Settimana 24 Febbraio 1988
( da Sorrisi & Canzoni )

# TITOLO INTERPRETE Quotazione
1Etienne Guesh Patti €  9
2Pump Up The Volume MARRS €  9
3I Maschi Gianna Nannini€ 11
4La Bamba Los Lobos €  9
5Once Upon A Long Ago Paul McCartney€ 13
6Smile Gerry Scotti €  9
7Sì, La Vita E’ Tutto Qui Renzo Arbore € 10
8Whenever You Need SomebodyRick Astley €  9
9Una Domenica Italiana Toto Cutugno €  9
10Always On My Mind Pet Shop Boys €  9

Classifica 33 giri

# TITOLO INTERPRETE Quotazione
1In Certi Momenti Eros Ramazzotti € 15
2Luca Carboni Luca Carboni € 13
3La Grande Avventura Riccardo Cocciante€ 13
4Il Segreto Del Sahara Ennio Morricone € 15
5Maschi E Altri Gianna Nannini € 15
6The Legend Of Eagles Eagles € 13
7Blue’s Zucchero € 15
8You Can Dance Madonna € 15
9Whenever You Need SomebodyRick Astley € 13
10La Pubblica Ottusità Adriano Celentano € 18
 

E’ la settimana di Sanremo, che troverà la sua conclusione il giorno 27. Un’edizione, questa trentottesima, dagli ascolti stellari, sicuramente una delle più seguite dal pubblico. Merito di un cast "tosto", di ritorni che si dimostrano vincenti, di conferme eccellenti, di ospiti eccezionali.

Mino Reitano

E’ anche il Festival in cui gli sciacalli (che trovano sempre asilo in quel di Sanremo) riducono a brandelli il povero Mino Reitano che ha portato una canzone dal titolo ITALIA. Gli sciacalli, di cui si stanno narrando le gesta poco edificanti, sono i critici musicali mandati dalle rispettive testate, alla stregua di killer, a giustiziare personaggi poco simpatici all’intellighenzia musicale o l’antipatico (a loro dire) di turno. Ma soprattutto quei personaggi poco eleganti, dal loro punto di vista, peraltro criticabilissimo. Ma soprattutto indifesi (è nella vulnerabilità di alcuni che trovano maggior soddisfazione). Queste grigie figure, portaborse di partiti, distruggono un cantante, in questo caso Reitano (che può piacere o non piacere) per il semplice motivo di aver portato in una vetrina prestigiosa ma pur sempre popolare come Sanremo una canzone in stile patriottico-ruffiano. E all’epoca, la parola Italia era accostata soprattutto ai cosiddetti reazionari o ai destrorsi. Come recita uno slogan attuale di un noto partito: eravamo in pochi a chiamarla Patria, ora siamo la maggioranza. Bene, nel 1988, l’Italia era solo quella della Nazionale di Vicini. E basta. Probabilmente se invece di ITALIA la canzone si fosse chiamata Palestina o Cuba avrebbe vinto anche il premio della critica. Una critica (naturalmente) libera, scevra da ogni pregiudizio e da ogni ideologia. Ci mancherebbe! Tanto che un critico di un quotidiano (un ciccione che coi reportage dal Festival ancora ci campa) attacca il Festival e Reitano con un astio ed un livore spropositati (si sta parlando di canzoni!), chiosando che entrambi, manifestazione e cantante, sono destinati ad un pubblico non identificato, come quei 14 milioni di c... che votano DC. Mostrando così tutto lo spregio che in realtà prova per quello stesso popolo con cui, gente come lui, si riempie la bocca a fasi alterne. Mino Reitano, con quella canzone, sarà stato anche retorico e un po’ ruffiano ma il suo patriottismo (al contrario de L’ITALIANO di Cutugno nell’83) era reale e in buona fede perché ha realmente acquisito il desiderio di patria nei lunghi anni trascorsi all’estero da emigrante in Germania. Quando Umberto Balsamo gliel’ha proposta ha pensato fosse davvero adatta a lui proprio perché conosceva le difficoltà e la tristezza della solitudine quando si va a lavorare in un paese straniero. E ITALIA è il suo piccolo mondo e il pubblico al quale lui si è sempre rivolto, molto più onesto e sincero di quella banda di infami prezzolati che oggi (1988) lo attaccano. Tanto è vero che arriva al sesto posto (e anche a chi scrive, a cui era tanto antipatico prima, guarda un po’... diventa simpatico. Alla faccia loro! Tiè!).

