( da Musica e Dischi )
Classifica 33 giri
1968: Un dannato bisestile Finalmente è finito! Non una buona annata, direbbero gli enologi. Il 1968 sta guardando scorrere i suoi ultimi giorni. Il settimanale CIAO BIG lo saluta con il titolo UN DANNATO BISESTILE sottolineando gli assassinii, i conflitti sociali e politici e le tragedie naturali. Un anno davvero pessimo; con due anni di anticipo, col ’68, in pratica finiscono gli anni ’60 ed iniziano i ’70. Doveva essere l’anno della conferma dei diritti dell’uomo, fissati solennemente nel 1948 alle Nazioni Unite. E’ stato invece un anno di guerre, aggressioni militari, contestazioni sociali e crisi economiche. In Biafra la guerra civile (scoppiata nel maggio 1967 per la secessione dei biafrani dalla federazione nigeriana) ha fatto milioni di morti. Causa principale, la fame. I carri sovietici invadono la Cecoslovacchia. Guidati da radio clandestine gli aggrediti reagiscono con dimostrazioni pacifiche e silenziose. Naturalmente la non-violenza stile Ghandi fa sorridere i comunisti russi che ci vanno pesante soffocando nel sangue anche questa rivolta. Dubcek viene rimosso e l’esperimento di “socialismo dal volto umano” dichiarato fallito. Bob Kennedy viene ucciso a colpi di rivoltella, così come viene ucciso l’apostolo negro della non violenza Martin Luther King. La sua morte provoca disordini con più di 30 morti e 1200 feriti. La contestazione francese arriva anche in Italia. Ideologie utopistiche e malate (nazi-maoismo, leninismo-marxismo e cocktail micidiali di questo tipo) e il protagonismo sfrenato di alcuni (i leader del movimento) provocheranno danni irreparabili (il terrorismo) e mutazioni socio-psicologiche di cui ancora adesso accusiamo i colpi. Il terremoto in Sicilia e copiose alluvioni in Piemonte, la repressione in Messico durante le Olimpiadi degli studenti che si erano assiepati in Piazza Delle Tre Culture: interviene l’esercito e spara coi bazooka ad altezza d’uomo. Direi che potrebbe bastare. Cosa ha portato di buono il 1968? La vittoria dell’Italia ai campionati europei e la vittoria di Adorni ai campionati mondiali di ciclismo su strada. Un po’ pochino ma meglio che stare a Praga. Natale 1968. All’apparenza sembra tutto tranquillo, in realtà no. Il 12 dicembre Mariano Rumor prende il posto di Giovanni Leone a capo della Presidenza del Consiglio. Ed è il primo governo Rumor di tre governi a maggioranza di centro-sinistra. La composizione è costituita dalla Dc, dal Partito Socialista e da quello Repubblicano. Il vicepresidente del Consiglio è Francesco De Martino, al Ministero degli Esteri un giovanotto, Pietro Nenni, al Bilancio il famoso Luigi Preti, vittima di Noschese, al ministero di Grazia e Giustizia va Silvio Gava. In tutto 27 ministri. Nella nomina dei nuovi sottosegretari di Stato si è battuto ogni precedente primato. Ne sono stati creati 56, dieci in più rispetto a quelli precedenti, dei governi Moro e Leone, che aggiunti a 27 ministri elevano la quota a 83 (i componenti del gabinetto presieduto da Mariano Rumor). L’onorevole Sullo contesta la nomina di De Mita a sottosegretario degli Interni con l’incarico di sovrintendere all’attuazione dell’ordinamento regionale. Preferenza non accettabile perché altri deputati avevano raccolto maggiori e unanimi consensi dai membri del direttivo del gruppo. Gli altri sottosegretari di quello specifico dicastero sono Remo Gaspari, Pierluigi Romita ed Angelo Salizzoni. Come a dire, neanche hanno giurato e già litigano. Il governo in carica durerà fino al 5 luglio del 1969, quando sarà sostituito... dallo stesso governo Rumor dopo un rimpasto. Un cambiamento “significativo”, quindi. Il 1968 che volge finalmente al termine tende a concludersi in una serie di sforzi che vanno verso la distensione. Nixon si appresta a compiere i suoi primi passi presidenziali tacendo su quel che è accaduto di Praga due mesi prima e De Gaulle gli manifesta già chiari segni di solidarietà. Anche i sovietici, che fino a pochi giorni prima avevano visto in lui un nemico, si sbracciano e gli sorridono apertamente. Anche dalla Cina si sente uno scricchiolio: sta cominciando il disgelo tra Nixon e Mao. Fino a pochi mesi prima la Cina vedeva nell’America un simbolo negativo, il perno demoniaco della congiura mondiale contro Pechino, mentre ora pare che le cose stiano cambiando. In Brasile, nello stesso giorno in cui qui si vara il nuovo governo Rumor, il presidente della Repubblica, maresciallo Artur Da Costa e Silva ha dovuto piegarsi alla volontà di quattro generali (Lima, Portela, Sarmento e De Castilho). Nella notte tra il 13 ed il 14 dicembre i militari sono riusciti a prendere in mano le redini del governo. Centinaia di arresti illustri (cattolici, giornalisti, cantanti, oppositori). Il regime è isolato: non ha amici né a destra né a sinistra né al centro ma dispone di mezzi per reggersi con sicurezza. L’opinione pubblica gli si è dichiarata contraria. Chico Buarque de Hollanda E parlando di regime e di Brasile non si può non parlare del personaggio musicale più in vista in questo periodo, Chico Buarque de Hollanda. Contestando in musica il regime militare è stato arrestato e rimesso in libertà dopo solo tre giorni di detenzione. E qui si vede quanto sia debole un regime che si regge per miracolo e che ha paura di uomini