1. Led Zeppelin IV - Led Zeppelin
2. Santana 3 - Santana
3. Fireball - Deep Purple
4. Meddle - Pink Floyd
5. Imagine - John Lennon
Mentre i superstiti di Canzonissima si battono per la vittoria finale e
già si sente parlare di colpi clamorosi per il prossimo Festival di
Sanremo, batte la mezzanotte all’orologio della canzone italiana e
incomincia un nuovo anno. Si tirano le somme dell’annata 1971 nella
quale Lucio Battisti rimane l’unico vero vincitore (insieme ai Pooh).
C’è chi sale e chi scende nel gradimento del pubblico. A scendere sono
in parecchi, a cominciare da Morandi, fino alla Caselli (neo mamma);
Celentano stesso che dopo l’orribile canzone di Sanremo (SOTTO LE
LENZUOLA) non ha fatto più parlare di sè nelle classifiche. Altri
protagonisti praticamente spariti sono i Camaleonti, che hanno inciso
due 45 giri rimasti invenduti negli scaffali delle discoteche. LEI MI
DARA’ UN BAMBINO è stato il singolo che li ha fatti precipitare alla
fine del ’70.
Salgono vertiginosamente le quotazioni dell’asso pigliatutto delle
manifestazioni popolari (Canzonissima e Sanremo), Nicola Di Bari, che si
prende una bella rivincita dopo sette anni di fiaschi clamorosi.
Lo stesso dicasi per Lucio Dalla e per la Vanoni, sdoganata alla grande
da L’APPUNTAMENTO in poi.
Le novità si chiamano Mia Martini e Rosalino Cellamare (Ron). Vedremo
chi saprà mantenere le posizioni o risalire la china nell’anno che ci
aspetta.
Classifica di fine anno particolarmente interessante, questa datata
1971. Preso atto che la televisione non sempre aiuta a vendere i dischi,
la conferma ci arriva dal fatto che PENSIERO, LA CANZONE DEL SOLE, MAMY
BLUE e UOMO (tanto per citare alcuni titoli tra i primi dieci) non sono
ancora mai passate in tv.
Le canzoni presentate a Canzonissima fanno fatica ad entrare in
classifica e seppure 25 milioni di persone settimanalmente guardino la
trasmissione, nessuna delle sei finaliste già presentate in tv nelle
semifinali fa capolino in classifica.
In lista ci sono canzoni di fama indiscussa che col tempo acquisteranno
ancora più valore ed importanza. Per ora sono solo delle canzoni in
classifica, di successo, ma niente di più.
JOHN LENNON
E’ il caso di IMAGINE. Cosa dire di questa canzone? Parlarne sarebbe
superfluo. Non parlarne un eccesso di snobismo. E’ stata anche troppo
utilizzata, sfruttata, strumentalizzata, spesso a sproposito.
Partiti politici ne hanno fatto la loro sigla di apertura dei congressi
marchiandola, all'insaputa dell’autore che, se avesse potuto dire la
sua, ne avrebbe negato sicuramente l’utilizzo. La sentiamo cantata nelle
cafonate di Costanzo della domenica pomeriggio dai vari vippetti sfigati
o peggio dai fratelli scemi del Grande Fratello.
Insomma, ne hanno fatto carne di porco. E se non ci si sapesse
estraniare da questo utilizzo smodato di oggi, la canzone diventerebbe
molto antipatica.
Singolo ed album hanno successo immediato. IMAGINE viene definita (oltre
oceano e in patria) un gigante per struttura melodica, sensibilità e
classe: la cosa migliore fatta da John Lennon. IMAGINE è una canzone di
speranza, di pace totale. Il testo è molto bello e lo conosciamo tutti.
Oggi appare forse un po’ scontato perchè di IMAGINE ne hanno fatte tante
ma la sua poesia rimane immutata. Lennon si rivolge all’ascoltatore e
gli chiede di immaginarsi un mondo in cui non esistano barriere sociali,
in cui tutti vivano insieme. Dove non ci sia né inferno né paradiso,
immagina che non ci siano ricchezze (detto da lui fa un po’ ridere, visto
l’ammontare del suo conto in banca!) e che tutti vivano in pace. Non è
difficile. Conclude dicendo che forse è un sognatore ma che di certo non
è l’unico e se tutti coloro che la pensano come lui si unissero potrebbero
cambiare il mondo. John si accompagna al piano, lo stesso piano bianco del
video e della copertina del singolo, mentre al dobro c’è George.
Un altro brano del disco è un attacco a tutto campo a Paul McCartney. Il
titolo è HOW DO YOU SLEEP con una durata di cinque minuti e trentacinque
secondi. Non è un granché musicalmente ma il testo è molto acido nei
confronti del suo partner musicale degli anni dei Beatles, e diretto,
senza tanti giri di parole. "Come fai a dormire (how do you sleep?)
- si chiede John - quando la sola cosa che hai saputo fare è stata ieri"
(YESTERDAY). "Da quando te ne sei andato sei solo un altro giorno
(ANOTHER DAY, successo di Paul di inizio anno) mentre avresti dovuto
imparare qualcosa in tutti questi anni. Vivi con quelli che ti dicono che
sei un re. Sgt. Pepper ti ha colto di sorpresa e quei pazzi dicevano che eri
morto (si riferisce alla leggenda metropolitana in cui Paul sarebbe morto
nel 1966). "Una faccia carina può durare un anno o due. La tua è solo muzak"
definizione che da questo momento sarà adottata da molti critici
musicali negli anni settanta che vorranno etichettare la musica
commerciale, quella gracchiante da altoparlante di grande magazzino, la
muzak, per l’appunto. Anche qui c’è la presenza di Harrison, quasi a far
risaltare la solidarietà dei due nei confronti dell’ex beatle Paul.
Qualcuno aveva fatto circolare la solita voce di una possibile
riconciliazione tra i Beatles ma proprio questo fatto rende improbabile
una simile eventualità. Tutti sapevano della ruggine tra i due ma nessuno
poteva immaginare che Lennon arrivasse a comporre una canzone col solo
scopo di mettere alla berlina Paul. Naturalmente il nome di Mc Cartney non è
mai citato ma è talmente chiaro il riferimento che sarebbe stato inutile
specificarlo.
