( da Boy Music ) 1) Non siamo in pericolo - Pooh 2) Who can it be now - Men at work 3) Wot - Captain Sensible's 4) You're in the army now - Bolland 5) Your eyes - Cooks De Books 6) Vita spericolata - Vasco Rossi 7) Vacanza romane - Matia Bazar 8) Margherita non lo sa - Dori Ghezzi 9) La mia nemica amatissima - Gianni Morandi 10) I know there's something going on - Frida 11) Follow me - Imagination 12) Shock the monkey - Peter Gabriel 13) It's raining again - Supertramp 14) The girl is mine - Michael Jackson & Paul McCartney 15) L'italiano - Toto Cutugno =================== 33 giri ===================
1) Alé oò - Claudio Baglioni
Sanremo 1983 è passato col suo carico di canzoni e di successi che
cominciano ad insinuarsi in una classifica abbastanza statica e
fossilizzata sui brani della passata stagione, specie quelli stranieri.
A parte il primo posto dei Pooh con NON SIAMO IN PERICOLO (accoppiato ad
ANNI SENZA FIATO) troviamo canzoni che hanno fatto epoca nel periodo
ottobre-febbraio, come Frida degli Abba, con la canzone in versione
solistica, come il gruppo australiano dei Men At Work e come Captain,
sensibile e nuovo nome della musica rap, transfuga dal periodo punk col
gruppo Damned. Diamo naturalmente uno sguardo alle nuove entrate e cominciamo con la canzone dei MATIA BAZAR che, ispirandosi agli anni Trenta, si proietta verso raffinate sonorità di fine millennio grazie soprattutto all'ispirata voce di Antonella Ruggiero che, come sempre tratta la sua vocalità a mo' di strumento musicale. Dopo cinque anni dalla vittoria con E DIRSI CIAO in quel Sanremo 1978, questo quarto posto è ancora meglio della prima affermazione sanremese. I Matia Bazar sono cambiati ormai da circa due anni, dal periodo dell'album BERLINO, PARIGI, LONDRA, primo album senza Piero Cassano che lascia il posto a Mauro Sabbione. VACANZE ROMANE è una di quelle canzoni che sembra che le si conosca da sempre, che entrano in testa e difficilmente ce ne si può liberare. Una canzone bella e ruffiana nel contempo. Dietro i ritmi elettronici echeggia una romantica beguine d'altri tempi. Ed è questa nostalgia del passato, che invoglia l'ascoltatore, il filo conduttore tra il futuro (l'elettronica) e le atmosfere rarefatte evocate dalla melodia e dalla voce della cantante solista. Un po' come in BLADE RUNNER ambientato ben oltre il 2000 ma con acconciature e abiti che richiamano agli anni trenta e quaranta. VACANZE ROMANE è firmata da Giancarlo Golzi e Claudio Marrale, due componenti del gruppo genovese. Anche l'immagine del complesso è cambiata. Via i capelli lunghi, giacca e cravatta per tutti tranne che per Antonella che sfoggia un tailleur anni Quaranta con tanto di guanti neri e di acconciatura alla Mitzy Gaynor, stella del cinema americano di quel periodo. La voce di Antonella non viene quasi mai utilizzata per stupire come in passato nella ricerca dei toni alti in cui la cantante eccelle. Sembra invece improntata alla lirica e in VACANZE ROMANE ci sono parecchi sbalzi tonali dove alterna falsetti in linea con la musicalità del brano, che sembra d'altri tempi, ai toni bassi e caldi. Vincono il premio dalla critica che è colpita dall'interpretazione giocata sui toni ironici della Ruggiero così come voleva l'atmosfera retrò del pezzo. Il 10 marzo partirà il loro tour che durerà un mese. I due "omini" della copertina del LP saranno i protagonisti di una storia che parte da una Roma del 2000 e che alla fine si separano. Il nuovo album si intitola TANGO, titolo scelto per la sensualità di questa danza, per i repentini cambi di mano e di passo che sono in contraddizione con gli schemi del ballo e delle sue figurazioni. Ampio uso di tastiere elettroniche delle quali i brani di questi primi anni ottanta sono infarciti, sonorità simili a quelle degli Ultravox e dei Tangerine Dream, due gruppi new wave molto in voga in quegli anni tra un certo tipo di pubblico. Va bene i Matia Bazar, ma chi ha vinto Sanremo? Come spesso accade il vincitore lascia il tempo che trova. In questo caso si tratta di una ragazza nata a Formia nel 1958 che ha una bella voce e un brano di stampo molto sanremese. Si fa chiamare TIZIANA RIVALE, vince il Festival prendendo alla sprovvista