Intervista a Marva Jan Marrow
( a cura di Christian Calabrese )

Certe volte le cose prendono una strana piega. Sono imprevedibili, Un po’ come questa intervista a Marva Jan Marrow. Le cose sono andate così: sul blog avevo scritto una recensione di un suo 45 giri del 1975, mai uscito per il mercato ma solo per gli addetti ai lavori (autori, programmisti e giornalisti).
Marva ha visto la copertina del singolo e stupita mi ha scritto dicendo di non possederlo. Cosa alquanto plausibile per i motivi riportati prima. Allora abbiamo cominciato a mandarci delle email di chiarificazione e lei stessa è intervenuta sul blog scrivendo un messaggio. Da qui all’idea dell’intervista il passo è stato breve.
Marva Jan Marrow ha un suo posticino particolare nella storia della musica degli anni settanta: ha inciso alla Numero Uno, ha partecipato a qualche festival pop ed ha lavorato con Lucio Battisti. Le domande da fare sono parecchie.

Per sua convenienza e facilità, abbiamo stabilito che potesse rispondere in inglese. Non perché non sappia l’italiano, ma perché, per scrivere molto nella nostra lingua avrebbe impiegato molto tempo (dice lei “dieci anni”!) Meglio l’inglese, quindi. Io lascio il testo in inglese “a fronte” per correttezza, con la mia traduzione a lato in corsivo. Anche se prevedo non ce ne sia bisogno. Naturalmente, la traduzione, non è LETTERALE. Non è possibile fare una traduzione parola per parola in inglese (come per un’altra lingua).

Allora, Marva: quando sei arrivata la prima volta in Italia e che cosa ti proponevi di fare?

I arrived (if I remember correctly!) on December 30, 1971. I arrived in Rome. There is a little story of the background of this arrival, so I will try to tell it here.

Ever since I was a small child, I had wanted to go to Italy. This was mainly because my mother was CRAZY for all things Italiano. In fact, growing up in Denver, Colorado, she had us all join the Circolo Italiano, a local social group. The consul from Italy was the person in charge of this group and we met at the center where he worked. I played with the consul’s son. I remember that the center put on a play with the children acting and everything was in Italian. I was the “farfalla” with homemade costume and big wings. I recited a little poem in Italian. I didn’t really know what it meant, but I did know “farfalla” meant butterfly. And I think a few words stayed with me until I was an adult.

So, when I finally made it to Europe (London), I knew I wanted to go to Italy. However, I had NO money – I had come to London on a very cheap one way ticket and I only had $200, I didn’t know anyone in Italy. But I knew I wanted to get there and I would figure out what to do once I was there. I first tried a wild experiment (remember, these were the early 70’s when it was “normal” for young people to follow their dreams, even if they were kind of crazy). I put notes on the windshields of rich people’s cars – Bentleys, Rolls Royces, asking if any of these would like to take a trip to Italy and take me along! I actually got a couple of calls, but no one was ready to pick up and take off on an adventure like I was!

So I found a dirt cheap plane ticket to Rome. This was a charter flight, which were common at that time. The plane left from the secondary airport in London, I think Gatwick. We got in the plane and headed toward the end of the runway – and then we sat there for almost four hours! There was some problem, but they didn’t really communicate what it was. All we knew is we were not returning to the terminal. I made the acquaintance of the nice, handsome young guy sitting next to me who told me he was on his way back home to see his parents and his “fidanzata.” I figured out what “findanzata” meant and knew about jealous Italian women from the movies, so even though he was attractive, I acted like a perfect lady.

Finally we took off and headed for Rome. We landed at Fiumicino after midnight. There was a custom officer (pissed off that he had to stay so late) – and that was all. The airport was closed, there were no taxis or other transportation and no way for me to get anywhere. My traveling companion’s parents greeted him with hugs and kisses and his “fidanzata” gave him a big possessive kiss. I was standing there, with my giant suitcase, looking forlorn. He could see that I would have to wait outside the airport until it opened in the morning. So there was a quick discussion, with lots of hand waving, with his parents. His fiancé looked furious and was pouting, but pretty soon he came to me and offered me a place to stay at his parents’ home for the night. I accepted gratefully. I was dead tired after the long trip and had not looked forward to sitting outside the airport all night in the middle of the winter.

We drove to the parents’ home (he was staying there too)and they offered me Vov, which I had never tasted and really liked. Yum! Then they fixed up a small cot for me in what was really a large closet, or the laundry room.