[Nota di HPI: ok Christian, ma come dici qualche riga sù, ricordati che stiamo parlando di canzonette...]

Massimo Ranieri

Tornando a bomba, e quindi a Sanremo, il Festival si conclude con la vittoria (non troppo) a sorpresa di Massimo Ranieri. Quel "non troppo" va inteso non come combine ma perché Ranieri era assente dalla canzone commerciale e di largo consumo dal 1976, quando presentò DAL PRIMO MOMENTO CHE TI HO VISTO (e l’omonimo sceneggiato tv in coppia con la Goggi) sebbene l’ultimo lavoro discografico risalisse al 1984, VANITA’. Ma si trattava di vecchie canzoni napoletane e comunque non fece più di tanto per pubblicizzare quel long playing se non presentarlo in una trasmissione televisiva di Lando Buzzanca chiamata per l’appunto VANITA’. Massimo, in quel periodo era soprattutto un attore di teatro. Quel teatro che lo aveva assorbito già nel 1975 quando Patroni Griffi lo coinvolse in uno spettacolo chiamato NAPOLI, CHI RESTA E CHI PARTE, una piece che comprendeva due atti unici di Raffaele Viviani. Ranieri, per quanto riguarda il cinema, aveva rarefatto le sue apparizioni, dal tempo de L’ULTIMA VOLTA INSIEME, anno 1981 (poco successo di pubblico) ma ne era entrato trionfalmente nel 1970 con METELLO. In diciotto anni ha lavorato con Bolognini, Scaparro, Strehler, Patroni Griffi, Garinei & Giovannini, Romolo Valli... mica gente che si trova dietro l’angolo. E con tutti ha fatto un figurone. Per circa 5 anni (dal 1977 al 1982) non partecipa a programmi televisivi se non in rarissime occasioni (come MASSIMO RANIERI, QUASI UN AUTORITRATTO). Con Romolo Valli e Giorgio De Lullo porta in scena LA DODICESIMA NOTTE di Shakespeare e IL MALATO IMMAGINARIO di Moliere. Altri film e sceneggiati per la tv, poi nel 1982 Gianni Minà (l’amicone delle "persone sbagliate") si presenta con le telecamere di Blitz (trasmissione allora, concorrente di Domenica In) nel teatro dove stava lavorando e lui si concede al piccolo schermo. Giulietta Masina, tra il pubblico, afferma con molta umiltà che forse il suo parere non conta molto ma quello del marito Federico Fellini certamente sì. E Fellini dice che Ranieri è un grandissimo attore. Ancora tanti spettacoli teatrali negli anni ottanta: BARNUM, PULCINELLA, VARIETA’ etc. Tutti di ottima fattura e di costante successo di pubblico, ma la gente continuava a chiedergli perché non cantasse più. A Sanremo manca dal 1969, quindi da prima del suo primo vero successo, ROSE ROSSE. Allora era un diciottenne buttato nella mischia come tanti altri, adesso è un trentasettenne con una lunga carriera alle spalle. Infatti ha soltanto 37 anni anche se sembra sia da una vita che calchi i palcoscenici. Anche il suo viso sembra leggermente più vecchio rispetto a quello di un uomo della sua età. Saranno forse le smorfie forzate di chi fa teatro che, bene o male, lavorano parecchio sulle rughe d’espressione. Sarà anche il suo incavato alla De Filippo che contribuisce alla quasi negazione di una carta d’identità che dichiara il 1951 come anno di nascita. Lo stesso anno di Claudio Baglioni, che di Ranieri pare il figlio. Comunque, Massimo Ranieri "cantante" era lontano dalle vette della Hit Parade a 45 giri addirittura dal gennaio-febbraio 1973 (ERBA DI CASA MIA) e da quelle a 33 dal 1974 (NAPULAMMORE). I dischi successivi non erano mai riusciti ad entrare nella "casta" dei primi dieci in classifica. La canzone si chiama PERDERE L’AMORE e dal primo ascolto già in molti sono pronti a scommettere sul suo trionfo. Il brano ha però un retroscena non da poco. Nel 1987 un altro partenopeo la presenta alla commissione. Si tratta di Gianni Nazzaro. Quella commissione, composta tra gli altri da personaggi illustri come Stelvio Cipriani e Pupi Avati (che fa il regista ma che ha un certo buon gusto per la musica) la boccia. Quest’anno, la commissione che è costituita, tra gli altri, da Achille Togliani, Giancarlo Nicotra e Maurizio Catalani, propende per il sì e Ranieri la porta a Sanremo. Facile immaginare il