tutti. Si parla come sempre di pastetta tra le giurie e i discografici anche perché i favoritissimi erano Morandi e Cutugno; loro non si piazzano neanche al secondo e al terzo posto nelle giurie ufficiali mentre trionfano per le giurie popolari, i comuni cittadini che compilando una schedina del Totip possono votare il loro cantante preferito. Ed è così che nelle classifiche poi Toto Cutugno arriva al primo posto e Gianni Morandi al secondo. Tornando a Tiziana Rivale (vero nome Letizia Oliva), i suoi esordi risalgono alla fine degli anni Settanta ma il vero debutto arriva al Disco Estate 1981 quando, col nome di Tiziana Ciao, presenta il brano ADDIO BEATLES. Una canzone che tentava di sfruttare la morte di John Lennon, una cosa abbastanza vergognosa di cui la stessa Tiziana si pentì poi in seguito. Poi venne la gara a DOMENICA IN per un posto a Sanremo ed ora eccola neo vincitrice del Festival col brano SARÀ QUEL CHE SARÀ scritto dall'ex cantante Roberto Ferri e da Maurizio Fabrizio. Le biografie fornite dalla Wea, la sua casa discografica, dicono che da bambina faceva parte della Schola Cantorum dell'Istituto Don Bosco di Gaeta. Ma quello che fa più notizia è la somiglianza straordinaria con la canzone UP WHERE WE BELONG cantata da Joe Cocker e Jennifer Warner (dal film UFFICIALE E GENTILUOMO) della quale SARÀ QUEL CHE SARÀ sembra la cover italiana. I refrain delle due canzoni sembrano essere identici. O Joe Cocker ha ricevuto la soffiata, qualche mese prima, del fatto che Tiziana Rivale sarebbe andata a Sanremo con SARÀ QUEL CHE SARÀ e di nascosto le ha rubato i nastri o i due autori del brano sanremese hanno fatto l'opposto. Si può credere più facilmente alla seconda ipotesi. E' una canzone che all'epoca sembrava insulsa e bruttina anzichenò ma che, paragonata a certe canzoni che si sentono oggi ai vari Festival sanremesi, quasi ci dispiace di averla giudicata così severamente. In fondo è un'onesta canzone melodica supportata da una bella voce all'italiana, giusta per il Festival di Sanremo. Proprio quel tipo di canzoni che oggi sono completamente scomparse dai festival degli ultimi tempi per una esasperata voglia di rinnovamento a tutti i costi. E non è certamente un bene perché quel genere di canzoni fanno parte della tradizione del Festival e della musica italiana in generale. Si può comprendere uno svecchiamento del repertorio in generale ma da qui a fare scomparire del tutto uno stile legato indissolubilmente alla tradizione italica è da incompetenti. Un volere a tutti i costi essere più realisti del re. E difatti da circa 7-8 anni Sanremo ha finito di vendere dischi e quando li vende, stranamente, è per merito di Gigi D'Alessio o di canzoni come LAURA NON C'È, E DIMMI CHE NON VUOI MORIRE, DESTINAZIONE PARADISO, SALIRÒ. Il Festival di Sanremo 1983 è ancora legato ad un pubblico di ragazzine ansimanti davanti a bei ragazzi come Stefano Sani, Richard Sanderson o Sandro Giacobbe e ad un altro pubblico, quello che intende la canzone come mezzo d'evasione. La trasgressione è legata soprattutto a personaggi come Vasco Rossi. Ma non si deve gridare allo scandalo se Sanremo, come spesso accade, ignora una fascia di pubblico che trova pane per i suoi denti nei palasport e negli stadi. Sanremo è una cosa; i festival come quello di Imola o il FestivalBar sono un'altra. Non si può uniformare sempre tutto in una sola direzione. Personaggi come i Subsonica, la Consoli, le Vibrazioni vanno bene su MTV non sul palco dell'Ariston. Sanremo si rivolge ad un altro tipo di pubblico. Inutile fare i giovanilisti a tutti i costi. Tanto i giovani il Festival non lo vedono comunque e di sicuro non comprano i dischi. E i discografici perdono una buona occasione per vendere qualche CD ad un pubblico differente da quello estivo e legato a manifestazioni under 25. Finita la disanima sull'attuale stato delle cose torniamo alla trentatreesima edizione. Le nuove proposte, oltre alla Rivale, si chiamano Nino Buonocore (NUOVO AMORE) che è già un nome nel panorama musicale e che lo sarà per tutti gli anni ottanta. Gloriana, una cantante napoletana che ha già partecipato all'edizione 1976, e che è a metà tra Angela Luce e la protagonista della