Settimana 10 Febbraio 1968
( da Giovani )

Qui sotto la classifica della settimana con le quotazioni di Giancarlo Di Girolamo, uno dei più noti collezionisti e commercianti italiani di vinile. Il prezzo segnato a margine dei titoli corrisponde a quello assunto dai dischi in condizioni ottime (non usati) nelle odierne mostre-mercato.

# TITOLO INTERPRETE Quotazione
1L'ora dell'amore I Camaleonti € 15
2Dan dan dan Dalida € 15
3Due minuti di felicita'Sylvie Vartan € 18
4Massachussetts Bee Gees € 15
5She's a rainbow The Rolling Stones€ 25
6Nel cuore nell'anima Equipe 84 € 15
7Siesta Bobby Solo € 13
8Pippo non lo sa Rita Pavone € 15
9Massachussetts The Casuals € 15
10Se perdo te Patty Pravo € 15

Sanremo 1968

Eccoci qui: Sanremo è finito ed ora il responso va, come sempre, ai negozi di dischi. Per ora, a parte le canzoni, abbiamo sentito polemiche su polemiche, litigi tra cantanti, scaricabarile su chi ha affossato la canzone dell'altro e viceversa. Le solite cose, tanto per parafrasare una brano partecipante a questa diciottesima edizione. Un'edizione certamente non facile sulla carta, alla partenza, che comincia ad essere difficile anche sul piano delle vendite, a bocce ferme. Facendo qualche calcolo, e usando come pietra di paragone la precedente edizione, dobbiamo ricordare che appena terminato il XVII° Festival, L'IMMENSITA' (tanto per fare un titolo) cantata da Johnny Dorelli e da Don Backy, raggiunse punte di vendita e di prenotazioni che quest'anno non toccano, neanche sommate insieme, le performance delle prime tre classificate.

Il cast di quest'anno non fa una piega: lo testimoniano i best seller dell'estate '67 (Al Bano, Fausto Leali, Adriano Celentano), la tradizione (Domenico Modugno, Johnny Dorelli), alcune primedonne della canzone (Milva, Gigliola Cinquetti, Ornella Vanoni, Iva Zanicchi), le nuove leve (Marisa Sannia, Massimo Ranieri, Giusy Romeo, Armando Savini), il rhytm'n'blues e le star internazionali (Wilson Pickett, Bobbie Gentry, Shirley Bassey, Dionne Warwick), il jazz e le vocalist (Louis Armstrong, Eartha Kitt, Timi Yuro), i cantautori (lo stesso Modugno, Pino Donaggio, Sergio Endrigo) e tanti altri ancora. Ora qui non vogliamo parlare in particolare dei vincitori o analizzare canzone per canzone perché di solito, quando ci mettiamo a farlo, scriviamo pagine su pagine e questa volta vorremmo evitarlo (a noi e a voi). Vogliamo invece parlare di alcuni personaggi e di come si è svolto questo XVIII° Festival della Canzone Italiana cercando di stare il più lontano possibile dal caso scoppiato alla vigilia tra Celentano e Don Backy, che francamente ha stancato anche i sassi: non aggiungeremmo niente di nuovo e quindi meglio lasciar perdere. Tra l'altro abbiamo già dedicato due articoli, tutt'ora presenti in archivio, ad alcuni protagonisti del Sanremo 1968: quelli del 15 e del 30 marzo 1968. Quindi, chi volesse avere una panoramica completa su quell'evento non dimentichi di dare una scorsa veloce a questi due scritti "fondamentali"!

Ravera e Radaelli

L'industria della musica leggera italiana affronta con inquietudine questo Sanremo, non perché ci sia un particolare momento di crisi, ma perché sembra che il futuro del Festival si stia annuvolando. Il personaggio che inquieta il sonno dei signori della canzone è Ezio Radaelli, già padrone di due maestose manifestazioni come il Cantagiro e il Cantaeuropa. Radaelli è stato l'organizzatore di Sanremo fino al 1961, quando la manifestazione cambiò mani per andare in quelle di Gianni Ravera. Radaelli sta perfezionando l'acquisto del 60% delle azioni ATA, che ha in appalto il Casinò di Sanremo. La concessione alla società che dal 1963 gestisce il Casinò e le sue manifestazioni scade nell'ottobre 1968, quindi potrebbe essere messa all'asta. Per evitare tutto ciò il presidente dell'ATA cercava da tempo qualcuno disposto ad accollarsi il mezzo miliardo di lire, che sono i debiti della società, e a dare garanzie che inducano il comune al rinnovo del contratto. Quest'uomo potrebbe essere Ezio Radaelli, che ha già versato un anticipo per l'acquisto della maggioranza azionaria che lo renderebbe padrone del Casinò e di conseguenza del Festival.

Dietro a Radaelli spuntano nomi di privati (come Carlo Ponti) e addirittura di politici (come Franco Evangelisti della DC). Un'arma così potente in mano a pochissimi uomini, riconducibili ad un manipolo di poche etichette discografiche, potrebbe estrometterne le altre e tutti gli interessi legati ad esse. Sanremo è l'unica manifestazione al mondo che negli ultimi dieci anni lancia canzoni nuove che vengono puntualmente riprese da cantanti internazionali. Non solo riesce a portare immediatamente al successo una canzone buona ma anche a valorizzare i brani minori. Un fenomeno che non esiste da nessun'altra parte del mondo. Il Festival è un'operazione commerciale che, quando va male (tipo l'edizione 1963), riesce a vendere nel mondo tre milioni di dischi, ma quando va bene anche dieci. Determina un giro di soldi non indifferente , anzi essenziale per l'industria discografica in Italia. La differenza tra Ravera e Radaelli è che Radaelli è il primo vero industriale della canzone, Ravera l'ultimo artigiano. Non è che Ravera sia più lindo di Radaelli (in quell'ambiente non esiste persona immacolata) ma sicuramente più in grado di scovare e lanciare un gran numero di personaggi che forse, lasciati a sé stessi, sarebbero ammuffiti nelle sale d'aspetto delle grandi case discografiche. Facendo un paragone col calcio, Ravera sta a Zeman come Radaelli sta a Capello. Nel senso che Radaelli si mette in gioco quando ha dalla sua 22 supercampioni, Ravera è capace anche di utilizzare i ragazzi della 'Primavera'. Difatti organizza Castrocaro che è un po' il Torneo Viareggio della musica leggera.