disappunto di Nazzaro che ci rimane malissimo. Ma come, io la porto e me la bocciano e a Massimo glie l’accettano? Parla di due pesi e due misure e chiude la polemica dicendo che non vuole essere contro Ranieri, amico da sempre, ma contro le famigerate commissioni di ascolto. Ranieri dirà che per cantare quella canzone ci volevano due toni in più (che Nazzaro non possiede). Come si diceva prima, la vittoria era nell’aria. Primo perché era da troppo tempo che Massimo non partecipava ad una competizione importante come Sanremo e secondo perché la canzone piace dal primo ascolto, al pubblico in teatro e a casa. Una tipica canzone all’italiana, come non se ne sentivano da un po’ a Sanremo, cantata con convinzione e consumato mestiere. Una canzone anche difficile da interpretare, specialmente se si è ancora giovani (nonostante le apparenze). Come può un 37 enne essere credibile quando canta: perdere l’amore quando si fa sera, quando fra i capelli un po’ d’argento li colora? A meno che non si sia un componente della Famiglia Addams, a 37 anni non ci si attacca ancora alla canna del gas in questo modo. Oggi sarebbe improponibile un quasi quarantenne a cantare un testo simile. Ve lo immaginate un tipo alla Piero Pelù (che di anni ne ha quasi quasi 50) che esegue un testo del genere, quando ancora se va in giro agghindato come un diciottenne? A parte il fatto che non avrebbe lo spessore artistico per farlo, sarebbe comunque impensabile. Ranieri la rende credibile e lo fa nella maniera a lui più consona e cioè rendendola accessibile ad un pubblico eterogeneo: è difficile trovare in questo 1988 un ragazzo adolescente o una persona matura, delle classi più disparate, che bocci il pezzo. Piace. E piace tanto. Il plebiscito di voti che lo incorona campione a 15 anni di distanza dall’ultima vittoria popolare (Canzonissima 1972-73) lo emoziona e quasi lo commuove. Non se l’aspettava: c’era il vincitore morale dell’anno prima e cioè Fausto Leali che aveva in gara una delle più belle canzoni da lui presentate in tutta la sua carriera, MI MANCHI. L’asso pigliatutto Toto Cutugno, che ogni volta che va a Sanremo va con un pezzo furbo e comunque estremamente popolare che rischia continuamente di vincere: quest’anno è particolarmente efficace musicalmente, con EMOZIONI. C’è un terzo incomodo, il sempre giovane Luca Barbarossa, al suo quarto festival con un testo impegnato e bello come L’AMORE RUBATO. C’è Marcella Bella, che è sempre la prima tra le donne (lo sarà anche quest’anno). La concorrenza è agguerrita ma lui, grazie alla sua costruita semplicità (fatta di mestiere e gigioneria) sbaraglia il campo e vince alla grande. Forse ci sperava in questa vittoria, forse no. Comunque non sarebbe passato inosservato. Oppure vogliamo credere alle coincidenze? In questo stesso periodo sta lavorando in teatro in RINALDO IN CAMPO, nella parte che fu di Modugno nel 1959. E Modugno vinse a Sanremo nel 1959 con PIOVE. Probabilmente per una volta, e mai come quest’anno, pubblico e giurie si trovano concordi: vince chi veramente meritava di vincere. Poi c’è chi se ne rammarica: Toto Cutugno il quale, poco cavallerescamente dichiara che Ranieri avrebbe potuto aspettare ancora un anno per presentarsi a Sanremo, visto che erano 19 anni che non vi partecipava. Essendo arrivato secondo, probabilmente in quel modo avrebbe ottenuto la vittoria. Tornando a Ranieri: quando torna a Napoli al teatro Politeama lo accoglie uno striscione apposto davanti al camerino che dice: Massimo, sei il nostro Maradona. E viene accolto da un’esplosione di gioia dai colleghi di lavoro e dal pubblico che lo reclama a gran voce. Non sarà comunque una parentesi: ha intenzione, appena finito con le repliche di RINALDO IN CAMPO, di presentarsi in tournèe per l’Italia e lanciare il nuovo LP con lo stesso titolo del brano sanremese che presto entrerà a far parte delle hit parade a 33 giri. PERDERE L’AMORE naturalmente conquisterà il primo posto dei singoli più venduti in Italia.

