( da Musica e Dischi )
Qui sotto la classifica della settimana con le quotazioni di Giancarlo Di Girolamo, uno
dei più noti collezionisti e commercianti italiani di vinile. Il prezzo segnato a margine
dei titoli corrisponde a quello assunto dai dischi in condizioni ottime (non
usati) nelle odierne mostre-mercato.
Siamo dunque arrivati al periodo delle ferie ed è per questo che il
nostro consueto commento alla classifica della settimana in corso verrà
spezzettato in due tronconi. Il primo adesso, il secondo al ritorno dalle
vacanze. E riprenderà proprio dal punto in cui viene interrotto,
partendo cioè dalla finale del Festivalbar che si tiene per l’appunto
alla fine di agosto.
Ora invece è tempo di CANTAGIRO, conclusosi da qualche settimana,
esattamente l’11 di luglio a Recoaro Terme. La partenza, da Pugnochiuso
del Gargano, il 24 giugno.
I tempi non sono più quelli dorati dei primi Cantagiro degli anni
sessanta quando la gente faceva a cazzotti per mettersi in prima fila
lungo le strade battute dal Cantagiro con lo scopo di toccare un
Celentano o un Morandi e raccontarlo ai nipoti negli anni a venire.
La gente ormai si è assuefatta ai divi e ai divetti canori che vengono a
farsi ammirare a domicilio nelle loro città o paesi di provincia a bordo
di fiammanti automobili messe a disposizione da altrettante case
automobilistiche per pubblicità. Sì, effettivamente sembra molto in
ribasso il fascino delle creature di Ezio Radaelli. Siamo agli sgoccioli
e si sente. Questo è l’ultimo Cantagiro di una certa rilevanza. Gli
altri (consideriamo la data ufficiale di morte del Cantagiro il 1972),
anche se sono andati avanti per altri anni - interrotti e poi di nuovo
ripresi alla fine degli ottanta - non sono stati nemmeno l’ombra del
Cantagiro che fu. Ma diamo uno sguardo all’elenco completo dei cantanti in gara e non:
GIRONE A
GIRONE B
GIRONE C Visto con il senno di poi, il girone A, quello dei big, sembrerebbe corposo e interessante. Ma al momento del varo attira critiche da ogni parte. Mancano i big, si dice. Manca soprattutto una primadonna. Ci sono due sole donne in quel girone, Nada e Rosanna Fratello, ma con tutta la buona volontà non si può ancora definirle due primedonne.
Rosanna Fratello è stata promossa big dopo l’ottima prova data a
settembre 1969 a Venezia con NON SONO MADDALENA e successivamente a
Canzonissima. Prima di allora, Rosanna era praticamente una sconosciuta
senza un background artistico degno di nota tranne che una sfortunata
esibizione a Sanremo al posto di una Anna Identici che aveva tentato il
suicidio.
Capelli nerissimi, faccia tipicamente meridionale, occhi a mandorla,
forte sensualità nella voce perfettamente in sintonia con i testi un po’
retrò che le scrivono. Un personaggio nuovo, che sa contenere un focoso
temperamento mediterraneo in una mimica misurata. Radaelli le ha dato la
qualifica di big e la RAI le fa condurre una trasmissione televisiva a
fianco della coppia Gaber-Colli e con la presenza di Gino Bramieri, dal
titolo ...E NOI QUI. L’altra donna (diciamo ragazza: non ha ancora compiuto 17 anni) è Nada. Nada partecipa con BUGIA, un brano che per l’interpretazione e per il valore non dovrebbe mancare di riscuotere successo. Il pezzo l’ha scritto il fido Migliacci, con Righini e Lucarelli (I Girasoli). Certo è che per Nada la strada non è più in discesa in questo periodo della sua carriera. La boccata d’ossigeno con CHE MALE FA LA GELOSIA è durata poco. C’è stato il mezzo passo falso di Sanremo di quest’anno, quando in coppia con Ron (Rosalino all’epoca) presentò PA’ DIGLIELO A MA’. Ora ci riprova con un singolo che dovrebbe portargli fortuna, BUGIA. Adattissimo a lei con una parte ritmica che agevola alla perfezione il suo tipico modo di appoggiare la voce, calcando sui suoi difetti: gli ah ah ripetuti ad libitum, il vocione e le tonalità nasali. Sul retro CHE DOLOR, cover di un successo americano degli Edison Lighthouse dal titolo LOVE GROWS WHEN MY ROSEMARIE GOES. Nel frattempo Nada guarda anche al cinema. Tempo fa era stata interpellata per una parte in un film