( da BIG & Musica e Dischi )
Classifica 33 giri
Un periodo abbastanza tranquillo nel mondo. Sempre movimentata però la
vita dei governi italiani che hanno il merito di non fare annoiare mai i
cittadini. Moro ha appena accettato l'incarico di formare un nuovo
governo di centrosinistra presentando la lista dei ministri (23
febbraio). Per la prima volta nella storia italiana un governo si
costituisce con un programma preciso da attuare in un tempo definito che
è quello della legislatura, secondo tappe prestabilite. Si sa quindi
quello che verrà fatto e quello che non verrà fatto. Un governo
destinato a durare fino alla fine della legislatura, secondo alcuni. Ma
che invece durerà ben poco. Il Presidente del Consiglio è Aldo Moro
mentre il Vice Presidente del Consiglio è Pietro Nenni . Altri ministri
tra i più noti sono: agli Esteri Amintore Fanfani, agli Interni Paolo
Emilio Taviani, al Tesoro Emilio Colombo, alla Difesa Roberto
Tremelloni, alle Finanze Luigi Preti. Ai Trasporti e Aviazione Civile
Oscar Luigi Scalfaro, alle Industrie e Commercio Giulio Andreotti , allo
Spettacolo Achille Corona.
Gigliola Cinquetti & Caterina Caselli Se è vero che le brave ragazze vanno in paradiso non è altrettanto vero che tutte le altre vadano all'inferno. Anche le meno "osservanti", la loro porzione di paradiso se la sanno guadagnare. E' il caso di due diciannovenni, una di Verona, l'altra di Sassuolo. Una è una fanciulla acqua e sapone, l'altra è una ragazza simil-beat "casereccia e ruspante". Una ha vinto il Festival di Sanremo, l'altra è arrivata seconda ma è prima nelle classifiche di vendita. Una si chiama Gigliola e l'altra Caterina. La prima, che di cognome fa Cinquetti ha appena vinto il primo premio in coppia con Modugno con DIO COME TI AMO e questa settimana si ritrova sesta classificata. L'altra si chiama Caselli ed è prima in classifica, e staccherà nettamente il suo partner sanremese Gene Pitney. Ma tornando alla coppia vincitrice, si può senz'altro dire che si tratti di una coppia vincente. Modugno ha all'attivo, con questa, quattro vittorie e Gigliola Cinquetti due. Le parole di questa canzone si intonano, tuttavia, più al suo mondo che a quello del cantautore pugliese. E' una dichiarazione d'amore più femminile e per giunta "adolescenziale" per quel suo modo enfatico e poetico di vivere l'amore. Anche se a ben pensarci, anticipa di qualche anno le tematiche di COME HAI FATTO, la canzone che fece rinascere artisticamente Modugno dopo anni di oblio effettivo. La canzone DIO COME TI AMO ha una particolare atmosfera che fa pensare ad una pagina tratta dal diario di un'adolescente alle prese col suo primo amore. Dove tutto - dalle nuvole, al mare, al sole - è partecipe dell'amore che sente sconvolgerle il cuore. Modugno è leggermente fuori luogo. Ma Gigliola viene comunque criticata da varie parti. 19 anni e non sentirli, anche se questa volta si intende il contrario. E' la reginetta delle mamme, delle zie e delle nonne, cioè di tutti coloro che sono fuori dal mondo reale. Mettiamoci di mezzo anche i bambini ai quali Ola si è dedicata con una serie di canzoncine come TESTA DI RAPA e CINQUE SONO LE DITA. In fondo, anche lei ha diritto di cercarsi un pubblico e, visto che non attecchisce tra i suoi coetanei, bisogna darsi da fare ed arrabattarsi un po'. Per una che si fa vedere spesso e volentieri con Maurice Chevalier (che potrebbe essergli bisnonno) cosa volete? Le canzoni oggi si cantano sempre più spesso negli stadi e nei velodromi (come il Vigorelli che ha ospitato una grandissima festa del settimanale CIAO AMICI). La canzone nel 1966 è, come sostengono certi critici, un fatto giovane e provocatorio, un fenomeno in continua evoluzione paragonabile solo all'entusiasmo che circonda il mondo del calcio. Lei invece canta solo in "salotto", con un filo di voce e con la gonna della prima comunione. Va bene che l'Osservatore Romano, durante il Festival l'ha ricoperta di elogi, ma l'Italia non è un paese di soli chierichetti. Attraverso la sua immagine, qualcuno vorrebbe compiere un'opera di moralizzazione che comunque non può riuscire. Siamo troppo avanti coi tempi. Non si può più presentarsi in carrozza quando ci si muove coi jet. Da una parte c'è lei, da un'altra le minigonne, i Beatles, gli Apollo. Insomma, Gigliola non può lamentarsi se i quindicenni se ne fregano di comprare i suoi dischi. Perché come detto piacerà ai bambini, alle nonne e alle mamme. Ma le figlie, non c'è dubbio, preferiscono quella Caterina di cui si parlava poc'anzi. Dedichiamoci ora alla seconda diciannovenne, ossia Caterina Caselli, alla quale Sanremo ha portato notorietà immediata, anche grazie ad una canzone (scarto del Clan di Celentano) che nasce come tango e viene trasformata in un ritmo più al passo coi tempi. Il tanto vilipeso genere beat, che a Sanremo ha avuto la peggio, trionfa, grazie a Caterina, in tutt'Italia. Quel casco d'oro, creato per lei da Vergottini, famosissimo parrucchiere milanese, le crea subito un personaggio. Da semplice "ragazza del Piper" (fu la prima, poi venne Patty Pravo), nomignolo che non le valse poi a molto se non a vendere quei pochi dischi, grazie anche alla partecipazione al girone B del Cantagiro nell'anno precedente con SONO QUI CON VOI (cover di BABY PLEASE DON'T GO dei Them). Lei diventa la sacerdotessa del beat all'italiana, un beat ruspante e paesano, la vestale dello yè-yè di provincia. Perché, comunque la si voglia girare, NESSUNO MI PUO' GIUDICARE non può essere definita una vera canzone beat. Assomiglia molto a FENESTA CA LUCIVE ed è addirittura ricavata da un tango, come abbiamo già detto prima. Chi ha avuto successo, allora, la canzone o il personaggio? Cosa racconta la canzone di Caterina? E' una canzone a suo modo "insurrezionale", che agita una qualunque ribellione e non può non piacere ai giovani. Perché è la storia di una ragazza che incontra un secondo uomo e decide di prendersi una vacanza dal primo; poi torna, chiede scusa ma pretende di non essere giudicata, anche perché è stata proprio lei a riconoscere l'errore e a chiedere scusa. Lui pretende di giudicarla ma lei gli nega questo diritto: se le vuol bene davvero non può farle pesare il suo passato come un ricatto morale. E' anche una critica all'uomo italiano che è pronto a vantare una conquista, ma a condannare la partner stessa perché gli ha ceduto. Poi questa canzone, nel tempo, è diventata un leit motiv dei gay pride italiani (così' come I WILL SURVIVE per gli americani) che amano la stessa Caterina in toto. Il suo secondo personaggio, questo del 1966, (il primo era un Robin Hood dei poveri) è tutto proteso a seguire le nuove mode optical e Courreges, il sarto francese che avrà il suo apice proprio quell'estate, vestendo le donne con abiti a righe bianche e nere. Di suo, lei ci mette le manone, ruotandole una attorno all'altra con scatti improvvisi: "così ho visto fare a mia nonna intenta a mungere le mucche, così ho fatto io sul palco". Viva la sincerità, per quella che sembrava una mossa studiata a tavolino. Cosa ci può essere di veramente "beat" in una dichiarazione del genere è ancora da capire. Una mossa, una gesticolazione presa da una nonna e per giunta mungitrice ! Mah... Resta il fatto - inconfutabile - che la signorina Caselli diventa un piccolo fenomeno di costume , tanto che l'altra signorina, Rita Pavone, comincia a tremare. Fino ad allora, nei giradischi dei ragazzini dagli otto ai sedici anni c'era solo lei. Ora la lotta si fa dura. Trecentomila dischi venduti in tre settimane, mezzo milione di lire per un'ora di esibizione al Piper di Roma. Prima dell'exploit sanremese lo stesso palco le aveva offerto solo trentamila lire e lei, naturalmente, aveva accettato! Un film realizzato apposta per lei dal titolo (e come poteva essere altrimenti) NESSUNO MI PUO' GIUDICARE. Caterina amministra l'improvvisa fortuna con ferma saggezza dichiarando che quello che desidera più di tutto, sono due mesi di vacanza. Della sua canzone hanno detto e scritto di tutto: che è la Marsigliese delle ragazze yè-yè (neologismo che sarà presto dimenticato), la rivolta delle ragazze dai facili costumi. O che Caterina ha cantato la storia di un qualsiasi ragazzo/a del 1966. Ogni giorno che passa, la vendita dei dischi si fa sempre più cospicua. Per tutto febbraio e la prima decade di marzo, il ritmo è di diecimila dischi al giorno. La CGD stampa solo lei. Celentano e Pitney sono distanziati di molto e naturalmente non c'è confronto neanche con i vincitori. Come si diceva prima, le quotazioni degli spettacoli sono aumentate vertiginosamente: 500 mila lire contro le 30.000 di un mese e mezzo prima. E questo solo in Italia per uno show di circa un'ora. In Spagna e in Francia, dove ha già firmato per delle apparizioni in tv e non solo, se la vogliono, devono offrire di più. Caterina gioca al rialzo e francamente fa bene. Ha lavorato sodo due anni e non si è mai risparmiata. Ogni giorno una balera o una festa di piazza. Non era ancora nessuno ma l'impegno era grande lo stesso. Lavorava da grande professionista senza esserlo. Poi il boom, tra il 28 e il 29 gennaio. Sanremo. Con lei, su quel palco, sono apparsi tanti cantanti molto più bravi ed importanti di lei. Ma è il suo motivo, la sua canzone e la straordinaria orecchiabilità del pezzo commisto alla grinta dell'esordiente, del tipo o la va o la spacca, a fare la differenza. I ragazzi come gli adulti il giorno dopo la finale di Sanremo avevano nella testa quella frase "nessuno mi può giudicare nemmeno tu". Non c'erano fiori o ragazzi di periferia o nuvole che vanno verso il mare che tenessero. Nessuno mi può giudicare nemmeno tu. Difatti davanti ad un successo del genere è difficile giudicare una ragazza. 