Sergio Endrigo

Detto questo lasciamo il calcio torniamo al presente storico. Ha vinto il ricordo ancora vivo di Tenco: un cantautore. Cosa abbastanza rara a Sanremo in quegli anni se si esclude Domenico Modugno (ma è un altro tipo di cantautorato, quello). Vince quindi Sergio Endrigo con una canzone effettivamente bella, un brano di taglio moderno ma anche di gusto antico. Malinconico come tutte le canzoni, canzoni, che guardano sempre al passato, verso un periodo lontano o magari più vicino, ma che hanno comunque nel filo conduttore qualcosa che non è più presente. Una canzone che, se ci fate caso, potrebbe essere cantata dalla maggior parte dei cantanti italiani dotati di una certa duttilità vocale o di un discreto mestiere. Ce ne sono fra coloro che hanno partecipato a questa stessa edizione: dalla Vanoni a Dorelli, da Celentano ad Al Bano o alla Sannìa. Ecco, forse non sarebbe adatta per Fausto Leali o per Wilson Pickett. Mina, ad esempio, che ha seguito con interesse la manifestazione anche nelle vesti di inviata di un settimanale, ha giudicato la canzone vincitrice "una grandissima canzone", l'unica che secondo il suo punto di vista è stata scritta non appositamente per il Festival, "mentre le altre si sente lontano un chilometro che sono state studiate e composte per il Festival". Mina, poi ne inciderà una versione molto bella tanto che adesso, alcuni, pensano che sia una canzone di Mina più che di Endrigo.

Sergio Endrigo, all'apparenza distaccato dal mondo salottiero e televisivo della canzone, era in realtà molto teso. Probabilmente era conscio del fatto che per tutto l'anno passato non era riuscito a cogliere un vero successo, da PERCHE' NON DORMI FRATELLO a DOVE CREDI DI ANDARE. Canzoni che si erano sentite, specie l'ultima che presentò a Sanremo '67, ma che non avevano sfondato quanto TERESA o ADESSO SI', tanto per citare due titoli tra gli ultimi prodotti dal cantautore di Pola. Rita Pavone su Giovani dichiara testualmente: "Questa vittoria Endrigo se la meritava. Ha scritto bellissime canzoni e ciò nonostante è sempre rimasto un po' in secondo piano" . Forse è vero. Endrigo non era apprezzato ed amato da molta gente ed era considerato ancora un cantante di nicchia. L'Endrigo che riuscirà a farsi strada in altri Sanremo e in altre competizioni di alto livello sta arrivando solo ora, dopo questa vittoria. E tutto questo nonostante i grossi successi commerciali che ha raccolto, come IO CHE AMO SOLO TE, ERA D'ESTATE e tanti altri. Questo è il terzo Sanremo per Endrigo e c'è voluta questa vittoria per vedere il sorriso di un cantante che appare sempre imbronciato ma che nel momento del trionfo riesce comunque a rimanere con i piedi per terra e ad elogiare il suo partner Roberto Carlos.

Dicevamo della tensione del vincitore: chi c'era mi assicura che per vincere l'emozione bevve un whisky dopo l'altro tanto che la moglie Annamaria lo guardava un po' preoccupata. Quando se n'era già fatti sei o sette (di whisky) la moglie decise di intervenire perché le sembrava che stesse un po' esagerando, e lo fece abbastanza duramente. Allora lui le rispose in malo modo e si appartò col paroliere Bardotti. Proprio in quell'istante venne l'annuncio che CANZONE PER TE aveva vinto il Festival e l'atmosfera si fece d'improvviso serena. Applausi ed entusiasmo da parte di tutti perché sembra che tutti i cantanti (tranne una che ci teneva davvero a vincere e ci rimase malissimo) desiderassero davvero un trionfo per Endrigo in questo Festival. Applausi anche per Roberto Carlos, il secondo esecutore, un nome d'importanza massima in Brasile e che da noi era già parecchio conosciuto. Seconda e terza in classifica, due canzoni scritte da Don Backy, che si prende una bella rivincita su Celentano, anche se questi aveva fatto di tutto per affossare CANZONE, eseguendola malissimo e comportandosi da spaccone. Non si presenta neppure per eseguire il brano in finale, snobbando tutti e facendo venire un diavolo per capello a Milva, sua compagna di avventura, che lasciata sola ad eseguire di nuovo CANZONE se ne lamenta pubblicamente.

Claudio Villa

Claudio Villa fa i complimenti alla Sannia e ad Endrigo per spirito d'azienda (militano nella stessa casa discografica) emozionandosi fino a fingere le lacrime ed ignorando completamente la Vanoni e Roberto Carlos e soprattutto Milva, passata al nemico (dalla Fonit Cetra alla Ricordi). Ma, direte voi, che c'entra Claudio Villa? Villa c'entra sempre e, se non c'entra, prova a passare dalla finestra. Proprio lui avrebbe dovuto cantare con Orietta Berti TU CHE NON SORRIDI MAI ma era stato scartato a vantaggio di Piergiorgio Farina. Perciò fa l'inviato di un quotidiano romano (e di un settimanale) ed è sempre presente per tutta la durata del Festival, con tanto di tesserino-stampa per fotografare i colleghi con una macchina fotografica dal teleobiettivo russo. Però ad un certo momento, è sembrato che i Sandpipers non arrivassero (doppiavano la Identici in QUANDO M'INNAMORO) e si è pensato di ricorrere a lui come sostituto, che naturalmente non se lo fa ripetere due volte. Già è pronto alla battaglia finale quando da Nizza arriva la notizia che i Sandpipers sono arrivati. Deve quindi rimanere lì ad accontentarsi di fotografarlo, questo Sanremo. Villa poi, inciderà nella compilation della Fonit dedicata alle canzoni di Sanremo, LA SIEPE e TU CHE NON SORRIDI MAI.