che avrebbe dovuto narrare la storia di Sharon Tate, moglie di Roman Polanski, uccisa da una setta di fanatici nella sua villa di Beverly Hills nel 1969. Ma cosa c’entrasse una produzione italiana con un fatto tipicamente americano non era molto chiaro. Tanto che di questo film non si seppe più niente. Ora è arrivata una proposta interessante: un ruolo femminile nel film BRANCALEONE ALLE CROCIATE accanto a Vittorio Gassman e una risma impressionante di attori famosissimi. Per questo film Nada ha già effettuato un provino ma non ancora firmato alcun contratto. Monicelli è partito per l’Africa del Nord alla ricerca di location adatte per gli esterni. Nada telefona ogni giorno a casa propria, a Roma, per chiedere notizie di Monicelli, se ha telefonato o meno. Si annoia un po’ al Cantagiro, vorrebbe tornare a Roma, nel suo bell’attico di lusso al quartiere Vigna Clara, dai suoi che hanno lasciato definitivamente Gabbro, paese di 1500 anime, per seguire la figlia cantante. In un anno di questo mestiere ha imparato a truccarsi, a scegliere i vestiti giusti, a pettinarsi, a non indossare calzettoni a metà gamba da bambina di provincia, come faceva i primi tempi, e a respingere gli assalti di chi la vorrebbe in film che hanno titoli presi a prestito dalle sue canzoni, un filone ormai in via d’esaurimento ma che ha fatto fare i milioni a palate a gente come Morandi, la Pavone e la Caselli negli anni sessanta. Del film, per Nada, alla fine non si farà più nulla. Monicelli aveva bisogno di un personaggio più maturo e sensuale per la parte della strega che Brancaleone salva dal rogo (poi affidato a Stefania Sandrelli). Lei ci rimane un po’ male perché ci teneva davvero tanto. Però BUGIA la rilancia alla grande (la porta anche al Festivalbar) e anche se il disco non compare spesso nelle classifiche dei vari giornali, è comunque un buon successo. Il successo nelle varie tappe è palpabile. Gli altri partecipanti sono noti ma alcuni sono alla ricerca di un rilancio. Altri invece dovrebbero vergognarsi a figurare nel girone dei big. Caso tipico è quello de I Ragazzi Della Via Gluck, il complesso che Celentano impone all’organizzazione così come lo impose a Sanremo. Con quale titolo debbano considerarsi dei big alla pari dei Dik Dik, dei Camaleonti o di Modugno questo lo sanno solo lui e Radaelli. E per quale motivo un cantante come Armando Savini o Farida o anche i Califfi che hanno al loro attivo anni ed anni di duro lavoro alle spalle e qualche buon successo discografico (I Califfi con COSI' TI AMO, Savini con PERCHE' MI HAI FATTO INNAMORARE e LA VITA, Farida con IO PER LUI) siano finiti tra i giovani (o pulcini, come li chiama Radaelli) è un altro mistero. La loro canzone si chiama AZ/018 e ha come sottofondo un aereo. Per questo motivo l’Alitalia ne farà omaggio ai viaggiatori. Ed è per lo stesso motivo che tra il giugno e l’agosto di quell’anno molti scelsero altre compagnie aeree. L’Adriano nazionale in questo Cantagiro fa il suo comodo. Raggiunge le tappe in una carrozza di treno adibita a reggia momentanea per lui e la sua corte, fa inserire altri personaggi della sua casa discografica nei gironi B e C (Pio, Valeria Rigano e Katty Line) i quali non avrebbero trovato posto neanche come inservienti adibiti alle pulizie; litiga con chi non la pensa come lui. Praticamente è il ras della manifestazione, la vera condizione per la sua partecipazione. Delle sue bravate ne parliamo più avanti. Katty Line presenta una canzone deboluccia come il suo personaggio. Fuori una carrozzeria di tutto rispetto, dentro un motore sotto tono. Il suo viso e il suo corpo sempre fasciato da mini-minigonne al limite del comune pudore fanno parecchio scena ma sfido chiunque a ricordare una canzone di questa ragazza di origine francese che, capitata in Italia, ha voluto fare la cantante ed ha avuto la sfiga di incontrare Celentano e di entrare nella sua casa discografica ormai allo sfascio. Per la cronaca la canzone si chiama IN DIREZIONE DEL SOLE e reca sul retro un rock alla Celentano dei primi tempi, dal titolo EVERYBODY.