sceneggiata napoletana, di cui è davvero un'interprete. Riccardo Azzurri, un fiorentino che si è fatto le ossa imitando spudoratamente Battisti nei locali della sua città, cantandone le canzoni e che ha una straordinaria somiglianza fisica con Gianni Nazzaro. Canta AMARE TE, una canzoncina simpatica che avrà il suo momento di gloria. Poi Daniela Goggi, che tanto sconosciuta non è e sembra davvero strano trovarla tra le nuove proposte (DAMMI TANTO AMORE). Marco Armani, anche lui selezionato a DOMENICA IN che canta È LA VITA. E poi Giorgia Fiorio, figlia di un alto dirigente torinese del settore automobilistico. Il che spinge a scrivere sui giornali che un certo avvocato deluso dai risultati della sua squadra del cuore faccia il tifo per lei. Il fatto che al festival ci sia un'altra quindicenne vecchia solo di tre giorni rispetto a lei passa del tutto inosservato. Fa più notizia questa ragazzina ricca che Patrizia Danzi, la quale, anche lei, avrebbe qualcosa per far scrivere i giornali: una mamma un po' particolare che fa la detective. Giorgia Fiorio porta al Festival AVRÒ, che non è affatto male sebbene lei non abbia una bella voce e canti con un vocione nasale al limite della stonatura. Età, voce e personalità fanno pensare alla prima Nada. A scrivergliela sono due vecchie volpi come Sergio Menegale e Roberto Soffici. Arriva terza tramite il Totip. Sempre per le nuove proposte non si può dimenticare l'exploit di Fiordaliso con ORAMAI, una bella canzone interpretata alla grande dalla cantante piacentina che già aveva partecipato all'edizione precedente con UNA SPORCA POESIA scrittale da Zucchero. È l'unica dei giovani a cantare dal vivo, senza ricorrere al playback. Ancora Zucchero è presente a questa edizione (sempre tra i giovani) con la canzone NUVOLA. Donatella Milani, ventenne di Arezzo con una faccia non molto simpatica, grazie a Daniele Pace e allo stesso Zucchero arriva inaspettatamente al terzo posto con VOLEVO DIRTI. La Milani aveva vinto (insieme a Brunella Borciani) l'edizione 1982 di Castrocaro con la canzone PERCHÈ MI SENTO SOLA e per questo motivo lei e la sua collega erano state ammesse di diritto al Festival. È anche coautrice della canzone e si presenta sul palco con una tuta. Il massimo dell'eleganza che Montevarchi riesce a far confluire nel Festival. Oltre a Pupo, naturalmente. Il quale ha collaborato con lei e che ha portato in proprio la canzone CIELI AZZURRI; non un capolavoro della sua produzione che annovera anche buone cose (m'immagino già la faccia che qualcuno farà leggendo questa nota). Poi Minghi e la sua MILLENOVECENTOCINQUANTA (come mai Minghi sia capitato tra le nuove proposte non viene svelato), uno stranissimo personaggio con un gran naso e una voce assai strana. Sibilla, che nonostante la particolarissima canzone scritta per lei da Battiato non riesce a sfondare. Sarà colpa del fisico che di certo non l'aiuta. La canzone, subito dimenticata, ha infatti per titolo OPPIO, un nome profetico che fa il suo effetto anche per la stessa Sibilla. Abbiamo visto che le nuove proposte sono tutte degne di rispetto (e abbiamo omesso per pigrizia Flavia Fortunato, che sarà una abitueé del Festival grazie a certi legami affettivi che la vogliono molto vicina ad un noto esponente politico). Ora visto il cast, com'è possibile che Barbara Boncompagni, figlia di Gianni, sia in gara tra i big? La povera Barbara da anni prova e riprova a diventare una cantante solamente perché ha il padre famoso. Il quale, per il motivo di essere un fervente fanfaniano (aretino come lui), è per questo un intoccabile in Rai nonostante l'enorme mole di idiozie di cattivo gusto che lancia sul teleschermo e via etere, molte delle quali si rivelano grandiosi flop. Comunque non si sta cercando di dare la colpa a Barbara se ha un padre così. Ma neanche lei ci dà una mano! La canzoncina, per quanto inutile, è orecchiabile (NOTTE E GIORNO) ma cantata da lei non scuce un baffo a nessuno. Mettiamoci anche la limitata avvenenza della pargola e possiamo tirare le somme. DORI GHEZZI canta MARGHERITA NON LO SA "che la vita è tutta qua e sorride accarezzandosi un ginocchio".Scritta da Avogadro e Prudente. La bella moglie di De Andrè si