Piccolo preambolo prima di cominciare:forse avrete fatto caso alle basse
quotazioni dei dischi di questa settimana. Gli anni ottanta, a parte
casi limite, hanno un mercato limitatissimo. (Quasi) nessuno li cerca e
li vuole. Un disco usato a 45 giri degli anni ottanta vale all’incirca
3-4 euro. Un disco "da collezione" dello stesso periodo vale mediamente
tra i 7 e i 10 euro. La differenza che intercorre tra usato e da
collezione ormai la saprete. Per usato si intende il disco suonato e non
in perfetto condizioni. Da collezione, un disco praticamente da
negozio. Perfetto, insomma.
Una classifica che parla prevalentemente inglese, questa di fine luglio
1985. A metà anni ottanta i singoli, a parte il periodo sanremese, sono
praticamente appannaggio di gruppi e solisti stranieri. Mentre negli LP
solitamente hanno la meglio gli italiani anche se questa volta non
sembra andare così.
BAND AID
Una canzone è in classifica da tanto tempo. E' entrata in primavera, è
riuscita a vendere milioni di copie in ogni angolo dell’universo e
ancora sembra non sia sazia. Si chiama WE ARE THE WORLD e a cantarla è
un gruppo di superstar americane che decidono di rendere pan per
focaccia alla Band Aid natalizia di origine inglese, quando in poco meno
di un mese, grazie alla regia di Bob Geldolf, arrivarono primi in tutta
Europa con DO THEY KNOW IT’S CHRISTMAS TIME? Dedicata al terzo mondo,
USA FOR AFRICA è il nome della band messa su per l’occasione e come
potevano intitolare la canzone, gli americani, se non NOI SIAMO IL
MONDO, con la megalomania che li contraddistingue?
Cerchiamo di capire passo per passo come è nata questa canzone e questa
idea.
Harry Belafonte stava facendo zapping col suo televisore e si imbatté in
un documentario dedicato ai paesi a sud del Sahara: il Mali, il Chad,
l’Etiopia, il Sudan. Vede come vivono queste popolazioni, fa un rapido
confronto con quello che ha lui e capisce che c’è qualcosa che non
quadra. L’ex re del calypso telefona quindi a Ken Kragen che è il
manager di Kenny Rogers e Lionel Richie, tanto per fare due nomi. Lionel
Richie chiama subito Quincy Jones e quest'ultimo si attiva telefonando a
Michael Jackson. Lionel e Michael si mettono d'accordo e decidono di
scrivere testo e musica della canzone già in cantiere nelle loro menti.
Si incontrano 4 volte in 4 giorni e alla quarta Lionel dà una cassetta
demo con delle idee musicali su quello che dovrebbe essere la canzone.
Con questa cassetta Jackson e Richie entrano in studio la sera stessa
dove trovano Quincy Jones. I due autori discutono su come proporre il
testo e come farlo cantare dai vari artisti che si dovranno aggiungere
mano mano all'operazione e dei quali ancora non conoscono i nomi. Si
presenta la delicata questione di alcune frasi che secondo gli autori
potrebbero essere scambiate per inviti al suicidio:
"There's a chance we're taking, we're taking our own lives" che
significa pressappoco "è una scelta che stiamo facendo, stiamo prendendo
le nostre vite". E allora Lionel Richie cambia con "we're saving our own
lives" che significa "stiamo SALVANDO le nostre vite". Dopo alcune
ore il testo è bello e ripulito. 50 cassette guida vengono quindi inviate
celermente ad altrettanti artisti con l’assoluta raccomandazione di non
far trapelare nulla a chicchessia e di riportare la cassetta allo stesso
Quincy Jones.
Il 22 gennaio 1985 agli studi Lion Share di Kenny Rogers vengono registrate le
basi musicali e vengono chiamati personaggi di spicco come Steve Porcaro dei
Toto ed altri meno noti al grande pubblico ma dei numero uno tra i
turnisti americani. Il 28 gennaio tutto è fissato per il grande evento.
Los Angeles, gli studi dell’A.M. Chi ci sarà? L’appuntamento è fissato
per le dieci di sera ma Jacko arriva un'ora prima per registrare una
particolare versione del coro con la sua voce che sarà quella
definitiva. Perchè alle dieci di sera (ore sette del mattino in Italia)?