Eartha Kitt

Ma siccome non c'è un Sanremo senza spine, anche questa edizione ne conta parecchie. La più antipatica è la bagarre tra il maestro Carlo Alberto Rossi (un talento artistico che non va di pari passo con uno spropositato ego) e la cantante negra Eartha Kitt. Lei è sicuramente una delle più grandi crooner-ladies americane ma non raccoglie le simpatie dell'autore della canzone CHE VALE PER ME. Rossi riconosce che l'interprete è molto brava ma non la ritiene adatta alla sua canzone perché le sue capacità canore non sono adattabili al brano in questione, che è replicato da Peppino Gagliardi. Addirittura chiede che durante il Festival venga mandata la versione registrata da Sarah Vaughan, colei che doveva cantarla originariamente ma che poi diede forfait per dover subire un intervento chirurgico. Rossi insiste sul fatto che il brano era stato scritto per la grande cantante, che ne aveva incisa una versione strepitosa e sostituirla ora gli appare pressoché impossibile. Eartha Kitt è insuperabile nello swing che non impegna più di tanto la voce. Il regolamento del Festival non prevede però la possibilità di mandare una registrazione in sostituzione dell'esecuzione sul palco. Gianni Ravera ricorda a Rossi che la cantante che ha un contratto con l'ATA è la Kitt e non la Vaughan e quindi è la prima che deve eseguire il brano. Aggiunge anche che non vede il motivo per il quale non debba essere proprio la Kitt a cantare, a dispetto di un diritto che le spetta; comunque sarebbe un'azione offensiva nei confronti di una cantante che riscuote successo ovunque vada. E siccome gli sciacalli esistono in tutti i campi (figurarsi nel mondo dello spettacolo!) c'è anche chi arriva a sussurrare a Rossi il nome di un cantante che ha avuto un momento di popolarità qualche anno prima, Fabrizio Ferretti. La casa discografica del cantante avrebbe assicurato una vendita di 250 mila copie se a cantarla fosse stato il loro pupillo. Eartha Kitt, venendo a sapere tutte queste cose, sicuramente poco gradevoli nei suoi confronti, scoppia in lacrime e corre a chiudersi nella sua stanza d'albergo (come vediamo nella foto a lato), L'episodio dà il via ad una serie di notizie di tono drammatico del tipo: l'abbiamo vista allontanarsi verso la spiaggia con una bottiglia di whisky tra le mani o più plausibilmente l'abbiamo vista tornarsene a Nizza per prendere l'aereo. Invece la cantante ha cantato la sua canzone, riscuotendo parecchi applausi di incoraggiamento ed è uscita dalla scena visibilmente commossa. CHE VALE PER ME non è quel capolavoro che Carlo Alberto Rossi va millantando. E' una canzone tronfia, presuntuosa, ricca magari di frasi musicali ad effetto ma stantia, inutile. Certamente Gagliardi non la canta meglio di Eartha Kitt. Ci voleva forse una voce alla Shirley Bassey, che comunque era già impegnata con un grande brano come LA VITA. Sia Eartha Kitt che la Bassey, alla fine vengono eliminate. La colpa, nel caso di CHE VALE PER ME non è certo della cantante ma della canzone (naturalmente, sentita nella versione di Mina e di Sarah è tutt'altra cosa).

Shirley Bassey

Per la Bassey, cosa dire? Sono i misteri del Festival di Sanremo. Ancor più strano se si pensa che LA VITA ricalca un po' le tematiche della canzone di Modugno MERAVIGLIOSO: quella canzone fu bocciata dalla commissione esaminatrice (tantochè Modugno la portò in finale a PARTITISSIMA invece che a Sanremo) mentre LA VITA fu accettata in primo luogo ma buttata fuori nonostante un'interpretazione magistrale dal vivo della Bassey, sicuramente la migliore del Festival. Una curiosità macabra: la stanza dove si uccise Luigi Tenco è stata richiestissima da alcuni e da altri decisamente rifiutata. E' stata assegnata ad un componente del gruppo di Wilson Pickett che naturalmente non sapeva nulla di quanto accaduto l'anno precedente.

Yoko Kishi

Altra grana è che nessuno, dico nessuno (se non quelli della Fonit Cetra) vuole a Sanremo la giapponesina Yoko Kishi, vestita di tutto punto col kimono d'ordinanza. Addirittura, solo al vederla, gli autori del brano di STANOTTE SENTIRAI UNA CANZONE, Franco Bracardi e Queirolo, minacciano un azione di protesta. Anche Gianni Ravera dà loro ragione perché l'anziana fanciulla canta proprio male una canzone che tra l'altro è parecchio brutta e di gusto antico. Un valzer che farebbe la sua figura in qualche balera di liscio ma non certo a Sanremo. Era stata affidata originariamente e ad Annarita Spinaci (Yoko Kishi è la seconda interprete) la quale è disperata. Allo strazio vocale della giapponese preferirebbe il silenzio del Fujiama. Ma grazie alla presenza di Yoko Kishi a Sanremo la Fonit Cetra, in cambio, esporta in Giappone i dischi di Claudio Villa. Sembra uno scambio alla pari ma certo è impari sul piano delle capacità artistiche in campo. A differenza della canzone di Carlo Alberto Rossi, STANOTTE SENTIRAI UNA CANZONE va in finale. Ma è ormai una moda in questo diciottesimo Festival di Sanremo dare la responsabilità al cantante della riuscita del pezzo. Se la canzone non entra in finale (CHE VALE PER ME) la colpa è dell'interprete. Se invece il brano passa (STANOTTE SENTIRAI UNA CANZONE) il merito è soprattutto degli autori.

Iva Zanicchi

Neppure Umberto Bindi, autore di PER VIVERE, sfugge a questa regola. La canzone è affidata a Udo Jürgens e a Iva Zanicchi. A Bindi, non va giù l'abbinamento con l'austriaco. Non la canta come dovrebbe, non ci mette sentimento e rovina l'atmosfera che invece la Zanicchi è in grado di creare. Si tratta di capire che sicuramente siamo di fronte ad un bellissimo brano adatto per orchestra che, quando viene cantato, perde molta della sua efficacia. Lionel Hampton asserisce che è la più bella tra le composizioni arrivate al Festival. Un complimento da un personaggio come Hampton fa sicuramente piacere anche se non mitiga l'amarezza dell'esclusione. L'assolo di tromba di Oscar Valdambrini in PER VIVERE è una delle migliori cose ascoltate a Sanremo. Un velluto sonoro degno di musicisti come Chat Baker o Miles Davis. Iva Zanicchi si è consolata (si fa per dire) con lo scettro di Lady Festival. Tutti i giornalisti l'hanno votata come la più elegante tra le cantanti presenti. La signora Zanicchi, dopo la sua recente maternità, aveva perfino paura di affrontare Sanremo perché si riteneva troppo grassa. Dieci chili in più non sono poca cosa. Ma in pochi giorni, chissà con quali cure dimagranti, l'aquila di Ligonchio è tornata snella come prima della gestazione. Una cosa davvero molto buffa è che il marito (Ansoldi, figlio dell'amministratore delegato della RiFi e quindi, padrone dell'etichetta) ritrova gli orecchini che l'anno prima Iva perse dopo la vittoria a Sanremo. Glieli aveva tenuti da parte un signore che l'ha aspettata e che, dopo un anno, glieli ha consegnati.

Roberto Carlos

Torniamo ai vincitori e questa volta passiamo a Roberto Carlos. Pippo Baudo lo presenta come un personaggio poco conosciuto qui da noi, riferisce sbagliando la sua età, e Carlos non lo corregge. Poi, al momento della premiazione, afferma che si presenta in concorso per la prima volta in Italia, dimenticando che invece nell'estate recente aveva preso parte alla Mostra di Venezia con la canzone LA DONNA DELL'AMICO MIO. Quando tornnerà a San Paolo i festeggiamenti che gli verranno fatti saranno qualcosa di eccezionale. Sanremo era molto importante in Brasile ed una vittoria canora a Sanremo equivaleva ad una vittoria nella coppa del mondo della nazionale brasiliana di calcio. C'erano circa diecimila persone ad aspettarlo nell'aeroporto Paulista di Cangonhas. Addirittura uno striscione della sua casa discografica (la CBS) che lo salutava come il grande vincitore di Sanremo. Roberto Carlos vive attimi di panico quando la calorosa accoglienza comincia a diventare un po' troppo calorosa. La folla aveva travolto le transenne dirigendosi verso Roberto che era circondato da poliziotti. I quali, vista la situazione, non ci hanno pensato due volte e l'hanno issato in spalla, facendosi largo tra la moltitudine.