Luca Barbarossa

Una bella figura la fa anche Luca Barbarossa che presenta una canzone che parla di stupri, L’AMORE RUBATO. Franca Rame, stuprata di lusso, gli manda un telegramma in cui scrive che con quella canzone ha reso un gran servigio alla causa e Barbarossa replica che fino ad ora quel telegramma è la cosa più bella che gli fosse mai capitata (gran vita grama devi aver avuto, caro Barbarossa!). Scherzi a parte, cosa si può dire di una canzone che al solo ascolto riesce davvero a farti vivere le sensazioni di una donna che sta per essere stuprata, a sentire l’odore dell’erba intorno, alla paura che si può provare, al dolore fisico e morale di un atto così ignobile? Beh, questa canzone è quasi stregata: riesce a trasportare chi l’ascolta in una dimensione parallela e lo fa diventare la vittima. Uomo o donna che sia. Naturalmente per provare questa sensazione bisogna essere (se non stati già violentati) almeno sensibili ad eventi del genere. Perché L’AMORE RUBATO? E’ semplice: perché non è quello voluto, atteso, desiderato, pronto ad essere donato. Ma è quello estorto con l’inganno, la violenza, la cattiveria, la vigliaccheria del più forte sul più debole. Le carezze vengono sostituite dagli schiaffi e dalla violenza (la ragazza non immaginava che anche quello fosse l’amore, in mezzo all’erba lei tremava...) e il sogno di una prima volta d’amore un incubo reale (e lei sognava un amore profondo unico e grande, più grande del mondo). La canzone avrebbe dovuto essere cantata da Fiorella Mannoia, che poi rinunciò perché in una donna quelle parole avrebbero assunto una connotazione troppo vittimistica. Lei optò per LE NOTTI DI MAGGIO e Barbarossa se la cantò per conto proprio. Così, invece di un solo successo discografico se ne ebbero due.

Parliamo ancora del Festival cominciando dalla mancata conduzione di Christian De Sica. Era intenzionato a fare uno spettacolo nello spettacolo (praticamente voleva cantare e ballare) ma il tempo a disposizione non era così tanto. Voleva una grande orchestra, tempo per fare degli sketches, per offrire imitazioni. Insomma sarebbe stato il suo festival più che quello di Sanremo e della musica. La Rai lo ringrazia e gli dice di no. Si pensa allora a Luca Barbareschi o a Gigi Sabani. C’è anche la possibilità di una conduzione da parte di Giancarlo Magalli. Poi si scelgono Gabriella Carlucci e Miguel Bosè. Per la parte comica c’è Grillo che per quattro serate ne ha per tutti i gusti e il suo cachet è di 350 milioni, nel 1988. Il cast è davvero buono e queste sono le classifiche finali della categoria big:

1) Perdere l'amore - Massimo Ranieri, Voti: 7327344
2) Emozioni - Toto Cutugno, Voti: 4800912
3) L'amore rubato - Luca Barbarossa, Voti: 2510100
4) Dopo la tempesta - Marcella Bella, Voti: 1543532
5) Mi manchi - Fausto Leali, Voti: 1442346
6) Italia - Mino Reitano, Voti: 1149372
7) Quando nasce un amore - Anna Oxa, Voti: 853124
8) Per noi - Fiordaliso, Voti: 758874
9) Nascerà Gesù - Ricchi e Poveri, Voti: 654466
10) Le notti di maggio - Fiorella Mannoia, Voti: 615378
11) Inevitabile follia - Raf, Voti: 561206
12) Sarà per te - Francesco Nuti, Voti: 556824
13) Io (per le strade di quartiere) - Franco Califano, Voti: 522712
14) Nella valle dei timbales - Figli di Bubba, Voti: 451374
15) Come un giorno di sole - Michele Zarrillo, (Voti: 433106
16) Io - Loredana Bertè, Voti: 394116
17) Nun chiagnere - Peppino Di Capri, Voti: 369828
18) Andamento lento - Tullio De Piscopo, Voti: 345252
19) La prima stella della sera - Matia Bazar, Voti: 329156
20) Era bella davvero - Drupi, Voti: 282880
21) Il mondo avrà una grande anima - Ron, Voti: 230722
22) Una bella canzone - Flavia Fortunato, Voti: 209818
23) Cielo chiaro - New Trolls, Voti: 185306
24) Ma che idea - Denovo, Voti: 124060
25) Le tue chiavi non ho - Nino Buonocore, Voti: 91408
26) Come per miracolo - Alan Sorrenti, Voti: 77788