Il girone C, quello in cui figura Katty Line, è (come avrete senz’altro
capito) dedicato agli stranieri ma sebbene alcuni abbiano dei numeri (il
polacco Niemen, idolo in patria, con una voce fenomenale e la bravissima
brasiliana Elza Soares, qui alle prese con una canzone che sembra una
sigla televisiva) parte in sordina. Non ci sono personaggi degni di
nota. Va bene, c’è il libanese Patrick Samson, ma sono 5 anni che è in
Italia ed è ormai italiano come potrebbe esserlo Mal. Il vero successo nel girone C è quello di Jean Francois Michel, che canta FIORI BIANCHI PER TE. Altro mistero nella storia della discografia. La versione originale si chiama ADIEU JOLIE CANDY ed è stata numero uno in Francia alla fine del 1969 interpretata dallo stesso Jean François. Parecchi anni di gavetta, poi l’incontro con un grande direttore d’orchestra e musicista quale Franck Pourcel che gli propone un'audizione. L’incisione del disco e il successo. L’arrivo in Italia, lo sbarco a Settevoci e il lancio italiano della canzone tradotta nella nostra lingua. Tutto in questa canzone sa di vecchio. Dalla base musicale, all’arrangiamento, al tema. Avrebbe avuto un senso nel periodo d’oro di Alan Barriere in Italia (1963-1964) ma non ha l’eleganza e lo stile di quel cantautore. In questi ultimi sette anni la musica è cambiata in maniera radicale e con essa anche il modo di comporre, di arrangiare, di presentare un prodotto finito. Ma questo non impedisce alla canzone in questione di raggiungere alte quotazioni anche da noi nonostante sia completamente fuori tempo. Tra l’altro quell’attacco di organo nell’introduzione è veramente squallidino: sa molto di dilettanti allo sbaraglio, di povertà di idee, di cosa fatta alla bene e meglio come se (nella stessa casa discografica) non ci si aspettasse niente di particolarmente eccezionale. Le chiacchiere comunque non hanno senso quando poi un prodotto ottiene il successo che questa canzone ha. Resta sicuramente un disco brutto, cantato da un cantante senza una forte personalità che, purtroppo per lui, non riuscirà mai a bissare il suo exploit estivo. Altro francese è Dick Rivers, che canta da svariati anni. Ha iniziato nel periodo d’oro del rock d’oltralpe insieme a Eddy Mitchell e Johnny Hallyday. Dieci anni fa, quindi. Ha già saggiato il mercato italiano quando si presentò in veste di rocker. Forse l’età l’ha portato a più miti consigli e del rocker di un tempo resta ben poco. La sua canzone è scialba e sembra non piacere a nessuno. Ancora una francese, Delphine. Canta UN RAGGIO DI SOLE, cover del successo spagnolo dei Los Diablos UN RAJO DE SOL. Sul retro una canzoncina deliziosa che sebbene leggera è scritta molto bene, con mano felice. Si chiama BUONE VACANZE BYE BYE e consiglio di rimediare il disco a chiunque frequenti fiere e mercatini. Lei è una ragazza molto carina che inizia la carriera artistica come ballerina classica all’Opera di Parigi (allieva, non etoile!). Poi nel 1967 l’hanno scelta come protagonista in un film accanto al cantautore Jacques Brel dal titolo I RISCHI DEL MESTIERE e poi da lì decide di darsi alla musica. Voce non eccezionale ma non sfigura nel girone. Forse se la si fa cantare dopo Elza Soares, potrebbe sembrare una cattiveria. Elza è stata definita la regina del samba prima ancora che apparisse all’orizzonte Elis Regina, che della musica brasiliana è stata la vera regina incontrastata fino alla sua morte avvenuta precocemente. Come si diceva prima, la sua canzone sembra più una sigla televisiva per un programma del sabato sera che un vero pezzo brasiliano di quelli tosti. Però è pur sempre la trasposizione di un brano originale tradotto da Sergio Bardotti, che insieme a Calabrese è l’unico ad avere messo mano al repertorio brasiliano in Italia. Tanto è vero che il 99% delle canzoni brasiliane cantate dai nostri artisti sono firmate dai due autori che hanno una grossa conoscenza sia del portoghese come lingua sia del genere. Altro sudamericano è Palito Ortega che in Italia aveva fatto la sua prima apparizione nell’estate del 1968 quando portò LA FELICITÀ, canzone composta da lui che venne ripresa anche dalla Zanicchi e da un bollitissimo Bruno Filippini agli sgoccioli della carriera. Quest’anno presenta una canzone simpatica dal titolo RAGAZZA DAGLI OCCHI D’ORO ed appare in scena in costume folcloristico argentino, con pantaloni attillati, camicia con fronzoli e bolero a fil di vita. Una giuria composta da vallette dell’organizzazione l’ha subito eletto come il più fascinoso ed elegante del Cantagiro. Ma il fascino non l’aiuta a vendere i dischi come capita invece a Mal e quindi Palito se ne torna nella pampa dopo una breve e divertente vacanza italiana. Il girone B viene vinto scandalosamente dal clone ufficiale di Gianni Morandi, Paolo Mengoli. Che tra l’altro, come il suo illustre imitato, è anch’egli bolognese. La canzone oltre che essere brutta è scontata e sciocchina. Si chiama MI