Perchè due ore prima finisce la cerimonia in diretta televisiva degli
America Music Award e bisognava dare tempo a qualcuno dei sicuri
premiati, destinatari della cassetta, di raggiungere il luogo
dell'appuntamento. Uno ad uno arrivano. La lista dei nomi è veramente
impressionante. Billy Joel, Bruce Springsteen, Diana Ross, Stevie
Wonder, Bette Midler, Smokey Robinson, le Pointer Sisters, Bob Dylan,
Ray Charles, Cyndi Lauper (premiata due ore prima insieme a Lionel
Richie), Kim Carnes, Al Jarreau, Paul Simon, Tina Turner, Dionne Warwick.
Questo tanto per fare dei nomi. Arriva anche Bob Geldolf
dall'Inghilterra e viene accolto da un applauso, unico straniero in un
gruppo tutto stelle e strisce. La registrazione viene seguita da 500
invitati speciali tra cui Jane Fonda, Ali McGraw, Steve Martin tramite
un circuito chiuso televisivo.
C’è qualche problema nella registrazione delle parti armoniche. Stevie
Wonder propone di sostituire una strofa in swahili ma Geldolf gli
ricorda che gli etiopi non parlano swahili. Allora Al Jarreau dice a
tutti che forse sarebbe meglio cantare qualcosa che abbia un significato
in inglese e propende per one world, our world mentre intanto arriva
Belafonte accolto in sala da Wonder che al pianoforte accenna BANANA
BOAT. Alle tre e dieci del mattino si concordano gli interventi in
duetto che sono: la Turner con Billy Joel, Wonder con Lionel Richie,
Kenny Rogers e Paul Simon, Willie Nelson con la Warwick e Huey Lewis con
Cyndi Lauper che chiede a Quincy Jones se può improvvisare una frase
quando è il suo turno e difatti il suo intervento vocale è
particolarmente vibrante ed intenso. Alla fine della registrazione
Wonder invita due donne etiopi e fa dire loro "grazie da parte di tutto
il nostro paese". Una specie di "sì, buana" ma molto politically correct,
specie se viene da qualcuno di colore: le assurdità del conformismo
imperante ad ogni livello.
Alle cinque registrano le parti soliste e tocca a Bob Dylan che emoziona
Al Jarreau al punto che lo stesso gli dichiara il suo amore
appassionato. Al chè Dylan lo guarda come fosse un curioso animaletto
notturno e se ne va lasciando Jarreau farfugliare una frase in perfetto
stile Woody Allen: "è il mio idolo", rivolto agli altri. Bob Dylan era
soltanto imbarazzato ed emozionato. Si ferma ad ascoltare l’intervento
del boss Bruce Springsteen. Canta con voce rauca perchè ha suonato per
quattro ore la sera prima a Syracuse ed è volato a Los Angeles solo per
prendere parte a questo evento. Il suo intervento è molto bello come
quello di Stevie Wonder (i due che rimangono più impressi per forza e
vitalità). Alle sei del mattino è tutto finito. Ken Kragen telefona a
Lionel Richie alle sette e mezza: aveva appena sentito il nastro finito
e non ha potuto fare a meno di piangere dall’emozione (forse anche al
pensiero di quanti soldi avrebbe fatto con questo disco).
L’album si distingue dal singolo per il fatto che contiene altri pezzi
solistici degli intervenuti.
Tutti inediti, nove in tutto. Ci sono i Chicago con GOOD FOR NOTHING,
Springsteen con TRAPPED, una canzone di Jimmy Cliff del 1972 eseguita
dal vivo e Prince che era stato invitato ma non si era fatto vedere se
non sentire verso le sei del mattino al telefono da Quincy Jones.
Prince ha proposto un intervento di chitarra ma Jones declina l’offerta
dicendo che questa registrazione non era stata fatta per gli ego
personali degli artisti e che l’unico a non averlo capito era lui.
Accetta però un brano per la compilation: 4 TEARS IN YOUR EYES. Tina
Turner canta invece TOTAL CONTROL, incontro jazz-funk-blues che avrebbe
fatto venire l’acquolina in bocca a James Brown. E lei la canta
benissimo. Il doppio album (così come il singolo) riesce a conquistare
subito il primo posto in classifica in America impiegandoci appena due
settimane. Gli ultimi capaci di un simile exploit furono gli
immarcescibili Rolling con TATTOO YOU nell’autunno 1981. Per inciso
soltanto tre album hanno fatto meglio entrando direttamente al primo
posto: ben due appartengono ad Elton John. Entrambi del 1975, sono
CAPTAIN FANTASTIC e ROCK OF THE WESTIES; l’altro nel 1976, SONG OF THE
KEY LIFE, di Stevie Wonder.
