Settimana 24 Novembre 1974
( da Musica & Dischi )

Qui sotto la classifica della settimana con le quotazioni di Giancarlo Di Girolamo, uno dei più noti collezionisti e commercianti italiani di vinile. Il prezzo segnato a margine dei titoli corrisponde a quello assunto dai dischi in condizioni ottime (non usati) nelle odierne mostre-mercato.

# TITOLO INTERPRETE Quotazione
1Bella senz'anima Riccardo Cocciante€ 10
2E tu Claudio Baglioni € 10
3Rock your baby George McCrae € 11
4Bellissima Adriano Celentano € 13
5TSOP MFSB €  8
6Innamorata Cugini di Campagna€ 10
7Snoopy Johnny Sax € 11
8Piu` ci penso Gianni Bella € 10
9Dicitencello vujeAlan Sorrenti € 12
10Sugar baby love Rubettes €  8

Classifica 33 giri

# TITOLO INTERPRETE Quotazione
1Anima Riccardo Cocciante€ 20
2Whirlwinds Deodato € 15
3Love is the messageMFSB € 15
4On the beach Neil Young € 15
5Hergest ridge Mike Olfield € 15
6Greatest hits Santana € 15
7L’esorcista [soundtrack] € 20
8Metamorfosi Marcella € 15
9Tubular Bells Mike Olfield € 15
10E tu Claudio Baglioni € 20

Certo che una classifica a 33 giri così ben equilibrata e varia è un piacere averla davanti agli occhi. Ci si trova davvero di tutto: dal jazz dalle sfumature carioca di Deodato al cantautorato italiano non impegnato e di moda stile Baglioni e Cocciante, alla discomusic dei grandi strumentisti e di classe dei TSOP, ai suoni magici di Mike Olfield, alla west coast americana di Neil Young, al rock latino e strumentale dei Santana fino ad arrivare alla colonna sonora di un film di successo e al nuovo LP presentato a Venezia di Marcella Bella. Davvero di tutto e per tutti i gusti.

Deodato

Deodato (di nome fa Eumir) sta vivendo un momento magico davvero imprevedibile nelle classifiche italiane. E’ dal 1973 che fa capolino nelle liste dei dischi più venduti e per un jazzista, per di più di gusto brasiliano, è un avvenimento. Tutto comincia quando il programma tv ADESSO MUSICA utilizza come sigla RAPHSODY IN BLUE. Quel pop jazz levigato fa subito centro e lo proietta tra gli stumentisti più acquistati, in un mercato che tra l’altro è già saturo di dischi per sole orchestre o singoli strumentisti. La sua presenza all’ultima Mostra di Musica Internazionale di Venezia ha sicuramente rinforzato la sua immagine di stakanovista da sala d’incisione e di eccellente musicista nonché geniale arrangiatore in chiave bossa jazz dei brani altrui. E’ nato a Rio De Janeiro dove da bambino suonava la fisarmonica e il pianoforte dilettandosi a reinventare arrangiamenti su brani già noti sostituendo le note con dei segni inventati per l’occorrenza. Cresciuto, sente la necessità di studiare seriamente musica ma quello che gli offre il Brasile gli sembra troppo provinciale e allora comincia a lavorare su testi italiani, francesi ed americani. Così facendo impara le tre lingue che gli saranno molto utili negli anni a venire per collaborazioni storiche. Non può, crescendo, che essere influenzato dalla musica che lo circonda che naturalmente è la bossanova, che dilaga nel mondo grazie a grandi personaggi del calibro di Carlos Antonio Jobim e ne farà tesoro negli anni a venire. Attento al jazz americano, comincia ad arrangiare la musica brasiliana in chiave jazzistica (così come era solito fare Stan Getz) e approdato negli Usa comincia a lavorare con Luis Bonfà e ad arrangiare per grossi nomi della musica mondiale come Wes Montgomery, Roberta Flack e Aretha Franklin. Il suo primo lavoro è il già citato ALSO SPRACH ZARATHUSTRA, primo lavoro sul classico rivolto ad un ampio pubblico,perché già noto come colonna sonora del film 2001 ODISSEA NELLO SPAZIO. Quindi non ha dovuto riesumare un brano di nicchia ma rimettersi al lavoro su qualcosa di già altamente familiare, senza stravolgerla ma cercando di renderla più jazz e più attuale. Il disco (singolo compreso) arriva in hit parade, complice la spinta data dalla sigla televisiva. Ma non rimane un caso isolato. I suoi dischi (che non sono certamente facili) si vendono benissimo e addirittura quest’ultimo (WHIRLWINDS) sale fino alla seconda posizione degli album più venduti fermato solo dalla corazzata "BELLA SENZ’ANIMA". Inciso su etichetta MCA/Universal, dopo il fallimento della gloriosa CTI, l’album comprende titoli come MOONLIGHT SERENADE di Glenn Miller, l’AVE MARIA di Schubert e una versione del bel pezzo degli Steely Dan DO IT AGAIN che forse dal titolo dirà poco ai più, ma appena ascoltata fa esclamare: ah, ma allora è questa! Poi brani originali come WEST 42ND STREET (per chi non è pratico di New York diciamo subito che è un indirizzo di Manhattan) O HAVANA STRUT e la title track WHIRLWINDS. Swing, r’n’b, classicità, jazz latino... c’è tutto. Chi ha valutato le raffinate contaminazioni pop-jazz-sinfoniche effettuate dal nostro su musiche di Debussy e Gershwin gradirà anche quest’altre che coinvolgono Schubert e Glenn Miller. IL singolo di AVE MARIA arriverà anche nelle graduatorie dei quarantacinque più venduti, un’interpretazione coi fiocchi, quasi commovente, piena di pathos religioso, valorizzata con l’uso di una grossa formazione d’archi cui fa eco con il tocco dolcissimo del suo pianoforte. Nel disco Eumir viene supportato da John Tropea e Billy Cobham. Visto il grosso successo la sua casa si affretta a rimettere in circolazione i precedenti long playing e fa uscire sul mercato una grossa quantità di singoli lanciati sul mercato come assaggini dei 33 giri. AVE MARIA e CARAVAN ottengono subito un buon successo e già si sta preparando il prossimo disco, il quarto del musicista, intitolato ARTISTRY, registrato durante un esibizione dal vivo insieme alla sua orchestra al Mississipi River Festival ’74, il quale conferma il gusto, la raffinatezza e le straordinarie capacità del suo modo di suonare il pianoforte con moduli jazzistici. Nella sua gloriosa carriera Deodato ha racimolato ben 16 dischi di platino e per uno che fa jazz non è roba da poco. Soltanto negli Usa ha venduto qualcosa come 25 milioni di dischi. Ha avuto l’onore di suonare con la New York Philarmonic Orchestra e con l’Orchestra di Musica Leggera dell’Unione Musicisti di Roma che non ha nulla da invidiare a quella newyorkese. Per menzionare soltanto qualche artista che ha fatto le sue canzoni citiamo a caso Sarah Vaughan, George Benson e Lee Ritenour. Nel 1976 Massimo Ranieri ha inciso un intero album insieme a Deodato. Un album troppo pretenzioso, nato buono per il Ranieri cantante e per quanto molto bello fu un flop clamoroso. La CGD spese una fortuna e non ne ricavò neanche le spese per le colazioni degli orchestrali! Comunque di quell’album (MEDITAZIONE) che comprendeva musiche di Chopin, Massenet, Schubert e Rodrigo accoppiate a testi infami e vergognosi che tentavano di essere poetici, Deodato trasse le medesime orchestrazioni e arrangiamenti e ne fece un album nuovo intitolato IL CONCERTO DI ARANJUEZ. Comunque Deodato non è il solo appartenente alla musica latina ad utilizzare per la musica del suo paese con risvolti jazz. Nello stesso periodo il mercato è così ricettivo e vibrante da poter permettere nelle classifiche l’apparire di nomi come Gato Barbieri ed Astor Piazzolla. Classifiche discografiche per intenditori o per i fautori del gusto popolare? E’ quello che si scriveva in apertura: tutto è lecito in questo periodo. Questo trend è cominciato alla fine del 1972 con la colonna sonora del film ARANCIA MECCANICA, dove per la prima volta si vedevano brani classici sbaragliare in graduatoria i vari Baglioni ed Elton John primi in classifica nello stesso periodo. Si è proseguito con personaggi assolutamente atipici come Manu Dibango, cantore dell’Africa nera in versione etnica-funky e continuato con personaggi come Bob James (altro grande strumentista, tastierista in questo caso, che raggiunge le classifiche di vendita grazie ad una raffinatissima versione de UNA NOTTE SUL MONTE CALVO nientemeno che di Mussorgsky), Deodato e Mike Olfield. Olfield, che troviamo alla posizione numero cinque dei 33 giri più venduti, arrivato in Italia viene subito derubato. Dalla sua macchina parcheggiata in una strada milanese vengono sottratti due preziosi strumenti, un bouzouki acquistato in Grecia e una chitarra giapponese oltre a capi di vestiario e un libretto di assegni.