simbolo e delle proteste che il loro arresto potrebbe scatenare: se fosse successo nella Russia dell’epoca, forte e sicura, sarebbe stato rinchiuso in un gulag e se lo sarebbero dimenticato lì vita natural durante. Difatti, le autorità intimorite dall’atteggiamento ostile della gente ha dovuto rilasciarlo. Chico è nato a Rio de Janeiro nel 1944 da una famiglia benestante ed intellettuale. Il padre Sergio era uno storico ed un sociologo, lo zio un famoso linguista. A 16 anni Chico viene rapito dalle bossanova di Joao Gilberto. Il suo debutto avviene nel 1964 con due canzoni che colpiscono in modo indelebile l’ambiente della musica brasiliana: MARCHA PARA UM DIA DE SOL e TEM MAIS SAMBA (incisa poi nel 1968 da Mina col titolo C’E’ PIU’ SAMBA). Il suo scrivere testi è particolare, giochi parole e nostalgia (la famosa saudade), accompagnato da una musica evocativa, a volte malinconica ed altre allegra, ma sempre con riserva. Nel 1968, a dicembre, lui si impone un auto esilio in Italia per protesta verso il governo del suo paese. La canzone che l’ha messo nei guai è SABIA (scritta a quattro mani con Tom Jobim), canzone giudicata sovversiva. SABIA è un uccello ma è un simbolo. Il testo dice Vou voltar, sei que ainda vou voltar, para o meu lugar foi lá e é ainda lá que eu hei de ouvir cantar uma sabiá (io so che tornerò al mio posto, andrò lì e lei sarà ancora lì perché io devo sentir cantare una sabia). Sembrerebbe inoffensiva, e probabilmente lo è, se non fosse che le sabìe sono anche i canti popolari del nord est brasiliano, la zona più povera del paese. I latifondisti hanno ancora un potere immenso sui contadini, come nel medioevo. Mangiano se lo vogliono loro. Da qui il motivo dell’incriminazione della canzone. Già nel 1965 ha avuto dei guai: quando musicò MORTE E VIDA SEVERINA, una riduzione teatrale di un famoso poema di Joao Cabral. La canzone in questione è FUNERAL DE UM LAVRADOR (funerale di un lavoratore) che in Italia viene cantata da un duo, Dick & Barbara, e narra la storia di un contadino brasiliano nato su una terra di proprietà dei latifondisti senza mai arrivare a poterla possedere e la soddisfazione di avere un po’ di terra tutta per sé l’avrà da morto, quando gliela getteranno sulla bara (questa fossa in cui sei a misura è il minore dei mali che hai avuto nella tua vita). Faccia da bravo ragazzo, senza un pelo di barba, sembra più giovane dei suoi 24 anni. In Italia lo abbiamo conosciuto grazie all’interpretazione de LA BANDA da parte di Mina. Canzone che in Italia ha venduto circa 350 mila copie ma calcolate le varie versioni incise nel biennio 1967-1968 (Herb Alpert, Sergio Mendes etc.) si arriva alla cifra di cinque milioni di copie. Ora Chico ci prova in Italia. Non che sia cosa facile. Generalmente l’italiano medio concepisce la musica brasiliana come qualcosa di allegro, da ballare nelle feste tipo Capodanno o Carnevale. Un retaggio che risale alla fine degli anni quaranta quando si indicava musica brasiliana (o addirittura afro-cubana) tutto ciò che era samba, ma anche la raspa e successivamente il mambo. Quindi, siamo (o forse eravamo, perché qualcosa nel frattempo è cambiato) poco propensi ad ascoltare una bossa nova e farcela piacere soltanto per quello che ci riesce a trasmettere senza far caso al testo, incomprensibile ai più. Invece sono proprio i testi ad essere importanti nella musica brasiliana. Anche quelli più leggeri hanno un retrogusto agrodolce che sarebbe bene riuscire a capire. Chico Buarque de Hollanda è uno di quei personaggi che con le parole ci sa fare, ci gioca e le rende protagoniste assolute delle sue canzoni anche quando il ritmo farebbe intendere il contrario. Il primo 45 giri italiano è distribuito dalla RCA e tradotto da Sergio Bardotti. I titoli delle due canzoni sono FAR NIENTE e UNA CANZONE, che sarebbero rispettivamente BOM TEMPO e MEU REFRAO. Accompagnata musicalmente da una bellissima bossanova che nel ritornello si fa più ritmica, FAR NIENTE racconta di una domenica passata ad oziare tra lo svegliarsi tardi, uscire per una passeggiatina e l’aspettativa (molto brasiliana ed italiana) del campionato di calcio nel pomeriggio, augurandosi che la propria squadra faccia tre gol. Ogni domenica è così e la domenica si sa, vuol dire non far niente... lascio in un angolo l’uomo preoccupato, confuso, avvilito, malato che dorme in me e col vestito nuovo, con un viso nuovo mi presento a te. Traduzione eccellente di Sergio Bardotti, talmente bella e sofisticata che fatica a farsi strada tra i singoli più venduti. Ma il battage pubblitario che gli fa Mina dai microfoni della popolare trasmissione POMERIGGIO CON MINA ed altri aficionados della musica brasiliana (Arbore tra questi) fa sì che la canzone diventi in breve tempo almeno una delle più popolari tra la fine del 1968 e l’inizio del 1969 (almeno fino a Sanremo). UNA MIA CANZONE ha un ritmo molto più consono all’ondata beat brasiliana che “sconvolse” il Brasile tra il 1966 e il 1967. Difatti risente un po’ dell’usura del tempo. Un po’ alla Roberto Carlos ma più raffinata. Chico Buarque De Hollanda è anche un abile giocatore di pallone. La sua squadra del cuore è il Fluminense ma in Italia sceglie la Fiorentina e quando può, gioca a calcio con il Mentana dove la sfida più sentita è quella col Tor Lupara, capitanata da Gianni Morandi. Mina - Canzonissima '68