Roberto Carlos, figlio di umili contadini (e con una gamba di legno) in Brasile ha una popolarità tale che può essere paragonata a quella dei Beatles nel mondo. Ogni sera guadagna 6 milioni di lire (i nostri cantanti più importanti al massimo arrivano ad un milione) ed è ormai un ricco possidente grazie ad astuti investimenti. Il suo è un successo conquistato con fatica. Aveva iniziato verso i nove anni d'età, in una radio di Rio, nel corso di una trasmissione dedicata ai bambini. A 15 anni veniva ingaggiato nei locali di second'ordine e serviva per riempire il programma durante le esibizioni di cantanti più famosi di lui. Roberto era alla disperata ricerca di qualcuno che lo potesse far uscire dall'anonimato e dal giro dei locali di basso livello, soprattutto perché, con quello che guadagnava doveva camparci. Il suo primo disco lo incide a 18 anni ed è del 1959 (João & Maria ). In Brasile, a quell'epoca, ancora si andava coi 78 giri! Dopo qualche anno incontra chi gli tende la mano, un presentatore brasiliano che si faceva chiamare Chacrinha, e in seconda battuta conosce Carlos Imperial, un compositore molto noto, arrangiatore tra i più famosi all'epoca in tutta l'America latina. Gli fecero incidere il primo disco ma fu un disastro. Il secondo ebbe la medesima sorte. Carlos non si diede per vinto e tentò per la terza volta. Finalmente andò bene: la canzone SPLISH SPLASH, versione brasiliana di un famoso successo americano, ottenne un successo clamoroso. Era il 1963. Il disco successivo, O CALHAMBEQUE che esce nel 1964 ed è la versione brasiliana di un altro successo americano che si chiamava ROAD HOG. Esce anche il suo primo 33 giri col titolo E' PROIBIDO FUMAR.

Il successo di Roberto Carlos arriva alle orecchie del direttore artistico della televisione Canale 7, tv di San Paolo, il quale proprio in quel periodo stava cercando un cantante che avesse talento ma che non fosse ancora inflazionato e che avesse poco da spartire con il genere classico brasiliano. Un beat in giallo-oro, insomma. E Roberto Carlos sembrava proprio fare al suo caso. La trasmissione si chiamava JOVEM GUARDA e nel giro di qualche settimana divenne un idolo nel vero senso del termine. Il viso tipicamente indio contrapposto ai suoi modi gentili e all'apparenza timida avevano conquistato di colpo gente da tutto il Brasile, dalle città progredite a quelle più sperdute dell'Amazzonia, dal contadino alla signora borghese di Rio De Janeiro. Intorno al ragazzo sorge ben presto una grossa organizzazione commerciale ed è per l'appunto il primo tentativo di industrializzare un cantante in Brasile. Vengono lanciate sul mercato le camicie calhambeque, sfruttando il successo della canzone e ancora diari scolastici, fermagli, cuscini, cravatte e magliette. La fama del cantante varca i confini brasiliani anche perché, nel 1966, acquista una catena di distributori di benzina e numerosi negozi di abbigliamento ed improvvisamente, tutto comincia ad andare male. Non si sa il perché, ma Roberto vede in questi accadimenti una punizione divina: chi troppo in alto sale poi paga dazio. Ricomincia tutto daccapo e basta una canzone QUERO QUE VA' TUDO PARA O INFERNO per far tornare a girare le cose nel verso giusto. E' una canzone di protesta ma molto sincera, non per appagare la moda corrente. I suoi dischi si vendono come e meglio di prima e le suo quotazioni aumentano di giorno in giorno e nel Natale 1967 riesce a vendere di un 33 giri in una sola settimana la bellezza di duecentoquarantamila copie! Il titolo è ROBERTO CARLOS EM RITMO DE AVENTURA. La vittoria a Sanremo con CANZONE PER TE ha elevato il cantante al rango di interprete internazionale anche se da noi era già noto per la canzone uscita nell'estate 1967, LA DONNA DELL'AMICO MIO, che era andata molto bene nei mesi caldi.

Adriano Celentano

Al momento della riesecuzione delle tre canzoni prime classificate, Adriano Celentano è scomparso. Ravera, preoccupatissimo, ha sguinzagliato i suoi uomini più fidati nel disperato tentativo di rintracciare il capo del Clan. L'atmosfera si sta colorando di giallo quando si viene a sapere che Adriano era stato visto mentre faceva ritorno in albergo appena saputo che la canzone di Endrigo marciava verso la vittoria. Celentano era molto arrabbiato con la giuria e con Endrigo stesso che a suo avviso aveva portato al Festival una canzone vecchia che al paragone PAPAVERI E PAPERE aveva del futuristico. Mina gli risponde dalle pagine del settimanale, del quale è inviata speciale, che Adriano ha sbagliato mestiere, forse dovrebbe fare il comico, un ruolo più adatto a lui, come quando dà la mancia all'uomo che gli sistema il microfono per fare qualcosa di originale. Anziché dare certi giudizi su CANZONE PER TE avrebbe fatto meglio ad evitare di sbertucciare CANZONE e il suo autore Don Backy, cantando malissimo, con superficiale noncuranza. Comunque sia, Celentano ha continuato imperterrito nel suo comportamento, perché il giorno dopo (la domenica) ha disertato la consegna del trofei messi in palio dal Comune di Sanremo e dagli organizzatori. Don Backy si ritiene vincitore tre volte: due per le vittorie riportate col secondo e col terzo posto (CANZONE e CASA BIANCA) e la terza per la precipitosa fuga di Celentano sia sabato sera che domenica.