Del singolo WE ARE THE WORLD si potrebbero criticare le parole buoniste,
melense, scontate del testo. E difatti sarebbe il caso di farlo. Un
testo che sembra uscito dalla penna, intinta nel miele, di Walter
"l’amerikano" Veltroni. Una banalità dopo l’altra, buonismo d’accatto,
con tutti quei riferimenti ipocriti all’uguaglianza tra la gente, del
costruire un futuro migliore bla bla bla. Ma fatemi il piacere!
La differenza sta in questo: se a Michael Jackson viene la dissenteria,
con una semplice pillola o con dei fermenti lattici tutto torna a posto
e lui se ne torna a letto, involtandosi tra coltri bianche di seta,
contornato da amichetti under 12 che gli fanno aria con i ventagli. Un
suo simile in Mali, tanto per fare un esempio, con la dissenteria ci
muore e basta.
In Usa, oltre a raggiungere il primo posto nella classifica di Billboard
dedicata al pop e al rock, il pezzo raggiunge la vetta anche nelle
graduatorie disco della suddetta rivista. Un successo forse prevedibile
ma comunque piacevole se preso soprattutto come gratificazione per chi a
questo progetto si è accostato con vero spirito umanitario e ci ha
creduto fin dall’inizio.
Nota infelice nell’exploit internazionale del disco, i cui proventi sono
destinati ai paesi più poveri dell’Africa, è che alcuni grossi
distributori inglesi si sono rifiutati di mandare a loro spese il disco
nei negozi perchè hanno già perduto abbastanza denaro con il progetto
inglese dalla Band Aid.
In fondo dal loro punto di vista hanno ragione. I cantanti per incidere
un disco gratis non ci perdono nulla anzi, ci guadagnano in immagine.
Loro, i distributori, invece si.
E a proposito di MICHAEL JACKSON: con un’offerta di 47 milioni di
dollari (circa cento miliardi di lire del 1985) Jackson ha acquistato la
casa di edizioni musicali ATV Music, proprietaria della maggior parte
delle canzoni dei Beatles. All’asta della ATV Music l’offerta di Michael
ha battuto quelle di concorrenti come lo stesso Paul McCartney e Yoko
Ono, la CBS, la Coca Cola e la EMI. D’ora in poi sarà lui il titolare
dei diritti di sfruttamento di 270 canzoni dei baronetti. Almeno fino ai
primi anni del duemila, quando dovrà vendere i diritti acquistati per
fronteggiare le spese legali delle sue troppe battaglie giudiziarie
intentate dai genitori di alcuni suoi amichetti di dieci anni.
MusicaItalia Per L'Etiopia
In Italia, per non restare indietro, si decide di fare una cosa simile
chiamando a raccolta molti artisti che per una volta si sganciano da
vincoli strettamente discografici (intesi come etichette) partendo dal
principio che un'idea quando è buona diventa un dovere seguirla come
esempio.
E vien dato vita al progetto MUSICAITALIA PER L’ETIOPIA. Cosa cantare?
Non hanno altra idea che ricantare la solita trita e ritrita NEL BLU
DIPINTO DI BLU all’insegna del più classico squallore che contraddistingue noi
italiani quando ci mettiamo. Ma come? Tutti (anche la Francia) hanno cercato di
fare qualcosa di nuovo, di inedito e noi cantiamo la solita canzone che
conosciamo ormai a memoria?
Tanto vale allora incidere QUEL MAZZOLIN DI FIORI oppure O’SOLE MIO!
Eppure c’erano tutti i presupposti per far bene, a partire dagli artisti
intervenuti. Alcuni snobbano l’operazione (Pooh, Battiato, Pino Daniele,
Baglioni, Morandi). Si pensa a NEL BLU DIPINTO DI BLU in questo caso
ribattezzato semplicemente VOLARE perché è un brano che conoscono anche
i sassi al di fuori dalle mure domestiche. Ad organizzare tutto ci si
mette David Zard, un grande impresario che ha portato in Italia i più
bei nomi della musica internazionale ed è quindi una garanzia. Al suo
appello hanno risposto favorevolmente Patty Pravo, Gianni Togni,
Riccardo Fogli, Loredana Bertè, Vasco Rossi, Ivano Fossati, Lucio Dalla,
Fabrizio De Andrè, Milva, Ron, Branduardi, Gianna Nannini, Giuni Russo,
Claudia Mori, Marcella, Dori Ghezzi, Concato, Finardi, Dik Dik e il
Banco. E ancora Tony Esposito e Rossana Casale.