ripresenta al pubblico dopo un anno e mezzo (l'ultima sortita fu con MAMA DODORI) in una gara importante senza il compagno che per circa 6 anni l'aveva affiancata, e cioè Wess. Il quale ha appena lanciato la sua particolare del pezzo dei Bolland, YOU'RE IN THE ARMY NOW, col titolo di L'ANIMA. L'idea di tentare col festival è venuta in sala di registrazione. Lavorando al nuovo album dal titolo PICCOLE DONNE l'attenzione di tutti, De Andrè compreso, si catalizzò su MARGHERITA NON LO SA, che sembrò subito calibrata al punto giusto per partecipare ad un festival. D'effetto, trainante, facile all'ascolto ma di qualità. E difatti i risultati sembrano aver dato ragione alla minuscola Dori, che ha un'immagine nuova, un misto tra la Debby Harry dei Blondie e Olivia Newton-John. Un misto di dolcezza ma anche una strizzatina d'occhi alla sensualità di cui la Ghezzi non è affatto sprovvista. La cantante ci tiene ad un passaggio televisivo di così grosso richiamo. Il 33 è una serie di ritratti al femminile, alcuni con degli spunti autobiografici che in comune hanno il "pianeta donna". Tutti i brani sono stati scritti dagli autori della canzone partecipante al Festival. Molto successo hanno anche gli ospiti, stranieri e non. Peter Gabriel, Frida e i Commodores da una parte. Dall'altra Benigni, la Carrà, Villa, Modugno e Manfredi, il quale non mancherà di cantare la sua solita canzoncina, questa volta sull'ecologia, dal titolo ARIA PULITA che propina agli spettatori fin da quando a Sanremo 1970, per scherzo, intonò TANTO PE' CANTÀ di Petrolini e gli andò più che bene. A Sanremo c'è un altro cantante che, sebbene non sia arrivato tra i primi, conferma il suo momento magico che dura da circa tre anni. CHRISTIAN e la sua ABBRACCIAMI AMORE MIO. Ha raggiunto il successo, quello vero, solo nel 1980 grazie a Daniela e ad un team di collaboratori che l'hanno seguito passo passo. Mario Balducci che gli ha fornito le giuste canzoni ed Alberto Baldan Bembo per quel che concerne la cura degli arrangiamenti. Cristiano Rossi, il suo nome completo, palermitano, è come tutti i cantanti all'italiana presi di mira dalla critica nazionale. Trattati malissimo, come se fosse una vergogna indirizzarsi ad un pubblico più semplice. Christian inizia la sua carriera nel 1968 e nel 1970 vince il FestivalBar Linea Verde, per le nuove proposte, con la canzone FIRMAMENTO. Non sarà un successo discografico ma il suo nome comincia a circolare nell'ambiente e Toni Cucchiara lo vuole tra gli interpreti del musical CAINO E ABELE, esperienza teatrale che dura circa tre anni. Nel frattempo non dimentica di essere un cantante e continua a sfornare canzoni che non riscuotono il successo sperato. Ma Christian ha comunque il suo pubblico, un pubblico che non permette una chiusura definitiva da parte dei discografici, sebbene lui cambi casa discografica con una periodicità biennale. Essere sempre coerente col suo personaggio, non abbandonarsi mai alle mode di una stagione, l'ha premiato anche grazie alla sua immagine molto simile a quella di un altro grande cantante melodico dell'epoca ma a livello internazionale come Julio Iglesias. Un modello che lui apprezza ma dal quale si sente distante nonostante lo chiamino malignamente "l'Iglesias dei poveri". Arriva al successo, ormai quasi insperato, a 33 anni. Avere successo dopo la trentina, se ora sembra una cosa del tutto normale, in quel periodo non lo era affatto. C'è però da dire che il suo repertorio gioca tutto sulla falsariga di quello di Iglesias e spesso gli autori sono gli stessi. ABBRACCIAMI AMORE MIO arriva dopo il grandissimo successo dell'anno precedente, colto sempre al Sanremo, col titolo di UN'ALTRA VITA UN ALTRO AMORE. Ancora i SUPERTRAMP, uno dei gruppi inglesi (ma con un sound americano) più noti nel mondo. La loro storia inizia nel 1970 quando Rick Davies e Roger Hodgson si uniscono a Richard Palmer, Bob Miller e Dave Winthrop e insieme lavorano per il loro primo 33 che prende il nome dal complesso. Ma il vero successo arriva nel 1974 con CRIME OF THE CENTURY e col successivo CRISIS? WHAT CRISIS. La loro è una musica godibilissima, un pop raffinato che affonda le sue radici nella tradizione dei Beatles e li