Louis Armstrong

Questo Sanremo, scriverà qualcuno, è nato sotto l'insegna del black power. Difatti molti sono gli interpreti di colore: Dionne Warwick, Ertha Kitt, Louis Armstrong, Shirley Bassey. E anche Lionel Hampton (che aveva il compito di ripetere le canzoni in versione strumentale con il vibrafono), la cantante Sarah Vaughan (che poi non è più arrivata) e una mezzo sangue come Lara Saint Paul, di padre italiano e madre somala. La presenza di Armstrong a Sanremo è servita ad attirare l'attenzione mondiale sulla manifestazione, come hanno confermato tutti i giornalisti stranieri presenti al Festival, ma è risultata fine a se stessa. Armstrong è stato costretto ad interpretare un motivo dixieland anni venti tra l'altro anche molto banale. E' come far venire Christian Barnard per farsi togliere un'unghia incarnita. Comunque i suoi bei 32 milioni di ingaggio in lire valevano probabilmente, all'epoca, una vacanza spesata in Liguria. Anche se lui, fino all'ultimo, non aveva ben capito che il suo tempo contava per lo spazio della canzone in gara e basta. Anzi, lui non aveva neanche capito che doveva sottoporsi al giudizio di 650 persone scelte a caso e riunite in 26 giurie, altrimenti forse si sarebbe anche offeso. Così ha tentato di fare uno show completo, tanto che Pippo Baudo, un poco per dovere ma forse anche per una sorta di giovanile immaturità (32 anni) ha dovuto quasi spingerlo fuori dal palcoscenico. Pier Quinto Cariaggi, il produttore che aveva portato Satchmo a Sanremo, non gli aveva detto la completa verità sul Festival e sul suo meccanismo. Louis ha passato le sue giornate sanremesi chiuso in camera in albergo sorbendosi litri di spremute d'arancio e consumando decine di fazzoletti di lino. E' stato anche uno dei pochi che sul palco aveva l'aria di chi era lì per divertirsi, forse perché, oltre a non aver capito bene cosa stesse facendo, non aveva proprio nulla da perdere. Parecchi componenti dell'orchestra avevano le lacrime agli occhi quando Louis Armstrong ha tratto dalla sua tromba il breve fraseggio dal timbro inconfondibile. Quei professori d'orchestra, trent'anni prima, studiavano al conservatorio i musicisti classici ma le loro preferenze andavano a Natalino Otto e al jazz americano di cui Armstrong era un re.

Affari internazionali

Anche le altre grandi vedette straniere partecipano al Festival come fosse uno spettacolo qualunque, chiedendo, poiché si tratta di una gara, un cachet più alto del solito. Lionel Hampton ha chiesto 18 milioni di lire. 10 milioni anche ad Eartha Kitt, la Warwick e la Bassey. 6 milioni di lire a Wilson Pickett, complesso escluso. Questo denaro non è sborsato dall'organizzazione sanremese ma dalle case discografiche le quali si servono dei grandi nomi internazionali come merce di scambio: tu mi dai un Roberto Carlos e io ti dò un Tony Renis e via dicendo. Certe volte i cambi sono molto proficui: da questo Sanremo sono uscite delle canzoni che hanno fatto il giro del mondo. Per fare degli esempi, GLI OCCHI MIEI diventa con Tom Jones HELP YOURSELF e vola in testa alle classifiche mondiali. QUANDO M'INNAMORO sarà un best seller con Engelbert Humperdinck e gli stessi Sandpipers. Shirley Bassey fa de LA VITA un successo mondiale (THIS IS MY LIFE). Senza contare tutte le versioni in tutte le lingue delle altre canzoni (DEBORAH, LA TRAMONTANA, CASA BIANCA etc. riproposte da cantanti francesi, brasiliani, spagnoli).
Come detto, quest'anno Sanremo è molto piaciuto agli stranieri. Già al Midem di Cannes le 24 canzoni presentate al Festival erano state vendute anche nei paesi più impensabili: dalla Turchia alla Cecoslovacchia. Sono piaciute perché sono di quel genere melodico sul drammatico che viene definito "italiano". Abbandonate le imitazioni di gusto straniero (beat, rhytm'n'blues) gli autori italiani, specialmente negli arrangiamenti orchestrali hanno chiesto aiuto a Vivaldi, Verdi, Bach e compagnia bella. Si vede che i Procol Harum hanno fatto scuola ! Ci troviamo davanti a Vivaldi (l'introduzione barocca di DA BAMBINO), a Katchaturian per LA TRAMONTANA dove l'introduzione è presa pari pari da LA DANZA DELLE SPADE e il Tannhäuser di Wagner per LE SOLITE COSE di Pino Donaggio. Un vero saccheggio musicale si avverte nei confronti della musica a canone di Bach tanto che per LA VOCE DEL SILENZIO il suggestivo fondo orchestrale, che scomoda addirittura le ben conosciuta TOCCATA E FUGA IN RE MINORE, ha quasi il carattere di una citazione dedicatoria. Del resto questa temperie si avverte anche nella versione dal vivo di CASA BIANCA. Altro classico scomodato e asservito alla causa di Celentano è L'APPRENDISTA STREGONE di Dukas (forse molti di questi autori di canzoni hanno visto al cinema la disneyana FANTASIA). O anche, senza andare sul classico nel vero senso della parola, l'introduzione sanremese di SERA della Cinquetti e della Valci fa molto FASCINATION, mentre nella strofa di QUANDO M'INNAMORO si sente distintamente l'eco di VITTI NA'CROZZA.

Lara Saint Paul

Cariaggi si serve di Armstrong per mandare al Festival la moglie Lara Saint Paul, che, già nel 1962, partecipò al Festival senza successo con il nome di Tanya portando I COLORI DELLA FELICITA'in coppia con Wilma De Angelis. Si prende una bella rivincita: dalla De Angelis ad Armstrong, il passo non è mica piccolo! Cariaggi smentisce dicendo che lui non ha interesse a far cantare per tre minuti la moglie che è già presente tutte le domeniche, per 26 settimane, alla trasmissione pomeridiana QUELLI DELLA DOMENICA. Ha fatto capire di essere riuscito ad ottenere la partecipazione al Festival dei grossi nomi testè citati grazie alle ottime relazioni che ha negli States con i leaders del movimento politico del Black Power. Il consenso di Joe Glaser, l'impresario di Armstrong, l'ha ottenuto con la mediazione di Quincy Jones, il famosissimo arrangiatore vicepresidente della Mercuri e uno dei più noti autori per colonne sonore. Per MI VA DI CANTARE gli autori non famosissimi, Buonassisi-Bertero-Valleroni, possono essere contenti perché la canzone, prima di uscire su singolo, aveva già centomila copie prenotate all'estero. La canzone è un dixieland: se da Armstrong può essere accettata perché negli anni venti, di dixieland il tipo ne ha masticato quanto ne ha voluto, da Lara Saint Paul assolutamente no. E' una canzoncina da niente, una specie di sigletta televisiva o radiofonica che lei tenta di cantare con fare e modi da interprete di grande statura senza rendersi conto di essere un tantino sopra le righe ed esageratamente enfatica. Armstrong sul palco ha portato l'orchestra di Hengel Gualdi, spettacolo e il suo carisma, facendo di una sciocchezzuola una cosa gradevole e scenografica, Lara Saint Paul sinceramente ben poco. Questo detto con tutto il rispetto per la Saint Paul che quando ha voluto (e potuto) ha fatto cose egregie (UNA CASA GRANDE a Sanremo 1973, tanto per fare un esempio).

