Anno:
1979
Altri titoli:
Interpreti:
Sheila & B.Devotion
HitParade:
#5, Marzo 1980
Chart annuale:
Top 20
Altri interpreti: -
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Da ragazza acqua e sapone della canzonetta d’oltralpe a starlette
della nascente dance music. Questo è, più o meno, il percorso che ha
portato la francese Sheila (il cui vero nome è Anny Chancel) a scalare
molte classifiche europee alla fine degli anni ’70 con brani come
Love me baby e la cover in chiave disco di Singin’ In
The Rain.
Ma l’apice del successo, questa signora nata nei sobborghi di Parigi, lo
raggiunge a trentatre anni suonati con Spacer, un brano scritto e
prodotto da Nile Rodgers e Bernard Edwards degli Chic. Due personaggi
che hanno cambiato volto alla musica da discoteca consentendole di
varcare indenne la soglia degli anni ’80 e di diventare in seguito ciò
che ancora oggi rappresenta: un genere capace di catalizzare l’interesse
di un vasto pubblico, anche al di fuori delle piste da ballo, e di
confrontarsi ad armi pari con forme di espressione musicale da sempre
considerate più “nobili” come il rock e il rhythm’n blues. Che, anzi,
sempre più spesso strizzano l’occhio al dancefloor per ritrovare
la strada delle classifiche.
Nel 1980 l’eccezionale duo confeziona per Sheila un intero album
intitolato King Of The World, con influenze che spaziano dal rock
alla dance. Spacer, pubblicato nel Novembre del’79, è il
“singolone” che degnamente precede la raccolta.
Da un paio d’anni Sheila si esibisce con tre cantanti e ballerini
afroamericani, i “B Devotion” (dove B sta per black), che le fanno da
coristi e l’accompagnano nell’esecuzione delle coreografie. Lei è
graziosa ma non eccede in ammiccamenti; si muove bene, sa sorridere alle
telecamere ma, nonostante gli “hot pants” sgargianti, l’ombelico
scoperto e gli stivali di pelle (un’antesignana di Kylie Minogue?), non
appare mai troppo sexy.
Se il look funziona, ancor di più funziona lo Chic-touch del suo
pezzo, che ha un riff di chitarra molto accattivante ed una ritmica meno
funky rispetto ad altri successi della ditta Rodgers-Edwards. Il testo
non propone slogan da discoteca tipo “Le freak c’est chic”, ma
cede ai dettami della moda “futuristica” dell’epoca (Rockets, Dee D.
Jackson) raccontando la storia d’amore tra una donna e una specie di
gentiluomo delle galassie. Un eroe che “odia l’oppressione”, “protegge
tutti noi” e, tenetevi forte, non dimentica mai di salutare le signore
con un baciamano. Ovviamente sta partendo per l’ennesima missione
top-secret che metterà a rischio la sua vita ma non certo l’amore per la
bella spasimante, destinato a durare per sempre.
L’atmosfera “spaziale” è vagamente evocata da contrappunti pianistici ed
archi occasionali. Il tutto scorre gradevolmente e senza troppi sussulti
fino allo scoccare del terzo minuto, quando, quasi a tradimento, irrompe
un chitarrone che per qualche attimo imprime al brano un’inattesa svolta
rock (un po’ come nel finale di Upside Down, il pezzo con il
quale i due produttori hanno ridato ossigeno all’ormai asfittica
carriera di Diana Ross).
Dopo l’exploit di Spacer, Sheila scomparirà del tutto dalla scena
internazionale andando incontro ad una profonda crisi professionale che
anche in patria le impedirà di mietere nuovi successi, almeno sul fronte
discografico. Sembra infatti che oggi, tra un concerto d’addio e
l’altro, si diletti con la scrittura, la scultura e l’astrologia.
E chissà se le stelle le avevano pronosticato che, nell’estate dell’anno
2000, gli svedesi Alcazar avrebbero utilizzato, senza la minima
variante, la base strumentale di Spacer per il loro hit Crying
At The Discotheque. E che, a distanza di vent’anni,
quell’inconfondibile sound avrebbe entusiasmato il pubblico come il
primo giorno.
(Luca)
 
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