Anno: 1904, Edizione musicale Bideri.
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È questa l'ultima canzone scritta da Vincenzino Russo (autore, tra l'altro, di
"I' te vurria vasà" e "Torna maggio") che, malato di tisi, già presagiva l'avvicinarsi
della propria fine. Lo stesso titolo del brano rappresenta tutto il dolore del poeta ed
il rimpianto per la vita che l'abbandona. Questo è l'unico esempio di una morte annunciata
su un pentagramma musicale che, se da un lato può essere macabro, dall'altro è assai
commovente.
Vincenzino Russo morì 20 giorni dopo aver terminato questa canzone, alla giovane età di
28 anni. La neo promessa del panorama musicale napoletano d'inizio secolo, lasciò ad
Eduardo Di Capua (l'autore della musica) il manoscritto di "L'urdema canzone mia" e sotto
il testo letterario scrisse quanto segue: "E' l'urdema canzone ca ve scrivo,
'mparatavella e tenitavella 'ncore. Addio canzone meje, io me ne vaco e vuie restate
pe' ricordo 'e me" (E' l'ultima canzone che Vi scrivo. Imparatela e portatela nel cuore.
Addio mie canzoni, io muoio e voi restate per farmi ricordare)."
Il brano è pubblicato dall'edizione musicale Bideri nello stesso anno (1904) e raggiunge
un successo immediato. La più bella incisione, in assoluto, tra le tante registrazioni di
cantanti napoletani e non, è quella di Giulietta Sacco (dal 33g "Manname 'e cunfiette"
Zeus BE 0067 del 1975) dove voce, dolore e commozione diventano un tutt'uno. La divina
interpretazione di Donna Giulietta riscatta nel migliore dei modi il compianto Vincenzino.
Segnaliamo, dal punto di vista storico, che "L'urdema canzona mia" è sottotitolata "Tutto
è fernuto". Segnaliamo, inoltre, per la cronaca, che "L'urdema canzona mia" è considerata
per il panorama musicale partenopeo, una canzone "maledetta".
(Antonio Sciotti)
 
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