Visto che siamo in tema di musica per beneficenza è da segnalare un 33
giri a sfondo ecologico. Lo incidono alcuni grossi nomi della scena britannica
tra cui Elton John, Howard Jones , Nik Kershaw (questi ultimi due autentiche pop
star tra il 1983 e il 1986 poi sparite nel nulla), Queen, il gruppo ska dei
Madness e Georhe Harrison, il quale scrive appositamente per il progetto
un brano (l’unico della raccolta) inedito. Il titolo è SAVE THE WORLD e
i proventi delle vendite andranno all’organizzazione Greenpeace. In
Giappone ha subito un grande riscontro commerciale dove è in atto una
massiccia campagna ecologica a favore della salvaguardia dei cetacei.
Duran Duran
Ancora l’Inghilterra: questa volta sono i DURAN DURAN che si trovano
anche al primo posto della classifica italiana. La band per antonomasia
dei primi anni ottanta colleziona un altro successo incidendo la colonna
sonora dell’ultimo film di 007 intitolato A VIEW TO A KILL. E con lo
stesso titolo viene chiamata il tema principale della colonna sonora. In
Italia il film viene distribuito col titolo 007 BERSAGLIO MOBILE.
La forza dei film tratti dalla penna di Ian Fleming è stata sempre
esaltata dalle colonne sonore. Basti pensare a GOLDFINGER cantata da
Shirley Bassey o alla strepitosa LIVE AND LET DIE scritta ed eseguita da
Paul McCartney e dai suoi Wings. I Duran Duran sono inoltre appassionati
di tutto quello che è memorabilia legato al mondo di James Bond. Quindi
hanno subito accettato di scrivere la colonna sonora, che per loro
significa una specie di consacrazione mondiale. Andy Taylor ha anche
acquistato la prestigiosa Aston Martin che utilizzava il primo Bond e
che è stata protagonista di film come per l’appunto GOLDFINGER.
L’incontro tra il produttore Broccoli e il gruppo inglese avviene in un
club londinese e vengono tracciate le coordinate dell’accordo.
I Duran si informano di quella che sarà la trama del film e, dopo
qualche tempo, hanno la title track bella e pronta. L’impianto ritmico è
simile a quello di WILD BOYS ma la differenza sta tutta nelle atmosfere
di mistero e di suspence tipiche dei film dell’agente segreto
britannico.
Particolarmente suggestiva l’interpretazione del bambacione Simon Le Bon
che parte quasi in sordina per poi esplodere in un urlo che esprime
terrore e panico. Non sarà Laurence Olivier ma rende l’idea. Nel film
c’è una ripresa spettacolare sulla torre Eiffel e proprio la torre è
stata scelta dai Duran Duran come location per il video che accompagna
il brano e nel quale sono gli inserti tratti dal film con Christopher
Walken e Grace Jones e naturalmente Roger Moore.
Questo incontro con 007 ha dato ai Duran Duran risultati eccellenti sia
dal punto di visto economico sia da quello della soddisfazione, per aver
realizzato qualcosa di buono che riguarda un loro sogno di bambini. Dopo
il grande successo di ARENA tocca quindi a A VIEW TO A KILL.
DEAD OR ALIVE
Il gruppo dell’estate. Look vistoso, produzione leggera e
facilmente commestibile. Ritmo da discoteca anni ottanta e il brano
giusto al momento giusto. Ecco i Dead Or Alive, da Liverpool (mi pare ci
fosse già un gruppo proveniente da questa amena cittadina portuale).