Altri testi polemici sono I DON’T WANNA BE A SOLDIER, MAMA (qui George
suona la slide guitar) abbastanza semplice da capire e I DON’T BELIEVE
in cui Lennon fa una lista di personaggi ai quali non crede. Come
dimenticare la bellissima JEALOUS GUY, con Lennon che ne fischietta il
motivo e dove aleggia un'atmosfera di pace e tranquillità?
La nuova band di John e Yoko con la quale farà il giro del quasi mondo
(naturalmente l’Italia non è compresa) è composta da Eric Clapton, Nicky
Hopkins, Klaus Voorman e Jim Keltner. Il tour inizia in America.
PAUL MCCARTNEY
Paul McCartney, d’altro canto, non sembra molto preoccupato di tutto
questo chiasso che i media fanno intorno al suo nome. E’ diventato padre
per la terza volta (Stella, nata 3 mesi prima) e indìce una conferenza
stampa per comunicare il nome del suo nuovo complesso, i Wings.
Lo fa all’Empire Ballroom a Londra dove Linda e Paul hanno invitato
circa 800 persone tra le quali Elton John, Keith Moon degli Who, Jimmy
Page dei Led Zeppelin e Ron Wood (ex Move e in procinto di formare gli
Wizzard). Wings perché significa ali - le ali della musica che si libra
sopra tutti noi - spiega Paul.
Di John e degli altri Beatles non parla male. Sostiene di aver ancora
buoni rapporti e l’unica cosa che lo infastidiva negli ultimi tempi del
complesso era l’essere legato a loro contrattualmente.
Con un aereo privato noleggiato a Londra Paul, le bambine e Linda (la
moglie) arrivano a Milano per un incontro con i dirigenti della Emi.
Alloggia al Grand Hotel Villa D’Este e la casa discografica italiana gli
mette a disposizione una Mercedes nera con autista per andare a fare
shopping nelle vie più rinomate. Il giorno dopo si reca nella sala
d’incisione della Phonogram e ascolta l’ultimo disco dei Nomadi (anche
loro in forza alla Emi) di cui dice molto bene. Il giorno dopo la
famiglia McCartney se ne torna a Londra.
Il 7 dicembre viene stampato il primo album con gli Wings dal titolo
WILD LIFE che raggiungerà la decima posizione in classifica negli Usa e
l’undicesima in Inghilterra. Certamente non posizioni da Beatles. Ma c’è
da dire a sua discolpa che l’album in copertina, a parte la presenza
dello stesso Paul insieme al gruppo, non reca il suo nome ma solo quello
della band. Nella copertina troviamo Paul e soci seduti su di uno
steccato nel lago. Solo McCartney si differenzia, unico non seduto ma
immerso nel lago con la chitarra tra le mani.
Nelle note in copertina si legge: dentro la confezione c’è la musica
che hanno suonato. Riuscirete a scoprirla?
In realtà è come mettere le mani avanti perchè il tutto è davvero molto
mediocre. Un passo indietro rispetto a RAM, uscito a maggio. Se si
dovesse giudicare da questo disco tutto darebbe ragione a Lennon: una
maniera errata di rispondere alle accuse. SOME PEOPLE NEVER KNOW è la
risposta a Lennon dove si dice che certa gente riesce a dormire
(riferendosi a HOW DO YOU SLEEP) sebbene creda di avere sempre ragione.
Ma chi ha sempre ragione e al momento giusto? In un'altra si rivolge al
suo co-autore di un tempo dedicandogli DEAR FRIEND, scritta in forma di
lettera, nella quale dice: ma davvero siamo arrivati al limite? Davvero
questo significa tanto per te? Hai paura, è la verità. Butta via il
vino.
Il fatto che nessun singolo sarà tratto da questo album può significare
due cose. O che è stata un’operazione commerciale voluta o che non c’era
all’interno del 33 qualcosa di così interessanta da lanciare come
singolo.
LUCIO BATTISTI
Il re è di nuovo sul trono. Da gennaio ad oggi Lucio ha monopolizzato le
classifiche con un notevole numero di singoli e due album. Cinque sono
le sue (ANNA, PENSIERI E PAROLE, DIO MIO NO, LE TRE VERITA’, LA CANZONE
DEL SOLE) tre cantate da Mina (IO E TE DA SOLI, AMOR MIO e LA MENTE
TORNA). E poi EPPUR MI SONO SCORDATO DI TE, VENDO CASA, AMORE CARO AMORE
BELLO, UN PAPAVERO.
E’ in uscita un altro singolo di Battisti per Iva Zanicchi dal titolo IL
MIO BAMBINO. Non avrà il successo che la Zanicchi si aspettava. Non
basta cantare una canzone di Battisti per avere successo sicuro.
Iva Zanicchi probabilmente non era adatta a Lucio autore. Il pubblico
capisce se è un’operazione puramente commerciale o no. La riprova è che
la Ri.Fi, casa discografica della signora Zanicchi/Ansoldi arriva
addirittura a far stampigliare in copertina la dicitura "di
Battisti-Mogol".
Carmen Villani a Senza Rete canta una canzone incisa in precedenza da
Sara, amica di Lucio, PERCHE’ DOVREI. Non la incide su disco forse
perchè non le è stato concesso il nulla osta. Cosa che farà Donatella
Moretti per il suo album edito dalla King STORIA DI STORIE nel 1972 e
Marcella nel 1975 nell’album per metà dal vivo L’ANIMA DEI MATTI.
Lauzi, che è riuscito a raggiungere la numero uno dell’hit parade (lui
che non aveva mai venduto tanto da entrare in classifica nei precedenti
8 anni di carriera) incide L’AQUILA (dicembre) che diventa il suo
cavallo di battaglia per l’anno successivo.
Il troppo successo di Lucio dà fastidio e c’è chi decide di attaccarlo
via etere. Arbore e Boncompagni, per esempio, che si erano
legati al dito un suo rifiuto di partecipare alla trasmissione
radiofonica ALTO GRADIMENTO, e hanno deciso di fargliela pagare dicendo
spesso in trasmissione che Battisti ormai è un cantautore passato di
moda. In un'altra trasmissione molto famosa (PER VOI GIOVANI) la produzione
di Battisti e Mogol viene liquidata come sciagurata. Sono piccole vendette
a cui lui non bada o finge di non badare. Ma che saprà ripagare al
momento opportuno. Battisti non ha bisogno di partecipazioni a
trasmissioni televisive o radiofoniche, campagne stampa favorevoli,
scandaletti inventati e biografie incensatorie. Ad esempio, per la notte
di Capodanno parteciperà al programma di Patty Pravo dal titolo "Cento Di
Queste Sere" ma solo perché Patty è un amica.