si può avvicinare all'Electric Light Orchestra di Jeff Lynne, che dei Beatles è quasi una replicante, almeno in alcuni passaggi. Nel 1976 i Supertramp decidono di trasferirsi in America, esattamente a Los Angeles, e la loro musica viene influenzata dalla loro scelta ed anche il look sembra essere quello dei gruppi della west coast statunitense. Nei testi tendono a descrivere la vita dell'uomo americano medio così come ce l'hanno di continuo sotto gli occhi. È in quel periodo che lanciano EVEN IN THE QUIETEST MOMENTS che vende due milioni di copie e dalla quale Renato Zero prenderà in prestito la canzone BAD DREAMER intitolandola SGUALDRINA, per il suo LP intitolato ZEROFOBIA del 1977. Il 1979 è l'anno degli otto milioni di copie venduti con BREAKFAST IN AMERICA e su tutte le famosissime canzoni tratte dal super fortunato trentatre: THE LOGICAL SONG e GOODBYE STRANGER. Questa è in sintesi. La cronistoria dei Supertramp che sono in classifica in Italia con l'album LAST FAMOUS WORDS (registrato per la maggior parte negli Unicorn Studios, di proprietà di Roger Hodgson, a Nevada City) e IT'S RAINING AGAIN nei singoli. Il disco avrebbe dovuto chiamarsi "in equilibrio sulla fune" ma la parola "fune" non piaceva al gruppo e allora decisero di intitolarlo con una frase che erano soliti usare tra loro quando qualcosa non andava per il verso giusto. Però l'idea dell' equilibrio e della fune non l'hanno abbandonata del tutto. In copertina mettono una figura su di una fune in lontananza ed una mano è pronta a tagliare. Nel 33 troviamo brani di varia estrazione musicale, che vanno dalle atmosfere anni cinquanta (MY KIND OF LADY) alle ballate che strizzano l'occhio (anche tutti e due) ai Beatles e ai Beach Boys (KNOW WHO YOU ARE). Un disco molto eterogeneo e che fila via senza neanche un minuto di noia. La sua commerciabilità mondiale è la giusta premiazione. Il primo doppio album di BAGLIONI è anche il primo dal vivo nella sua storia di cantautore romano. Purtroppo, per esaurimento di vena artistica ce ne propinerà parecchi negli anni a successivi, tutti uguali e similmente noiosi. Questo ha il pregio di essere il primo e di far credere ai fans che l'evento si verificherà un una tantum. E invece... Un tour iniziato a Firenze nel 1982, quaranta tappe e uno staff tecnico artistico formato da circa sessanta persone. 25 mila watt di amplificazione, luci da fare invidia all'astronave di Star Trek e quasi due ore di musica a data. Sarebbe stata un occasione sprecata se Claudio non avesse immortalato il tutto in un album dal vivo e difatti così nasce ALÈ-OÒ che prende il nome dai cori da stadio del pubblico. In un primo momento Baglioni non era troppo sicuro dell'esito commerciale del disco. Il successo strepitoso di STRADA FACENDO del 1981 non ammetteva passi falsi. Ma poi ha deciso di non farsi prendere dalle insicurezze e di dare l'okay alle presse. Il disco arriva di botto al primo posto in classifica senza dover fare troppa anticamera. Ma per Baglioni, come per Battisti, era cosa scontata. Il doppio LP ha il pregio di costare come un solo vinile e si vende talmente bene che gli operatori discografici gridano al miracolo, i negozianti sperano in nuove scorte e le radio lo trasmettono di continuo. La rivisitazione del vecchio materiale cantato in sincronia col pubblico che affollava i concerti è la molla del successo. Quanti dei fans di Baglioni potranno dire da oggi in poi "anch'io ho cantato in un disco con Claudio"? La foto della quarta di copertina è tratta dal concerto di Piazza di Siena a Roma, come le foto del volumetto incluso nella confezione. ALÈ-OÒ è il Claudio Baglioni di oggi, della sua voglia di sentirsi on the road, cosa che all'inizio non amava molto avendo lui un carattere schivo e timido. Portare uno spettacolo in giro per sessanta città e incontrare ogni sera persone differenti che ti accendono sotto il palco il fiammifero (no, non per bruciarlo sul rogo!) o l'accendino per manifestarti il proprio affetto è una cosa che gli fa molto piacere. Il successo del tour e del disco è arrivato, come si diceva prima, anche grazie all'immensa mole di lavoro dei tecnici, agli apparecchi sofisticatissimi e alla loro resa tecnica.