PIACI DA MORIRE e per di più ricalca SCENDE LA PIOGGIA. Quindi, oltre ad imitarlo come cantante, gli plagia anche il repertorio! Mengoli, negli anni saprà farsi apprezzare più come calciatore della nazionale cantanti che come cantante. Ad ostacolare la sua carriera sicuramente la sua somiglianza vocale con Morandi, la poca personalità, la timidezza e soprattutto la mancanza di faccia tosta. Paolo Mengoli è fondamentalmente una brava persona e per fare un mestiere come il suo bisogna anche avere una buona dose di pelo sullo stomaco. Cosa che non ha mai avuto. Dicevamo scandalosamente perchè nonostante la simpatia che si può provare per l’uomo, il suo pezzo non valeva nemmeno un decimo di altri brani come quello della Mongardini o di Paola Battista, di Gianni Farano o di Giulio Sangermano. Uno che canta "tutte le ragazze erano bambole per me" con quel naso che si ritrova, fa un po’ ridere. Il termine bambola, usato in quel senso non lo si usava dai tempi di Buscaglione. L’anno scorso presentò sempre al Cantagiro nel girone B una canzone molto carina e più al passo con i tempi, PERCHÈ L’HAI FATTO e si classificò secondo dietro a Rossano. Forse anche lui avrebbe meritato di passare alla categoria dei big, così come Gianni Nazzaro che nonostante un’altra oscena canzone arriva dietro di lui a soli 17 punti di distacco. Dicevo di Valeria Mongardini: la cantante romana aveva esordito a Sanremo 1970 in coppia con una scoppiatissima Rita Pavone. La sua versione di AHI AHI RAGAZZO aveva riscosso più successo di quella della celebre collega (ci voleva poco, sinceramente: la Pavone non è riuscita a vendere un disco nemmeno alla madre). Voce come piaceva all’epoca ai capi della RCA: cavernosa e grintosa. Capelli afro (difficili da vedere a quell’epoca in Italia), fisicamente un’antesignana di Marcella, presenta una canzone scritta da Claudio Baglioni, ADDIO CITTA' VECCHIA, un bel titolo dei Guess Who (originale AMERICAN WOMAN). Non arriva neanche tra i primi dieci classificati. La sua voce mascolina e leggermente coatta anticipa di qualche anno il personaggio della Bertè. Più che una somiglianza vocale c’è lo stile che le accomuna. Un filone che si svilupperà per tutti gli anni settanta la cui origine potrebbe risalire sicuramente a Janis Joplin. Altra cantante, compagna di scuderia della Mongardini è Paola Battista. Anche lei in linea con la produzione RCA del periodo, a differenza della collega poc’anzi citata, dimostra una maggiore intensità e capacità interpretativa aiutata dalla buona qualità del pezzo, scritto da Cesare De Natale (collaboratore di Baglioni), melodico-moderno. Su un riff d’ispirazione in stile Bacharach, la voce diventa calda e pastosa sulle note basse per esplodere nel ritornello graffiante e potente. In perfetta scuola Joe Cocker. Il titolo è HAI BRUCIATO IL MIO e si tratta della cover di un pezzo di qualche anno prima dei Troggs, dal titolo ANYWAY THAT YOU WANT ME. L’arrangiamento qui è più moderno e molto più di buon gusto rispetto all’originale, più sporco e prettamente post beat. Peccato per il mancato successo di questa cantante che viene da Rovereto. Sicuramente avrebbe fatto buone cose. Ma la RCA in quel periodo sembrava, a dispetto dell’enorme parco giovani, poco interessata alla promozione dei suoi artisti emergenti. La crisi del disco e la fine del periodo delle vacche grasse si sentiva anche al chilometro 12 della via Tiburtina. Basti pensare che tra il 1968 e il 1970 sono passati da quelle parti personaggi come Renato Zero, Claudio Baglioni, Riccardo Cocciante, Antonello Venditti, Francesco De Gregori, i fratelli De Angelis (in pianta stabile come arrangiatori e musicisti: praticamente degli impiegati) tanto per fare qualche nome tra quelli valorizzati un pochettino di più. Giulio Sangermano è il padre di Giorgia. Dopo la carriera solistica avara di soddisfazioni mette su un duo con un'altra cantante che ha cercato il successo solistico per tanti anni senza fortuna, Angela Bini (all’inizio si faceva chiamare Angela Bi). Insieme saranno Juli & Julie, artisti di punta dell’etichetta YEP dal 1975 al 1979. A questo Cantagiro presenta una canzone costruita in maniera davvero particolare. Sembra, nel ritornello, un canto arabo. Ed è un ottimo pezzo, anche se la strofa assomiglia troppo da vicino a BANG BANG. Si intitola CHE PASTICCIO NEL MIO CUORE (il titolo non rende giustizia al motivo) ed è stata scritta da Umberto Balsamo e Luigi Albertelli. Lo stesso Albertelli che firma la canzone di Fiammetta, una giovane che canta da quattro anni in quasi tutte le manifestazioni canore. Si chiama TRANQUILLITÀ. Fiammetta è un’altra brava cantante che non raccoglie i consensi che merita. Qui si presenta con un look rinnovato. Capelli cortissimi, poco trucco e finalmente una canzone come si deve. Come ci si accorge se una canzone o un interprete sono prodotti della RCA, così ci si rende conto quando si tratta del sound tipico della Ricordi di quel periodo. Difatti, questa canzone sembra ricalcare alcuni passaggi di MELA ACERBA, cantata da Ambra Borelli nel 1969 e prodotta da Lucio Battisti. L’autore era lo stesso Albertelli. Sarà un caso che tutti i più bravi del girone B (con l’esclusione di Gianni Farano classificato al terzo posto) non arrivino neanche tra i primi dieci? Leggiamo la classifica finale del girone B che vede in testa, come abbiamo detto, Paolo Mengoli:
Paolo Mengoli con 554 Degli altri giovani pollice verso per Italo Janne (canzone inconsistente e voce irritante), Jordan, con una canzone che comunque è la versione italiana di THE COLOUR OF MY LOVE, ha una voce inesistente. Sbagliato il pezzo di Savini (BUTTALA AL MARE: istigazione all’omicidio o semplice suggerimento?) come sbagliato è il pezzo della brava Giovanna (CANNE AL VENTO: anche Grazia Deledda, in periodo di contestazione giovanile perpetua, assume un altro significato) che avrà comunque modo di rifarsi in futuro con un repertorio eccellente. Poi c’è il caso Guido Renzi, un giovanotto romano che porta una specie di serenata nello stile di un Peppino Gagliardi dei poveri dal titolo TANTO CARA. Il caso scoppia quando qualcuno fa notare che la canzone è già edita dal mese di marzo e che ha fatto già una timida apparizione in classifica tra i primi cento. Il regolamento del Cantagiro prevede infatti che i cantanti del girone B debbano prodursi con canzoni che risultino inedite alla data del 1 maggio corrente anno. TANTO CARA risulta immessa sul mercato mesi prima. I discografici concorrenti protestano e chiedono il rispetto del regolamento: se Guido Renzi vuole continuare deve cambiare canzone. Intanto Renzi continua a cantare la sua canzone ed ottiene comunque un buon successo commerciale. Nonostante la pochezza della frase musicale. Piccole citazioni per il giovanissimo Roberto Mazzini, prodotto da Migliacci e Morandi che canta una canzone scritta dallo stesso Migliacci e dall’amico Lusini, che ricalca troppo il successo di Tony Del Monaco, UNA SPINA E UNA ROSA, atmosfera da festa paesana con tanto di ubriachi in coro. Comunque una canzone carina e spiritosa e lui, fiorentino, è il più giovane della carovana, avendo appena 15 anni. Come bella è la versione italiana di IT’S FIVE O’CLOCK degli Aphrodite’s Child, cantata dal terzo classificato Gianni Farano. E ci piace ricordare Daniela Ghibli che approda alla canzone dopo essere stata la valletta di Pippo Baudo a Settevoci. Questo è il suo secondo 45 giri. Il primo gliel’aveva scritto Battiato (A LUME DI CANDELA – nel borsino dei dischi pubblicato da sito). Ora è la volta di AIO AIO che potrebbe sembrare il grido di dolore di una a cui hanno appena pestato un piede ma che invece vorrebbe rendere il suono cacofonico del titolo originale I.O.I.O, successo primaverile dei Bee Gees. Ancora, Gianni D’Errico e Sergio Menegale, il primo presenta MI STRACCI IL CUORE MI STRACCI L’ANIMA, canzone che entra subito nelle orecchie appena la si ascolta. Lui è bravo e in seguito si riciclerà come cantautore progressive (un po’ come Mauro Pelosi, Mario Barbaja o Simon Luca). Del secondo abbiamo già parlato, corredando la scheda con tanto di fotografia in un'altra classifica. Qui canta un brano che potrebbe benissimo essere due canzoni (in stile ELOISE), ben costruita da Bigazzi. Una strofa in stile Mattino di Grieg e un ritornello completamente differente, aggressivo ed incalzante. Cambia proprio la struttura stessa della canzone. Molto interessante e bella la voce di Menegale. Insomma, sembra che questo Cantagiro trovi il suo punto forte proprio nel girone dei giovani o presunti tali mentre il girone C (quello degli stranieri) è stato un flop, iniziato in sordina e finito ancora peggio. Torniamo ai big, quindi, ai quali abbiamo solo fatto piccolo accenni all’inizio. L’abolizione della classifica ha tolto parecchio mordente a questa parte maggiore della manifestazione. Mancando il fattore competitivo i big non ne escono né sconfitti né trionfatori. Tornano a casa con un pensiero nella mente: ma chi me l’ha fatto fare? Non accettare una tenzone che potrebbe essere abolita in qualsiasi gara musicale ma che fa parte integrante dell’ingranaggio Cantagiro, i cantanti del girone A hanno fatto assistere il pubblico ad una partita di basket senza i canestri, dove l’emozione del punto è negata a priori. Hanno compromesso le sorti di una manifestazione spettacolare destinata ad un preciso scopo, il fascino della gara e la possibilità di far votare le persone comuni, quelle che di solito sono soltanto spettatrici. La gente avrebbe voluto la gara tra i Dik Dik e i Camelenti o tra Modugno e Celentano. Invece gli è toccata quella tra Guido Renzi e Babila.
Sicuramente, se ci fosse stata la gara, il vincitore assoluto sarebbe
stato Domenico Modugno, che assapora i benefici di una Canzonissima con
la quale è tornato al successo dopo anni di oscuramento professionale.