Ora è la volta del suo primo singolo con la sua casa discografica, la
Numero Uno, che fino ad ora lo aveva visto soltanto firmare canzoni per
altri e in veste di produttore. Esaurito il rapporto lavorativo con la
Ricordi eccolo qui con una canzone che nella sua semplicità diventa un
classico della canzone italiana: LA CANZONE DEL SOLE. Tre note (La, Mi ,
Re) con le quali qualsiasi persona che sappia suonare la chitarra, o che
la voglia imparare, ha avuto a che fare dal momento dell’uscita del
brano in quel novembre 1971. Tre accordi e tre differenti linee
melodiche: due per la strofa ed una per l’inciso.
Pochi giorni ed è già in testa. LA CANZONE DEL SOLE non è solo una
canzone. E’ qualcosa che nel tempo riesce a diventare un patrimonio
comune della nostra cultura. Una delle canzoni più famose di tutti i
tempi, costruita su flashback continui in cui il personaggio della
storia si chiede le motivazioni del cambiamento così radicale della
donna che conosceva un tempo e che ora stenta ad inquadrare nella stessa
ottica. Da collegiale dalle bionde trecce e le calzette rosse, all’uso
così disinvolto delle mani, dal suo sorriso così sicuro e pieno di
malizia che fa contrasto coi rossori di un tempo. Un tempo che non
potrebbe essere più lontano di così tanto che Battisti lo rimembra ad
ogni attacco di ritornello con quel oh mare nero mare nero mare ne’, tu
eri chiaro e trasparente come me. Tematiche di questo tipo, con accuse
meno esplicite già si conoscevano nella canzone italiana. Basti pensare
a NON SEI PIU’ LA MIA BAMBINA del 1938 o la più recente LISA DAGLI
OCCHI BLU.
In questa canzone il protagonista dà della puttana alla sua donna
sebbene non pronunci mai il vocabolo. E non per autocensura ma perché
l’intenzione è già così forte di per sé che non ha bisogno di conferme
esplicite. Quando canti frasi come ma quante braccia ti hanno stretto
per diventare quel che sei, che importa, tanto tu non me lo dirai mai,
concludi con un purtroppo accanto al quale la frase cantata e non scritta
fa immaginare un punto esclamativo che rafforza la tesi di cui sopra.
L’arrangiamento superbo di Gian Piero Reverberi conclude l’opera.
Dall’altro lato la stupenda ANCHE PER TE, tre immagini di donne diverse
tra di loro, cioè una suora, una madre di famiglia e una prostituta.
Scritta come se fosse un film, ci da un’immagine limpidissima di queste
tre figure che sembra passino davanti ai nostri occhi, estranei e
passivi, col loro mondo di solitudine e di mancanza di amore. E PENSO A
TE, rimane una delle più suggestive canzoni nello stile di Lucio, anche
grazie al testo di Mogol che è assolutamente descrittivo. Bisogna dare a
Cesare quel che è di Cesare anche se chi scrive ha sempre pensato che
Giulio Rapetti in arte Mogol più che bravo è sempre stato molto, ma
molto, furbo. E anche fortunato. Forse se non fosse apparso
all’orizzonte il genio di Battisti avrebbe continuato a scrivere cover
di canzoni o firmare quelle di altri. Nonostante lui racconti l'evento
con le parole: “un giorno Lucio venne alla Ricordi e farmi ascoltare
delle canzoni” etc. Come se il fortunato dei due alla fine fosse stato
Battisti. Una favoletta che si racconta la sera prima di dormire alla
quale non crede nessuno, lui per primo.
POP TOPS
Lanciano MAMY BLUE e diventano famosi in tutto il mondo. Non si contano
quante orchestre e quanti cantanti ne hanno incisa una versione. Solo in
Italia, quando incidere una canzone già portata al successo da altri è
tremendamente retrò, se ne contano almeno tre. Dalida e Johnny Dorelli,
che avranno la loro grana personale quando entrambi saranno presenti
nella stessa puntata di Canzonissima con la stessa canzone. L’avrà
vinta come sempre Dalida. Ivana Spagna esordisce con la stessa canzone
per la Ricordi.
Gli stessi Pop Tops ne incidono una versione in italiano ma tradurre le
canzoni, già note in versione originale, nella nostra lingua, dagli
stessi interpreti che l’hanno portata al successo ormai non interessa
più l’acquirente medio. MAMY BLUE vende nella versione originale. Primi
in Francia, in Spagna, in Italia lo sono stati a novembre, in Olanda, in
Germania, in Sudafrica, in India, in Brasile. Il successo di questa
canzone sembra non avere confini. Con i Pop Tops si ripete la formula
magica che ha portato al successo gli Aphrodite’s Child. Un solo pezzo
sveglia l’interesse del pubblico anche su ciò che avevano fatto
precedentemente. Il complesso in realtà aveva gia avuto il suo battesimo
italiano nel 1968 ma all’epoca nessuno lo notò. L’unico complesso
spagnolo famoso da noi era quello dei Los Bravos, che a quel tempo
avevano già perso l’interesse del pubblico italiano.
Iniziano a suonare nel 1966. Nel 1967 partecipano ad un festival di
complessi pop a Leon nella Pastiglia e vincono. Nel 1968 incidono OH
LORD, WHY LORD e arrivano al numero uno in Spagna. Ma essere primi in
Spagna non li porta ad un successo internazionale. Persino Franco, il
caudillo, vede di buon occhio questo gruppo multirazziale capitanato da
Phil Trim, solista del complesso nato a Trinidad e innamorato della
Spagna, con moglie svedese. Poi c’è Enrique , Alberto (già nei
Tifones), Paco (un Paco in Spagna c’è sempre) che è la seconda voce,
abilissimo nei controcanti (HIDEWAY ne è la conferma) ed Augustin, anche
lui, come Paco, originario delle Canarie. Il più giovane del gruppo è
Raphael, 18 anni da Madrid, organista e tastierista, diplomato al
Conservatorio madrileno. Raymond viene invece da Casablanca dove è nato
19 anni prima. Molto abile con la chitarra.
Nel 1970 rappresentano la Spagna al Festival di Antibes e la loro musica
dalla matrice britannica, con innesti di ritmiche sudamericane ed
esotiche, colpisce la fantasia del pubblico. Il 1971 è l’anno giusto.