Le vendite di dischi

Ora è tempo di fare una piccola disamina su chi vende e chi no. La regola è che la canzone vincitrice risulti poi una delle meno commerciali e che, viceversa, il best seller esca dal gruppo delle eliminate o comunque di quelle che la giuria aveva ignorato. Anche se è ancora troppo presto per dirlo, pare che nei negozi di dischi soffi una tremenda tramontana e che DEBORAH, più volte chiamata in causa, abbia deciso di rispondere ai molteplici appelli. Per ora la classifica provvisoria delle vendite provvisoria è la seguente (almeno secondo i dati riportati dal settimanale SETTIMANA TV):

LA TRAMONTANA (versione di Antoine)
DEBORAH (entrambe le versioni)
CANZONE PER TE (versione di Sergio Endrigo)
CASA BIANCA (versione di Marisa Sannìa)
CANZONE (versione di Adriano Celentano e di Don Backy)
LA FARFALLA IMPAZZITA (versione di Johnny Dorelli)
IL POSTO MIO (versione di Domenico Modugno)
QUANDO M'INNAMORO (versione di Anna Identici)

Queste naturalmente sono vendite legate ai primi giorni del dopo festival e non sono le hit parade ufficiali. Difatti canzoni come LA FARFALLA IMPAZZITA o IL POSTO MIO spariranno presto dalla lista dei più venduti per lasciare il posto a canzoni come GLI OCCHI MIEI o UN UOMO PIANGE SOLO PER AMORE. Non vendono invece cantanti affermati come Orietta Berti, Iva Zanicchi, I Rokes, Dionne Warwick, Gigliola Cinquetti e tanti altri.

Il concerto di Aranjuez, di Joacquim Rodrigo

Spesso accade che la musica leggera si impossessi di melodie classiche, pagine musicali scritte da autori ormai trapassati da decenni e decenni. Questa volta, invece, qualcuno ha osato trasformare l'opera di un compositore ancora vivo e vegeto, Joacquim Rodrigo e il suo CONCERTO DI ARANJUEZ. Chi è stato a permettersi una cosa del genere? In Francia Richard Anthony e in Italia Mina. Rodrigo, appena ascoltato il disco di Richard Anthony ne ha chiesto immediatamente il sequestro e analoga intimazione ha avanzato nei confronti nel nuovo singolo di Mina dal titolo TRENODIA (con testo di Giorgio Calabrese). Così Mina ha dovuto in fretta e furia mandare sul mercato un altro 45 giri della sua casa discografica mettendo al posto di TRENODIA la canzone di Fabrizio De Andrè, LA CANZONE DI MARINELLA, e forse è stato meglio così da un punto di vista commerciale. De Andrè viene fatto così conoscere ad un vasto pubblico dalla voce di Mina. De Andrè avrebbe dovuto pagarle una quota sulla popolarità raggiunta da lui grazie alla cantante di Cremona. Chissà se De Andrè sarebbe mai diventato De Andrè senza quell'episodio fortunato? O sarebbe rimasto uno di quei cantanti di nicchia alla Giovanna Marini?
[nota aggiuntiva: guarda caso, lo stesso brano musicale era stato inciso l'anno prima da De Andrè nell'album Volume I, con il titolo CARO AMORE, ma poi sostituito nell'edizione del 1970, ancora per beghe di diritti d'autore, con il brano LA STAGIONE DEL TUO AMORE. Quando si dice il destino...]

Le proteste di Rodrigo riguardavano soprattutto gli arrangiamenti orchestrali che secondo lui avevano eccessivamente alterato lo spirito della sua musica. Questa, a suo dire, non richiede grandi sonorità perché la sua forza va trovata nella leggerezza e nell'intensità di contrasti tra la chitarra solista e l'intera orchestra. A dimostrazione di quanto dice ecco arrivare sul mercato una recente edizione in stereo registrata per la Voce Del Padrone dall'Orchestra Nazionale Spagnola diretta da Rafael Fruhbeck de Burgos. Aranjuez, ricordiamolo, era un tempo dimora dei reali spagnoli (una villa principesca) e Rodrigo pensò di dedicarle una forma di concerto, a quei tempi già demodè, per orchestra e chitarra. Tuttavia la composizione fu accolta nel 1940 con enorme successo e rimane l'opera più famosa del musicista cieco dall'infanzia che è nato nel 1912 e che vive a Madrid. Nel disco la parte solistica è sostenuta con maestria dal chitarrista venezuelano Alirio Diaz, apprezzatissimo da Segovia e spesso ospite di programmi italiani. Quello che non capiamo è perché non ha proferito parola quando Dalida, nel 1966, fece un operazione analoga, riducendo il suo concerto ad uno stereotipo spagnoleggiante con tanto di nacchere e atmosfera da corrida. Canzone che ha anche ripetuto nell'ultima edizione di Canzonissima alla quale è stato dato il titolo di PARTITISSIMA. La Durium, dopo la performance di Dalida in PARTITISSIMA si affretta a lanciare una versione del concerto eseguito da un gruppo musicale fittizio essendo costituito da turnisti di sala d'incisione al quale si dà il nome di LOS MAYOS. Nel 1971 ne fece una bella versione anche Massimo Ranieri che poi registrò nuovamente nel 1976 nell'album MEDITAZIONE con gli arrangiamenti di Eumir Deodato.

Tornando a Mina, come detto, incide sia la canzone vincitrice sia CHE VALE PER ME. In sala di registrazione sono le quattro del mattino. Marisa Terzi, Carlo Alberto Rossi, Augusto Martelli e i tecnici sono ancora svegli ma morti dal sonno. Sveglia come fosse l'alba, Mina. Finito di registrare il brano, si riavvolge il nastro e lo si ascolta. Perfetto, come sempre, alla prima. Carlo Alberto Rossi esulta: ecco come avrei voluto fosse cantata! Invece gli era toccato ascoltarla dalla Kitt in quel di Sanremo. Mina ha resuscitato una canzone che a detta di illustri intenditori, sarebbe dovuta arrivare al primo posto. Mina canta le due canzoni come nessun altro avrebbe potuto cantare. Non è questione di Eartha Kitt o Sarah Vaughan o chi volete voi. La Mina di quel periodo è inarrivabile. Per tutti. Chi ha lavorato con lei per anni ed anni ha sempre asserito di non aver mai sentito cantare bene Mina come nel periodo che va dal 1968 al 1970. E a ragion veduta. Ogni anno incide un paio di pezzi di Sanremo. L'anno scorso aveva rielaborato a modo suo L'IMMENSITA' e non a caso sia Dorelli che Don Backy (Don Backy un po' meno, perché essendone l'autore, i soldi li prendeva lo stesso) si erano lamentati. Indovinate un po' perché? Mina è riuscita a vincere Sanremo più di una volta standosene a casa: clamoroso fu E SE DOMANI: bocciatissima nell'esecuzione di Gene Pitney e Fausto Cigliano, campione di vendite nella versione di Mina. La stessa cosa con SE TU NON FOSSI QUI o UNA CASA IN CIMA AL MONDO. Mina in giapponese significa "tutto". E per la musica italiana, lei è davvero tutto. Perché non parliamo della VOCE DEL SILENZIO? Perché nella versione di Mina uscì qualche mese dopo e all'interno di un album e non come singolo.

