Anno:
1974
Altri titoli:
Interpreti:
Wess e Dori Ghezzi
HitParade:
#1
Chart annuale:
Top 10
Altri interpreti:Umberto Tozzi
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"Informiamo che Wess e Dori Ghezzi hanno vinto Canzonissima; il primo
premio della lotteria di Capodanno va al possessore del biglietto
numero...". Questa, più o meno, la frase pronunciata in coda al
telegiornale andato in onda "in forma ridotta e senza contributi
filmati" sul primo canale della RAI la sera del 6 Gennaio 1975. Con
un semplice annuncio si chiudeva per sempre una delle trasmissioni più
amate e seguite della televisione italiana, che per quasi vent'anni
aveva appassionato milioni di telespettatori a suon di gare canore,
cartoline voto e premi dispensati dai Monopoli di Stato. La finale
dell'edizione '74-'75, presentata da Raffaella Carrà, non era andata in
onda a causa di uno sciopero dei tecnici RAI che già aveva falcidiato la
puntata natalizia della manifestazione, riducendola quasi ad una
formalità burocratica; inquadrata a mezzo busto da una telecamera fissa,
la Carrà annunciava i cantanti e i titoli delle canzoni con tono
notarile e l'espressione di chi sta per dare la notizia di un'imminente
catastrofe. Al di là degli obblighi di stringatezza dettati dalla
situazione, si percepiva benissimo che la padrona di casa avrebbe
strangolato uno ad uno gli scioperanti, rei di aver mandato a monte
quello che, a tutti gli effetti, era il "suo" spettacolo: l'ultima
edizione di Canzonissima fu infatti una sorta di one woman show
dove cantanti, motivi in gara e votazioni facevano più che altro da
riempitivo; l'imprevisto dello sciopero aveva rischiato di vanificare il
tutto declassando Raffaella a "signorina buonasera" alle prime armi.
L'opportunità di salutare e ringraziare il pubblico in maniera più
consona sarebbe arrivata solo un paio di mesi dopo, nel corso di una
puntata di "Tanto Piacere" nella quale la showgirl fu ospite di
Claudio Lippi. E anche in quel frangente si poteva chiaramente avvertire
che l'arrabbiatura per non aver potuto portare a termine lo spettacolo
come voleva lei era tutt'altro che un lontano ricordo. Quelli che
non si scomposero più di tanto per la fine "anomala" della
manifestazione furono, invece, i due vincitori, che, grazie a Un
corpo e un'anima, riuscirono a ottenere una piccola ma definitiva
consacrazione. Fidanzatini ad uso esclusivo delle telecamere e delle
loro canzoni, Wess Johnson e Dori Ghezzi avevano alle spalle percorsi
artistici completamente differenti e non costituivano una coppia nella
vita privata (almeno non ufficialmente; proprio nell'anno in cui il
pezzo fu inciso, la Ghezzi conobbe il futuro marito Fabrizio De
André). Dopo un inizio di collaborazione quasi casuale, la Durium,
loro comune casa discografica, decise di metterli insieme stabilmente
con l'intento di dare una spinta a due carriere che non avevano più
molto da dire e mai andate al di là di un medio successo. La coppia
mista (afroamericano lui e italianissima lei) e un repertorio ben
studiato ad uso delle divoratrici di fotoromanzi potevano essere un buon
espediente per valorizzare, e meglio sfruttare a fini commerciali, le
doti canore e la buona presenza scenica di entrambi. E, perché no, dare
maggiore visibilità anche alle loro sortite "in proprio" (lui con gli
Airedales, ex gruppo di Rocky Roberts, lei come cantante solista), che
proseguivano parallelamente alle esibizioni in duo. Dopo il successo di
Voglio stare con te, Wess e Dori mantennero una buona
popolarità per alcuni anni, grazie a una manciata di motivi facili,
curati negli arrangiamenti e nelle armonie vocali e, soprattutto,
attenti ad assecondare la fantasia degli ascoltatori (e dei
telespettatori) che, istintivamente, percepivano i due interpreti come
coppia a tutti gli effetti, quasi si trattasse di una versione più
sdolcinata e meno "ruspante" dei già affermati Vianella. E infatti tutti
i loro successi, da Voglio stare con te in avanti, inglobavano
vere e proprie dichiarazioni d'amore eterno: staremo insieme per sempre,