Hubert Giraud, uno dei più noti compositori francesi (ha scritto
canzoni come SOUS LE CIEL DE PARIS e LES GITANS) scrive un testo per la
loro prima produzione internazionale basandosi su ricordi di quando era
bambino, quando vide il famoso film IL CANTANTE DI JAZZ, con Al Johnson,
primo lungometraggio sonoro datato 1927. Cantava OH MAMY OH MAMY Al
Johnson e l’autore si commosse molto perché a quell’epoca era lontano
dalla madre.
La formula della mamma nelle canzoni, come si può vedere, funziona anche
con altre popolazioni. Non ne sono immuni e non è soltanto una malattia
italiana, quella del mammismo. Che poi noi si esageri è un altro
discorso. Una coincidenza drammatica fa sì che Dalida interpreti la
canzone proprio nello stesso momento in cui perde la madre.
LED ZEPPELIN
Al primo posto negli album sono reduci da un concerto che passerà alla
storia. Quello di Londra alla Wembley Pool, di fronte a diecimila
ragazzi entusiasti. La coincidenza del loro ritorno sulle scene
londinesi con l’uscita del loro nuovo album è voluta. I ventimila
biglietti delle due date del complesso del dirigibile sono stati venduti
nel giro di poche ore. Robert Plant e soci erano venuti a Milano a
luglio, quando accadde il finimondo. Del clamoroso episodio abbiamo
trattato nella classifica estiva (agosto) del 1971.
Come supporter del gruppo sul palco c’è Maggie Bell, alla quale è stato
chiesto addirittura un bis nonostante l’attesa spasmodica che già si
respirava per l’entrata in scena dei Led Zeppelin. Maggie Bell la leader
del gruppo Stone The Crows, che presto abbandonerà per una carriera
solistica. Con lei suona un grande chitarrista che fra poco avrà la sua
band personale, Alex Harvey: la Alex Harvey Band.
In questo album spicca per bellezza ed importanza STAIRWAY TO HEAVEN,
forse il brano più noto del gruppo. Comincia quasi in sordina con un
arrangiamento alla Jethro Tull, molto rinascimentale, con la voce di
Plant in vena di gentilezze. Per poi acquistare velocità e ritmo mano a
mano, con la batteria di Bonham impazzita nel finale. Altri brani noti
del disco sono HEARTBREAKER e BLACK DOG. L’album in realtà era già
pronto in primavera ma mancava il missaggio finale. Dopo la scelta
sbagliata di farlo in uno studio di Los Angeles, riportarono i nastri in
Inghilterra ma nell’andare e venire non riuscirono più a trovare il nastro
di FOUR STICKS che dovettero incidere di nuovo. Nel frattempo i concerti
in Italia e la lunga tournee giapponese toglievano il tempo necessario
per la messa a punto del disco che vedrà la luce alla fine di novembre,
per essere prontamente in testa alle classifiche italiane e non solo.
Vincono la loro battaglia personale con la casa discografica Atlantic,
che distribuisce i loro dischi. Non vogliono sulla copertina nessun
titolo, nessun nome e neppure il marchio della casa stessa. Nella
copertina interna ci sono quattro segni che risalgono al medioevo,
quando la magia nera inglese era molto potente, e disegni e figure
avevano significati precisi. Ogni componente del complesso ha scelto il
suo simbolo che è anche il suo nome. L’ultimatum all’Atlantic era stato
dato in questi termini. O ci fa fare come vogliamo noi o ci teniamo i
nastri. Naturalmente gli "atlantidi" non ci hanno pensato due volte.
GIOVANNA
Cantante della scuderia Ariston, è Giovanna, di Viareggio. Solare,
sorridente, brava.
Una specie di amazzone con tanto di motocicletta e i denti davanti
separati che la rendono, simpaticamente, personaggio. E che la fanno
ricordare ad un pubblico televisivo distratto, interessato solo, per
l’appunto, ai personaggi. Nasce artisticamente (sempre per il pubblico)
nel 1970 sebbene sia sulle scene dal 1967. Ma presentandosi a Settevoci,
la trasmissione condotta da Pippo Baudo, ed offrendo una versione
interessante di LET THE SUNSHINE tratta da HAIR col titolo SORGE IL
SOLE, riceve grossi consensi. Giovanna è una bravissima artista che ha
raccolto molto poco.
Sarà stata forse la grande inflazione di personaggi di buona statura,
superiore alla media dell’epoca, che le ha tolto visibilità. O forse
anche la casa discografica, l’Ariston, che comunque ha puntato molto su
di lei per parecchi anni prelevandola dalla piccola Meazzi e facendola
entrare nel grosso giro.
Una come lei, fosse nata oggi, si mangerebbe personaggi come Irene
Grandi o i cloni singhiozzanti (ed irritanti) di Carmen Consoli,
compreso l’originale. Mezze figure che solo 15 anni fa avrebbero potuto
salire sul palco solo dopo che i cantanti avevano finito le loro
esibizioni. Per le pulizie.
Tornando a Giovanna, non le piace di far parte del gruppo delle cantanti
italiane facili alla rima cuore-amore. Preferisce essere diversa e
quello che canta ne dà ampia conferma. Il gruppo che l’accompagna ha un
nome strano, Grido Di Guerra. Ma in fondo è figlio dei tempi. Anche Mia
Martini (della quale parleremo dopo) ha un gruppo dal nome particolare:
La Macchina. Partecipa a Canzonissima e si batte nella stessa puntata
nella quale si esibiscono due mostri sacri quali Dalida e Patty Pravo
che cantano MAMY BLUE e NON TI BASTAVO PIU’. Una combinazione poco
fortunata ma che le consente di fare ascoltare il suo brano, davvero
molto bello, scritto per lei da Claudio Rocchi. Si chiama IO VOLEVO
DIVENTARE. Canzone che riprenderà anche Ornella Vanoni ma che non sarà
capace di donarle la stessa forza interpretativa. Un’altra cover presentata
da Giovanna è CALDO AMORE, la famosa HOT LOVE dei T.Rex di Marc Bolan che
molto successo ebbe in estate anche da noi.