1) non aveva ancora un repertorio da passare in esame 2) c'era in lei una freschezza ed un aria strapaesana dietro a quell'aria da finta ribelle che faceva quasi tenerezza. Il suo accento così tipicamente romagnolo così come i suoi modi sfacciatamente villerecci e contadini, erano in netto contrasto col personaggio che man mano la sua casa discografica voleva appiccicarle addosso. Caterina è ancora fisicamente inguardabile: polpacci da calciatore, gengiva campagnola, modi bruschi da minatore. La ragazza deve raffinarsi anche perché davanti a lei c'è un futuro lastricato d'oro. Come potrebbe una contadinotta della bassa diventare un giorno la signora Sugar? Lo staff che si occupa di lei è già al lavoro. Prima di tutto, dimagrire. Gli abiti che deve portare, di sarti famosi, non si addicono alle sue rotondità agresti. Il prototipo di parrucca a casco deve anch'esso essere rivisto. Così com'è sembra un fungo che non dona un'aria molto intelligente alla ragazza di Sassuolo. Certe asprezze comportamentali così come la dizione, devono essere tenute d'occhio. Insomma, bisogna costruirla pezzo per pezzo, se non si vuole bruciarla alla prima canzone, anche se c'è chi poi si lamenterà del fatto che Caterina, in un anno, è diventata un'altra donna e rimpiange la sua spontaneità di un tempo. Ma la CGD conta molto sul suo accrescimento artistico. Prima di Sanremo, in scuderia, si ritrovavano due cantanti come Betty Curtis e Gigliola Cinquetti sulla quale c'erano parecchi dubbi. La prima stava ormai passando di moda: reduce dal periodo degli urlatori non entusiasmava più il pubblico. La sua voce limpida e cristallina non si discuteva ma il mercato esigeva cose diverse. Oggi, avere una bella voce può non bastare. Quanti se ne accorgeranno! L'altra, partita con il piede giusto, è ingabbiata in un personaggio difficile da modificare, quella della brava ragazza. Troppo brava per piacere ai ragazzi. Sembra il ritratto vivente di una di quelle fanciulle di provincia che portano i calzini fino alle ginocchia e passano il loro tempo libero all'oratorio. Cosa per nulla disdicevole ma, si sa, i giovani hanno bisogno di altre emozioni. Quindi, scoperta la gallina dalle uova d'oro, la cosa da fare assolutamente è dirigere tutte le forze su di lei. Ivo Callegari è il suo factotum-cugino. Ha sempre creduto in lei. La storia è pressappoco questa: nasce in una famiglia agiata ma la guerra fa volgere al declino le sue fortune. Caterina non era ancora nata e si ritrova già con un padre che da possidente finisce a lavorare in un salumicio di Sassuolo. A 13 anni il genitore muore. Finita la scuola (le medie) trova un lavoro come segretaria in una piccola ditta di confezioni per bambini e la sera va da un'amica che studia computisteria a prendere delle lezioni. E' il periodo dei mille festival paesani: ogni frazione ha un Ravera locale che si è messo in testa di scoprire nuovi talenti. Ivo Callegari è uno di questi. Caterina si presenta cantando TINTARELLA DI LUNA ma lui gli fa capire che "non è cosa". Ma non si perde d'animo ed ogni giorno, per due ore, comincia ad esercitarsi con dei vocalizzi. A quattordici anni si presenta al teatrino parrocchiale dell'Istituto Don Bosco di Sassuolo. Canta e davanti al suo paese (cinquecento anime in quella sala) ottiene successo, forse più per simpatia che per altro. Un ragazzo che aveva vinto una borsetta alla lotteria, per dimostrarle che aveva fatto bene, gliela regala. Nel frattempo, nel piccolo complessino di Callegari, uno dei ragazzi che ne facevano parte, deve andare a fare il militare e rimane il posto vacante. Lo occupa Caterina che non lo lascerà più. E cominciano tre anni di andirivieni per le balere di tutta l'Emilia. Raggiungono le destinazioni come possono: in bicicletta, sui carri da fieno, sul camioncino del latte. I loro manifesti sono delle foto fatte stampare da un amico che fa il tipografo, così, alla buona, come dal resto tutto quello che gira intorno al loro mondo. Poi c'è Castrocaro 1964: arriva in finale ma non a Sanremo. Tuttavia l'organizzatore, Gianni Ravera, non la perde di vista e la propone alla CGD. Nella primavera del 1965, il clan di Caterina si trasferisce a Roma. Nella capitale è appena nato un locale che molto presto diventerà un luogo di culto in tutto l'emisfero mondiale, il Piper. Caterina e il suo gruppo si esibisce per venti giorni ottenendo un successo clamoroso e lei diventa la prima ragazza del Piper, prima ancora di Patty Pravo. Dopo il Piper il complesso passa al Caprice, altro tipo di locale, molto più raffinato, vicino a Via Veneto. Da Milano si sentono come possono sentirsi dei giocatori professionisti quando hanno nelle mani un poker d'assi. La mandano al Cantagiro ma sia la canzone che il "costume" non piacciono e i propositi di gloria finiscono ben presto. Certo, le cose sono cambiate: ora si viaggia in auto, in treno e in aereo ma, fuori dei locali, Caterina resta ancora un'emerita sconosciuta. Non ha un pezzo giusto per lei e quando glielo trovano è molto lontano da ciò che vorrebbe interpretare: un tango. Si decide allora di cambiargli il ritmo e di farne una canzone al passo coi tempi. Il resto è noto. Ora il problema è trovarle una canzone che regga il passo con NESSUNO MI PUO' GIUDICARE. Non è facile, ma quando la ruota gira per il verso giusto