Gato Barbieri

Anche Gato Barbieri fa delle classifiche un suo ritrovo abituale. Un nome grosso, di moda. Grazie alla colonna sonora de L’ULTIMO TANGO A PARIGI, si è scatenata intorno a lui una bagarre incredibile. Il suo nome è sempre presente, sia quando si tratta di musica pop che di musica jazz. Fa molto chic nominarlo, anche se spesso chi lo nomina lo conosce come quello del tango a Parigi. Barbieri lavora da tanti e tanti anni nell’ambiente ma solo adesso conosce un successo al quale forse neanche lui credeva più, soprattutto perché non lo ha mai cercato spudoratamente. Tanto per dirne una, chi c’è dietro il sax iniziale di SAPORE DI SALE di Gino Paoli? Fausto Papetti? No, Gato Barbieri, affascinato anch’egli dall’Italia in musica degli anni sessanta. Passò lunghi anni tra Torino e Roma, usato come turnista di sala d’incisionee session man. In Italia ritorna da protagonista a novembre nel contesto del Bologna Jazz Festival ma non soddisfa molto l’attento pubblico perché si comporta da divo ed è troppo occupato a dar bella mostra di sé piuttosto che della musica. Esecuzione impeccabile ma poca anima. E, per un jazzista, l’anima è tutto. E ora l’industria musicale lo spreme fino in fondo: ecco tre album, uno dopo l’altro che vendono milioni di dischi, pur essendo strumentali-jazz-tango per palati raffinati. Un poker da paura: UNDER FIRE, CHAPTER ONE, CHAPTER TWO-HASTA SIEMPRE e l’ultimo CHAPTER THREE. La formula Barbieri funziona su disco perfettamente. Gli arrangiamenti sono curati da Chico O’Farrill con cui aveva collaborato agli inizi della carriera. Spicca la facilità della musica, che si presta a farsi fischiettare (è dovuto a questo il suo successo attuale) soprattutto perché arrangiata come mambo o cha-cha-cha di classe.