E’ tutto il 33 ad essere molto interessante. Le cover di brani non
convenzionali sono la sua forza (ad esempio UNA CORSA PAZZA cover di WE
ARE ALL THE SAME della Keep Hartley Band). Poi James Taylor, Ian
Anderson, Melanie. Il titolo è proprio UNA CORSA PAZZA in cui la si
vede in sella alla sua moto. Che non è il solito album, con pezzi già editi
su 45 giri, ma portatore di un discorso preciso coerente con lo spirito
dell’artista.
PATTY PRAVO
Patty Pravo cambia personaggio. Non più la ragazza sfrontata degli
esordi, quella sboccata e dai modi provocatori, ma un’interprete vera.
La conversione avviene alla fine del 1970 quando le mettono in mano
TUTT’AL PIU’, scritta per l’eventuale finale di Canzonissima a cui lei
non partecipò perché eliminata nelle semifinali. TUTT’AL PIU’ ebbe
comunque un grande successo e diede conferma al pubblico italiano (e non
solo) che Patty Pravo era cambiata davvero. Le prime avvisaglie si
ebbero in estate quando Battisti le diede PER TE, leggermente diversa
dalle sue solite canzoni. In autunno, sempre a Canzonissima, si
presentò con NON ANDARE VIA, diventato un cult televisivo in cui Patty,
commossa, pianse davvero. Il pubblico se ne accorse e le tributò un
trionfo senza precedenti per lei, guardata sinora con una certa
diffidenza.
Sulla scena sta acquistando sicurezza, si agita di meno ed è conscia
delle proprie capacità artistiche.
A Venezia presenta una bella canzone di Shel Shapiro, ex Rokes, NON TI
BASTAVO PIU’, subito incisa in lingua spagnola (NO TE BASTAVO YO) e
diventata un hit anche in quel paese. In realtà la canzone era stata
data al complesso vocale delle Voci Blu che incidevano per la casa di
Morandi e Migliacci, la MiMo, ma non ebbe successo.
La Pravo se ne innamorò e fu cambiato anche il testo. Il titolo
originale era in realtà COSA NON PAGHEREI (da una frase nel testo). Chi
ha seguito l’evoluzione di Patty Pravo interprete non si stupirà
dall’ultimo LP della cantante veneziana dal titolo PER AVER VISTO UN
UOMO PIANGERE E SOFFRIRE DIO SI TRASFORMO’ IN MUSICA E POESIA che, oltre
a contenere la canzone presentata nella semifinale di Canzonissima dal
titolo PREGHIERA, comprende altri 8 inediti come la bellissima POEMA
DEGLI OCCHI di Vinicius De Moraes o LANTERNE ANTICHE. Non è il massimo
della commercialità, ovviamente.
Ma occupiamoci di alcuni fatti che, con la Pravo prettamente musicale,
c’entrano poco. L’11 dicembre il presidente del tribunale di Roma l’ha
convocata per rispondere ad una serie di domande sul nuovo contratto che,
tramite una società straniera, la legherebbe alla sua nuova casa discografica,
la Philips. Cioè Patty non agisce più con contratti diretti ma attraverso
l'intermediazione della società straniera.
Il vecchio contratto con la RCA la legava ancora per tre anni. Da qui
l’azione giudiziaria contro di lei e la richiesta di un sequestro
conservativo per duecento milioni di lire.
Certamente non era il suo giorno fortunato, quel weekend. Il pomeriggio
del 12 si reca a Lucca.
Al Green Ship, locale cittadino, si appresta a cantare quando una
squilibrata residente a Sant’Anna, alla periferia della città, le
scaglia con violenza un portacenere di cristallo in pieno viso.
Patty Pravo stava recandosi sul palcoscenico passando attraverso la sala
per salutare il pubblico.
Compiuto il folle gesto la donna ride soddisfatta, mentre Patty Pravo
crolla a terra piena di sangue.
Viene immediatamente soccorsa all’ospedale. La donna viene portata via,
mentre grida, con la voce rotta dalle risate, "volevo accecarla".
Interrogata, la squilibrata dirà che voleva punirla perchè ogni volta
che la cantante passava sotto la sua casa le spegneva la radio
La cantante si ritrova con una profonda ferita sulla guancia, tre denti
spezzati ed un'altra ferita sulla fronte che fa temere un trauma
cranico. I tre denti erano spezzati in maniera tale da non consentire
l’applicazione di una protesi.
La registrazione del suo show, previsto per la notte di Capodanno, si
farà ugualmente il 20 di dicembre. Mentre per la diretta di una
trasmissione in Svizzera deve dichiarare forfait.
MIA MARTINI
Scoppiata in estate con PADRE DAVVERO, canzone-accusa dedicata al padre,
Mia Martini comincia finalmente a raccogliere i frutti del suo seminato.
Per ora è ancora una cantante di nicchia, per un certo pubblico, quello
dei concerti pop a Viareggio o a Villa Pamphili a Roma. Ma le sua
partecipazioni a programmi televisivi popolari come Senza Rete o al
Cantagiro la fanno notare ad un auditorio più variegato, per la
crudezza del testo che canta e per la stravagante maniera di vestirsi.
Bombetta e scialle (la sua divisa in questo periodo) e la sigaretta
nervosa tra le mani a nascondere una fragilità d’animo e sensibilità non
comuni.
OLTRE LA COLLINA è l’album di esordio. 12 brani di alto livello composti
per la maggior parte da Claudio Baglioni, che l’ausilia nei cori (così
come la sorella di lei, Loredana). Canzoni tutte legate tra loro
attraverso un arco che va dalla negazione di tradizionali valori
all’angosciosa preghiera. Sensazioni e stati d’animo senza filtri che
arrivano all’orecchio dell’ascoltatore creando in alcuni casi anche
momenti di angoscia e d’inquietitudine.
LACRIME DI MARZO, GESU’ E’ MIO FRATELLO, il rifacimento di una vecchia
canzone dei Tokens dal titolo THE LION SLEEPS TONIGHT, AMORE AMORE UN
CORNO (già b-side di PADRE DAVVERO) e la tristissima poesia (declamata,
non cantata) che dà il titolo all’album, OLTRE LA COLLINA.
La mia fede la persi, poi la ritrovai, poi la persi ancora.
La copertina è classica del periodo: un po’ troppo in stile progressive
forse, per il contenuto dell’album ma molto bella e leggermente
inquietante e curiosamente simile ad una copertina dei Nirvana di parecchi
anni dopo.