Abbiamo citato Mina e allora non possiamo fare a meno di occuparci del suo
ultimo trentatré, legato a doppio filo con la trasmissione accompagna la
Lotteria di capodanno di cui è mattatrice insieme a Walter Chiari e Paolo
Panelli, CANZONISSIMA 1968. Di questa ci parlerà più avanti David Guarnieri. Il
disco si chiama – non a caso – CANZONISSIMA ‘68 e consta di dodici canzoni, otto
arrangiate da Augusto Martelli e quattro dal direttore d’orchestra della
trasmissione Rai, Bruno Canfora. E’ sicuramente uno di più riusciti della
cantante di Cremona. Da questo long playing vengono estratti ben quattro
singoli. Una curiosità: il primo della serie, anziché proporre una delle due
sigle di Canzonissima, contiene due brani completamente estranei alla
trasmissione se non per il fatto che Mina li proporrà nelle varie puntate (15
in tutto). Ecco la discografia a 45 giri del periodo in cui partecipa a
Canzonissima (in ordine di uscita nei negozi):
La prima canzone dell’album è anche la sigla d'apertura della trasmissione che
però in quel frangente non è cantata da Mina ma da tutto il cast dei cantanti e
dai bambini dell'Antoniano: ZUM ZUM ZUM. Il singolo di Mina vende circa 250.000
copie e viene tallonato dalla versione della Vartan, che nell’ultimo mese
dell’anno prende il sopravvento sul 45 giri della PDU. La canzone la conosciamo
tutti, è stata scritta da Antonio Amurri e Bruno Canfora ed è una sigla che più
sigla di così si muore! Frase topica: la canzone che mi passa per la testa,
non so bene cosa sia dove quando l’ho sentita di sicuro so soltanto che fa zum
zum zum zum zum. Voto: 7 Il minutaggio totale di tutte queste canzoni è di appena 36 minuti e 28. Sembra incredibile: un album così bello, 12 canzoni che durano in totale soltanto trentasei minuti. E pensare che ci sono dei dischi che durano circa 80 minuti e che dopo appena due, ti viene già voglia di gettarli dalla finestra! Uno di quei dischi che non dovrebbe mai mancare in nessuna discoteca degna di questo nome. Tihm
Ma se c’è una Mina cantante non dobbiamo dimenticarci che questo 1968 ha anche
significato una Mina manager e dirigente discografica. Per la fine del 1968 ha
in serbo una novità: Tihm. Vero nome Fathima Ben Said, nata nel 1950 da
genitori italiani e arabi. A segnalare Fathima (in arte Tihm) ad Augusto
Martelli, direttore atistico della PDU, è stato Gianni Medori (in arte Johnny
Sax), che aveva incontrato in estate la graziosa ragazza in Versilia. Il lancio
pubblicitario dice pressappoco così: un incrocio tra Mina ed Aretha Franklin: è
nata Thim! Forse è un pochettino esagerato, ma sta di fatto che la diciottenne
ha una bella voce, forse ancora grezza, ma calda e naturale. Il singolo di
lancio è SENZA CATENE accoppiato a DIMENTICANDO IL MONDO. Le sue prime
apparizioni in tv sono a DISCO VERDE, SETTEVOCI e CHISSA’ CHI LO SA. La
cantante incide per la Sun, sottomarca della PDU. In tutto inciderà 8
quarantacinque giri ed un album. Per lei scriveranno tutti autori di grande
prestigio: da Lucio Dalla a Sergio Bardotti, da Paolo Limiti a Giorgio
Calabrese. La ragazza non avrà mai un successo pieno ma comunque non passa
inosservata. La sua carriera si interrompe per un momento nel 1972 quando
un’altra cantante irrompe alla grande (con più successo) nella casa
discografica di Lugano, Marisa Sacchetto, in forza alla PDU dalla fine del 1970
ma diventata famosa tra Venezia 1971 e Sanremo 1972. Tihm passa per un po’ in
secondo piano rispetto alla più gettonata Marisa. Smette (o almeno non si hanno
più sue notizie) alla fine del 1973.
Ecco la discografia completa (che non troverete mai da nessun'altra parte): Gianni Morandi Il servizio opinioni della Rai Tv ha accertato che Gianni Morandi è stato il personaggio più gradito del 1968 ai telespettatori, almeno nel primo semestre. Che poi, in realtà, si dovrebbe dire da maggio in poi visto che fino ad aprile era impegnato col servizio militare. Ma l’attesa spasmodica creata ad arte dall’ufficio stampa della RCA e da Migliacci, ha fatto sì che il ritorno di Morandi sia stato visto come quello del figliol prodigo. La puntata di SENZA RETE in cui Gianni era protagonista ha raccolto davanti ai teleschermi ben 16 milioni di spettatori. Dalle indagini del servizio pubblico è emerso che la gente gradisce soprattutto programmi in cui vengono riproposti spezzoni delle trasmissioni passate (già allora!) tipo IERI E OGGI o una selezione di vecchi successi come accade a SENZA RETE. Intanto guida la classifica di Canzonissima con voti pari a quelli che riceve un partito di massa. Il 70% dei voti dati a Morandi vengono dal sud ed il restante 30% viene equamente ripartito tra il centro e il nord. Gianni si è sostituito all’immarcescibile Claudio Villa nelle preferenze degli italiani del sud e per questo lo sovrasta abbondantemente. C’è da dire che più dell’80% dei votanti (coloro che comprano le cartoline) sono al di sopra dei 40 anni. Ed è il motivo per il quale in cima alla classifica di Canzonissima, oltre che Morandi troviamo cantanti definiti classici come Dorelli, Villa e la Berti. Vivisezionando il voto dato a Gianni c’è uno spostamento verso un pubblico più anziano, a causa (dicono) delle tante dichiarazioni di amore e di fedeltà verso la moglie ritenute stucchevoli dalla