Astor Piazzolla

Altro caso anomalo è quello dell’altro argentino, Astor Piazzolla. In estate ha avuto parecchio successo con la sigla del Festivalbar intitolata LIBERTANGO. Con la sua comparsa davanti alle telecamere italiane (le ultime due sono state la Mostra Di Venezia e uno special tutto per lui chiamato Libertango) è riuscito a crearsi una nicchia di pubblico anche da noi, mentre ha già conquistato la critica mondiale con la sue rielaborazioni in chiave sinfonica di vecchi tanghi o con nuove melodie scritte appositamente da lui, che ne è anche il trascinatore insieme al suo fido bandoneon. I due album usciti per la Carosello, TANGATA e PULSACION, oltre ad aver venduto parecchio (e stiamo parlando di tanghi!) hanno anche ottenuto il primo premio della critica italiana 1974.
Airto Moreira

Per finire questa panoramica sui jazzisti da classifica, che a qualcuno probabilmente potrà sembrare noiosa (non lo farò più!) dobbiamo per forza includere un altro grande, Airto Moreira, già percussionista di Miles Davis. Airto Moreira ha appena lanciato un disco dal titolo FINGERS e già è bello a vedersi dalla copertina. Mette su un gruppo di amici fidati e rischia di prima persona. Fa bene perché il LP si vende molto bene ed è un’ottima strenna natalizia per chi ama il jazz funkato con accento latino un po’ alla Deodato ma forse meno commerciale. Lo aiuta alla chitarra un altro grande personaggio, David Amaro che si conferma un virtuoso della chitarra elettrica e dell’acustica. Da questo disco viene tratto un 45 giri che inaspettatamente (ma neppure tanto, visti i tempi) arriva nella lista dei primi 50 anche perché molto battuto radiofonicamente dal programma Supersonic. Il singolo reca sulla facciata "A" TOMBO IN 7/4 e FINGERS sulla B.

Tutti questi dischi sono naturalmente disponibili in CD. Non so se lo siano in Italia anche perché chi scrive è solito fare acquisti su un notissimo sito americano con ramificazioni ovunque (tranne che da noi!! Questo vorrà dire qualcosa?). Non per snobbaggine ma per difficile reperibilità di risorse. Nel 2004, colossi multimediali che hanno monopolizzato il mercato italiano con centinaia di punti vendita in tutto il territorio, non hanno un parco-CD adeguato. Cioè, se vuoi comprare il dischetto di Elisa lo trovi, se cerchi, che so, i Buckinghams (ottimo gruppo beat di Chicago) o Ann Peebles (cantante conosciuta ovunque tranne che da noi) te lo devono fare arrivare da chissà dove e ad un prezzo stratosferico (oltre i 25 euro). A questo punto è cento volte conveniente fare acquisti sicuri su internet piuttosto che arricchire questi cialtroni.

New Trolls

Questo articolo (che si sta scrivendo quasi da solo) è imperniato soprattutto sul jazz da classifica, che fa rima con dischi venduti. Anche uno dei gruppi, quasi i senatori della musica italiana, sempre ricettivo a novità e in costante evoluzione sul proprio modo di fare musica, tenta la carta jazz. Si sta parlando dei New Trolls e del loro nuovo disco uscito per l’etichetta Magma TEMPI DISPARI. In questo periodo i New Trolls stanno vivendo varie traversie dal punto di vista legale. Il gruppo si è scisso in due parti. Uno ha continuato per la Cetra (ed ha rivendicato il diritto di chiamarsi col nome New Trolls) e un altro per la Polydor col nome di Ibis. Poi ci sono i Tritons (Johnny dei Tritons) che invece fanno musica commerciale e da classifica (ne abbiamo già parlato in un altro articolo). Grazie a due innesti importanti come Tullio De Piscopo alle percussioni e Giorgio Baiocco al sax (innesti provvisori, naturalmente) il loro lavoro assume una linea musicale davvero insolita per i New Trolls (che poi sono soltanto D’Adamo e De Scalzi). Un disco che si avvicina alle sonorità dei Perigeo. Comunque una sperimentazione che aggiunge un tassello positivo nella carriera del gruppo in questo momento così travagliato.

Lynyrd Skynyrd

Bellissimo il nuovo 45 giri dei Lynyrd Skynyrd: SWEET HOME ALABAMA, un gruppo rock lanciato da Al Kooper. Difatti è sua l’etichetta Sound Of The South (distribuita dalla MCA) per la quale incide la band che fa un hard rock simile a quello degli inglesi Nazareth e Status Quo (che non disdegnano capatine nelle classifiche dei singoli più venduti). Sono al loro secondo 33 giri in un anno e mezzo e con questo singolo che fa il giro del mondo (tratto dal 33 SECOND HELPING) si fanno conoscere anche da quel pubblico che solitamente è restio ad un rock duro prettamente americano che affonda le sue radici nel blues e nel country. Caricatissimo, violento ma pieno di fantasia, entra subito nella testa al primo ascolto. Arrangiato ed eseguito egregiamente diventa uno dei brani più suonati dalle radio in questo scorcio di fine anno.

Ennio Morricone

Ennio Morricone è l’autore della colonna musicale di una interessantissima riduzione televisiva di MOSE’, pluridecorato sul campo, con enormi spiegamenti di mezzi e di attori (Burt Lancaster, Mariangela Melato, Michele Placido, Irene Papas). Mentre lo stavano girando in Israele è scoppiata la guerra del Kippur! Il disco lo vedremo presto in classifica (tempo di elaborarlo mentalmente e di renderlo familiare) così come lo stesso sceneggiato sta salendo nella classifica degli indici di ascolto (nel 1974, per fortuna, l’audience, inteso come veicolo per arrivare agli sponsor pubblicitari, ancora non c’era). Morricone, con grande professionalità si è calato nelle atmosfere musicali del periodo col proponimento di riprodurle coi suoni moderni. Anche qui, i mezzi spiegati non sono da poco. Alla direzione d’orchestra Bruno Nicolai, un grande, come primo violino un altro nome storico, cioè Dino Asciolla, che in questo disco suona anche la viola. Motivo principale è il TEMA DI MOSE’ (TITOLI DI CODA) da cui viene tratto anche un 45 giri di discreto successo.