Intanto ha partecipato al CantaEuropa (una specie di Cantagiro europeo
per valorizzare la musica italiana all’estero) insieme ad altri cantanti
divisi in rivelazioni, big, giovanissimi, complessi. Quest’anno i
cantanti hanno anche il compito di fare pubblicità a prodotti italiani.
I big sono Morandi, Milva, la Pavone e Bobby Solo.
Big da Isola Dei Famosi... totalmente fuori gioco all’epoca (tranne
Milva). La Martini è in compagnia di Jordan, Pierino (un ragazzino
"prodotto" da Teddy Reno) e Marcella Bartoli. I complessi sono i New
Trolls, il Duo Di Piadena e Le Voci Blu. Come si vede, il cast non è che
sia una gran cosa. Un tentativo di rilancio per chi big non è più, una
vetrina per la RCA e per Teddy Reno e le sue “creature”. E poi i giovani
che vanno di diritto al CantaEuropa perchè già partecipanti al Cantagiro
estivo. Una parola su Bobby Solo. Nel disperato tentativo di rientrare
nel giro di quelli che contano, l’ex ciuffo impomatato incide una
canzone dal titolo THE VILLAGE, un rock moderno bocciato a Canzonissima
ma che si è fatto apprezzare durante le sue esibizioni del CantaEuropa.
Di inglese ha solo il titolo perchè in realtà è un motivo italiano
ambientato in un paese immaginario dove tutto è bello e facile. Non avrà
riscontri sul piano delle vendite ma la circolazione radiofonica e
televisiva gli permette di strappare il biglietto per il prossimo
festival di Sanremo.
I GIGANTI
Si ricostituiscono i Giganti, il complesso formato da Mino, Sergio, Enrico
Maria Papes e Checco, famosissimo tra il 1966 e il 1967. Il titolo del
long playing si intitola TERRA IN BOCCA (lèggi: silenzio ed obbedienza)
secondo l’antico codice d’onore degli uomini di mafia. E proprio di
mafia parla questo album, che non avrà grosso successo commerciale ma
che saprà farsi apprezzare negli anni fino a diventare una pietra
miliare della musica pop degli anni Settanta. Il problema della mafia
era stato toccato abbondantemente da film e letteratura e sui giornali.
Qualche volta ci è anche scappato il morto. Era logico che si
affacciasse anche nel mondo della canzone per bocca proprio di un
complesso che ha interpretato brani, seppur nell’ambito della musica
leggera, di impegno quali PROPOSTA e IO E IL PRESIDENTE. Sapevano
benissimo di esporsi a qualche rischio di natura censoria ed infatti il
disco pronto già da qualche settimana ha avuto tre rinvii. Una volta
sparirono anche i nastri delle registrazioni. Questo anche perché non si
tratta di un disco qualunque, ma di un disco-inchiesta il quale, sotto
forma di canzoni, ricostruisce le confidenze di un autentico mafioso
detenuto all’Ucciardone.
Come la storia di un contadino taglieggiato dalla mafia degli aranceti
costretto a pagare l’acqua dell’aquedotto comunale che i mafiosi
vendevano agli agricoltori per l’innaffiamento degli orti di aranci. Il
figlio del contadino si ribella, vienne ucciso e gettato nel pozzo. Si
parla di sparatorie al mercato del pesce di Vucciria, della casa fatta
esplodere col tritolo, del pastore ucciso, della cisterna inquinata.
Concludendo che la domenica se ne vanno tutti a messa a festeggiare il
santo del paese come se i fatti violenti della settimana non fossero mai
accaduti. I Giganti presentano il disco al Piccolo Teatro di Milano dove
raccolgono grossi consensi.
JESUS CHRIST SUPERSTAR (IL MUSICAL)
Un enorme palcoscenico con luci sfavillanti, macchine per la pioggia a
simulare il vento, dispositivi per produrre fuoco e fumo, un potente
impianto di raggi laser. Tutto questo spiegamento di mezzi per la storia
più famosa dell’umanità, quella di Gesù. Che ha le sembianze di un
giovanottone biondo, un po’ hippy che canta e balla. Sebbene la sua
vicenda sia "nota", lunghe code di pubblico si snodano davanti al teatro
Hellinger, per acquistare i biglietti che all’inizio dell’anno
permetteranno loro di assistere allo spettacolo. In Usa ha già incassato
circa dodici milioni di dollari. Il successo di JESUS CHRIST SUPERSTAR
comincia nel 1970 quando Lloyd Webber e Tim Rice lanciano sul mercato un
singolo dal titolo SUPERSTAR. Il successo fu rapidissimo e davanti a
questo consenso tributato dal pubblico, gli autori decisero di sfruttare
il filone improntando un musical sulla passione di Gesù, poi trasformato
in film nel 1973. La musica è superba, gli attori sono bravi, la regia è
moderna, la trama è nota. Il Gesù è in bilico tra il Vangelo e le più
avanzate visioni teologiche cosicché il sacrilegio colpisce
l’immaginario della gente. Un Gesù trasportato ai nostri giorni,
sicuramente hippy. Il Time ha pubblicato una copertina con un Cristo
mezzo hippy e mezzo sacra sindone con queste parole a forma di aureola
sul capo: THE REVOLUTION OF JESUS. Si sosteneva il ruolo di Gesù come
nuovo leader della gioventù contestatrice americana, quella che
manifesta contro la guerra in Vietnam. La Chiesa ha opinioni differenti
ma comunque, in situazioni come questa, non si può discutere di
religione in termini strettamente teologici.
Viene bandita in Sud Africa la colonna sonora dello spettacolo teatrale
JESUS CHRIST SUPERSTAR (ancora prima di diventare colonna sonora
cinematografica). Le motivazioni sono di carattere religioso.
Considerata blasfema ed incitante alla corruzione e alla violenza.
Provvedimento che ha colpito non poco il mondo della musica pop essendo
ormai abituato alla circolazione del disco, trasmesso perfino da Radio
Vaticana che la trova assolutamente non in urto coi testi sacri.
Melody Maker
Ed eccoci arrivati al consueto referendum annuale di Melody Maker.
Per i cantanti uomini vince Neil Young seguito da James Taylor. Per le
interpreti femminili Joni Mitchell seguita da Melanine (Safka). Per i
gruppi Crosby Stills Nash & Young seguiti dagli Emerson Lake & Palmer.