maggioranza dei giovani. Quest’aria di bravo ragazzo, tutto casa famiglia e lavoro paga molto da un punto di vista di immagine verso una fetta di pubblico ma allontana chi vede in lui un personaggio troppo borghese. I giornali per giovani, che una volta dedicavano al golden boy della canzone una copertina su quattro, con un incremento di vendite pari al 15%, ora preferiscono pubblicare in copertina Patty Pravo, Jimi Hendrix e i sempiterni Beatles e Rolling. Morandi ormai è un personaggio da STOP, NOVELLA 2000, OGGI e GENTE. L’unico giornale under 18 che lo sostiene in maniera clamorosa è quello che praticamente è la sua fanzine: GIOVANI. Dove ha addirittura uno spazio fisso con tanto di lettere (alle quali, naturalmente, non risponde lui personalmente). John Lennon John Lennon, ormai completamente succube di Yoko Ono, da qualche tempo è una vera manna per i giornalisti. Scotland Yard ha arrestato lui e sua moglie per detenzione ed uso di stupefacenti e per oltraggio a pubblico ufficiale. Le cose sono andate pressoché così: Le fotografie nude di John e Yoko della copertina dell’album TWO VIRGINS sono state usate per preparare la campagna pubblicitaria del disco sui giornali. Alcuni di questi si sono rifiutati di pubblicarle se non avessero provveduto a censurare le parti intime della coppia. Almeno le due “essenziali”. Yoko Ono ha replicato anche per bocca di John (e non ne dubitavamo) dicendo che lei e il marito sono spiritualmente due vergini, due creature di Dio che cercano soltanto la libertà. Tipico linguaggio hippy che se usato da una trentaquattrenne piena di miliardi come lei, fa un po’ ridere. La polizia inglese, molto guardinga in quel momento, perché la droga era all’ordine del giorno ed era anche pubblicizzata dai vari personaggi pubblici come panacea di tutti i mali della società, dopo aver letto queste dichiarazioni in stile flower power, ha deciso di fare irruzione dentro casa, al numerno 9 di Montagne Square, con un mandato di perquisizione e di due Labrador addestrati appositamente per fiutare gli stupefacenti. Quando i poliziotti sono entrati in casa, Yoko si dimostra molto seccata e fa di tutto per non consentire loro di entrare e bersagliandoli con tutto quello di cui a dispone. La battaglia è piuttosto buffa perché la giapponese, completamente nuda e noncurante del desabillé, ingaggia una lotta all’ultimo sangue così, nature. La poliziotta riusce a farle indossare un paio di pantaloni anche se a prezzo di non lievi sforzi. John Lennon, completamente fatto era straordinariamente assente dal tutto. Nel frattempo i labrador avevano fatto il loro dovere e scovato un’inaspettata quantità di droga. In conclusione, otto arruffati agenti ed una povera donna poliziotto sono riusciti ad accompagnare i due nel vicino commissariato dove sono stati incriminati per detenzione ed uso di stupefacenti e per resistenza alla forza pubblica. Bandiera Gialla
BANDIERA GIALLA conclude il 1968 alla grande. Oltre allo spettacolo dato al
Palazzo dello Sport di cui abbiamo parlato nel precedente
articolo c’è una puntata straordinaria col meglio del meglio di dicembre. Nel
corso del 1968 la trasmissione ha presentato ben 600 brani (già selezionati di
per sé) di cui trenta sono diventati dei veri hit: IO PER LEI, IL VOLTO DELLA
VITA, HEY JUDE, RAIN AND TEARS, tanto per citarne qualcuno. Ma ecco i vari
gruppi nel dettaglio: Il 1968 in musica Vediamo com’è andato questo 1968 sul versante musicale. Un anno sicuramente “border”, così come viene chiamata la musica pop di questo periodo (al giorno d’oggi). Cioè a metà di qualcosa che è stato e che è in predicato di diventare. Un anno di stasi (o quasi). La musica straniera sta cambiando ma non è ancora chiaro verso quale direzione. Il beat ha terminato il suo ciclo vitale dopo due anni e mezzo di regno assoluto. Ci sono nuove tendenze e mode. Esplode l’underground (Cream, Jimi Hendrix, Canned Heat ed affini). Va detto che sotto underground (parola usata praticamente solo da noi) i critici infilano tutto quello che è stato alternativo al genere di musica fino ad allora “consono” (che va dai Rolling Stones al R’n’B di Wilson Pickett). E quindi i Pink Floyd, i Deep Purple di HUSH, Arthur Brown etc.). Tutte quelle novità musicali che poi troveranno altre dimensioni ed altre terminologie più adeguate. Esplodono complessi che non hanno una vera direzione musicale da seguire (Love Affair, Equals, Foundations, Grassroots, Tommy James & The Shondells, Union Gap) e numerosi personaggi dell’easy listening d’alto bordo conoscono una stagione indimenticabile: Herb Alpert, Fifth Dimension, Rascals, Engelbert Humperdinck, Claudine Longet, Vogues, John Rowles. In Italia il repertorio nostrano ha la prevalenza su quello straniero: Patty Pravo, Camaleonti, Gianni Morandi, Adriano Celentano nei singoli e Fabrizio De Andrè e Mina negli album sono i mattatori. Più qualche exploit dovuto più alla canzone che al personaggio. Queste le novità di questo 1968 in Italia. Patty Pravo (SE PERDO TE, LA BAMBOLA, SENTIMENTO). Un exploit prepotente dovuto ad una lenta ma definitiva affermazione cominciata nel 1966. Incredibile. Un viso pulito e fotogenico legato a una voce incerta sono le caratteristiche di Marisa Sannia, anche lei conosciuta nello stesso periodo di Patty Pravo. Ma c’è voluto Sanremo e