La Epic, che aveva puntato su di loro nonostante alcuni singoli di
scarso successo, si frega le mani pensando alle prossime festività
natalizie da passare alle Canarie. Pete Burns è il loro leader. Molto
vistoso, vestiti chiassosi e benda da pirata all’occhio destro. I
capelli lunghi e crespi, l’atteggiamento portato verso un ambiguità
sessuale alla Boy Gorge, accostamento che lui non pare gradire. Ha
passato mesi in pensioncine londinesi di basso costo nell’aspettativa di
un successo che lo facesse esplodere. Tante volte la voglia di tornare a
Liverpool gli era balenata nella testa ma cosa avrebbero detto gli
operai dei cantieri navali nel vedere un tizio un po’ effeminato con
benda all’occhio e orecchino al naso? Avrebbero capito? Non ci risulta
che a Liverpool si facciano dei corsi di psicologia agli operai e la
stessa cosa deve aver pensato il nostro.
Quindi ha stretto i denti ed è andato avanti per la sua strada. Ha
cominciato a cantare a 19 anni in un gruppo chiamato Mistery Girls
insieme a Pete Wylie (che poi ha messo su gli WAH! Da non confondersi
con gli WHAM!) e Julian Cope. Poi nel 1979 insieme ad altri amici forma
i Nightmares In Wax con i quali incide un discreto hit, BLACK LEATHER e
nel 1980 è la volta dei Dead Or Alive. Nel 1982 firmano con la Epic ed i
giochi sembravano fatti. Invece ecco una serie di incisioni di scarso
successo che stavano compromettendo il loro rapporto (il suo, più che
altro) con la casa discografica.
Il loro primo singolo è WHAT I WANT di cui praticamente nessuno si
accorge. Poi è la volta di THAT’S THE WAY (I LIKE IT) che è un passo
avanti verso la strade dal successo.
Ma non è farina del suo sacco perchè è la cover della famosissima
canzone dei KC & The Sunshine Band. Poi inaspettatamente ecco YOU SPIN
ME ROUND che dall’oggi al domani li risolleva sia moralmente che
economicamente. Il disco diventa numero uno della classifica inglese e
presi dall’entusiasmo si mettono al lavoro per il loro secondo LP che
era già pronto e avrebbe dovuto chiamarsi SCARFACE (il primo era del
1984 ed era passato inosservato). Ma intelligentemente decidono di
rivedere il tutto, rifinire certi missaggi, dare una nuova veste grafica
alla copertina e cambiargli il titolo: YOUTHQUAKE che significa qualcosa
come terremoto di gioventù. Al ritornello estivo ed insinuante di YOU
SPIN ME ROUND si affiancano brani come I WANNE BE A TOY e l’insolito
IN TOO DEEP (insolito per il recitato). Il successo del disco non si fa
attendere ed è legato alla maturità del pubblico inglese, ormai abituato
a tutto e quindi disposto anche ad accettare un ritmo dance dai
contenuti un po’ più profondi. Il loro nuovo singolo si intitola LOVER
COME BACK TO ME ed è già un hit nella classifiche di tutta Europa.
E’ un bel traguardo per uno che passava le sue giornate da adolescente
ballando davanti ad uno specchio e fissando nella mente passi per un
futuro che avrebbe voluto di successo.
MINA
In attesa del nuovo LP, che uscirà come sempre a ridosso delle feste
natalizie, Mina è presente nella classifica a 33 giri con l’ennesima
raccolta di successi. Si è arrivati già al numero otto della collana DEL
MIO MEGLIO, partita nel 1972. Lei sembra non accorgersi del coro di
critiche che accompagna ogni nuova uscita di un disco di inediti da
parte degli addetti al lavori. Negli ultimi tre anni sono tutti lì a
dire che Mina è sempre Mina ma non si spiegano il motivo per cui debba
cantare canzoni così insignificanti. Che abbia perso l’orecchio
musicale? Però quei dischi vendono, eccome. Tant’è che, selezionati da
dischi dell’ultimo periodo, ecco quindi uscire sul mercato la raccolta
estiva che comprende la crema della recente produzione, che va dal 1980
al 1982, più dei fuoriquota ripescati da album antichi, come le
splendide IO TI AMAVO QUANDO (YOU'VE GOT A FRIEND di Carole King e James
Taylor) e I GIORNI DEL FALÒ (LONG AGO AND FAR AWAY sempre di Taylor)
tradotte da Giorgio Calabrese che qui insieme a IL MIO CANTO SEI TU di
un sottovalutato Beppe Cantarelli (lato B di ANCHE UN UOMO sigla di
SUPERFLASH) e a BUONANOTTE BUONANOTTE (di Carla Vistarini e Massimo
Cantini) sono il fulcro, il motore di questo disco. C’è anche una
graffiante interpretazione di un classico di Bacharach come WALK ON BY
(arrangiato da Vittorio Bacchetta in arte Victor Bach) dalla durata
record di otto minuti e venticinque e TU SARAI LA MIA VOCE, cover di una
canzone di Gino Vannelli dal titolo PUT ON THE WEIGHT ON MY SHOULDER
tradotta da Vittorio De Scalzi dei New Trolls.