Chitarrista dell’anno è Eric Clapton seguito da Jimi Hendrix (già morto
da un anno). Come compositore un altro premio per Neil Young che si
ripete ancora col miglior album dell’anno (AFTER THE GOLD RUSH).
Miglior singolo è MY SWEET LORD di George Harrison seguito da BROWN
SUGAR dei Rolling, primo lavoro sulla loro etichetta, quella con la
lingua.
La società tedesca Teldec ha presentato il videodisco, antenato del
laser disc che girando 1500 giri al minuto permette la visione su un
normale televisore di quello che vi è inciso. Il prezzo sarà di poco
superiore ad un comune disco e il riproduttore costerà sulle centomila
lire. Vedremo in futuro che il videodisco, per motivi non chiari, avrà
vita difficile.
CANZONISSIMA 1971
Anche se ci siamo ripromessi di parlarne in un prossimo articolo, legato
alla classifica del gennaio 1972, accenniamo un po’ a questa
trasmissione, la seconda con la stessa coppia di conduttori,
riconfermati per i più che soddisfacenti esiti dell’anno precedente. Non
era mai successo dal 1957. Corrado e Raffaella Carrà insieme piacciono e
molto. Scelti l’anno precedente come sostituti a Mina e Paolo Villaggio
(e Pippo Baudo), conquistano un successo di pubblico enorme, così come
non se ne aveva notizia dai tempi della famosa Canzonissima 1959 con
Delia Scala, Manfredi e Panelli. Iniziata il nove di ottobre, finirà il
6 di gennaio.
Inutile dire che la trasmissione, a parte le canzoni, si basa sul
richiamo che la Carrà ha sul pubblico, da quello dei bambini a quello
delle nonne. Anche i giovani non disdegnano sebbene Canzonissima la
vedano col binocolo. Nel senso che non sono affatto interessati. Non ci
sono nomi di richiamo per un pubblico che non sia quello delle
casalinghe o dei pensionati. Solo seri professionisti del video canoro
con qualche tocco di classe qua e là.
Corrado è simpatico e si offre molto bene come spalla alle boutade della
Carrà (da copione).
Raffaella riesce in qualcosa che se glielo avessero anticipato soltanto
un anno prima si sarebbe messa a ridere.
Tre canzoni in classifica (oltre alla sigla c’è il TUCA TUCA, la canzone
dedicata ai bambini MAGA MAGHELLA) e una terza presentata nelle
semifinale che entrerà con l’anno nuovo, BORRIQUITO.
Per Raffa il cantare era legato alla motivazione di dover interpretare
la sigla della trasmissione. Una specie di scherzo, un qualcosa di
complementare alla sua carriera di showgirl. Anche perché era ben
conscia di non avere una grandissima voce. Ma, scherzando e ridendo, in
un anno ha venduto un milione di dischi e quindi perché non prendersi
sul serio? "Forza ragazzi, spazzola, e chi mi fermerà.. chissà se va,
chissà se va", dicono alcuni versi della canzone.
Ma sì che va, bisogna rispondere, parafrasando il verso successivo. La
sigla del superspettacolo del sabato sera non poteva mancare in hit
parade. Dicono gli esperti che la sigla è forse il fatto più importante
di una trasmissione, quello che ne può determinare il successo o
l’insuccesso. Il testo apparentemente sciocco deve essere immediatamente
fruibile e ricevibile dalla grande massa di pubblico e il chissà se va
del titolo, una sorta di auto incoraggiamento beneaugurate, che ricorda
le cadenze di una banda, riesce alla perfezione.
Sarà anche il continuo rivolgersi alla sorte in termini scaramantici,
così tipico degli italiani.
Le sigle non perdonano E non perdonano neanche i bambini che vogliono il
disco di Raffaella.
I genitori massacrati dalle continue richieste accettano volentieri ed
entrano nei negozi pur di non sentire le lagne dei loro cari pargoletti.
Questa showgirl lanciata l’anno precedente che balla in maniera
approssimativa ma che, quando lo fa, dà l’anima, che canta in maniera
approssimativa, ma sempre mettendocela tutta, riesce simpatica. E’ la
classica storia della ragazza di paese che arriva a Roma e raggiunge il
successo stringendo i denti (ho detto i denti!). Quello che potrebbe
capitare (quasi) a chiunque. Non dà fastidio a nessuno, piace agli
uomini pur non suscitando grosse passioni, è la baby sitter ideale per i
bambini e non è antipatica alle donne perché non è il tipo che potrebbe
portar via il maritino. Non è il sesso, la Carrà.
Potrebbe benissimo stare dietro una scrivania a fare la segretaria.
Il classico saltapicchio che balla, canta, fa un sacco di cose ed è
gradevole.
Corrado è il prototipo dell’italiano. Filosofia spicciola, ironico,
qualunquista al punto giusto, non bello.
Quello che una volta era stato il grande Mario Riva. O che è Sordi al
cinema. Un personaggio talmente duttile che si piega a tutte le esigenze
del pubblico. Insieme, questi due, creano un’atmosfera familiare, un
rapporto immediato con il pubblico che non li sente per niente dei divi.
A dare man forte ai due presentatori viene chiamato l’onnipresente
Alighiero Noschese, che nonostante la bravura non ha dei testi
abbastanza divertenti. L’attore prepara i suoi sketch come momento
autonomo, sketch già ideati in precedenza, i quali sono visti dal
pubblico in sala per mezzo dei monitor.
Sketch che hanno un significato indipendente dalla trasmissione. Eppure
la presenza di questo grande personaggio è essenziale per la riuscita.
Una volta che dovette essere assente perchè colpito da un'influenza (la
puntata del 25 dicembre) l’assenza pesò moltissimo sulla trasmissione
che ebbe un calo di ascoltatori notevole. Il suo intervento è ristretto
nell’arco di 15 minuti ma è fondamentale per spezzare il ritmo
canzone-votazione-ospite d’onore-balletto Carrà.
La trasmissione ha richiamato ben 312 milioni di spettatori nelle 13
puntate. Una cifra record che dà l’idea dell’alto indice di gradimento.
La partecipazione in massa di attori famosi ha spezzato al punto giusto
il ritmo della trasmissione evitando così che la successione delle
canzoni in gara fosse troppo monotona.
Alcuni ospiti, tanto per fare dei nomi: Jean Paul Belmondo, Claudia
Cardinale, Monica Vitti, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Gigi Proietti,
Renato Rascel, Florinda Bolkan, Gina Lollobrigida, Paolo Villaggio,
Vittorio De Sica e Alberto Sordi, protagonista di un famosissimo Tuca
Tuca con la Carrà.