Dopo COME HAI FATTO, best seller dell’inverno 1969-70, ecco un successo
di spettacolare proporzione: LA LONTANANZA. La prima volta che il
pubblico ha l’opportunità di ascoltare questa canzone è nella
trasmissione televisiva Speciale Per Voi di Renzo Arbore, quando un
Modugno un pochettino intimidito dai ragazzi terribili presenti in sala,
per vincere la prevista resistenza a priori del pubblico, li soggioga
come farebbe un incantatore di serpenti indiano (gigioneggiando
moltissimo) presentando prima i suoi vecchi pezzi del periodo d’oro (che
vengono accolti favorevolmente dai presenti con l’accompagnamento
ritmico delle mani) e poi lasciando per ultimo LA LONTANANZA. Che apre
la serie delle canzoni con l’introduzione parlata di Domenico Modugno
(COME STAI, IL MAESTRO DI VIOLINO, PIANGE IL TELEFONO), espediente
abbastanza moderno. Speciale Per Voi era una trasmissione particolare
nella quale un pubblico di ragazzini della Milano bene, agendo come
voleva la moda ossia da contestatori ad oltranza, massacrava i convenuti
che certe volte non sapevano più cosa rispondere (la Caselli scappò
piangendo e Don Backy fu contestato con vari FUORI... FUORI). Tanto che
alcuni cantanti famosissimi si rifiutarono di parteciparvi, vedendo le
prime trasmissioni in TV. Modugno quindi canta LA LONTANANZA in
anteprima in quella trasmissione, terminando il pezzo con un calcio ad
una sedia che fa rotolare suscitando l’ilarità del pubblico che ormai lo
acclama a scena aperta e che lo scopre come un simpaticissimo
personaggio un po’ sopra le righe inondandolo di applausi. Un vero
trionfo. In trasmissione, per giocare col pubblico Modugno invita tutti
a fare il suono della sirena mentre recita il discorsivo (il nostro
discorso fu interrotto dal suono di una sirena) e il pubblico accetta di
buon grado, ridendo. Perchè si accorge di come, venuto per suonare,
viene invece suonato. Da uno che il suo mestiere lo sa fare bene,
giocando d’anticipo e con maestria. Nino Ferrer era indeciso se prendere parte alla carovana di Radaelli o meno. Alla fine opta per il sì. Frattanto, però, aveva preso impegni con la TV per registrare una puntata dello spettacolo televisivo SENZA RETE. Così il cantante franco-genovese si unisce al carrozzone con qualche giorno di ritardo. Caso unico nella storia della manifestazione, se si fa eccezione per le Kessler e Dorelli che lo scorso anno erano i presentatori della gara e che dovettero saltare qualche tappa per impegni presi precedentemente. La decisione non è venuta da lui ma dai dirigenti della sua casa discografica che ha voluto vi partecipasse per rafforzare un successo d’immagine generato da uno show di successo in televisione dal titolo IO AGATA E TU, nel quale viene affiancato da Raffaella Carrà (che viene finalmente scoperta dal pubblico dopo anni di duro lavoro); con lei recita, presenta e naturalmente canta. Qui presenta una deliziosa canzone di Fausto Cigliano completamente diversa dalle sue solite scanzonate, IO TU E IL MARE, che tratta di una giornata non tutta rosa e fiori passata sulla spiaggia insieme ad una donna. Ma nonostante le difficoltà che capitano (sabbia bollente, bambini chiassosi, etc) il personaggio della canzone è contento di essere lì perché la presenza della donna lo ripaga dai sacrifici fatti. La canzone non ottiene molto successo per demerito del pubblico, che non ha capito la finezza del brano e certi passaggi di gusto jazzistico, non certo di Ferrer che dà ancora una volta prova della sua professionalità e delle sue capacità interpretative. Lui che di solito è d’uso scriversele da solo, le sue canzoni. Un Cantagiro iniziato tra mille tentennamenti non ha un felice epilogo. La serata finale, a Recoaro, Nino Ferrer inveisce contro gli organizzatori i quali hanno fatto l’ennesima concessione a Celentano, cioè l’hanno fatto cantare in playback, abolito del tutto quest’anno. Gli organizzatori non sanno cosa dire e allora Ferrer va a prendere di petto Celentano stesso il quale lo aggredisce fisicamente dicendogli che queste cazzate deve andarle a fare in Francia. Ma non è finita qui: Radaelli aggiunge la beffa al danno. Una multa simbolica di 50 mila lire a Nino Ferrer per comportamente scorretto. Lui guarda Radaelli come se si trattasse di un marziano, poi ride, perchè in questi casi davvero non si sa cosa fare e dire. Fabrizio Zampa, ex Flippers ed ora giornalista del Messaggero presenzia alla scena e dice che il tutto è ridicolo perchè la ragione sta dalla parte di Nino Ferrer, che Celentano non può fare sempre come gli pare con il beneplacito dell’organizzazione sempre prona al suo volere. L’avesse mai detto: prima un gorilla del Clan lo minaccia pesantemente, poi lo stesso Don (Adriano Celentano) richiama il picciotto e acchiappa Zampa per il foulard cercando di malmenarlo urlandogli