CLAUDIO BAGLIONI
Dopo quattro anni dall’ultimo 33 registrato da studio,
STRADA FACENDO, e dopo tre dal duplice dal vivo, ALE-OO', riecco Claudio
Baglioni con un nuovo disco e un nuovo look, molto anni ottanta. Capelli
più corti, giacca ampia con camicia senza colletto in stile Armani. Un
Baglioni rinnovato in tutto, specialmente nella vena compositiva. Vena
che per molti è completamente esaurita e per altri ha soltanto cambiato
gruppo sanguigno. LA VITA E' ADESSO (questo è il titolo dell’album) è un
maxi LP con 52 minuti di canzoni, dieci tracce dai testi lunghi e
abbastanza confusionieri (o ermetici). Un ulteriore passo in avanti
rispetto a STRADA FACENDO quando già ci si era accorti che qualcosa era
cambiato. Che Baglioni voglia seguire l’esempio di Battisti, che è
ancora senza Panella ma già differentissimo nelle sonorità e nei testi
strampalati della moglie Velezia? La realizzazione di questo disco è
stata fatta nel tempio dei Beatles, ad Abbey Road, con gli arrangiamenti
di Celso Valli e gli archi della London Simphony Orchestra (chissà
perchè quando si parla di orchestre che hanno nel nome la parola London,
a noi italiani fa sempre un effetto di pomposità anche se magari sono in
quattro elementi!) diretta da Carl Davis, uno dei musicisti più quotati
in UK. Uno sfarzo degno del disco più atteso del 1985.
Le soprese, dicevamo, sono parecchie. Gli ammiratori di Baglioni restano
sconcertati. Dov’è il loro eroe dei testi semplici, morbidi, poetici e
apparentemente facili? In questo disco non esistono refrain, ritornelli
(forse un paio). Ogni canzone è tutta una tirata, una storia a sè
dall’inizio alla fine. Non storie solite di tutti i giorni, così come ci
aveva abituato da 15 anni a questa parte ma sensazioni personali miste a
parole che sembrano cascare da tutte le parti senza mai trovare una
precisa collocazione, un futurismo alla Marinetti sessantacinque anni
dopo. Chi ascolta il disco è lì attento a seguire le evoluzioni della
musica che si disarciona completamente dai testi. Per un momento crede
di aver acciuffato la linea melodica ma viene letteralmente travolto da
un’altra idea che lo fa cadere da cavallo. Vorrebbe avere tempo per
pensare e per capire ma non ce n’è e viene di nuovo invischiato da
quella voce che conosce benissimo ma che ora gli sembra così insolita,
quasi sinistra. Oddio, che Baglioni abbia bisogno di un esorcista?
Ecco arrivare suoni estranei alla cultura baglioniana: elettronica,
chitarre hard, una batteria (anch’essa elettronica) che sembra svilire
il tutto dando quel senso di fatto in casa che fa molto squallido (e che
useranno quasi tutti in questi spesso avvilenti anni ottanta). Tutto è
il contrario di tutto quello che era stato Claudio Baglioni fino al
giorno prima che uscisse il disco. Solo la voce rimane la solita, con quella
tonalità tipica da stornellatore moderno. Sembra sempre lì lì per attaccare
E TU ed invece ci canta una canzone strana come UN TRENO PER DOVE.
Finora Claudio ci aveva abituato ad un modo di cantare tradizionale dal
punto di vista tecnico, con la voce che si appoggia alla melodia
variando soltanto nei finali mentre ora sembra che sia la musica a
rincorrere la voce che fa di tutto per non lasciarsi prendere. Frasi
smozzicate, concetti compiuti con l’aiuto delle similitudini. Esempio la
canzone AMORI IN CORSO: "amori sbullonati bevono le scale in un sorso,
amori sotto vuoto dentro le cabine, cuori mischiati, sere accelerate".