Cat Stevens

Cat Stevens stupisce tutti con un singolo che reca sulla facciata A un brano scelto dal repertorio di Sam Cooke, cantante ucciso per un equivoco (un regolamento di conti). In realtà è un piacevole divertissment, un modo come un altro per rinnovare una linea musicale che sembra essere rimasta invariata da circa 4 anni (ma sempre con grande riscontro di pubblico). Un ritmo che sa di Giamaica e di Sudamerica, connubbio ben riuscito e piacevole all’ascolto anche per coloro che non hanno mai avuto l’occasione di ascoltare la versione originale. Forse per far capire che il Gatto non è capace di comporre solo musica di un certo tipo. Non dimentichiamoci dei suoi esordi alla Decca in versione beat! La canzone è ANOTHER SATURDAY NIGHT e reca sul retro un brano tratto dall’ultimo LP. Titolo del lato B è HOME IN THE SKY.

Ronnie Jones

Ronnie Jones, il cantante-attore-ballerino negro che arrivò in Italia al seguito della commedia musicale HAIR nel 1970, è ancora in pista dopo qualche anno di black out artistico totale. Al bostoniano in estate la Rai offre la conduzione di una trasmissione radiofonica musicale per giovani sulla scia di Popoff e Supersonic, chiamata Musica In, dove diventa DJ presentando brani che vanno forte nelle discoteche. Un’altra chance gliela offre il proprietario del locale Pepe Satan; gli chiede di condurre la trasmissione dal vivo nella sua discoteca per tre giorni la settimana. E per due mesi, quel locale si riempie fino all’inverosimile. Visto il successo si chiede "perché non riprovarci come cantante?" e prepara una sua versione di ROCK ME BABY, canzone che è in classifica in Italia da un paio di mesi (questa settimana ancora alla terza posizione) nella versione originale di Gorge McCrae e riesce a farla davvero bene tanto è vero che non tarderà ad entrare nella graduatorie dei primi 50.

Nomadi

I Nomadi continuano a sfornare dischi e successi sebbene i loro fans e parte della critica siano abbastanza spiazzati da una schizofrenica scelta di repertorio. L’estate ci regala un gruppo abbonato al Disco Per L’Estate e a canzoni ottime ma di gusti ed atmosfere leggermente differenti rispetto agli LP autunnali. Per meglio dire, pop di classe sotto il solleone che contrasta con le canzoni d’autore nei mesi freddi? Due Nomadi per due pubblici differenziati? No, giocano bene le loro carte, vendite cospicue con singoli più alla portata di tutti che permettono loro un disco importante all’anno con un repertorio più selezionato. Difatti questo ultimo 33 non comprende il successo estivo TUTTO A POSTO ma solamente liriche e musiche di Francesco Guccini, così come il precedente. Il primo si intitolava I NOMADI CANTANO GUCCINI, questo I NOMADI INTERPRETANO GUCCINI. Il gruppo ha sempre avuto un legame molto stretto con il cantautore emiliano. Entrambi provenienti dalla stessa terra, dal tempo di DIO E’ MORTO e NOI NON CI SAREMO non si sono mai persi di vista sebbene il loro cammino abbia battuto sentieri differenti. La loro sensibilità è affine e matura col passare del tempo. Se nel 1966 si esprimeva con la protesta ora la stessa lascia campo alla riflessione. Come Guccini stesso canta in un suo brano chiamato CANZONE DELLE OSTERIE DI FUORI PORTA: delle rabbie antiche non rimane che una frase oppure un gesto. In questo disco ci sono brani molto belli interpretati da un cantante stupendo (non come timbro, forse, ma come livello ed intensità) che è Augusto Daolio che ne dà un’interpretazione aderente e pulita. Un disco quadrifonico missato negli studi di Abbey Road. Arrangiamenti minimali di Vince Tempera, così come conviene a canzoni la cui forza viene soprattutto dai testi.

Mia Martini

Vendere un milione di dischi con un solo microsolco è un traguardo che può vantare solo chi ha un pubblico mondiale. Un’artista italiano può soltanto accumulare le vendite di più dischi e sommarle per ricevere un disco d’oro. Ed è così che ha fatto Mia Martini, una delle cantanti più importanti degli ultimi due anni (a parte lei, a contrastare il dominio assoluto di Mina e della Vanoni ci sono solo Marcella Bella e Gabriella Ferri). La Ricordi le consegna quindi il Disco d’Oro per i tre album sin qui pubblicati e cioè IL GIORNO DOPO, NEL MONDO UNA COSA e E’ PROPRIO COME VIVERE. Quest’ultimo è ben piazzato nelle classifiche e l’ha presentato da poco alla Mostra di Venezia. I titoli sono tutti molto belli, a partire da INNO (hit estivo) a E STELLE STAN CADENDO, a DOMANI e AGAPIMU. Sta a dimostrare che quando un artista punta sulla qualità finisce sempre per conquistare il pubblico.

Massimo Ranieri

Massimo Ranieri esce nei negozi con un bel disco, il secondo di classici napoletani, dal titolo NAPULAMMORE, registrato dal vivo durante il suo recital al Teatro Valle di Roma il 26 luglio, spettacolo poi trasmesso dalla televisione. Questo disco a differenza del primo contiene anche sonetti e parti recitate, delle piccole macchiette delle quali si serve come introduzione ad alcune canzoni (SERENATA SMARGIASSA e TE VOJO BENE ASSAIE). Una lirica di Libero Bovio fa da legame con SANTA LUCIA LUNTANA. Si chiama ADDIO A MARIA ed è una delle cose più belle e particolarmente riuscite che nobilita tutto l’album (che già per sé è molto bello). Lui interpreta questo sonetto con una voce velata di triste dolcezza. Il saluto di un uomo che sta per morire alla sua donna e a Napoli (dille che è stata ‘a passione mia, dille che l’aggio amata quant’a’tte) . La sua interpretazione è da pelle d’oca come anche l’altro sonetto di Ferdinando Russo, anche questo molto triste, che serve come introduzione a TU CA’ NUN CHIAGNE. La straordinaria teatralità di Ranieri mista alle qualità artistiche innegabili fa sì che il disco si faccia ascoltare senza che arrivi mai una punta di noia, anche a chi il napoletano non lo mastica. Ma il calore che dimostra e le sue interpretazioni, sia quando canta che quando recita, grazie alla straordinaria comunicatività, rendono meno difficili anche canzoni troppo radicate nel vernacolo campano come TOTONNO ‘E QUAGLIARELLA. A Canzonissima Ranieri è dato come sicuro vincitore e porta il singolo tratto da questo album, TE VOGLIO BENE ASSAIE che racimola nella puntata del 1 dicembre ben 293.164 voti. Intanto sta girando un film basato sulla storia di Salvo D’Acquisto, il carabiniere che fu ucciso dai tedeschi nel 1943 per essersi accusato di un attentato che aveva causato la morte di un soldato della Wermacht e parecchi feriti.

