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Anno: 
1987
Altri titoli: 
Interpreti: 
Belinda Carlisle
HitParade: 
#6 (marzo 1988)
Chart annuale: 
Top 10
Altri interpreti: -
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Aveva praticamente visto la morte in faccia. Poi, ha trovato la forza di 
dire basta ad alcool e droghe di vario tipo e ha buttato giù i chili di 
troppo (per la verità non tutti) accumulati in anni di rock e 
sregolatezze. Con Heaven is a place on earth, la (nuovamente) 
bella Belinda può affermare, per fortuna sua e nostra, che il paradiso 
esiste. Non per esserci finita dentro, ma perché lo ha trovato qui, 
sulla terra. Dove l'amore per il marito - l'attore, produttore e uomo 
politico Morgan Mason - l'ha aiutata a uscire dal tunnel facendole 
riscoprire il miracolo della vita.  Questa canzone "celestiale" non 
é, a dire il vero, il primo episodio della resurrezione, tutto sommato 
abbastanza rapida, di Belinda Carlisle. Nel 1986, solo un anno dopo lo 
scioglimento delle Go-go's e nonostante le tante vicissitudini a livello 
personale, la ex cantante del quintetto rock made in USA incide il primo 
album come solista e il primo singolo da esso estratto, Mad about 
you riesce a varcare i confini degli Stati Uniti entrando in alcune 
classifiche internazionali, compresa quella italiana. Una specie di 
miracolo nel miracolo, tanto per rimanere in tema, perché la nostra hit 
parade, così come quelle del resto d'Europa, aveva sempre ignorato il 
fenomeno Go-go's. Troppo americane, troppo donne, troppo indipendenti 
dallo show business e, in quanto tali, troppo poco pubblicizzate al di 
fuori della loro terra d'origine.  Passa ancora un anno e Belinda fa 
salire a bordo il produttore Rick Nowels, già al fianco di Stevie Nicks. 
Un'altra che, per inciso, di droghe se ne intende, e parecchio. Ma qui 
il punto fondamentale é un altro: l'anima più "dark" dei Fleetwood Mac 
costituisce, infatti, il principale punto di riferimento vocale, e forse 
anche artistico, della cantante californiana. Come Stevie Nicks, Belinda 
canta con voce roca e tremula. Non raggiunge i livelli espressivi e gli 
accenti "maledetti" della collega, ma ne ricalca con una certa abilità 
la componente più "radiofonica" orientandola, in questo caso, verso quel 
genere pop metal che da qualche tempo sta dominando etere e 
classifiche statunitensi. L'album "Heaven on earth" non va 
completamente in quella direzione, mantenendo alcune delle sonorità più 
carezzevoli del disco precedente, ma la (quasi) title-track ricorda 
molto da vicino ben due successi del filone: Livin' on a prayer 
e, soprattutto, You give love a bad name, entrambi dei Bon 
Jovi.  Chitarre elettriche che sferzano riff accattivanti, ritmica 
pesante, tastiere usate ad accompagnamento di ritornelli da stadio sono 
gli elementi che accomunano i pezzi in questione. Poi, magari, si scopre 
che sotto quella scorza dura solo in apparenza batte il cuore tenero di 
una ragazza innamorata che gorgheggia una melodia ispirata, almeno nelle 
intenzioni degli autori, non alla rock band del New Jersey ma a un'aria 
di Bach. Sarà. A fugare ogni dubbio su dove risieda il vero "metal" ci 
penserà il prossimo singolo, firmato da Diane Warren (I get 
weak). Come dire: un nome, una garanzia di svenevolezze. Il 
paradiso di Belinda sbanca a tutte le latitudini, raggiungendo la prima 
posizione negli Stati Uniti e in Inghilterra. Un risultato che, negli 
anni a venire, la cantante non sarà più capace di replicare; il suo nome 
presto scomparirà dalle classifiche di Billboard, trovando parziale 
conforto solo in quelle europee e australiane.   Il nuovo look sexy 
ma non scollacciato, con i capelli che da biondi si sono fatti 
castano-rossi, é sfoggiato anche nel noiosissimo video della canzone, 
diretto da Diane Keaton, dove possiamo ammirare, tra mappamondi 
fluorescenti e ballerine vestite da scolarette in incognito (giacché 
hanno il viso coperto da una mascherina nera), la nostra eroina tutta 
intenta a scambiarsi effusioni con il partner di scena. Cielo, é suo 
marito!   Il filmato non é certo un capolavoro, ma ha il potere di 
mandare in visibilio milioni di teenager. Compresi quelli di casa nostra 
che, in men che non si dica, spingono il singolo fino alla top ten dei 
dischi più venduti. Una top ten che oggi, a distanza di ventidue anni, 
ospita un pezzo il cui ritornello ricorda molto quello del successo 
della Carlisle. Con We are golden di Mika, la catena di 
"scopiazzature", per il momento, si chiude. A proposito, se questa 
scheda non é stata di vostro gradimento, prendetevela pure con il 
cantante libanese e con quel martellante spot pubblicitario che utilizza 
la sua canzone come colonna sonora. Senza di loro, la dolce Belinda 
avrebbe continuato a sonnecchiare indisturbata nella memoria di chi 
scrive per ancora chissà quanto tempo. 
 (Luca)
  
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