Franco BATTIATO riesce a vendere in due settimane 550.000 copie del suo
L'ARCA DI NOÈ.
E non è poco, dato che una recente legge ha aumentato il costo dei
dischi del 16% a causa di una tassa sui beni voluttuari che porta i 33
giri al prezzo di 13.500 lire.
Il disco è formato da sette canzoni. RADIO VARSAVIA (di cui parleremo
dopo), CLAMORI, L'ESODO, SCALO A GRADO (dove si parla di una
degradazione del rituale della Messa e della nostalgia per la liturgia
in latino), NEW FRONTIERS (con il coro dei Madrigalisti di Milano che
recitano la frase "libera la tua immaginazione temporale e mandala al
potere nel tuo organo sessuale"), VOGLIO VEDERTI DANZARE (che è stato
l'estratto più ascoltato nelle radio a febbraio). Infine LA TORRE sulla
scacchiera della quale, nel famoso gioco, Battiato scrive che getterebbe
chi non sa fare niente, tutti i registi, gli attori, i presentatori e
quelli che giocano ai telequiz. Una canzone che non ha perso di
attualità, anzi...
RADIO VARSAVIA è un brano che fa discutere, soprattutto i critici,
abituati ad un certo tipo di cantautorato ipocrita e cortese verso
ideologie e poteri politici sanguinari. Ed è per questo che la STAMPA di
Torino titola "Sull'Arca di Battiato c'è la cultura della nuova destra".
La cosa che può anche essere vera, ma che non deve esserlo soltanto
perché non si vogliono chiudere gli occhi davanti alla repressione nei
paesi dell'est, questione ormai annosa. RADIO VARSAVIA tratta di chi
scappa in occidente, e mette in evidenza l'imperialismo degli invasori
russi.
"E i volontari laici scendevano in pigiama per le scale, per aiutare i
prigionieri facevano bende con le lenzuola e i cittadini attoniti
facevano finta di non capire niente per aiutare i disertori e che
scappava in occidente". Repubblica parla male del disco per gli stessi
identici motivi. Scrive di Battiato dicendo che ha preso un po' troppo
sul serio la parte di nuovo Messia che il mercato gli ha conferito. La
scoperta di un Battiato diverso ha gettato di botto il cantautore nelle
terre degli infedeli e gli interventi marxisti di critici musicali
(musicali?) mettono in risalto una sinistra grondante di ipocrita
indignazione e paura di non essere più monopolizzatrice di idee.
Stagionati maestrini del pensiero che sentono prossima la fine. Insomma,
i soliti piagnistei di chi è ancora in ginocchio davanti al consorzio
dei cantautori, periodo 1968-1977. Mai discostarsi dai "santi" modelli.
Eppure si arriva da una stagione in cui le folle hanno disertato o quasi
i concerti estivi di personaggi come Venditti e De Gregori che vedono
crollare la vendita dei loro dischi (appena uscito TITANIC vendette
centomila copie per poi fermarsi) e promozionarsi alla corte di Baudo in
Domenica In (De Gregori). Oppure saltellare sul palco del FestivalBar
come se si fosse dei Mick Jagger senza averne il fisico e il sex appeal
(Venditti). Cantautori che aggiustano il tiro scrivendo per il grosso
pubblico GRAZIE ROMA e LA DONNA CANNONE dopo avercela menata per anni
con i discorsi pesudo intellettuali dei vari compagni di scuola e i
niente da capire. Christian Calabrese Nota editoriale, non dell'autore: ahimè, non so di quanto ci siamo allontanati dall'omologazione orwelliana citata, o forse sperata, da Christian. L'impressione è che vi siamo precipitati in pieno...
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