Alan Sorrenti

Un altro cantante che si cimenta con vecchi brani napoletani è un insospettabile Alan Sorrenti. Insospettabile perché è un cantautore nato col progressive, uno dell’aerea napoletana più vicino agli Osanna che a Ranieri. Ma non si vive di soli plausi. Questa operazione nostalgia fa storcere la bocca ai puri e duri e alla critica. Temono(non sbagliando) una lenta e progressiva trasformazione del cantautore di COME UN VECCHIO INCENSIERE ALL’ALBA DI UN VILLAGGIO DESERTO verso un’area più leggera, più esplicitamente pop. Difatti, la contestazione non farà tardi ad arrivare. Vicino Napoli, nel 1975, e per la precisione a Licola, venne fatto oggetto di lancio di lattine ed altro. Fatto sta che Sorrenti conosce per la prima volta un successo che non aveva mai assaporato con i suoi precedenti lavori, che sebbene entrati in classifica lo relegavano a personaggio di nicchia. Qual è la canzone che Sorrenti porta al successo? Una canzone del 1930 scritta da Falvo e Fusco, DICITINCELLO VUJE. La cosa nasce per gioco. Era primavera e Alan era con degli amici a godersi il sole primaverile di Piazza Navona. Gli viene in mente di strimpellare la canzone sulla chitarra accompagnandosi con la voce, cercando acuti e sonorità particolari, cercando d’improntare un arrangiamento vocale adatto per dare alla canzone una nuova veste. La cosa deve essere piaciuta a lui e a chi gli stava intorno, tant’è vero che dopo un po’ ce la ritroviamo in classifica. Alla faccia degli imbecilli di Licola.

Riccardo Cocciante

Uno dei cantautori più in vista di questi ultimi tempi è senza dubbio Riccardo Cocciante, che con l’en plein tra singolo ed album festeggia così i primi quattro anni di appartenenza alla RCA nel migliore dei modi. La scuola romana che fa capo alla prestigiosa etichetta ha sfornato negli ultimi anni tre tra i cantautori più importanti nel panorama italiano che sono Venditti, De Gregori e Baglioni. Cocciante sta nel mezzo. E’al terzo LP (MU e POESIA i precedenti). Arrivato alla RCA nel 1971 partecipa come cantante e musicista alla colonna sonora del film ROMA BENE e incide il primo singolo tratto dalla colonna sonora, RHYTHM. Si fa chiamare Richard invece di RICCARDO. Scrive per altri: il primo brano si chiama PICCOLO FIORE e lo canta (senza successo) Wilma Goich; il secondo, BUONANOTTE ELISA, è il brano che Morandi avrebbe dovuto portare a Canzonissima 1971 se solo ci fosse andato. Successo discreto. Terzo, POESIA, lanciata da Patty Pravo nel 1973. Grande successo di vendita e di pubblico. Brano che recupererà per farne la traccia che darà il titolo al suo secondo LP. Gli è bastato apparire un paio di volte sul video per arrivare al primo posto in Hit Parade con BELLA SENZ’ANIMA e con l’album ANIMA. Non segue mode, non si allaccia a filoni, non intende portare avanti discorsi politici o impegnati come Venditti o De Gregori e non è neanche interessato ad un pop commerciale ma di egregia fattura, come quello che fa Baglioni. L’impegno c’è ma è nei confronti della vita stessa e dei sentimenti, delle situazioni che si creano vivendo giorno dopo giorno. Se proprio lo si vuole accostare a qualcuno si potrebbe chiamare in causa Gino Paoli del periodo Durium. Dal canto suo crede che non si possa dare un significato sociale ad ogni argomento. Quando canta L’ODORE DEL PANE (brano recuperato perché in precedenza dato a Don Backy per il suo (unico) LP con la RCA) probabilmente fa più politica lui che cento discorsi dotti e saggi ma che arrivano a dieci persone. Il verso "e adesso spogliati come sai fare tu, ma nom illuderti, io non ci casco più" diventa oggetto di polemiche. Non certo una frase politica, una dichiarazione di intenti sociali, una presa di posizione. Soltanto una frase d’amore, una frase che raccoglie rabbia e rimpianto, dolcezza ed aggressività, interpretata con una voce roca, arrabbiata, in un crescendo vocale e strumentale che fa (è proprio il caso di dirlo) epoca. In questa canzone la tensione data all’interpretazione si taglia col coltello e la figura della donna, la bella senz’anima, è oggetto di amore e di odio. Si parlava delle polemiche. A farle è il movimento femminista, molto attivo in quegli anni, che accusa Cocciante di maschilismo, specie nell’ultima parte della canzone quando ci si sposta, narrativamente parlando, dai sentimenti al sesso. Arrangiata magistralmente da Franco Pisano, diventa una delle canzoni simbolo del decennio. Ornella Vanoni, che l’ascolta prima che diventasse un successo, avrebbe voluto inciderla e dice al cantante che interpretata da una donna avrebbe colpito di più, magari cambiandogli il titolo, da BELLA SENZ’ANIMA a CORPO SENZ’ANIMA. Ennio Melis, direttore della RCA proibisce assolutamente l’operazione. E’una canzone che deve fare Cocciante e basta. E così è. Alla Vanoni, Cocciante diede CANTO POPOLARE. La rabbia di Cocciante nell’interpretare questa canzone (ed altre in seguito) diventerà un limite, un'etichetta che non si toglierà più da dosso per circa 15 anni. In tutto l’album ha otto traccie, quattro arrangiate da Franco Pisano e quattro da Ennio Morricone. Con gli arrangiamenti di Morricone abbiamo QUANDO FINISCE UN AMORE, secondo titolo in ordine di importanza che sarà un altro clamoroso successo. Il dinamico crescendo, la voce che si fa sempre più roca e disperata colpisce l’ascoltatore e decreta l’immediato successo. Gli autori (Luberti e Cassella) elencano una serie di accadimenti, situazioni, stati d’animo che insieme agli sforzi vocali di Cocciante creano la giusta tensione. I versi sono molto belli ed azzeccati in pieno. Altro brano importante è QUI, che Riccardo aveva dato alla cantante Rossella per il Sanremo di quell’anno, senza che nulla succedesse. La canzone era comunque bella e Rossella non ha nessuna colpa per il mancato successo. La riprende e con gli arrangiamenti di Morricone ne fa una canzone nuova. Nello stesso momento BELLA SENZ’ANIMA sfonda in Spagna dove sfiora la prima posizione (BELLA SIN ALMA) e in Francia, dove il cantante è di casa. In Spagna e in Sudamerica i versi sono pressocchè identici (Y ahora siéntate, en esta silla. Esta vez escúchame, sin interrumpirme).