non la fermi neanche prendendola a fucilate: non un pezzo, ma addirittura due. Due lati A in un solo 45 giri. Questa è la proposta della Caselli per l'estate '66. Ma di questo parleremo in un'altra occasione. Domenico Modugno Domenico Modugno è anch'egli il vincitore di Sanremo ma questa volta è la Cinguetti che ha trainato il vecchio leone e non il contrario come si poteva presupporre soltanto qualche anno fa. Il Mimmo nazionale vuole tornare ad essere uno dei numeri uno della musica leggera ma non è impresa facile. Dopo il periodo d'oro (dal 1957 al 1962) il suo successo ha cominciato a scemare pian piano per varie ragioni: canzoni poco indovinate, lunghe e frequenti lontananze dall'Italia a causa di numerose tournèe estere e le frequentazioni teatrali. Il grosso pubblico, la gente semplice, è difficile che frequenti teatri, specie in provincia. Quel pubblico si è sentito in qualche maniera abbandonato, e lo accusa di aver lasciato la canzone commerciale per un genere più raffinato (anche se non era vero). Diciamo però che la vena di Modugno stava andando ad esaurirsi. I gusti del pubblico nel frattempo erano radicalmente cambiati. L'avvento dei Beatles e della musica beat non potevano considerarsi semplicemente una moda. Nuovi personaggi avevano soppiantato i vecchi e così , da un momento all'altro, gli idoli di ieri (Tony Dallara, Joe Sentieri, Betty Curtis, Umberto Bindi) avevano lasciato il posto ad un esercito di minorenni agguerritissimi (Dino, Gianni Morandi, Caterina Caselli, Equipe 84, Rokes). Sopravvivevano e bene Mina e Celentano solo perché già cinque anni prima erano molto più moderni degli altri cantanti. Comunque, come abbiamo detto tante volte, il 1966 è l'anno in cui la musica cambierà radicalmente. Tornando a Modugno, ecco per lui un'estate di grande lavoro televisivo nel corso della quale ha girato Scaramouche, sceneggiato che era in onda fino a poche settimane avanti e che ha raccolto strepitosi consensi (anche perché il soggetto era tale da esaltare le doti mimiche ed istrioniche del nostro). Modugno si è visto accettare DIO COME TI AMO dalla commissione esaminatrice. Gioco forza perché Ravera, non potendo limitarsi a scegliere tra i campioni di vendita della discografia si è orientato su personaggi che, indipendentemente dalle vendite dei dischi, fanno sempre un certo effetto sul pubblico. Cantanti che comunque sanno creare un trait d'union con la platea. Restava da vedere fino a che punto la lontananza dal pubblico - soprattutto giovanile - abbia nociuto al cantante di Polignano. La voce è rimasta quella calda ed appassionata di sempre e la sua tecnica di compositore non sembra aver fatto passi indietro, così legato com'è alla melodia italiana. Certo, non è più un personaggio di rottura come al tempo di NEL BLU DIPINTO DI BLU, ma è pur sempre Domenico Modugno. E come tutti i campioni di razza, quando si mette d'impegno riesce anche a vincere. Ma una rondine non fa primavera. La vittoria al Festival di Sanremo non gli porta molta fortuna. I riscontri nelle vendite sono bassi e comunque non tantissime copie vendute della canzone vincitrice vedono in netto vantaggio la cantante di Cerro Veronese. Per rivedere il "vero" Modugno dobbiamo aspettare ancora tre anni e mezzo. Adriano Celentano Una strada di periferia di Milano, un ragazzo che se ne va per cercare fortuna nel cuore della city che torna dopo otto anni (neanche fosse stato in capo al mondo!) e trova tutto cambiato. IL RAGAZZO DELLA VIA GLUCK non è solo la metafora della vita di Adriano Celentano, ma un simbolo. E' colui che ha lasciato il paese natio in cerca di nuove mete ed un giorno, quando è riuscito nel suo intento, si accorge di non essere davvero felice perché la parte migliore di sé è rimasta laggiù, dove magari non c'era la possibilità di lavarsi in casa, nonostante ci fosse un mondo amico e conosciuto. E' una canzone furba, che strizza l'occhio all'attualità (il mostro edilizio contro il verde che comincia a scarseggiare). Una canzone comunque molto sentita da Celentano, che rinuncia a fare cose strambe in palcoscenico assumendo una posizione da vero professionista . Cosa che non impedisce una clamorosa bocciatura ed eliminazione dalla competizione. Adriano veniva da una serie di canzoni a sfondo pseudo religioso e non manca di inserire una canzone della stessa tematica sul lato B del disco sanremese, CHI ERA LUI. C'è comunque il bisogno di rinnovarsi: come abbiamo scritto molte volte in queste pagine, un anno dell'epoca, in ambito musicale e del costume, equivaleva a dieci anni dei nostri (e forse di più). Le mode si avvicendavano velocissimamente dopo essere state sfruttate fino all'osso. Non si poteva più prescindere dalla musica che proveniva dall'Inghilterra e dall'America e anche i cantanti italiani ne erano consapevoli. Essendo strano un Celentano beatleseggiante, lui opta per la ballata in stile americano. Ma ancora non era convinto del tutto. IL RAGAZZO DELLA VIA GLUCK l'aveva presa, poi scartata, poi ripresa, poi