poi qualche canzone non troppo fortunata (NON E’ QUESTO L’ADDIO, IO TI SENTO e la riproposta di E SE QUALCUNO SI INNAMORERA’DI ME) sono serviti a consacrarla come uno dei nuovi personaggi musicali (e della tv) di questo 1968. I Camaleonti hanno avuto un annata eccezionale sebbene per loro vada bene lo stesso discorso delle due cantanti precedenti. In giro da parecchio, solo adesso sono usciti fuori veramente. L’anno è cominciato con L’ORA DELL’AMORE per poi proseguire con IO PER LEI e terminare in bellezza con APPLAUSI. Un altro seminuovo che ha conosciuto la notorietà solo nel 1968 è Enzo Jannacci con VENGO ANCH’IO NO TU NO. Altri che, bene o male, esistevano da qualche tempo ma hanno qualificato il loro trascorso musicale in questi 12 mesi sono stati Riccardo Del Turco, Mino Reitano, Maurizio e Sergio Leonardi. E per i complessi si registra l’anno positivo dei Pooh. I veri nomi “nuovi” sono Franco I° & Franco IV°, Giuliano & I Notturni, gli Showmen. Cioè gruppi e cantanti che fino all’anno prima quasi non esistevano e che hanno conseguito un buon successo sebbene effimero. Chi sale e chi scende rispetto all’anno passato: in discesa libera (nonostante il buon successo sanremese) è Antoine. In caduta vertiginosa Rita Pavone, sempre più alla ricerca di una nuova dimensione che ancora non riesce a trovare. Scomparso del tutto (e giustamente) Nico e I Gabbiani dopo l’imprevedibile (ed inspiegabile) successo di PAROLE. Tempi duri anche per i Rokes e i Giganti. Sfacelo totale per i Corvi. Gli stranieri che si sono fatti notare sono quasi tutti volti nuovi nelle nostre classifiche, o quasi. A parte Tom Jones e i Beatles, troviamo una buona rappresentanza della bubblegum music americana come i 1910 Fruitgum & Co., gli Ohio Express e i Box Tops (che comunque non considererei veramente bubblegum). Poi Mary Hopkin, gli Aphrodite’s Child, Georgie Fame, Bobby Goldsboro. Poi due brani eseguiti rispettivamente da Paul Mauriat (LOVE IS BLUE) e Herb Alpert (THIS GUY’S IN LOVE WOTH YOU). Scendono di qualche posizione i Rolling Stones, che nel corso dell’annata precedente erano secondi dietro ai Rokes e di una posizione davanti ai Beatles. Calano anche i Procol Harum, sesti nella classifica generale dei complessi più famosi nel 1967. In queste tabelle vediamo chi sono stati i cantanti e i complessi più venduti del 1968:
Confidenze Se c’è un giornale che inspiegabilmente nel corso del 1968 ha aumentato vertiginosamente le vendite, questo è CONFIDENZE. In poco più di tre anni, il direttore Pier Borselli, ha portato il suo giornale, dalle 163.000 copie del 1965, alle 320.000 stabili del 1968. Non poco per un giornale nato nel 1946 e che si credeva si attestasse su livelli di vendita appena accettabili, tanto per non soccombere di fronte alla sempre più agguerrita concorrenza. A Carnevale si era inventato le maschere di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, tant’è che molte lettrici, per far contenti i propri figli, ne avevano comprate due copie. Poi ha inventato il disco orario per regolare le nascite, ha regalato un altro disco, questo di vinile, con le imitazioni di Alighiero Noschese. Il principio è questo: se un giornale con un target femminile fa inserti di maglia, supplementi moda o narrativa, pensa all’oggetto che altri non pensano. Non è cosa da poco, considerando che all’epoca i gadget inclusi nei giornali non erano poi tanti. Non c’era crisi della carta stampata, non ce n’era bisogno, tanto i settimanali si vendevano comunque. Alle tre componenti classiche dei giornali femminili ha aggiunto servizi particolari. Un compromesso per attirare la donna del nord, di solito molto diffidente verso giornali come CONFIDENZE e GRAND HOTEL e quella del sud, tradizionalista e conservatrice. Una cosa che appassiona moltissimo sono le storie scritte proprio dalle lettrici, di vita vissuta (matrimoni falliti soprattutto) e esperienze paranormali. Per quest’ultima rubrica arrivano circa 5 mila lettere al mese. Ingorghi Caos incredibile per uno degli ingorghi più macchinosi (è il caso di dirlo) che Roma abbia mai visto. La completa mancanza di autobus e tram dovuta ad uno sciopero e la prossimità delle feste natalizie ha indotti il 22 dicembre tutti i romani ad usare le automobili. Sulle strade si sono trovati a circolare almeno un terzo dei veicoli in più rispetto alla normalità con la conseguenza che in alcune ore la già precaria situazione del traffico si è trasformata in una vera e propria paralisi. Gli automezzi dei mercati generali che avrebbero dovuto approviggionare nelle ore del mattino i negozi e i mercati rionali sono giunti quasi nel pomeriggio e la mancanza di materia prima ha causato un forte rialzo dei prezzi di molti generi alimentari. L’enorme massa delle macchine e gli intasamenti registrati ovunque hanno penalizzato anche i servizi d’emergenza come autoambulanze e macchine della polizia. Il momento più drammatico sì è verificato al Muro Torto (quello che parte dalle parti di Via Veneto per arrivare a Piazza del Popolo con sbocco sul lungotevere). Circa tre ore di coda. Gian Maria Volontè Quando l’ideologia diventa paranoia: Gian Maria Volontè, durante i giorni delle spese natalizie romane, insieme ad un gruppo di ragazzi e con cinepresa alla mano, era molto impegnato a riprendere la gente che entrava