Anno: 1956
Altri titoli: -
Interpreti: The Brothers Four -
Brooks Brothers - Vogues
HitParade: -
Chart annuale: -
Altri interpreti: Terry Gilkynson
& The Easy Riders
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Composta nel 1956 da Terry Gilkynson & The Easy Riders, la canzone appartiene a quel
genere di falso folk che invase l'America sull'onda del successo di Tom Dooley e
Angelique-Oh: talvolta si trattava di autentiche canzoni popolari antiche, molto più
spesso erano pezzi costruiti a tavolino da compositori dell'epoca. Gli stessi gruppi
che presentavano i brani, avevano l'aspetto di studenti universitari bianchi e ricchi,
possibilmente belli, con l'aria impegnata e pulita. Ricordo il Kingston Trio, gli
Highwaymen, i Rooftop Singers, e, nei primi anni '60, i New Christy Minstrels e i
Serendipity Singers.
"Greenfields" è stato il maggiore successo dei Brothers Four, i "Fratelli Quattro", che
non erano affatto parenti, ma veri studenti alla Università di Washington quando
formarono il gruppo; i loro nomi, per i posteri: Dick Foley, Bob Flick, John Paine,
Mike Kirkland. I lettori di memoria lunga ricorderanno un loro special di 15 minuti
alla TV italiana.
La canzone (N° 2 nella hit parade USA), pur eseguita magistralmente a quattro voci,
presenta un difetto insuperabile: è troppo lenta e troppo lunga: due strofe, un inciso,
un'altra strofa, senza alcun tipo di ritmo ed un accompagnamento strettamente
acustico, materiale che, ai tempi nostri, addormenta un insonne imbottito di
simpamina. L'argomento non è ecologico, come il titolo può far pensare, ma una
lamentazione neo romantica su di un amore perduto.
Bisogna dire che i nostri "fratellini" erano specializzati in canzoni lente, talvolta
esasperanti (basta ascoltare il follow up "My Tani"), eseguite sempre alla perfezione
ma con uno strano andamento da coro di chiesa che oggi pare dimenticato e
difficilmente digeribile. La cover inglese era dei Brooks Brothers, a tempo un
pochino più mosso; nel 1969 i Vogues, altro complesso vocale ancora più pesante dei
Brothers Four, la riprese e la riportò in classifica, senza bissare il successo
dell'originale del 1960.
(Giovanni Villata)
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