Lei Patrizia

Un’orrenda nipotina tenta la carta dello spettacolo. E’ Patrizia Fanfani, figlia di uno degli otto fratelli del segretario della DC. Ha neanche quattordici anni ma già ostenta tanga e pose da top model (nonostante la sua scarsissima avvenenza) a scapito dei fotografi tra gli scogli di Bordighera, città nella quale vive (in fondo, anche le cozze trovano negli scogli il loro ambiente naturale). Naturalmente il suo cognome potrebbe ostacolarla o far pensare ad aiutini (ma no... ma perché?) E quindi dopo essersi presentata alla stampa come la nipote di Amintore, dichiara poi, con atto di estrema generosità, di poter benissimo fare a meno di questo prestigioso ma scomodo cognome. La sua casa discografica, a corto di idee, pensa di combinare un incontro fotografico con Claudio Villa. Il perché? Dato che Villa all’epoca era un iscritto del PCI (poi avrebbe cambiato idea a beneficio di Pannella), si voleva lanciare il servizio come finalmente concluso il processo di compromesso storico. Cosa tristissima di cui, tra l’altro, non si accorse nessuno. Patrizia debuttò a 45 giri con la canzone TELATIRIDAGRANDURO (tutto attaccato) e col nome di Lei Patrizia. Sulla copertina una Patrizia in shorts e stivaloni. Un esempio di trash allo stato puro. Da comprare assolutissimamente se lo si trova nei veri mercatini.

CANZONISSIMA

L’ultima della serie con questa denominazione, continua nel suo svolgimento. La presentano Raffaella Carrà, Cochi & Renato e Topo Gigio. Anche quest’anno è declassata alla domenica pomeriggio sebbene la presenza della Carrà abbia fatto pensare ad un ritorno in prima serata del sabato. Due categorie: folk e leggera. Riprende quindi dopo gli scandali che hanno travolto una serie di assidui frequentatori della trasmissione i quali dovranno presentarsi dai giudici per chiarire le loro posizioni nella colossale truffa delle cartoline della Lotteria Italia. Cartoline false recanti nomi di determinati cantanti nell’edizione 1971/72. Operazione ad hoc per favorire la classifica personale in seno alla trasmissione degli artisti e far superare le eliminatorie a Rosanna Fratello, Al Bano, Patty Pravo, Claudio Villa ed altri. Alla fine, prosciolti tutti. Alè! Eros Macchi è il regista per la terza volta e Gaetano Castelli ha trasformato il Teatro Delle Vittorie in un salotto casalingo con sedie dal design alla moda, con il sughero alle pareti e la moquette. Il girone folk, voluto dalle case discografiche sta attraversando un eccellente periodo dal punto di vista delle vendite e della visibilità e portarlo a Canzonissima, dovrebbe, negli intenti delle label, procurare altrettante buone vendite. Chi sono i cantanti che fanno parte di questo girone? Ce ne sono alcuni tipicamente folk, i duri e puri della categoria e cioè Otello Profazio, Maria Carta, Roberto Balocco, Rosa Balistreri ed altri molto più commerciali come Lando Fiorini o Tony Santagata, che da anni viene incluso in trasmissioni televisive sotto le più disparate vesti (cabarettista e cantante) ma senza raggiungere il successo pieno. Questo sarà il suo anno? Molti dei folkettari convinti volevano boicottare Canzonissima dicendo che non si va a prostituire una musica come quella folk in una trasmissione di ascolti così popolari; altri invece replicano che non c’è trasmissione meglio di Canzonissima per fare uscire dal circuito elitario il folk e promuoverlo come si deve a livello nazionale. In fondo il folk trae le sue radici dal popolo, perché negarglielo in nome di uno snobismo fuori luogo?