ed usciva dai negozi con i pacchi dei regali di Natale, esprimendo ad alta voce il suo parere del tutto negativo sulla corsa al regalo che definiva un’istituzione borghese. Non contento, avvicinava la gente che stupita di trovarsi di fronte a Gian Maria Volontè, accennava ad un sorriso, per ritirarlo subito non appena l’attore cominciava la tiritera del tipo: c’è tanta gente che non mangia e tu spendi un mucchio di soldi per questi stupidi regali bla bla bla. Non soddisfatto, tirava fuori una bomboletta spray con vernice gialla e sporcava i loro pacchetti con scritte tipo Viva Mao. Lo stesso faceva con le le vetrine dei negozi e con le auto in sosta (ma per fortuna, in questo caso, con schiuma da barba). Il povero attore non aveva ancora realizzato che questa volta la contestazione non l’aveva portata davanti alla Scala di Milano dove sfilava generalmente gente di un certo tipo che si guardava bene dall’azzardare una minima reazione. Ma era a Roma, in centro, durante uno dei giorni più frenetici dello shopping natalizio. E’ chiaro che non trovi davanti solo il commendatore con la moglie, ma anche l’operaio o il coatto di periferia. Ai quali, a quanto pare, lo scherzetto non deve essere tanto piaciuto perché, una volta capito di non essere di fronte a SPECCHIO SEGRETO di Nanni Loy (uno SCHERZI A PARTE degli anni sessanta) l’hanno preso a botte, insieme ai suoi amichetti contestatori. Tanto che è dovuta intervenire la polizia. Volontè era partito per educare il popolo, ma è stato il popolo che ha “educato” lui. Un po’ come la storia del piffero di montagna. Forse si sentiva ancora frustrato dalla decisione presa d’impeto di abbandonare il set di METTI UNA SERA A CENA nel bel mezzo di una crisi ideologica, dicendo che il cinema è al servizio della produzione e non dell’arte. Dopo l’exploit del contro-Natale si cimenta in un’altra azione guastatrice: recatosi all’Accademia di Arte Drammatica Silvio D’Amico affigge sul portone un manifesto di tre pagine nel quale protesta contro i metodi d’insegnamento seguiti nell’istituto e sostiene che gli attori allievi, più che Pirandello dovrebbero studiare i pensieri di Mao. Si commenta da solo. Film più visti
Da un attore a spasso alla classifica dei film più visti: Gli spettatori sono in aumento. E’ il momento più propizio dell’anno per i botteghini e si possono già tirare le somme per la stagione 1968. I quattro film italiani di maggior successo sono stati IL MEDICO DELLA MUTUA, STRAZIAMI MA DI BACI SAZIAMI, LA RAGAZZA CON LA PISTOLA, SVEZIA INFERNO E PARADISO. I 4 film americani sono VIA COL VENTO (naturalmente una riproposta del film del 1939), IL FANTASMA DEL PIRATA BARBANERA (della Disney), LA VOLPE (tratto da una novella di D.H. Lawrence) e INCHIESTA PERICOLOSA (con Jacqueline Bisset e Robert Duvall). La settimana di Natale il film LA PRIMA VOLTA DI JENNIFER ha incassato soltanto a Roma e Milamo circa 28 milioni di lire. Per il genere ragazzi, il film della Warner Bros SILVESTRO E GONZALES SFIDA ALL’ULTIMO PELO ha incassato in quattro giorni (in quattro città) dieci milioni di lire. Due film sono al centro dell’attenzione generale durante il periodo delle feste. Il primo è METTI UNA SERA A CENA. Trasposizione cinematografica di una piece di Giuseppe Patroni Griffi. Cinque personaggi spregiudicati che cercano di combattere nel loro modo la solitudine. Al centro di tutti c’è Nina (Florinda Bolkan) che pur amando suo marito (Jean Louis Trintignan) diventa l’amante di un attore (Tony Musante). Al gruppo si aggiunge un’amica in avanti con gli anni (Annie Girardot)che si innamora del marito di Nina. Non pago, il regista inserisce un quinto elemento, Lino Capolicchio. E cosa poteva fare, nel 1968, il più giovane del gruppo? Il contestatore su vasta scala, snob, ricco ed annoiato. Vestito come Victor Sogliani dell’Equipe 84 l’anno prima (le giacche militari con le mostrine ne 1968 erano passate di moda) è il personaggio più curioso del film, a partire dal suo nome, Ric. Che significa Recidivo Intellettuale Concedesi. Ha strane tendenze politiche. Passa da un estremo all’altro e dorme avvolto da una bandiera nazista (nazi-maoismo). Molto strambo e particolare. Terribilmente datato, uno spaccato preciso di una certa società radical chic del 1968 con tendenze autolesioniste. La sceneggiatura è firmata da uno dei registi giovani del momento, Dario Argento. La colonna sonora, stupenda, è di Ennio Morricone. Altro film, completamente diverso è 2001 ODISSEA NELLO SPAZIO, diretto da Stanley Kubrick. E’ costato quattro anni di lavoro ed undici milioni di dollari, consulenze NASA e la mobilitazione dei laboratori di ricerca delle più grandi industrie americane. Un film di fantascienza ma non solo. Durante una spedizione su Giove, il computer di bordo (Hal 9000) dotato di intelligenza straordinaria, prende il sopravvento sull’uomo assumendone i processi mentali come la volontà di onnipotenza e il desiderio di uccidere. Un film visionario con una colonna sonora d’eccezione (il BEL DANUBIO BLU di Strass che accompagna i movimenti flessuosi dell’astronave è veramente una grande intuizione). Il libro è stato scritto dal famoso romanziere fantascientifico Arthur C. Clarke. Altri film nelle sale italiane e non ancora in classifica sono: C’ERA UNA VOLTA IL WEST di Sergio Leone, RIUSCIRANNO I NOSTRI EROI A RIROVARE L’AMICO MISTERIOSAMENTE SCOMPARSO IN AFRICA? di Ettore Scola e con Manfredi e Sordi, LA STRANA COPPIA con Walter Matthau e Jack Lemmon, SERAFINO di Pietro Germi con Adriano Cementano, IL LIBRO DELLA GIUNGLA della Disney, LA MATRIARCA con Catherine Spaak e Jean Louis Trintignant, SISSIGNORE con Ugo Tognazzi e Gastone Moschin, TENDERLY con Virna Lisi e George Segal, L’UOMO DALLA CRAVATTA DI CUOIO con Clint Eastwood e Lee J. Cobb, ROSEMARY’S BABY di Roman POlanski e con Mia Farrow e John Cassavetes, AMANTI con Marcello Mastoianni e Faye Dunaway. Veramente una scelta da re. Campionato di calcio