data a Teo Teocoli, poi gliel'aveva ripresa e decidendo di far il grande passo, presentarla a Sanremo dove mancava dal 1961. Cinque anni ma, per la teoria di cui si accennava prima, quasi un quarto di secolo. Nel 1961 c'erano i mari nei cassetti, i mandolini, le Caroline, le patatine. Sembrava fossero passati decenni! Dov'erano finiti i cantanti di quel 1961? Dov'erano i Rocco Granata, i Tony Dallara, i Sergio Bruni, Arturo Testa e la Torielli? Celentano, Milva, Pino Donaggio, Claudio Villa , Edoardo Vianello e Giorgio Gaber erano i pochi sopravvissuti di quel "lontanissimo" festival. Bando agli indugi, deve aver pensato Adriano: sono sempre un grande della musica italiana e quindi mi seguiranno. Ma non andò così: la canzone, come detto prima, fu bocciata. Ma si prese quella sonora rivincita che conosciamo ormai da quarant'anni. Sanremo 1966 Cessati i saturnali della tre giorni Sanremese proviamo a fare un bilancio. Doveva essere un Festival moderno, zeppo di musica ed invece è stata una rassegna sotto l'egida della tradizione. I complessi invitati al Festival non hanno avuto l'occasione di farsi apprezzare veramente a causa di un impianto audio scadente. Era stato chiesto di non agitarsi e vietato l'uso di amplificatori, strumenti indispensabili per un certo tipo di musica. Cosicché L'Equipe 84, gli Yardbirds, i Renegades, I Ribelli (quest'ultimi avevano fatto una versione di A LA BUENA DE DIOS bellissima, precorrendo i tempi) cadevano sul campo come soldati feriti a vantaggio dei melodici e dei cantanti singoli. Il 1966 non era ancora pronto al contatto tra smoking e pellicce e complessi che facevano una musica così distante dal genere che giustamente i signori in platea avrebbero voluto sentire, e questi non erano ben predisposti. Beat e melodia non collimano. E' solo questione di mesi, comunque. Perché i personaggi esclusi erano rappresentanti di un mondo che faceva sentire il suo peso nelle vendite dei dischi ed era un peso non indifferente. Rappresentanti di un genere che comunque - piaccia o non piaccia - era quello che mandava avanti la baracca discografica, già col fiato corto dopo il boom degli anni 1960-1965. In ogni manifestazione che abbia un impronta di ufficialità, i cantanti che realmente piacciono al pubblico acquirente dei dischi sono regolarmente estromessi. Non si capisce quindi perché dovrebbero fare la parte di agnelli sacrificali a favore dei vari Villa e Milva o dello stesso Modugno. Tanto ormai è un fatto indiscutibile che il mercato discografico è di totale predominio loro e di quel genere che sistematicamente viene fatto fuori da ogni competizione e sbeffeggiato come fosse solo una moda passeggera. In questa edizione del festival ci sono state scene abbastanza curiose, come ad esempio, la gazzarra inscenata da alcuni del Clan Celentano dopo la bocciatura del boss. O la sconcertante esibizione di Peppino Gagliardi alle prese con SE TU NON FOSSI QUI, che ha cantato tenendo in mano un rosario. Al termine dell'esibizione, dietro le quinte, sviene. Buongiorno, il presentatore, non nasconde il suo disappunto ed in diretta dice di "non aver mai visto una cosa simile". Ma l'episodio più ridicolo del festival è stata la decisione presa a tavolino da parte di una certa stampa, atta a demolire i complessi intervenuti alla gara. Un ostracismo e un astio palese anche nei confronti di un grande complesso inglese, gli Yardbirds, subito rinominati "gallinacci" da Mike Buongiorno che traduce malissimo il loro nome per il gusto di ridicolizzarli. Sono colpevoli di portare i capelli un po' più lunghi di come li portano gli altri cantanti. Hanno al loro attivo il best seller mondiale FOR YOUR LOVE, ma questo non importa assolutamente a chi intende punirli in base alla lunghezza dei capelli. L'Equipe 84, i Ribelli ed i Renegades sono buttati fuori tra la gioia ingiustificata della stampa. Addirittura viene sparsa la voce che Kim Brown dei Renegades, sia in realtà una "signorina" travestita. Avranno la loro rivincita al Piper Club di Roma dove lanceranno la nota CADILLAC, loro successo estivo. Mentre si attende il verdetto della giuria si diffonde la notizia dei sette nuotatori italiani, tra i migliori primatisti europei, morti in un disastro aereo in quel di Brema. Ma il festival va avanti e il re delle gaffe, Buongiorno, non rinuncia ai suoi proverbiali (ed in questo caso inopportuni) "allegria". Per la prima volta i russi possono vedere il festival di Sanremo. Ma dalla trasmissione vengono "oscurati" i complessi perché "attentatori alla dignità morale" ed al posto della loro esibizione viene fatto ascoltare l'inno sovietico. Mentre i giovani moscoviti si chiedono perché la loro beniamina italiana, Rita Pavone, non sia stata "precettata" per l'evento, fa la sua timida apparizione in un bar di Mosca un juke box della fine degli anni '40. E' di fabbricazione cecoslovacca e la selezione è leggermente fuori tempo: valzer, tango e il "modernissimo" cha cha cha. Comunque, meglio un valzer che il gulag.