Raffaella Carrà

Raffaella è in gran forma ed è al massimo del gradimento popolare. La trasmissione invernale con Mina, nella quale la Carrà in termini di popolarità ha sbaragliato l’illustrissima compagna di lavoro, l’ha resa molto sicura ed intoccabile e questo purtroppo si nota per tutta la trasmissione: sembra sempre che cammini una spanna sopra tutti, tratta con sufficienza gli ospiti e sembra che sia capitata lì per caso: cosa ci sto a fare io la domenica pomeriggio? A ricevere le avances di Topo Gigio? Per questa rentrèe nella trasmissione che l’ha consacrata quattro anni fa dopo dieci anni di gavetta, si fa molto sexy tanto che un fumetto erotico la mette in copertina vestita come nella sigla ed un altro riprende il suo nomignolo (RAFFA) per una serie che chiuderà, si dice, per l’intervento di lei stessa. Le avventure erotiche della Carrà, appena lasciato Topo Gigio, non devono essere molto piaciute alla stessa. Completamente vestita di bianco, con un costume dall’ampia scollatura che lascia ben poco all’immaginazione, Raffaella dà un’immagine diversa di sé da quella che ha sempre dato, cioè dell’erotismo casalingo ed innocuo, tanto da non ingelosire le mogli a casa. L’edizione italiana di PLAYMEN strilla nel numero di novembre Raffaella Carrà nuda (mentre presenta ai suoi lettori, sempre in prima, la nuova stellina Ilona Staller). Si tratta di immagini prese da un film di anni prima quando ancora non era nessuno. In una trasmissione come Canzonissima, con cantanti che si aggrappano ai microfoni della notorietà come naufraghi, in un oceano di copie invendute negli scaffali dei negozi di dischi, lei è una padrona di casa perfetta. Il Delle Vittorie sembra il bagno di casa sua per come ci si muove, riuscendo persino a mascherare vuoti non suoi. Però tanta buona volontà e professionismo non riescono a sollevare del tutto una trasmissione di colore grigio, da tre anni il suo colore di fondo, con una formula che ormai fa acqua da tutte le parti e dalla disaffezione del pubblico stanco di queste gare tra personaggi minori che ormai vanno avanti da 18 anni. Ha voluto essere sola a tirare la baracca e questo fa capire al pubblico (e forse anche a lei) cosa voglia dire avere una spalla come Corrado per due anni a fianco. Si dondola su un altalena fatta di corde nella sigla iniziale (FELICITA’ TA’ TA’) canta inguainata in una tuta aderentissima RUMORE e balla con degli shorts inguinali TABU’. Ha trentuno anni e può ancora permetterselo. Questa ha voluto essere solo una piccola digressione sulla trasmissione che seppur deficitaria, proprio per essere Canzonissima, meriterebbe maggior approfondimento (così come si è fatto per l’edizione 1971/72). Non è detto che presto non si faccia una sezione dedicata alle ultime sette annate della lotteria di Capodanno.

Cochi e Renato

Mentre il gradimento della Carrà sale sempre più in alto, il duo Cochi & Renato(qui in una scena tratta della sigla finale) subisce uno stop improvviso. La loro comicità non viene capita. Ma come? Sono ormai sei anni che sono in televisione, che hanno programmi nei quali sono protagonisti (dal IL BUONO E IL CATTIVO a IL POETA E IL CONTADINO) ed ora la loro comicità irreale non viene accettata dal grande pubblico? I testi dei loro sketch sono di Enzo Jannacci e spesso viene a dar loro man forte Massimo Boldi nel ruolo di Vigorone, cuoco sui generis. Cochi è Belle Arti, personaggio molto severo nei confronti del suo antagonista. Renato è l’ingenuo di cui tutti si approfittano, che segue la trasmissione con un binocolo da sottomarino da una finta palestra situata nel sottosuolo del teatro (e lì su continuano a cantare a ballare come niente fosse... mentre c’è in giro della gente, ma della gente...), esclusi da tutto, dove nulla, sulla carta, dovrebbe succedere. Comunque sia, la loro sigla finale diventerà a gennaio la numero uno delle classifiche italiane (E LA VITA LA VITA) e anche loro si trovano ospitati in una collana a fumetti dal titolo CIOCI & TATO.