Campionato di calcio particolare, questo qui. Per una volta, non sono le
grandi ad essere protagoniste assolute ma due outsider (Fiorentina e Cagliari)
più la Roma di Helenio Herrera. Il Cagliari ha un Gigi Riva in più. Tutti lo
vogliono, E’ stato valutato un miliardo di lire durante l’ultima campagna
acquisti. La spalla di Riva è Roberto Boninsegna. Vemticiquenne di Mantova. E’
cresciuto all’Inter ed è arrivato due anni fa a Cagliari dopo aver fatto
apprendistato a Prato, nel Potenza e nel Varese. Poi ci sono Nenè (brasiliano)
e Greatti, Niccolai, LOngo, Cera, Brugnera, Niccolai, ed altri a partire da
Enrico Albertosi, portiere della Nazionale insieme a Zoff. Ma è Luigi Riva il
personaggio a scatenare di più le fantasie del pubblico. Amato da tutti i
tifosi d’Italia (non solo del Cagliari) il suo comportamento educato e il
temperamento mite fa a pugni con la potenza dei suoi tiri. Non a caso lo
chiamano rombo di tuono. E’ nato a Leggiuno (Varese) il 7 novembre 1944, orfano
di entrambi i genitori, finisce in collegio a Milano e fu allora che si
innamorò del pallone. Terminato l’avviamento professionale andò a lavorare in
un’azienda specializzata in pulsanti per ascensori (38 mila lire mensili)
quando ricevette la proposta dal Legnano calcio. Acquistato per un milione e
duecentomila lire fu rivenduto due anni dopo al Cagliari per 37 milioni. E
pensare che, tifando Inter, prima di passare al Cagliari, andò a fare un
provino al cospetto di Herrera, che lo giudicò rivedibile. Ma guardiamo i
risultati della dodicesima giornata del campionato in corso. La Roma perde
inaspettatamente col Varese per 2 a 1. La rete romanista arriva al 90° con
Giuliano Taccola. Il Cagliari pareggia a Verona 0-0, la Fiorentina batte il
Palermo su rigore con Maraschi. Lo stesso fa la Juventus ai danni del Lanerossi
Vicenza: 1 a 0 su rigore con gol di Haller. Il Milan batte il Torino sul filo
di lana con un gol del difensore Rosato all’88°; l’Inter batte la Sampdoria per
3 a 0 con reti di Bestini (rigore), Facchetti e Vastola. L’arbitro Lo Bello è
stato assediato negli spogliatoi al termine della partita. Tifosi blucerchiati
hanno tentato un’ invasione che è stata contenuta soltanto dall’intervento dei
carabinieri. Un vetro dello stanzone che ospitava la squadra nerazzurra è
andato in frantumi nel tentativo di invadere e picchiare i giocatori e i
sampdoriani hanno sostato a lungo nei pressi degli spogliatoi in attesa
dell’arbitro, che se l’era svignata grazie ad un piano di emergenza. Tutto per
colpa del rigore con il quale gli interisti hanno sbloccato il risultato. I
protagonisti dell’azione sono stati Bestini e il sampdoriano Novelli, entrambi
alla rincorsa di una palla ormai sfuggita. Ad un certo punto Bertini perde
l’equilibrio quasi che la traiettoria del pallone l’avesse sbilanciato e
finisce addosso a Novelli. Lo Bello interviene dando il rigore che non c’era.
Da qui la protesta che si è protratta fino alla fine. Ma ecco i risultaticompleti: Detto ciò passo la linea a David non prima di avervi fatto gli auguri di buone feste e di rinnovare l’appuntamento al prossimo articolo che sarà in linea con la prima decade del 2007! Buon Natale e buon anno! Christian Calabrese Fare clic qui per inserire un commento a questo articolo. CANZONISSIMA '68 di David Guarnieri Saluti a tutti, amici di “Hit Parade Italia”! Per chiudere questo 2006, vi parlo di una tra le più importanti edizioni di “Canzonissima”, quella del 1968. Dopo sei anni, il programma si riappropria del roboante e accattivante titolo (dopo le esperienze, perlopiù infelici di “Gran Premio”, “Napoli contro tutti”, “La prova del 9”, “Scala Reale” e “Partitissima”). “Canzonissima ‘68” è diretta dal re incontrastato del varietà televisivo: Antonello Falqui. Gli autori sono, Marcello Marchesi, Italo Terzoli ed Enrico Vaime (i quali, a pochi giorni dal debutto, sostituiscono i rinunciatari Antonio Amurri e Maurizio Jurgens). Il direttore d’orchestra è Bruno Canfora; le coreografie sono di Gino Landi; i costumi, di Corrado Colabucci; le scenografie di Cesarini da Senigallia. Il produttore è Guido Sacerdote. A condurre la tredicesima (dodicesima per la tv) annata del programma abbinato alla Lotteria di Capodanno sono: Mina, Walter Chiari e Paolo Panelli. Lo show viene registrato al Teatro “Delle Vittorie” di Roma. La sigla iniziale, “Zum Zum Zum” (Amurri-Canfora), viene cantata da alcuni dei 48 interpreti in gara (per l’occasione, doppiati dai Cantori Moderni di Alessandroni). La sigla finale, “Vorrei che fosse amore” (Amurri-Canfora) è interpretata da Mina. In questa occasione, vi parlo delle due semifinali della trasmissione (periodo che precede il Natale 1968).