la minaccia di spaccargli la faccia ed altre cose irripetibili. Li separano. Intanto Mengoli sta vincendo nel girone dei giovani, ma non se lo fila proprio nessuno. Tutta l’attenzione è rivolta a Celentano e le sue smargiassate. Il quale forse è nervoso per il successo indiscusso di Modugno e l’insuccesso dei suoi pupilli (se si esclude quello fisico di Katty Line) mentre la sua canzone VIOLA, non sembra entusiasmare più di tanto anche se (a differenza di altre che hanno più successo e non sono presenti nelle hit parade) è gia entrata in classifica. Quelle stesse classifiche che Celentano, un giorno sì e l’altro no, contesta. Tra l’altro, VIOLA è copiata pari pari da un pezzo di dieci anni prima del cantante dei Drifters, Clyde McPherson, dal titolo I MAKE BELIEVE. Copiata in tutto, a partire dall’introduzione, per quanto i crediti sotto il titolo non indichino la canzone come una cover che viene firmata dall’entourage del molleggiato. Cioè Beretta-Del Prete-De Luca. In copertina, sul retro, una lunga tirata ecologica del profeta della via Gluck e la parola stampigliata in cubitale (MERDA) ci ricorda la classe e la finezza del nostro. Massimo Ranieri presenta invece una canzone che si intitola LE BRACCIA DELL’AMORE. È ben arrangiata, ha ottime trovate ritmiche ed armoniche (come l’inizio con la chitarra ritmica registrata e fatta partire all’inverso su nastro), il testo è così così ma la musica c’è. Specialmente l’uso degli archi che fa da contraltare alla voce di Ranieri all’inizio di ogni strofa. E soprattutto c’è la sua simpatia e la sua comunicativa che fa funzionare il pezzo anche se, stranamente, non riesce a sfondare del tutto nelle nostre classifiche. A guardar bene, neanche la sigla di DOPPIA COPPIA, programma che lo ha visto protagonista insieme a Romina Power, Alighiero Noschese e Bice Valori a primavera è andata poi così bene. Fatto strano per un cantante che è considerato il nuovo idolo degli anni settanta, come recitano i giornali. Troppi impegni professionali, l’essere diventato un numero uno in poco tempo a neanche vent’anni, televisione, canzoni, cinema, copertine di giornali, personaggi che era abituato a vedere in tv ora cenano con lui e gli parlano come se lo conoscessero da una vita. Proprio lo stesso ragazzo che l’estate precedente si accontentava di una paga di 400 mila lire a serata e che ora ne guadagna tre volte tanto. Un’accusa gravissima di paternità non riconosciuta fa vacillare la fama di bravo ragazzo che gli ha valso le simpatie delle mamme e delle nonne. In questi giorni si divide tra il Cantagiro e il set di CERCA DI CAPIRMI, il film che sta girando insieme a Beba Loncar. Dopo METELLO, Massimo è lanciatissimo. La strada principale del cinema con la C maiuscola è lì, davanti a lui e pare che sia sollecitato a percorrerla tutta. Dopo il film che sta girando con la regia di Mariano Laurenti è in progetto un nuovo copione con lo stesso Bolognini il quale ha intenzione di portare sugli schermi uno tra i più notevoli romanzi della narrativa francese, BUBU' DI MONTPARNASSE, scritto da Charles-Louis Philippe. La storia di un provinciale che va a Parigi e s’innamora di Berta, una prostituta interpretata da Ottavia Piccolo. Poi c’è da girare LA SCIANTOSA a fianco di Anna Magnani. Uno dei film per la TV che la grande attrice si appresta a interpretare. Alla fine del Cantagiro si appresta a partire per la Spagna dove lo attendono niente meno che Kirk Douglas e Yul Brinner per dare il primo colpo di manovella al film intitolato IL FARO ALLA FINE DEL MONDO, tratto da un romanzo di Giulio Verne. Kirk Douglas ha scoperto Massimo a Cannes durante la proiezione di METELLO: da tempo andava cercando un volto giovane e solare, pulito e dal sorriso aperto per questo film. Di cui è il produttore ma anche un protagonista. L’attore americano si è riservato il ruolo di un uomo continuamente in lotta con la società che rifiuta i rapporti con il prossimo per il quale motivo è andato a vivere in un isola deserta. Ranieri sarà un personaggio completamente all’opposto e sarà l’unico che riuscirà a diventare suo amico. Il personaggio di Ranieri è quello di un ragazzo positivo, socievolissimo, con una fisarmonica a bocca sempre pronta ad essere usata e con una scimmiotta come amica e compagna di viaggio. Accanto a loro, oltre al già citato Yul Brinner anche Samantha Eggar. Jimmy Fontana porta una canzone che avrebbe dovuto partecipare al Disco Per L’Estate ma la Rai all’ultimo momento aveva tolto un posto alla sua casa discografica (la RCA) e Jimmy rimase così escluso dalla vetrina primaverile-estiva. Automaticamente venne deciso di mandarlo al Cantagiro. BELLA SDRAIATA E SOLA, un po’ come la canzone del giovane Roberto Mazzini fa il verso alla già citata UNA SPINA E UNA ROSA ma a differenza dell’esordiente, Fontana