TANTE SCUSE

Altra trasmissione (che ormai sta giungendo al termine)e che sta avendo un successo davvero inaspettato è TANTE SCUSE, col duo Mondaini-Vianello e la regia di Romolo Siena. Il regista diviene familiare a milioni di italiani in quanto sia Sandra Mondaini che Raimondo Vianello lo chiamano in causa ogni qualvolta hanno dei (finti) problemi in fase di realizzazione del programma. Sette puntate registrate in estate al Teatro Delle Vittorie in gran fretta per far posto a Canzonissima e che, già dalle sigle di inzio e di chiusura, si capisce come sia una trasmissione destinata al successo. La sigla d’apertura è animata (con il duo più simpatico della tv italiana ad interagire con le animazioni) e si chiama TIRITERA, cantata da Sandra Mondaini. Canzone di gusto country, violini che suonano in puro stile western, che non venderà tantissimi dischi ma che diventa subito famosa per la sua orecchiabilità e per le immagini divertenti e spiritose. La sigla finale è un cult della televisione italiana: come uccidere un gruppo musicale, definito petulante e fastidioso dal cattivissimo Vinello, in maniera differente ogni puntata. Sulle note di NON PENSARCI PIU’ i Ricchi & Poveri (parte integrante nella trasmissione) si prestano volentieri e spiritosamente al gioco facendosi spianare da schiacciasassi o da enormi massi che li trasformano in sfoglie di pasta all’uovo. Il tutto con la macabra complicità della falsa ingenua e romantica Sandra che, nel finale della sigla e ad omicidio avvenuto, se ne va saltellando per i campi come novella Genzianella insieme al marito mentre gli uccellini cinguettano allegramente costruendo un’atmosfera di pace ed appagamento. Davvero sette piccoli capolavori, come le puntate della trasmissione (più una col meglio di, visto il successo ottenuto). Sandra Mondaini batte la Carrà per due punti nell’indice di gradimento (89 a 87) e ne fa un’imitazione spassosissima. Stessa ambientazione e corpo di ballo utilizzato per la showgirl in RUMORE. La differenza è che a fine canzone, con un urlo, la Mondaini si trova per terra con le gambe al posto delle braccia e viceversa, con il marito e il dottore che cercano di riaggiustarla. In un’altra scenetta lei, in un impeto di invidia, trama un piano per uccidere la Raffaella stessa. Gli altri attori sono Massimo Giuliani che impersona la parte del barista di Via Teulada, sempre pronto a dare consigli che rimangono naturalmente inascoltati dallo scontroso Vianello. Poi c’è il compianto Enzo Liberti che, dopo una vita come colonna portante del teatro dialettale romano e in sala doppiaggio, conosce la notorietà sotto mentite spoglie di capo claque, sempre in contrasto col "sor Vianello", così come lo chiama lui. L’assistente di studio è Attilio Corsini, attore di prosa. E per ultimo Tonino Micheluzzi, nel ruolo dell’ex comprimario di grandi attori, che ha conosciuto personalmente il grande Ermete Zacconi e che ora è ridotto a fare il suggeritore e il portaborse al tremendo Raimondo. Lui lo vessa in continuazione congedandolo col suo classico "smamma Ferruccio" il quale risponde compìto ed ossequioso "comandi, sior Vianello". Nella vita è un ottimo attore di commedie brillanti ma anche di vera prosa ed ha lavorato con Emma Grammatica e Memo Benassi (esperienze che ricorderà spiritosamente ad ogni piè sospinto quando farà parte del cast in NOI NO, sempre della premiata coppia Mondaini-Vianello). Completa lo show un ospite canoro, lo spazio dei Ricchi & Poveri, il balletto di Sandra e naturalmente le scenette sempre intelligenti dei due. Non è facile proporre uno spettacolo di varietà con ingredienti nuovi rispetto a quelli utilizzati nei vent’anni di televisione fin qui passati. Così si è pensato di richiamare l’attenzione del pubblico su quello che avviene dietro le quinte, prima dopo e durante la registrazione di uno show. Le scuse del titolo vengono rivolte ai telespettatori proprio per i (finti) imprevisti nei quali saranno coinvolti i protagonisti. Ma sono scuse accettate in partenza. Tutto gira perfettamente e l’ora passa senza nemmeno ci se ne accorga. Uno show che costa un terzo di Canzonissima e che ne frutta il quadruplo.

Alessandro Momo

Per la serie chi parte e chi resta è la volta di Alessandro Momo. Chi ricorda oggi, a trent’anni dalla morte, questo ragazzo diciottenne (anzi, li avrebbe compiuti il 26 di novembre: era nato il 26 novembre 1956)? Non bello ma simpatico, divenuto famoso nel giro di un anno grazie ad una serie di successi cinematografici davvero notevoli. A James Dean piacevano le automobili, a Momo le motociclette e le forti velocità. Non aveva ancora l’età per guidare l’Honda 750 (come non aveva ancora l’età per andare a vedere i suoi film, uno dei quali vietato ai 18) di proprietà della sua ragazza/amica Eleonora Giorgi (starlette del cinema erotico/pseudointellettuale di quel decennio). Sì, perché ai minori di 21 anni ed ai maggiori di sessantacinque è fatto divieto di condurre motociclette di cilindrata superiore ai 350 cc. Ma i ragazzi, si sa, non fanno molto caso ai divieti. Alle due del pomeriggio scende nel garage di casa sua in Via della Farnesina e prende la motocicletta. In un attimo è già a lungotevere Maresciallo Diaz, vicino allo stadio Flaminio. Un taxi frena di colpo, lui non se ne accorge e lo schianto è grande. La moto struscia, con lui sopra, per circa trenta metri e va a finire sulla corsia opposta. I vigili del fuoco di Piazza Bainsizza e l’ambulanza arrivano quasi subito. La corsa al Santo Spirito e la sala operatoria. Momo farfuglia qualche parola e riconosce il padre nei sotterranei dell’ospedale, il palloncino dell’ossigeno che si gonfia e si sgonfia regolarmente fino a rimanere senz’aria. L’agonia dura cinque ore. Un'emorragia interna e lo spappolamento della milza con lacerazione dello stomaco non aiutano di certo il fisico non da culturista del ragazzo. Alessandro Momo era un ragazzetto normale dei quartieri alti, né inquieto né contestatore. Faccia da bambino, adorava il padre, era legatissimo alla famiglia e andava d’accordo con tutti. Compagnie ed amicizie a Piazza Euclide, luogo culto dei ragazzi di destra romani degli anni settanta. Anche sul set stupiva per la sua facilità ad entrare nelle grazie perfino delle persone più scontrose. Non ostentava con gli amici la sua ragazza e le sue amicizie di lavoro (la Giorgi era un’attrice di successo sebbene stesse cominciando allora e Laura Antonelli la numero uno). Salvatore Samperi lo volle per MALIZIA e fu subito un successo incredibile. Poi venne PECCATO VENIALE sempre con Laura Antonelli che grazie a queste due partecipazioni divenne di colpo una superdiva internazionale, una fama clamorosa tanto da diventare la più quotata delle attrici italiane e il sogno erotico di molti. Poi l’ultimo film, che Momo non vedrà mai, quel PROFUMO DI DONNA insieme a Gassman e Agostina Belli che fu pluripremiato nel 1975, tanto che se ne fece un remake nel 1991, SCENT OF WOMAN con Al Pacino. Amava le moto e quando gli fecero conoscere Giacomo Agostini per poco non svenne, ma non ascoltò il suo consiglio di girare sempre con il casco. In un intervista fatta a settembre su un settimanale importantissimo per quanto riguarda la tiratura, l’intervistatore gli chiese di cosa avesse realmente paura. Lui rispose, della morte. E della pena che avrebbero provato i suoi genitori, che la vita è proprio bella e che lui si stava cominciando a divertire. Purtroppo il destino ha deciso per un’altra soluzione.

Christian Calabrese