Il Puff

A Roma viene inaugurato il Puff (in Via Dei Salumi a Trastevere). I molti successi del Bagaglino che da tre anni a questa parte detiene il primato assoluto nel campo degli spettacoli satirici, hanno generato com'era prevedibile, un proliferare di cabaret, altrimenti detti "circoli teatrali privati", che vengono a riempire il vuoto lasciato negli anni cinquanta dalla rivista, definitivamente soppiantata dalla commedia musicale alla Garinei e Giovannini. Lo spettacolo che Solvejg D'Assunta ed Enrico Montesano hanno inscenato per inaugurare il locale si chiama COSI E' SE CI PARE e i testi portano la firma di Gianni Minà, Pierangelo Piegari, Roberto Calmieri e Gino Roca. Grande successo, che ancora continua adesso, dopo 38 anni.

Campionato di calcio

Ed eccoci al campionato di calcio. Siamo arrivati alla 21° giornata del campionato 1967-68. In testa è sempre il Milan con 29 punti (ricordiamo che è ancora in auge la formula due punti a vittoria uno per il pareggio) , secondo il Varese dei miracoli che annovera tra le proprie fila il giovane Anastasi, Cresci (poi Bologna), Sogliano (poi Milan) e Tamburini (ex Roma). Al terzo posto tre squadre tutte a 22 punti: Torino, Napoli e Juventus. Incidenti a Firenze. Mezz'ora dopo la conclusione della partita tra Fiorentina e Roma (conclusasi a rete inviolate), il pullman della comitiva giallorosa è stato assalito da un gruppo di tifosi fiorentini che hanno cominciato a tirare pietre sui finestrini del mezzo. L'allenatore romanista Pugliese è rimasto ferito all'occhio e all'orecchio da frammenti di vetro. Ai giocatori romanisti la cosa non deve essere piaciuta granché perchè fermato il pullman scendono e affrontano i fiorentini riuscendo a cacciarli via a forza di calci nel sedere. Scappando, i tifosi della Fiorentina, sono anche sfortunati, perché incappano in una volante della polizia che li identifica e li denuncia. Come si dice a Napoli , cornuti e mazziati. Ecco i risultati completi:
FIORENTINA - ROMA 0-0
INTER - ATALANTA 3-0
JUVENTUS - BOOGNA 0-0
L.R. VICENZA - VARESE 1-0
MANTOVA - MILAN 0-1
NAPOLI - CAGLIARI 1-0
SAMPDORIA - TORINO 1-1
SPAL - BRESCIA 3-1

Terminiamo questo speciale articolo quasi tutto imperniato sul diciottesimo Festival Di Sanremo. Ricordiamo che, per chi vuol saperne di più, ci sono due altri articoli al riguardo nell'archivio. Passiamo la palla come sempre a David Guarnirei che ci parlerà del Festival Di Sanremo sotto un'angolazione televisiva.

Christian Calabrese

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XVIII Festival della Canzone Italiana (1968)
di David Guarnieri

Cari amici di "Hit Parade Italia", questa volta non vi parlo di un "classico" varietà, bensì della diciottesima edizione del Festival di Sanremo. Il tema è stato già trattato da Christian Calabrese nel suo articolo dedicato al mese di febbraio del 1968, ma, confesso, non ho saputo resistere ed ho scelto anch'io questo argomento (d'altra parte, siamo in clima pre-sanremese, consentitemelo...), prendendomi il lusso di attribuire voti alle canzoni scelte, ai loro interpreti ed ai due conduttori.

BRANI E CANTANTI IN GARA

"UN UOMO PIANGE SOLO PER AMORE" (voto 6) MARIO GUARNERA: il giovane cantante bolognese cerca di conferire al brano un'impronta drammatica ed intensa. Il risultato può definirsi accettabile. (voto 6,5) LITTLE TONY: dopo il trionfo assoluto di "Cuore matto" (Sanremo 1967), il signor Antonio Ciacci tenta la strada dell'impegno, proponendo un testo abbastanza pretenzioso (stile "feuilleton"), facendo leva sulle doti di attore consumato (date le esperienze in pellicole come "Riderà" e "Peggio per me, meglio per te"). (voto 6)

"LE OPERE DI BARTOLOMEO" (voto 6,5) THE ROKES: spiritosa performance per il gruppo britannico. L'ironia del testo viene ben rappresentata da Shel Shapiro e compagni. (voto 6,5) THE COWSILLS: i cinque (dei nove) componenti del complesso vocale americano, portano a Sanremo l'atmosfera di un raduno country. Gradevoli. (voto 6.5)

"LE SOLITE COSE" (voto 7,5) PINO DONAGGIO: ottima figura per il cantautore veneziano. Stile e finezza caratterizzano l'interpretazione. (voto 8) TIMI YURO: la cantante di Chicago sbarca al Festival, confermando il raro mix di voce, temperamento ed eleganza. (voto 8)

"NO, AMORE" (voto 6,5) GIUSY ROMEO: debutto importante per la diciassettenne palermitana (vincitrice di "Castrocaro 1967"). Un po' intimidita, ma già in grado di far notare le doti musicali che le assicureranno un notevole futuro musicale. (voto 7) SACHA DISTEL: calibrato ed ironico, il francese porta sul palco del Casinò una spiritosa aria che giova al brano di Pallavicini e Intra. (voto 7,5)

"CHE VALE PER ME" (voto 7,5) PEPPINO GAGLIARDI: re della melodia drammatica, tipicamente partenopea. Si presenta a metà strada tra il classico e lo stile pseudo-beat. (voto 7) EARTHA KITT: contestata da Carlo Alberto Rossi (autore del brano, assieme a Marisa Terzi), che avrebbe preferito Sarah Vaughan (la quale da' forfait poco prima della rassegna), interpreta bravamente il motivo, con aggressività e sex-appeal. (voto 8)

"SERA" (voto 7) GIGLIOLA CINQUETTI: il classicheggiante brano, firmato da Andrea Lo Vecchio e Roberto Vecchioni (leggermente distante dal repertorio presentato fino a quel momento da "Ola"), viene ben reso dall'interprete veronese, assai graziosa e raffinata. (voto 7,5) GIULIANA VALCI: sospirosa e drammatica. Troppo. (voto 6)

"GLI OCCHI MIEI" (voto 6,5) WILMA GOICH: spigliata e simpatica, ha il merito di non prendersi troppo sul serio. (voto 6,5) DINO: ben vestito (uno dei cantanti più eleganti) dal conte Giovanni Nuvoletti, il cantante di Verona, propone il brano con la giusta freschezza. (voto 7)