  I soliti imbecilli dei critici che vorrebbero una sorta di festival paesano invece che quello della canzone italiana hanno da ridire anche sul cast. Si blatera che il vero festival è quello al Palarock. Che la musica italiana in ascolto a Sanremo è una strana musica che vive uno sfasamento temporale perché sonnecchia per tutto l’anno per poi farsi sentire per due settimane e sparire di nuovo. E facezie simili. Sono quegli stessi che col Festival ci campano da una vita e che sistematicamente lo prendono di mira perché fa molto chic parlarne male. Indi, rimane una manifestazione per ideali piccoli borghesi e di cattivo gusto. Ma andate scopare il mare.

Nuove Proposte ed Ospiti Le Nuove Proposte sono 16. Molti personaggi sono noti, altri lo saranno, altri ancora non daranno più, in seguito, cenni di vita artistica. Tra i noti Giorgia (Fiorio, non Trodani), che nel 1983 e 1984 aveva già partecipato, un Biagio Antonacci irriconoscibile che presenta un brano scritto con Ron al quale ha fatto da corista nell’ultimo album. Il brano sanremese si chiama VOGLIO VIVERE IN UN ATTIMO. Poi ci sono Mietta (SOGNO) e Mariella Nava (UNO SPIRAGLIO AL CUORE). Mentre la Nava canta un pezzo scritto da lei, Mietta canta una canzone di Claudio Mattone. Poi ancora Paola Turci che presenta un brano scritto da Chiocchio e Righini dal titolo SARO’ BELLISSIMA. Ma il migliore resta, a nostro modesto avviso, Stefano Palatresi, tastierista di Renzo Arbore e attualmente in forza a IERI, GOGGI E DOMANI, il programma di Loretta Goggi. Lui presenta una bella canzone scritta da Arbore e Claudio Mattone, intitolata UNA CAREZZA D’AIUTO, che purtroppo arriva solo seconda. A vincere la speciale categoria è un gruppo di romani, inutili quanto brutti, i Future, che già l’anno precedente erano tra le nuove proposte e misteriosamente erano arrivati terzi. Inutile dire che i Future non se li filerà nessuno. Qualche volta la giustizia trionfa. Fronte ospiti: i due più grandi sono George Harrison e Paul McCartney. Poi Patsy Kensit degli Eight Wonder (che si farà scivolare la spallina facendo vedere il seno), Terence Trent D’Arby, Joe Cocker, Belinda Carlisle, Rick Astley, Wendy & Lisa, A-Ha, Bon Jovi, Johnny Hates Jazz, Guesh Patti, Antoine (sì, l’ingener Muraccioli di PIETRE) e altri. A parte Antoine, sono cantanti che in quel momento sono ai primi posti delle classifiche internazionali ed italiane. Alcuni andati avanti lo spazio di un mattino, altri sappiamo bene chi sono ancora oggi.

Paul McCartney è uno dei super ospiti al Festival di Sanremo. Torna in Italia dopo dodici anni, dal periodo in cui diede un concerto a Venezia. Dice di essere a Sanremo per fare il mimo perché canta in playback ma è deciso di tornare al più presto per una serie di concerti. Vorrebbe venire in Italia per un tour con un nuovo disco e una nuova band (gli Wings si sono ormai sciolti). Le canzoni le ha di già e le ha scritte insieme ad Elvis Costello. Si tratta di un disco fresco ed immediato e vorrebbe uscisse in anteprima in Russia, proprio per verificare con mano questa glasnost di cui tanto si parla. Per scherzare coi giornalisti dice di aver mandato il suo manager per toccare la situazione con mano ma da allora non è più tornato indietro! La bellissima canzone che presenta a Saremo è intitolata ONCE UPON A LONG AGO, il suo nuovo singolo, ed è tratta da ALL THE BEST, la raccolta di successi che ha dato alle stampe nel mese di dicembre. Era qualche tempo che Paul non assaporava il successo. Il problema, per uno come lui che ha scritto alcune tra le più belle pagine di musica di tutto il Novecento, è ripetersi ad libitum. Non è facile come non è facile mantenere sempre le aspettative. Ci sono momenti di stanca artistica e l’ha dimostrato ampiamente nel corso degli anni. Nel 1985 e 1986, i suoi due LP non ebbero il successo che la sua casa discografica e lui stesso si aspettavano. Si salva NO MORE LONELY NIGHTS, uscito alla fine del 1984 come singolo. Il successivo, tratto da PRESS TO PLAY (che si chiama giustappunto PRESS) fu un buco nell’acqua clamoroso. Questa raccolta di successi, trainata da ONCE UPON A LONG AGO si vende invece come il pane in tutto il mondo e toglie il povero Paul da una situazione, a dir poco, imbarazzante per un personaggio come lui. Naturalmente questa raccolta non è l’opera omnia di tutti i successi di Paul come solista. Vuole essere solo un campione e arriva dopo circa 9 anni dalla prima raccolta uscita nel 1978, WINGS GREATEST. A Sanremo presenta anche un altro brano, il retro del singolo, LISTEN WHAT THE MAN SAID. Dopo l’esibizione un’auto lo riporta a Nizza dove decolla per Londra.