Mina Ci voleva Mina per far diventare un successo due canzoni tratte dal festival, riunite in un unico 45 giri: UNA CASA IN CIMA AL MONDO e SE TU NON FOSSI QUI. La prima è una canzone interessante, ma stranamente incompiuta nella versione di Donaggio (per non parlare della versione di Claudio Villa). Con l'ausilio della voce di Mina, rivela tutta la sua musicalità, si arricchisce e si svela nella sua completezza al pubblico. L'altra (SE TU NON FOSSI QUI) stava vendendo bene anche nella versione di Gagliardi (quella di Pat Boone è già in classifica come retro di MAI MAI MAI VALENTINA), ma l'esecuzione di Mina le taglia le gambe, come era prevedibile. Delle due canzoni, la più elegante e raffinata è quella scritta da Carlo Alberto Rossi (musica) e da Marisa Terzi (parole), ossia SE TU NON FOSSI QUI. Certo, le si può imputare di ricalcare sfacciatamente E SE DOMANI (il dubbio dell'abbandono e la paura della solitudine aleggia dall'inizio alla fine) ma Carlo Alberto Rossi è fatto così. Trovata una formula, la ripete fino all'esaurimento. La canzone vive anche di una bellezza propria: che si rifaccia ad un'altra canzone non sminuisce il suo valore. Peppino Gagliardi la canta magnificamente ma il suo aspetto fisico (così come quello di Nicola Di Bari che presentava LEI MI ASPETTA) non viene premiato. Per i due verranno altri anni e altri momenti nei quali dire la loro. Pat Boone (che presenta anche MAI MAI MAI VALENTINA) piace abbastanza ma soprattutto alle nonne. Non ha per niente un' immagine moderna e il suo appeal verso il pubblico italiano è decisamente in calo. Il fatto che Mina riprenda ogni anno un paio di canzoni sanremesi diventa l'incubo dei cantanti i quali sperano che non tocchi alla loro. Successe così per E SE DOMANI, per CANTA RAGAZZINA, per LA VOCE DEL SILENZIO. Un buco nell'acqua con MA CHE FREDDO FA e da allora non riprese più sui 45 giri brani della manifestazione. I giornali argentini dedicano titoli a quattro colonne all'incidente avvenuto all'auditorium di Radio Mar Della Plata dove duemila persone hanno devastato l'interno delle sale della stazione radio nel tentativo di aggredire Mina. Dopo aver aspettato per otto ore la popolare cantante, hanno perso la pazienza quando hanno saputo che Mina non avrebbe cantato perché non c'era l'orchestra che eventualmente l'avrebbe dovuta accompagnare. Lei non aveva preparato nulla visto che i dirigenti della radio le avevano parlato solo di un'intervista intervallata da canzoni su disco. Capito l'equivoco, i dirigenti hanno pregato Mina di andare in playback mentre lei mimava le parole. Ma il pubblico, capito l'inganno, ha cominciato a far volare in aria poltrone e sedie mandando in frantumi vetri, mobili e microfoni. Solo l'intervento della polizia ha ristabilito l'ordine. Intanto Mina era attesa all'hotel Hermitage da un ristretto pubblico (un migliaio di persone) che aveva pagato un prezzo di biglietto molto alto per assistere al suo show. Mina non ha deluso i fan cantando per circa novanta minuti interrotta solamente da applausi. Simon & Garfunkel E passiamo alle classifiche americane. Primo posto assoluto per il duo Simon & Garfunkel in gennaio, resistono nelle prime posizioni anche a fine febbraio. La canzone è THE SOUND OF SILENCE. Nessuno fu più sorpreso del duo quando il brano scalò la classifica fino ad arrivare alla prima posizione assoluta in Usa. Paul Simon scrisse il pezzo nel 1963, due anni prima della sua apparizione su disco (WEDNESDAY MORNING, 3 A.M). Il 33 giri non ebbe il successo sperato, troppo caratterizzato per l'epoca con suoni tipici da coffee shop stile Greenwich Village. A Boston una radio locale manda spesso una delle canzoni incluse nel disco, THE SOUND OF SILENCE. Le reazioni sono positive e la Columbia decide di farne un singolo ma differenziandolo dalla prima uscita rifacendo la parte musicale, meno folk e più elettrificata (la chitarra all'inizio). Quando la canzone fu completa, Tom Wilson, il produttore, chiese ai musicisti di registrare un'altra traccia con le chitarre elettriche, il basso e la batteria. La canzone era pronta per diventare un singolo di successo. Si accaparrò subito il primo posto ma dovette abdicare a favore dei Beatles e della loro WE CAN WORK IT OUT. La settimana successiva (quella del 22 