Frasi prese come campione. La metrica quasi non esiste. Le parole non
significano ma suonano come (sound like), un po’ all’inglese come
concetto. Voleva fare un disco dai testi importanti e che al tempo
stesso non fosse noioso e che fosse moderno ed energico. Ecco, questo
disco non lo puoi capire dopo un solo ascolto e forse neanche dopo
cinque. C’è chi fa fatica a capirlo dopo venti anni. E non è certo
demerito suo (dell’ascoltatore). LA VITA E' ADESSO è il brano più
semplice, la vera title track dell’intero lavoro, che non concede nulla
alla commercialità.
Dopo la sua apparizione al Festival di Sanremo in qualità di ospite e
dopo aver vinto il premio con QUESTO PICCOLO GRANDE AMORE come canzone
più bella di tutti i tempi (questi premi lasciano il tempo che trovano
perchè se li si ripete a distanza di due-tre anni i responsi saranno
completamente diversi). Sono premi che si affidano alla sensazione del
momento o all’autore più in voga. Nulla aveva fatto supporre un
cambiamento di marcia così drastico. Gli attestati di una celebrità
sempre più ampia e allargata a tutte le fasce di età avrebbe forse fatto
pensare ad un disco che in qualche modo ricalcasse canoni già ben
collaudati. Invece è la voglia di cambiare che ha il sopravvento. Con un
trascorso musicale così importante ci vuole un certo coraggio. Che
sembra non gli manchi e i risultati gli danno ragione. Sicuramente perde
per la strada alcuni estimatori del vecchio Baglioni ma ne acquista dei
nuovi ai quali forse non piaceva quello di prima.
In fondo non si possono fare solo le cose che gli altri aspettano che si
facciano.
Il suo tour siciliano è tutto un trionfo. A Catania non c’è stata la
tappa programmata per inagibilità del Cibali, lo stadio. Spostamento a
Messina e catanesi arrivati in massa per applaudire il trionfatore
dell’estate canora italiana. Lo stesso accade ad Agrigento e a Scicli.
In tutto richiama circa centomila persone.
LUCIO BATTISTI
...e Lucio Battisti cosa fa? Sono tre anni che non si
hanno notizie di lui. Basterebbe ogni tanto andare al porto di Fiumicino
per vedere il navigatore solitario della canzone italiana alle prese col
suo secondo amore, la barca, con la quale partecipa a gare in assoluto
anonimato così come vuole il suo stile di vita. Lucio ormeggia la sua
barca tutto l’anno alla fiumara grande, un braccio del Tevere vicino ad
Ostia. D’estate preferisce il wind surf così come il suo amico
Pappalardo. È talmente appassionato di windsurf che gli ha anche dedicato una
canzone nell’ultimo LP datato 1982. In questi giorni è in classifica un
disco del cantautore reatino che contiene alcuni dei successi di Lucio
del periodo Ricordi. Difatti, quando manca dalle charts con dischi nuovi
è solito far uscire un disco di vecchi successi per non fare andare in
crisi d’astinenza il pubblico che ricompra il medesimo disco con le
medesime canzoni almeno una volta all’anno. E che puntualmente lo manda
in classifica. Sta assemblando materiale per un nuovo disco che – dicono
– dovrebbe vedere la luce nei primi mesi del 1986 ma di cui non si sa
nulla. Neanche se le liriche saranno della moglie Grazia Letizia
Veronesi (Velezia) o ci sarà il ritorno a Mogol.
Lui non aiuta certamente a svelare tutti i misteri che ormai sono il
pane quotidiano di casa Battisti. Non rilascia interviste da sei anni,
non compare sulle copertine dei dischi. La sua casa discografica lo
giustifica dicendo che non si concede perchè stanco delle illazioni
sulla sua vita privata.
Claudio Bonivento, produttore cinematografico gli propone di scrivere la
colonna sonora di un film alla quale sembrava interessato ma tutto il
suo interesse finisce lì. La PFM gli ha proposto un progetto insieme ed
un tour. E Lucio non canta dal vivo dal 1970. Il progetto è ben
delineato.
Riarrangiare tutte le canzoni più significative, fare poche date ed un
disco dal vivo. Operazione che era riuscita con De Andrè e si erano
anche trovati gli sponsor. Ma Battisti ha declinato l’invito dopo averci
pensato bene. In fondo, il mito dei Beatles non si è arricchito ancora
di più quando i fab four hanno smesso di suonare in pubblico?
Christian Calabrese