I voti ai cantanti però non vengono presi sul serio. Ormai si da per
scontato che le case discografiche correggano i voti delle giurie e del
pubblico inviando dosi massiccie di cartoline per i loro cantanti. E’
anche intervenuta la magistratura che ha disposto addirittura
perquisizioni domiciliari. Il 28 novembre alle 6.30 del mattino i
finanzieri si presentano a casa di Gianni Nazzaro. Il mandato era
firmato dal sostituto procuratore della Repubblica. L’esito è stato
negativo. Nella trasmissione del 20 novembre Nazzaro si era classificato
penultimo ma dallo spoglio delle cartoline voto, rispetto all’ultimo
(Don Backy) risultavano 46 mila voti di differenza. Un po’ troppi. Voti
che comunque sono stati spediti via cartolina tutti da Roma e che gli
hanno permesso di superare il turno.
Canzonissima ha confermato la sua natura di trasmissione prettamente
popolare. Ne hanno tenuto conto anche i cantanti in gara che salvo
alcune eccezioni si sono presentati tutti con abiti tradizionali da
serata di gala.
Perchè il pubblico di Canzonissima non è amante delle mode stravaganti.
Hanno fatto scalpore solo le grandi scollature della Zanicchi davanti e
dietro e ai lati. E a parte clamorose esclusioni come quella di Modugno
e della Pravo, tutto è filato secondo copione. I classici finalisti
dell’edizione precedente (con il solo forfait di Morandi) e i santi
patroni di Canzonissima ossia la Berti e Villa, sempre presenti alla
finale del 6 gennaio.
Il reuccio, a partire dal 1958 non è mai mancato ad una edizione. La
Berti invece è la prima delle donne che riesce a partecipare a quattro
finali di fila. E a proposito di Orietta Berti, la cantante contesta la
hit parade citando due casi a suo sfavore. Il primo è quello di FIN CHE
LA BARCA VA che, secondo i tabulati della Phonogram, avrebbe venduto
circa 500 mila copie nel periodo maggio-dicembre 1970 e la canzone è
restata solo poche settimane in classifica radiofonica e in bassa
posizione. Il secondo caso è quello di VIA DEI CICLAMINI che nello
stesso periodo dell’anno successivo ha venduto 230 mila copie e
praticamente quasi non è stata mai citata nelle prime otto posizioni
settimanali. Eppure, si lamenta del fatto che la Vanoni abbia preso un
premio (la Gondola D’Oro) pur vendendo meno di lei.
Discograficamente parlando, di tutte le canzoni presentate prima della
finale di Canzonissima, le più vendute sono state IO E TE di Ranieri,
DOMANI E’ UN ALTRO GIORNO della Vanoni, MAMY BLUE ma nella versione
originale e non in quella di Dorelli e Dalida. L’unica, come si è detto,
ad avere avuto un immediato vantaggio dalla trasmissione in termini di
vendita è stata Raffaella Carrà.
Le canzoni migliori della finale sono quelle della Vanoni, di Di Bari e
della Zanicchi. Difatti il vincitore è da cercare tra uno di questi tre.
Il regista è Eros Macchi, il maestro è Franco Pisano, autore anche della
sigla CHISSA’ SE VA.
A proposito della sigla, c’è da dire che in parte fu utilizzata in un
programma con Delia Scala dal titolo Delia Scala Story del 1968. In un
balletto insieme a Rita Pavone ambientato su una nave, l’orchestra
attacca quella che sarebbe poi diventata la sigla della Canzonissima
1971. Queste cose sono molto frequenti. Così come nel caso di ZUM ZUM
ZUM. Gli autori utilizzavano una musica originale per una coreografia
legata ad un balletto o ad una situazione. Quando riusciva particormente
bene ne prendevano nota ripromettendosi di utilizzarla in un’occasione
migliore. La sigla iniziale è stata studiata con delle luci particolari
utilizzate in modo molto moderno. Il mago delle luci è Salvatore
Occhipinti. Peccato però che la Rai usi ancora il bianco e nero.
Per colpa di uno stoccaggio di televisioni riceventi solo in bianco e
nero da vendere a tutti i costi (di una nota marca italiana) e di un
politico che appoggia la manovra. La Carrà, per tutta la trasmissione,
almeno nel dopo sigla, indosserà lo stesso abito che consta di un paio
di pantaloni neri e un bolero a paillettes bianco con un nastro rosso.
L’ombelico resta scoperto, come l’anno precedente. Nella sigla balla
(più che altro guarda gli altri ballare) tra bastoni e barre verticali
ed orizzontali. Regna sovrano il bianco e la parte finale della sigla fa
vedere le case intorno al Teatro Delle Vittorie in miniatura mentre il
soffitto a vetro del teatro (finto, naturalmente) si spalanca e la
telecamera inquadra dall’alto e dal vivo la Carrà e i ballerini
all’interno del teatro, vestiti naturalmente come nella sigla.
Si spegne dimenticato da tutti Marino Barreto Jr. all’ospedale milanese
Fatebenefratelli. Protagonista di tante estati musicali, quelle della
fine degli anni cinquanta, fino al 1961. LA PIU’ BELLA DEL
MONDO, ARRIVEDERCI, UN’ANIMA TRA LE MANI, VISINO DI ANGELO, NON
ILLUDERTI.
Era nato a Cuba nel 1925 e in Italia era arrivato nel 1948. Era fuggito
di casa per arruolarsi nella Legione Straniera mentre il padre voleva
diventasse un dentista. Ferito in una battaglia, durante la
convalescenza entrò a far parte della banda musicale di Sidi Bel Abbes e
da allora la sua vita fu davanti ad un microfono.
Tornò a Cuba dove prese la laurea in lettere (da qui quel DON che sta
per dottore).
Dopo la presa del potere da parte di Fidel Castro preferì tornarsene a
vivere in Italia che l’accolse molto bene. Ma così come si crea un
personaggio, è anche facile dimenticarsene. Quello che accadde a
Barreto, morto di cirrosi epatica (beveva molto) in un letto di corsia
di un ospedale strapieno. Non poteva piu’ permettersi di pagare una clinica.
...con una stretta di mano da buoni amici sinceri, ci salutiamo per
dirci arrivederci.Goodbye.
Christian Calabrese