gennaio), THE SOUND OF SILENCE tornò in vetta di nuovo ma i Beatles erano ossi duri anche perché il retro di WE CAN WORK IT OUT era anch'esso un brano da lato A (come d'altronde tutti i 45 giri dei fab four): DAY TRIPPER . Non c'era storia. La canzone in Italia non ebbe molto successo nel 1966. La incisero anche Mike Lidell & Gli Atomi, versione che vendette più dell'originale. Per la consacrazione bisogna aspettare fino al 1968, quando grazie alla colonna sonora de IL LAUREATO, il duo americano raggiunge il successo anche da noi. In quello stesso anno Dino ne fa una versione molto delicata, subito copiato da Gianni Morandi che include la sua versione nell'album bestseller GIANNI CINQUE. Diciassette operai di cui quindici italiani sono morti asfissiati in una galleria scavata sulla montagna alle spalle di Locarno, dove si stava costruendo un impianto idroelettrico, lavori di ampliamento iniziati tre anni prima. Si decide di alzare la saracinesca di trenta centimetri per far defluire l'acqua, calcolata in quattro mila metri cubi. L'aria nella galleria è irrespirabile, c'è troppo poco ossigeno e bisogna entrare dentro con i respiratori che hanno un autonomia di 45 minuti. Si calcola che il tempo è sufficiente: venti minuti per fare tre chilometri, un minuto per aprire la saracinesca e altri venti per ritornare. Invece non è bastato perché i tre operai che sono entrati non fanno ritorno. All'altro lato della galleria parte per un turno di notte un trenino di 13 uomini e li trovano tutti morti insieme ad uno dei soccorritori che era stato mandato a cercare i primi tre morti nel pomeriggio. Due interpellanze sono state presentate al Ministro degli Esteri e a quello del Lavoro per conoscere quali provvedimenti intendano prendere le autorità svizzere per la sciagura della centrale idroelettrica di Robiei nella regione di Basolino nel Canton Ticino. Campionato di calcio
Mancano dieci giornate alla fine del campionato di calcio e l'Inter è in
testa , staccando di quattro punti il Napoli e il Bologna. Al quarto
posto, il Milan, che viene battuto in casa dalla Fiorentina per 2 reti
ad 1. Una doppietta di Merlo intervallata da un gol di Soriani. Soriani
sbaglia anche un rigore, calciato sul palo con Albertosi spiazzato. La
Fiorentina ha confermato di essere la bestia nera del Milan in questa
stagione: l'aveva già battuto nell'andata a Firenze e nell'incontro di
Coppa Italia a San Siro. Ma che non vinceva a San Siro, col Milan in
campionato, era dall'anno dello scudetto, il campionato 1955-56. L'Inter
batte il Torino in trasferta con lo stesso punteggio della partita di
Milano. Va a rete Suarez, pareggia Puia per il Torino ma a quattro
minuti dalla fine il ventitreenne Cappellini regala i due punti alla
squadra milanese. L'Atalanta dà una mano all'Inter battendo il Napoli
per uno a zero, con gol di Hitchens. Il Bologna batte la Sampdoria per 2
a 1. Un gol di Perani viene prontamente bilanciato dalla rete
blucerchiata di Salvi. Ma la zampata di Nielsen riassesta la gara per i
felsinei. La Juventus (quinta in classifica) pareggia con la Roma
(sesta). 1 a 1 con i gol di Bercellino per la Juve e Benaglia per la
Roma. Ecco i risultati completi: Christian Calabrese Fare clic qui per inserire un commento a questo articolo. STUDIO UNO '66 di David Guarnieri
Ciao a tutti, amici di “Hit Parade Italia”, La Rai, soddisfatta dal consenso riportato da “Studio Uno”, vuole (giustamente) cavalcare l’onda del successo, affidandosi ancora una volta alle cura dell’accoppiata Antonello Falqui (regista) e Guido Sacerdote (produttore). I due, intendono proporre al pubblico uno spettacolo “monstre”, ispirato ai “music-hall” internazionali, diviso in quattro cicli, composti da cinque puntate ognuno (con cast sempre diversi). I testi sono firmati da Lina Wertmüller (già autrice di “Stasera: Rita!” del 1965, diretto sempre da Falqui). Confermati, il conduttore Lelio Luttazzi, il direttore d’orchestra, il M° Bruno Canfora, il costumista, Folco, lo scenografo Cesarini da Senigallia ed il coreografo, l’augusto Hermes Pan (premio Oscar nel 1937 per il film “Una magnifica avventura” ed artefice del successo di film quali: “Cappello a cilindro”,“Can Can”, “Fior di Loto”, “My Fair Lady” ed altri). La compagnia artistica delle prime cinque