La dodicesima puntata (14 dicembre 1968), si apre con un (finto) reportage
curato da Walter Chiari e Paolo Panelli: un’inchiesta giornalistica su due
“importanti problemi”, che affliggono l’intera umanità (l’infinita tristezza di
Soraya) e (l’appannaggio della Principessa Margaret d’Inghilterra). Conclusa
l’indagine, spazio a Mina ed alla sua (bella) canzone “I discorsi”. Torna in
palcoscenico Walter Chiari, il quale, dopo aver presentato i sei cantanti in
gara (Claudio Villa, Orietta Berti, Al Bano, Patty Pravo, Johnny Dorelli e
Milva), diverte il pubblico con un breve sketch. La competizione ha inizio con
Claudio Villa e la sua “Povero cuore” (un’antica “barcarola”, tratta dai
“Racconti di Hoffmann” di Offenbach), seguito da Orietta Berti con “Se
m’innamoro di un ragazzo come te” (Pace-Panzeri-Savio). Chiude la terna,
“Mattino” di Al Bano (altra “cover”: in questo caso, la “Mattinata” di Ruggero
Leoncavallo, rielaborata da Vito Pallavicini). Pausa dell’incontro musicale. È
il momento dell’esilarante monologo di Paolo Panelli e del numero coreografico
di Mina (il tema è “l’epoca dei Telefoni Bianchi”). La “Tigre di Cremona”,
coadiuvata dal balletto di Gino Landi interpreta un divertente medley composto
dai brani, “Quel motivetto che mi piace tanto”, “Sotto l’ombrellino” e “Ma le
gambe…”. Seconda tranche della contesa canora. Riparte la biondissima Patty
Pravo con “Tripoli 1969” (firmata da Pallavicini e Paolo Conte), a seguire, il
sempre elegante Johnny Dorelli con “La neve” (Bigazzi-Soffici). L’ultima
cantante in gara è Milva, con il tango “La donna del buono a nulla”
(Rondinella-Bajardo), proposto con austera efficacia dalla “Pantera di Goro”.
Nell’attesa delle votazioni finali, di nuovo spazio all’ironia di Walter Chiari
e Paolo Panelli e alla fantasia musicale di Mina. La cantante cremonese
ripropone la discussa (e quasi censurata) Sacumdì Sacumdà e Quelli che hanno
un cuore (la famosa “Anyone Who Had A Heart”, firmata da Hal David e Burt
Bacharach, portata al successo internazionale da Dionne Warwick). La classifica
(parziale) della puntata n. 12 è la seguente:
La tredicesima puntata (21 dicembre 1968) è aperta dall’intervento di Edmondo
Bernacca, con le previsioni meteoropatiche per il Natale ’68, seguita
dall’interpretazione di Mina del brano “So” (una splendida canzone brasiliana
di Marcos Valle, intitolata “Preciso aprender a ser so”). Il conduttore Walter
Chiari, presenta i sei semifinalisti in gara (Gianni Morandi, Marisa Sannia,
Sergio Endrigo, Shirley Bassey, Little Tony e Caterina Caselli) ed intrattiene
con la consueta, travolgente simpatia, dopodiché dà il via alla competizione:
il primo ad esibirsi è il grande favorito di questa edizione, Gianni Morandi,
con la grintosa “Scende la pioggia” (versione italiana di “Eleonore” dei
Turtles), è poi la volta di Marisa Sannia con la delicata “Una donna sola”
(Bardotti-Endrigo) e dalla notevole “Camminando e cantando”
(Vandrè-Bardotti-Endrigo) cantata da Sergio Endrigo. L’intervallo della
competizione è allietato dalla verve di Paolo Panelli e da un maestoso momento
musical-danzato ideato da Gino Landi, dedicato al Natale. Il balletto di
“Canzonissima” (guidato, tra gli altri da Marisa Barbaria, Rosaria Ralli, Enzo
Cesiro e Gianni Brezza) si alterna alle performance canore di Mina dei brani,
“Superaugurissimo!” (Supercalifragilistichespiralidoso) e “Bianco Natale”
(White Christmas). La gara riprende con l’appassionata interpretazione di
Shirley Bassey del motivo “Chi si vuol bene come noi” (Pallavicini-Modugno),
alla quale seguono Little Tony con la simpatica “La donna di picche”
(Migliacci-Farina-Pintucci) e Caterina Caselli con il brioso pezzo di Giancarlo
Bigazzi e Claudio Cavallaro, intitolato “Il carnevale”. In attesa di conoscere
il responso delle giurie, il palcoscenico del “Delle Vittorie” torna ad essere
regno di Walter Chiari e Paolo Panelli, i quali precedono Mina con il suo
scoppiettante medley, composto da “The Man That Got Away” (cavallo di battaglia
di Judy Garland, tratto dal film “È nata una stella”) e “Un colpo al cuore”
(lanciata con scarso successo da Mario Zelinotti ad “Un disco per l’estate ‘68”
e portata in Hit Parade, proprio da Mina). La cantante cremonese interpella poi
i venti giurati presenti in sala, i quali, abbinati ai votanti in sedi esterne,
compongono la seguente classifica provvisoria: “Canzonissima ‘68” è sotto ogni punto di vista, un successo. L’ascolto supera i ventidue milioni di telespettatori (prima volta per il programma), il gradimento è ottimo per il programma e strepitoso per gli animatori (in testa alle preferenze, Mina, seguita nell’ordine da Walter Chiari e da Paolo Panelli) . A confermare il risultato, le lodi della critica (rare per questo tipo di trasmissione). Senza precedenti anche l’acquisto dei biglietti della Lotteria, e l’invio delle cartoline – voto. Completa l’opera l’ottima vendita dei dischi presentati in gara e delle sigle dello show, l’orecchiabilissima “Zum Zum Zum” (presente in Hit Parade nelle versioni di Mina e di Sylvie Vartan) e la romantica “Vorrei che fosse amore”, resa da par suo da una Mina in ottima forma. Giudizio (personalissimo) di David: “Canzonissima ‘68” si colloca senz’altro tra i più riusciti programmi della televisione italiana. Merito della regia (maestosa ed inappuntabile) di Antonello Falqui, dei testi (assai riusciti) di Marchesi, Terzoli e Vaime, delle musiche di Bruno Canfora (sempre all’altezza della situazione), dell’estro del costumista Corrado Colabucci, delle originali coreografie di Gino Landi, del sovrumano lavoro dello scenografo Cesarini da Senigallia e, particolarmente dei tre animatori del programma: una Mina scintillante e pirotecnica, un Walter Chiari, addirittura indomabile ed un Paolo Panelli di cordiale e squisito umorismo. A Presto! Fare clic qui per inserire un commento a questo articolo. |
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