Eros Ramazzotti è in testa agli album più venduti. E con merito. E’ un bel disco che presenta tutte le facce musicali del cantante di Centocelle. Un passo avanti rispetto al già godibilissimo NUOVI EROI del 1986. Lì c’era ancora un’ingenuità nei testi che nel nuovo sparisce del tutto. Lì si ascoltavano frasi ad effetto per arruffianarsi i teen agers, tematiche adolescenziali a volte stucchevoli. Qui molto di meno. Ci sono ottimi strumentisti e tutto il 33 giri è di livello superiore. Chiamiamolo pure l’album della consacrazione ufficiale di Eros Ramazzotti. Eros è diventato un prodotto di esportazione. Parte dalla Francia per invadere tutta l’Europa (solo Londra resta off limits). Svizzera, Belgio, Germania, Olanda, Spagna, Svezia etc. Nella sua cartina geografica personale può mettere una bandierina su quasi tutte le repubbliche europee. Tutte hanno un disco di Ramazzotti in classifica. Il segno inconfondibile del successo lo si scopre quando una platea straniera conosce dalla prima nota la canzone che poi viene cantata da un pubblico di lingua diversa dal cantante sul palco. Il tour europeo di Ramazzotti è davvero di gran successo. Un minimo di 12 mila persone ad evento, un palco da due miliardi di lire sormontato da un impianto luci mobili degno di un kolossal di fantascienza. Più di quarantamila presenze in quattro concerti in Svizzera (Losanna, Basilea, Zurigo, Berna), con ragazzine in estasi e con gli occhi lucidi che lanciano sul palco pupazzetti di peluche. 800 mila copie vendute in Italia, 200 mila in Germania e in Svizzera, Austria, Olanda, Spagna; tra l’altro il disco, appena uscito, registra le centomila unità già vendute. Il doppio di Madonna e del suo YOU CAN DANCE. Un boom di queste dimensioni per un cantante italiano è cosa rara. Soprattutto è difficile bissare un successo sporadico. Ne sanno qualcosa Modugno, Drupi, Tozzi che all’epoca vendettero centinaia di migliaia di copie per poi non riuscire a ripetersi (beh, Modugno ne vendette qualche decina di milioni in più con VOLARE). Lo stesso per Paolo Conte, Milva, la Nannini, Branduardi che sono sempre ben accolti in Europa ma che comunque si rivolgono ad un pubblico molto differente da quello di Ramazzotti. La canzone che anticipa nelle radio tutto il 33 giri è CERTI MOMENTI, seguita da LA LUCE BUONA DELLE STELLE, cantata in coppia con Patsy Kensit. Poi c’è la storia di una telefonata col padre (CIAO PA’): un figlio che è sempre in viaggio e che la sera telefona a casa. Le solite raccomandazioni del genitore al figlio e poi un arrivederci alla telefonata successiva. Un’altra canzone, LIBERO DIALOGO, invece tratta dei desideri e dei progetti per il futuro di un ragazzo e una ragazza che sono soltanto amici. Ecco, quella è scritta forse con un occhio particolare, rivolto agli adolescenti e ne risente anche il testo, troppo forzatamente giovanilistico, che conclude con dillo a certa gente dai quaranta in su. Il brano è comunque molto simpatico e la musica coinvolgente. Come lo è COSE CHE HO VISTO nella quale Eros elenca situazioni che ha vissuto sulla propria pelle o viste in tv e che vorrebbe tanto non contaminassero le successive generazioni. Forse un pezzo troppo demagogico ma, all’epoca, non male. La canzone più bella è forse OCCHI DI SPERANZA, che tratta della donazione delle cornee. Un testo che avrebbe potuto facilmente cadere nella trappola del populismo, delle frasi fatte e smielate ma che invece affronta l’argomento con delicatezza e con estrema dolcezza. Il trentatrè giri rimane in classifica per parecchi mesi e per la precisione dal 27 ottobre 1987 al 21 giugno 1988. Praticamente si dà il cambio con l’album successivo, MUSICA E’, che entra in classifica esattamente il giorno dopo, il 22 di giugno.