puntate è composta dai danzatori americani Brascia & Tybee, dai Gufi, da “Le Poupées de Paris” e da un’attrice famosa, la prosperosa Sandra Milo (quest’ultima, si dice abbia sostituito all’ultimo minuto, la rinunciataria Gina Lollobrigida). La quarta edizione di “Studio Uno” inizia sabato 12 febbraio 1966 (nello specifico, parliamo della seconda puntata della serie, trasmessa il 19 febbraio ’66). Dopo la sigla musicale, danzata dal corpo di ballo di Hermes Pan, entra in scena Lelio Luttazzi, il quale parla della novità del quarto anno di programma: il “Toto Studio Uno” (un gioco a premi per i telespettatori, i quali, facendo sette in schedina, si aggiudicano derrate alimentari per un anno). I concorrenti – vip di questa puntata sono Castellano & Pipolo (tra l’altro, autori di “Studio Uno ‘65”). La spettacolo parte con il balletto di Brascia & Tybee (un omaggio alla Spagna, al flamenco ed alla pittura di Pablo Picasso). Al termine, Luttazzi intervista i due danzatori, giocando sulle origini pugliesi di Brascia e quelle russe di Tybee. Segue l’introduzione del numero di marionette, “Le Poupées de Paris”, ideate da Sid e Marty Krofft. Le quattro “fanciulle” (Judy, Ginger, Cynthia e Colette), nel numero intitolato “La notte degli orrori”, cantano “A Hard Day’s Night” dei Beatles. Subito dopo, le soubrette animate vengono raggiunte da Luttazzi, il quale canta con loro il brano “Quando mi sento un poco giù”. I protagonisti dello spazio comico sono i Gufi (Roberto Brivio, Gianni Magni, Lino Patruno e Nanni Svampa) con le loro canzoni ed il loro umorismo sofisticato ed originale. La parte centrale dello show è dedicata alla musica giovane. I protagonisti della serata sono i Delfini con la canzone “Stasera sono solo” e Dave Allen & The Exotics con il brano “The Monkey”. Torna in scena Lelio Luttazzi, il quale annuncia la primadonna dello spettacolo, Sandra Milo. L’attrice, fatalmente abbigliata in abito di paillettes e piume di struzzo, conversa con il musicista triestino, commentando i fatti della settimana: dal Carnevale ai viaggi degli astronauti americani. La simpatica Sandra, stuzzica il conduttore, confrontando il suo aspetto con quello del maestro Canfora. Lo spazio viene concluso dalla canzone “Voi, signore”, dedicata alla Milo da Luttazzi. Il secondo momento coreografico vede protagonista il balletto di Hermes Pan: il tema è lo shake e la moda “Courrège”. Lo spazio riservato all’ospite d’onore, questa volta vede protagonisti, due colonne della musica jazz: Ella Fitzgerald e Duke Ellington. Dal concerto al Teatro “Lirico” di Milano, realizzata ai primi di febbraio del 1966, vengono trasmessi alcuni estratti: la grande artista americana interpreta con consueta classe e bravura due celebri brani come “St. Louis Blues” e “Mack The Knife” e, accompagnata al piano dallo straordinario compositore statunitense si esibisce in una travolgente jam-session. La seconda puntata di “Studio Uno” si chiude con la parata finale con il cast al completo e con la sigla, “L’importante è avere te”, firmata da Lina Wertmüller e Bruno Canfora e cantata dai “Cantori Moderni” di Alessandroni. Il primo ciclo di “Studio Uno”, alla prova degli indici di gradimento si rivela un sonoro flop. Quasi nulla viene salvato: da Luttazzi, ritenuto continuamente uguale a sé stesso ai Gufi, bocciati per la loro comicità ritenuta strampalata, dalle “Poupées de Paris” (giudicate noiose) a Sandra Milo, letteralmente fatta a pezzi, sia dalla stampa che dal pubblico. Giudizio personalissimo di David: rivedere, a quarantuno anni di distanza lo “Studio Uno ‘66” (1° ciclo) non si rivela così pesante o gravoso. A parer mio, lo spettacolo ha un ritmo ed una scorrevolezza di fondo, non trascurabili. Luttazzi è sempre spigliato, ironico ed elegante (ce ne fossero oggi, intrattenitori di tale statura artistica!); i Gufi mostrano slanci umoristici di piacevole fattura; la Milo, pur indugiando sullo stilema dell’avvenente svampita, tiene la scena con disinvoltura e sicurezza. Notevole anche il professionismo dei ballerini americani Brascia & Tybee. Consueto l’elogio alla regia di Antonello Falqui ed alla maestria di Hermes Pan. Un saluto a tutti! Fare clic qui per inserire un commento a questo articolo. |
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