"DEBORAH" (voto 7,5) FAUSTO LEALI: il "negro bianco", per la prima volta al Festival, da' di sé un'ottima immagine, stimolato dal confronto con l'augusto partner internazionale. (voto 8) WILSON PICKETT: carico, vitale, energico, in grande forma vocale. (voto 8)

"STANOTTE SENTIRAI UNA CANZONE" (voto 6) ANNARITA SPINACI: seconda classificata a Sanremo 1967 con un brioso motivo come "Quando dico che ti amo", tenta la carta del sentimentalismo, mostrando tecnica ed intonazione di buon livello. (voto 7,5) YOKO KISHI: un po' troppo distante dal contesto sanremese. (voto 6)

"CASA BIANCA" (voto 8) MARISA SANNIA: la giovane interprete sarda si presenta al Festival, impressionando favorevolmente la platea televisiva con la sua grazia, ma anche con un'insospettata autorevolezza. (voto 8,5) ORNELLA VANONI: elegantissima (come sempre), la Signora della canzone conferisce al brano degli effetti drammatici di alta classe, colpendo nel segno. (voto 8,5)

"LA VOCE DEL SILENZIO" (voto 8,5) TONY DEL MONACO: il brano di Paolo Limiti ed Elio Isola, di notevole difficoltà, viene affrontato dal bravo Del Monaco con grande concentrazione e convinzione. (voto 8) DIONNE WARWICK: una delle più importanti interpreti a livello internazionale. Anche in questo caso, dimostra che la classe (ed il talento), di certo non sono acqua (voto 9)

"IL RE D'INGHILTERRA" (voto 6,5) NINO FERRER: simpatico ed originale, l'italo-francese si dimostra all'altezza del compito, con la dovuta presenza scenica. (voto 7,5) PILADE: sbiadita copia di Adriano Celentano. (voto 5)

"CANZONE PER TE" (voto 9) SERGIO ENDRIGO: il cantautore di Pola, porta al successo un brano di grande stile, composto assieme al fido Sergio Bardotti, interpretato con un'asciuttezza ed un rigore di primissimo livello. (voto 9) ROBERTO CARLOS: lo stile interpretativo del brasiliano, si rivela ideale per la conquista del prestigioso alloro. (voto 8,5)

"CANZONE" (voto 7,5) MILVA: la "Pantera di Goro", fa assaporare, dopo qualche prova un po' sottotono, la sua eruttiva personalità, la genuina passionalità ed il rigore interpretativo. (voto 8,5) ADRIANO CELENTANO: a 38 anni di distanza ci si chiede: perché mai Celentano abbia voluto interpretare il brano in questo modo. Mah!? (voto 5,5)

"LA SIEPE" (voto 6) AL BANO: ottima voce (lo sappiamo tutti). Lievemente sopra le righe. (voto 7) BOBBIE GENTRY: sicuramente più convincente in veste di folk-singer. (voto 6)

"IL POSTO MIO" (voto 7) TONY RENIS: prova intimista per il cantautore - show-man. Di buon livello. (voto 7,5) DOMENICO MODUGNO: anche in veste di puro interprete, Mimmo non delude! (voto 8)

"LA VITA" (voto 7,5) ELIO GANDOLFI: primo Sanremo per il vincitore del Festival di Castrocaro (assieme a Giusy Romeo). Svolge bene il suo compito. (voto 7) SHIRLEY BASSEY: anch'essa debuttante al Festival, dopo i grandi successi ottenuti in tutto il mondo. Strepitosa, per grinta, impostazione vocale e carica passionale. (voto 9)

"PER VIVERE" (voto 7,5) IVA ZANICCHI: la vincitrice del Festival 1967, torna in Riviera, dopo la maternità. Interpreta l'arduo brano di Nisa ed Umberto Bindi, con immutata efficacia e rinnovata classe. (voto 8.5) UDO JURGENS: accompagnandosi all'organo, l'artista austriaco risulta un pochino meno incisivo della grintosa partner. Comunque: giudizio positivo. (voto 7)

"LA FARFALLA IMPAZZITA" (voto 7) JOHNNY DORELLI: la piacevole linea armonica di Lucio Battisti e l'originale testo di Mogol, trovano in Dorelli un interprete di grande livello. (voto 8) PAUL ANKA: da' la replica a Johnny, puntando sulla innegabile veemenza. (voto 7)

"TU CHE NON SORRIDI MAI" (voto 6) ORIETTA BERTI: la paciosa cantante emiliana, non potendo contare su personalità ed originalità travolgenti, mostra - almeno - intonazione e musicalità. (voto 6,5) PIERGIORGIO FARINA: buona voce, sicuro mestiere. (voto 6,5)

"LA TRAMONTANA" (voto 6,5) GIANNI PETTENATI: simpatico e coinvolgente. (voto 6,5) ANTOINE: contando sul suo istrionismo e la sua capacità di fare spettacolo, riesce a far esplodere (a Sanremo, ma soprattutto in classifica) la canzoncina di Pace e Panzeri. (voto 7,5)

"QUANDO M'INNAMORO" (voto 7) ANNA IDENTICI: la voce dolce e aggraziata della cantante cremonese, si rivela ideale per il brano (uno dei pochi ad avere successo all'estero, grazie alla versione di Engelbert Humperdink). (voto 7,5) THE SANDPIPERS: perfetta fusione vocale dei tre interpreti americani. (voto 7)

"DA BAMBINO" (voto 7) MASSIMO RANIERI: anche lui, al debutto sanremese. A 17 anni è già una vera e propria potenza, vocale, interpretativa e scenica. (voto 8) I GIGANTI: meno incisivi rispetto allo "scugnizzo", ma assolutamente degni di nota. (voto 7,5)

"MI VA DI CANTARE" (voto 6) LARA SAINT PAUL: impegnata in quei mesi con lo spettacolo tv "Quelli della domenica", la Saint Paul, con la sua abilità di show-girl, risulta una valida alternativa al "Re del Jazz" che la affianca. (voto 7) LOUIS ARMSTRONG: divertente, spiritoso e magnetico. (voto 7)

CONDUTTORI

PIPPO BAUDO: il sovrano di "Settevoci", sbarca a Sanremo, cercando soprattutto di far dimenticare lo stile compassato e rigoroso di Mike Bongiorno. Ci riesce, abbinando la sciolta parlantina ad un ritmo sostenuto, di estrema modernità. (voto 8).

LUISA RIVELLI: bionda, elegante e sorridente, l'attrice si rivela ottima partner di Baudo, facendo leva su un professionismo inappuntabile ed uno stile assai misurato. (voto 7,5).

Queste, le mie personali (ed opinabili) impressioni, riguardanti la diciottesima edizione del Festival della canzone italiana.

Alla prossima!!!!!!

Saluti a tutti!!!
David Guarnieri

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