusti Morra e Fabrizio, autori anche della canzone di Mazzocchetti: ma non era la categoria Giovani? Per me è NO. È la volta di Romina Falconi, in gara con Ama. Bravissima interprete, che però porta uno scialbo brano pseudo r'n'b. Peccato, perché la Falconi merita. E, nel suo piccolo, in seguito lo dimostrerà, compiendo scelte non convenzionali che faranno a pugni con la canzone portata a Sanremo, ma che dimostrano ben altro spessore artistico: infatti, dopo aver accompagnato Eros Ramazzotti in tour come corista e aver partecipato alla sesta edizione di X Factor, Romina inizierà a collaborare con il provocatorio cantautore gay friendly Immanuel Casto, diventando lei stessa paladina dei diritti LGBTQI+. Inoltre, il suo repertorio elettropop si contraddistingue per una sottile ironia. Basta leggere i titoli di alcune sue canzoni: "Magari muori" (in collaborazione con le Onoranze funebri Taffo, note per il black humour), "Magari vivi", "Cadono saponette", "Ringrazia che sono una signora". Proseguiamo con un'altra brava interprete, che però anche lei ha avuto in dote un brano non all'altezza delle sue indubbie doti canore e interpretative. Jasmine, figlia della compianta showgirl Stefania Rotolo (interprete di "Cocktail d'amore") e già apprezzata un decennio prima come vocalist del fortunato album di debutto dei Sottotono, si trova in dote una canzone scritta, tra gli altri, dal maestro Fio Zanotti e, soprattutto, Renato Zero, legatissimo alla madre. Questa La vita subito è un easy listening adolescenziale uscito dalle radio di metà anni '90, inappropriato per una cantante dalla vocalità black che all'epoca aveva già 35 anni e che, ripetiamo, meritava ben altre canzoni. Non ci fanno tornare nella contemporaneità che ci si aspetta dai giovani la fisarmonica e il tango di Amore ritrovato di Sara Galimberti. La solita storia: ottima vocalità, al servizio di una canzone vecchia (e anche questa teatrale), per quanto raffinata. Avanti con l'ultimo finalista, che risponde al nome di Marco Baroni, con L'immagine che ho di te. Il livello qui si alza, entrando nel cantautorato italiano più raffinato. La canzone non ha un vero e proprio ritornello, ma l'interpretazione di Baroni e l'arrangiamento rendono il brano più che dignitoso, che fa sicuramente spiccare il brano sulle altre quattro finaliste rimaste fuori dal podio. Come spesso accade a Sanremo, alcune delle canzoni migliori sono rimaste fuori dalla finale. È il caso di Napoleone azzurro, presentata dalla rock band Grandi Animali Marini. Si tratta di un brano pop rock dal testo enigmatico, che parla di un misterioso Napoleone azzurro, accolto in piazza da una parata di mille cavalli azzurri, gendarmi, bande musicali e folla festante, e di un'amante a lui attribuita. Sul significato del testo, si è ipotizzato si parlasse di Silvio Berlusconi, ma la teoria non è mai stata confermata ufficialmente. Un'altra eliminazione avventata è quella di Pier Cortese, con il suo caratteristico stile da chansonnier. Reduce dai successi di "Souvenir" e "Dimmi come passi le notti", il cantautore presenta sul palco dell'Ariston Non ho tempo, forse un gradino sotto le canzoni citate, ma comunque più che degna di passare il turno al posto di più della metà delle canzoni finaliste. Ancora più discutibile è l'eliminazione degli FSC con Non piangere, delicata ballad pop rock. La voce del gruppo è Davide Ferrario, in seguito apprezzato musicista e produttore per altri artisti (tra i quali Franco Battiato, Gianna Nannini e Max Pezzali). Eliminato subito anche il combat folk dei Khorakhanè, ex tribute band di Fabrizio De Andrè (da qui il nome del gruppo). La ballata di Gino è un inno pacifista che prende spunto dalla vera storia di un giovane disertore ai tempi della Seconda guerra mondiale. Lodevole è il tentativo di portare al festival qualcosa di originale e un testo impegnato, ma il genere è di quelli che o lo ami o lo odi, senza vie di mezzo. Il sottoscritto non fa parte della prima categoria (ed evidentemente anche le giurie che hanno eliminato subito questo brano). Il livello scende con la sacrosanta eliminazione del docente di educazione musicale Patrizio Baù, che presenta l'ardita Peccati di gola. Per quanto i riff di chitarra siano interessanti, il testo è abbastanza imbarazzante, tra chiare allusioni sessuali e doppi sensi (chissà cosa sarà la mela che vuole il focoso Patrizio). Il livello non sale con la zuccherosa Ninna nanna di Mariangela, ex concorrente di Superstar Tour, programma di Italia 1 che aveva lo scopo di trovare le nuove Lollipop (!!!). Reduce da alcuni singoli di buon successo radiofonico e di vendite (tra i quali la scarica di insulti per il suo ex di "Dedicata a te" e, soprattutto l'hit estiva "M'ama o m'amerà"), Mariangela si presenta con una vera e propria ninna nanna dal testo chiaramente non molto elaborato («Ninna nanna ninnaò, questo amore a chi lo do, lo do a te finché vivrò, solo te io amerò. Ninna nanna ninnaò, questo amore a chi lo do, lo do a te finché vivrò e a nessun altro lo darò»). La canzone avrà un buon successo radiofonico, ma le velleità artistiche di Mariangela si fermeranno poco dopo, quantomeno a livelli medio-alti.
TOP3 BIG 1) Luna in piena - Nada 2) Tutto da rifare - Velvet 3) Il terzo fuochista - Tosca / The show must go on - Milva
TOP SHIT BIG
TOP3 GIOVANI
TOP SHIT GIOVANI
FRASE DELL'ANNO BIG:
FRASE DELL'ANNO GIOVANI:
PERLE DI SAGGEZZA BIG:
PERLE DI SAGGEZZA GIOVANI: VINCENZO CARLOMAGNO
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