ha esperienza e fa passare per buona una canzone davvero deboluccia nonostante i chiari riferimenti ad altri brani di successo (c’è anche un pizzico de LA NOSTRA FAVOLA). Fontana piace alle persone più mature che costituiscono lo zoccolo duro del Cantagiro di questi ultimi anni perchè i giovani preferiscono i concerti pop alle feste di piazza come queste. I Dik Dik presentano L’ISOLA DI WIGHT. Quando decisero di portare quel pezzo qualcuno della loro casa discografica li sconsigliò. La canzone era già un successo nella versione francese di Michel Delpech, il quale aveva subito pensato di farne una versione italiana per il nostro mercato anche se stranamente, la gente continuava ad acquistare la versione francese. Sembrava quindi un po’ tardi per raccogliere frutti sostanziosi da questo pezzo in cui si racconta in maniera romanzata la filosofia hippy prendendo spunto dal raduno di Wight. Ma giusto in tempo per permettere ai loro sostenitori di sentire una bella versione di un’altrettanto bella canzone, la quale non ha nulla da invidiare all’originale. Il duello a distanza con I Camaleonti è vinto dai Dik Dik. I Camaleonti non riescono a centrare perfettamente il bersaglio Hit Parade con TI AMO DA UN’ORA cosa che invece riesce benissimo alle cinque gazzelle. Oltre il Cantagiro sono presenti anche al Festivalbar e nel frattempo sono impegnati anche in Germania. Sono stati ospiti di una trasmissione televisiva con le riprese effettuate a Monaco, tra gli impianti delle prossime olimpiadi del 1972. Ne è venuta fuori una cosa molto interessante. La canzone sulla quale contano per conquistare il pubblico tedesco è PICCOLA ARANCIA. Da una rapida indagine risulta essere la canzone più adatta per il palato musicale teutonico. Continua così, lineare e senza crisi, il cammino discografico del gruppo. Sempre buone vendite, ma mai astronomiche. Forse il segreto del loro costante successo. I Camaleonti cominciano ad avviarsi a quello che sarà il loro periodo nero. Canzoni belle ma non recepite dalla maggioranza, come questa che presentano al Cantagiro. La storia di un uomo che percorre tutta la città congestionata dal traffico a piedi per raggiungere la casa dove si trova la sua ragazza che si allarma. Ma lui le spiega che è venuto lì soltanto per un motivo: per dirle che si è accorto di amarla, anche se solo da un’ora (come spiega poi il titolo). La musica della strofa è incalzante quando accompagna il testo che vuole risultare drammatico. Fino al ritornello, quando si scioglie in un tappeto di violini perché arriva finalmente la spiegazione di quell’affanno che inizialmente non faceva presagire niente di buono. Altro complesso di cui vale la pena parlare bene è quello dei Califfi. Passati alla CGD finalmente presentano un brano di stile melodico ma moderno. ACQUA E SAPONE. Il pezzo si regge su un arrangiamento scarno ma efficace, una chitarra classica sostiene il tutto esaltando sia l’armonia che la ritmica. Gli archi utilizzati assolvono al compito risultando essenziali all’economia del brano che ha nell’apertura centrale una risoluzione solare nonostante la malinconia della strofa. I califfi porteranno anche al Festivalbar questa canzone che confermerà una volta di più la bontà del prodotto. Conclusione finale di questo Cantagiro: merita un sette +, otto per la qualità delle canzoni dei giovani, sei per quelle degli stranieri e sei e mezzo per quelle dei cosiddetti big. Canzoni di facile presa, alcune decisamente belle e un po’ di pezzi da balera di provincia. La differenza abissale l’ha fatta Modugno il quale ogni volta che saliva sul palco era un uragano in cerca di applausi che sistematicamente trovava. Più di tutti gli altri e più di Celentano. Come si è detto, non c’erano i grandi nomi soliti, quelli che popolano le piazze. Leggendo i nomi dei protagonisti potrebbe sembrare un paradosso, ma così non è. Tutti bravi professionisti, niente da dire. Ma mancavano quei personaggi che animavano i cantagiri del passato, anche con scandali e scaldaletti. Si è cercato di imbastire una puerile storia d’amore tra Nada e Ranieri al quale nessuno ha creduto per più di tre secondi. Ci si è focalizzati sulle cosce della Katty Line ma nonostante le premesse, non c’era il personaggio sopra le stesse che giustificasse un interesse tale. Mancavano le Caselli, i Morandi, le Pavone, le Dalida del passato. Il Cantagiro quindi finisce con un discreto numero di brani in classifica, l’istrionismo irrefrenabile di Modugno, i virtuosismi vocali dei Ricchi & Poveri, la sensazione che Massimo Ranieri sia un grande personaggio e che il futuro gli riserverà grossi successi e la classica valigia di camicie da lavare a casa. Ah, e naturalmente le cosce di Katty Line!
Christian Calabrese
 
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