Successo spagnolo per Sabrina Salerno, anche se non per meriti prettamente artistici (una Sabrina Salerno artista farebbe ridere i polli, oltre che gli spagnoli). Capita che la ragazza ligure si presenti alla tv spagnola nella notte del Capodanno tra il 1987 e il 1988 e la sua comparsa faccia epoca non tanto per la canzone che presenta (BOYS) ma per i suoi pettorali, che parlano da soli. Una casa di automobili le offre 800 milioni di lire per pubblicizzare un nuovo modello di auto e le cliniche di chirurgia plastica vengono inondate da richieste per un petto "alla Sabrina". Che per Carnevale stia andando a ruba il petto alla Salerno (non è una ricetta culinaria) in plastica e che sia già pronta una bambola che vuole fare concorrenza alla Barbie col nome di Sabrina e che lo slogan del momento sia Sabrina es mejor que la Eta, no tiene metralleta y dispara con la teta. Penso che non ci sia bisogno di traduzioni, vero? La cantante, anche se strabica, però, continua a mietere successi in tutta Europa. BOYS ha ottenuto il primo posto nelle classifiche tedesche, olandesi, belghe e un ottimo piazzamento in Francia. E in questi paesi ha conseguito altrettanti dischi d’oro. Anche altre nazioni come Svezia, Portogallo, Svizzera, Austria la vedono presente e ben in alto nelle classifiche di vendita. Frattanto il disco che la Five, casa discografica di Sabrina, mette in circolazione si chiama HOT GIRL e lo vedremo, purtroppo, nelle prime posizioni delle hit parade internazionali.

Odeon Tv, la rete televisiva di proprietà di Calisto Tanzi ha denunciato la Fininvest di Silvio Berlusconi alla CEE per abuso di posizione dominante nel mercato della pubblicità radiotelvisiva. I legali della rete hanno inviato un dossier alla commissione CEE nella quale si leggerebbe che Berlusconi è riuscito a fomentare con successo una scissione all’interno del gruppo Odeon Tv garantendo programmi e pubblicità alle antenne che lasciavano la società di Tanzi.

Quando i quiz si facevano alla radio si chiamavano BOTTA E RISPOSTA (e i microfoni erano quelli di Radio Firenze Libera). Si era nel 1944, si vincevano lamette da barba e dentifrici (!!!) e il presentatore si chiamava Silvio Gigli. Nato a Siena nel 1910, morto a Roma il 7 febbraio 1988. Aveva appena consegnato a Via Asiago l’ultima registrazione chiamata 150 VOLTE GIGLI, un’antologia di alcune trasmissioni radiofoniche che la Rai manderà in onda postuma per omaggiare il celebre presentatore entrato all’EIAR nel 1932 e da lì mai uscito. Riuscì ad intervistare alla radio personaggi del calibro di Guglielmo Marconi, Luigi Pirandello, Grazia Deledda. Figlio di un vetturino, a 17 anni, nel 1927, diventa cronista del giornale La Nazione di Firenze e poi del Telegrafo di Livorno. Autore di commedie e romanzi e tiene a battesimo artistico Corrado Mantoni e Salvatore Accardo (quest’ultimo ne L’ORA DEL DILETTANTE), la Masina, Delia Scala, Panelli, Modugno. Per Sordi inventa il personaggio di Mario Pio (con chi parlo, chi parlo io). Silvio Gigli era anche solito fare spettacoli di beneficenza negli ospedali per portare conforto ad anziani e malati senza ricavarne pubblicità. La cosa si è venuta a sapere, difatti, solo dopo la sua morte. Ora le sue domandine facili facili, probabilmente allieteranno qualcun altro.

Christian Calabrese