non ci lasceremo mai, siamo una cosa sola. Un corpo e un'anima, per
l'appunto. Era evidente già dal titolo del motivo con il quale
vinsero, oltre che Canzonissima, un biglietto con destinazione Stoccolma
per partecipare all'Eurofestival (dove si sarebbero classificati terzi
con Era) che il ritornello - in tutti i sensi - non sarebbe
cambiato di una virgola rispetto alle uscite precedenti, compresa quella
Noi due per sempre con la quale avevano partecipato alle fasi
eliminatorie della gara. Unico "fuori programma" del testo, una piccola
scenata di gelosia a causa di qualche sguardo di troppo lanciato a lui
da un'altra donna e immancabilmente captato da lei; ma sono solo piccole
scaramucce messe lì per movimentare un po' la situazione (vieni qui, non
fare così, e via di seguito) che avranno, come unica conseguenza, quella
di far crescere un amore destinato a durare per tutta la vita, perché
"troppe" sono le cose in comune. E, infatti, tutto si risolve con un
abbraccio liberatorio e stelle accese sul soffitto prima ancora di
arrivare al refrain. È ormai abbastanza risaputo che dietro questo
pezzo, premiato anche con un primo posto in hit parade, c'é la vena
compositiva di un giovane chitarrista chiamato Umberto Tozzi e
dell'amico e collega bassista Damiano Dattoli; i due lavoravano come
turnisti a Milano per l'etichetta Numero Uno e, proprio nel 1974,
avevano chiamato a raccolta altri musicisti di studio della stessa casa
discografica per incidere un long playing ("Strada bianca")
dall'esito fallimentare. Racconta Tozzi nell'autobiografia pubblicata
nel marzo del 2009 che in quel periodo era spesso ospitato in un
appartamento di amici di Dattoli arredato in maniera a dir poco
stravagante, con lampadari composti da specchietti per creare l'effetto
"palla stroboscopica" e nuvole di polistirolo appese in bagno come
decorazione. Proprio in quella casa nacque la musica di Un corpo e
un'anima. E c'è da stupirsi che, con premesse del genere, non sia
uscito fuori qualcosa di più "psichedelico". Il successo della
canzone convinse definitivamente Tozzi a proseguire la sua carriera di
autore e musicista e a rinunciare per sempre a quel posto in banca che
il padre ormai prossimo alla pensione gli avrebbe lasciato molto
volentieri. Dopo una proposta di collaborazione con la Ricordi mediata
da Mara Maionchi e non andata a buon fine, Tozzi approda finalmente alle
edizioni Sugar per il tramite di Franco Daldello (ex responsabile delle
edizioni della Numero Uno), e il resto è noto a tutti.
L'onnipresente Luigi Albertelli, che già aveva adattato Voglio stare
con te, e Felice Piccarreda, discografico della Durium che qui si
firma, come altre volte, con lo pseudonimo di Lubiak, sono gli autori
accreditati per il testo. Dopo anni di oblio, il motivo è stato
riportato in auge da un martellante spot televisivo e, a seguire, dalla
voglia di revival che sempre più spesso invade i pochi spazi riservati
al varietà dalla TV generalista (ammesso che di varietà si possa ancora
parlare). Più volte abbiamo potuto riascoltare il brano direttamente
dalla voce di Wess, accompagnata da quella di una giovane vocalist del
suo gruppo. Mentre la Ghezzi, dopo lo scioglimento del duo e la ripresa
della carriera solista, si è sempre ben guardata dal riproporlo. Come
sappiamo, si è ritirata all'inizio degli anni novanta ed é ora
interamente impegnata in iniziative volte a tenere viva, se mai ce ne
fosse il bisogno, l'eredità artistica del marito.
Wess invece, nel corso degli anni aveva sempre continuato ad esibirsi
dal vivo e proprio prima della sua scomparsa si trovava in tournée negli
Stati Uniti, dove era nato. Difficile immaginare che questa canzone sia
mai uscita dal suo repertorio. Mentre ci sono voluti ben
trentacinque anni per poter ascoltare, ormai a sorpresa, la personale
versione dell'autore, che ha scelto di includerla come "traccia
fantasma" nel doppio CD "Non solo live", composto in (piccola)
parte da canzoni inedite e in (gran) parte da riletture dal vivo dei
suoi maggiori successi.
(Luca)
 
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