In the morning, after coffee, we piled into a Fiat 500. I had a HUGE suitcase and a HUGE guitar and there was the son, who was a tall and big man and the father, who was driving. So I was literally STUFFED into the back seat and my giant suitcase was miraculously piled onto my lap, my guitar squeezed into the seat – if you could call it that – beside me. So we drove into Rome (they lived in the suburbs, outside of Rome) with the suitcase almost over my head. I could see nothing at all out the window because of all my possessions (including an Afghan goat skin coat,that unfortunately SMELLED like a goat too!)piled on top of me.

We arrived in the Piazza de Spagna and they unloaded me and my suitcase, guitar and “fur” and we said good bye. The life-size Nativity scene was in the piazza for Christmas and the holidays and standing there, this was my first look at Italy. I couldn’t believe how beautiful it all was and tears streamed down my face with the beauty and wonder. I was finally here!

With much difficulty, I lugged my tremendously heavy suitcase up the Steps and found a guest house. I had the name of a friend of a friend of a friend and I called him. This was the beginning of my Italian adventure.

I had brought all the things with me that I knew to do – my guitar, my writing, four kilos of loose beads (to make necklaces and other jewelry), some jewelry tools. The first work I found was singing in piano bars and small clubs.

Sono arrivata, se ricordo correttamente, il 30 dicembre 1971, a Roma.

C’è una piccola storia dietro a questo arrivo. Fin da quando ero piccola, ho sempre voluto andare in Italia. Principalmente perché mia madre era PAZZA per tutto ciò che era “italiano”. Infatti, crescendo a Denver in Colorado, ha fatto sì che ci unissimo al Circolo Italiano, un gruppo locale. Il console italiano era la persona che gestiva il gruppo e che incontrammo a questo centro, dove lavorava. Io giocavo con suo figlio. Ricordo che il circolo metteva in atto delle recite dei bambini e tutto era in italiano. Ho fatto la “farfalla”, con un costume artigianale e delle grandi ali. Recitavo una piccola poesia in italiano. Non sapevo cosa dicesse ma sapevo che farfalla significava butterfly. Alcune parole credo siano rimaste con me fin quando diventai adulta.

Quando finalmente andai in Europa (Londra) volevo andare in Italia. Non avevo soldi, andai a Londra con un biglietto di sola andata molto economico e avevo solo 200 dollari. Non conoscevo nesuno in Italia ma sapevo che VOLEVO andare lì e tentavo di immaginare che cosa avrei potuto fare una volta raggiunta l’Italia. Provai un esperimento un po’ pazzo (considera che si era nei primi anni settanta quando era considerato “normale” per i giovani inseguire i loro sogni, anche se erano pazzi). Misi dei biglieti sui tergicristalli di macchine come le Bentleys e le Rolls Royces, macchine da ricchi, chiedendo se qualcuno stesse andando in Italia e portarmi con sé! Ricevetti un paio di chiamate ma alla fine nessuno era pronto per decollare in un’avventura come quella che volevo io.

Così trovai un biglietto scontatissimo per Roma. Era un charter, cosa molto comune all’epoca. Il volo partì dall’aereoporto minore di Londra, Gatwick, credo. Sull’aereo, mentre stavamo per decollare ci deve essere stato qualche problema (siamo stati seduti lì per quattro ore!) ma non ci comunicarono quale fosse. Quello che sapevamo era che non saremmo tornati al terminal. Ero seduto accanto ad un bel ragazzo con il quale feci conoscenza. Stava tornando a casa per vedere i suoi genitori e la sua fidanzata.

Immaginavo il significato di “fidanzata” e conoscendo qualcosa dele donne italiane e della loro gelosia attraverso i film, sebbene fosse bello, mi comportai come una signora. Finalmente decollammo per Roma e atterrammo a Fiumicino dopo mezzanotte. C’era un doganiere, arrabbiato per il fatto che dovette restare così a lungo. L’aereoporto era chiuso e non c’erano taxi o mezzi di trasporto per accompagnarmi da qualche parte. I genitori del mio compagno di viaggio lo salutarono con abbracci e baci e la sua fidanzata gli diede un bacio “possessivo”. Io ero lì. Con la mia valigia gigantesca guardandomi attorno sconsolata. Lui capii che sarei stata fino all’indomani mattina fuori dall’aereoporto aspettando che riaprisse. Così ci fu un’animata e veloce discussione con gesticolazioni da parte dei suoi genitori. La sua fidanzata sembrava furiosa ed imbronciata. Poi lui venne e mi propose di passare la notte a casa dei suoi genitori. Accettai con gratitudine anche perché ero stanca mora e non è che vedessi l’ora di passare la notte all’esterno nel ben mezzo dell’inverno.

Guidò fino a casa dei genitori (dove dormiva anche lui)e una volta arrivato mi offrì il Vov, che non avevo mai assaggiato e che mi piacque. Yum! Poi approntarono un letto in quella che doveva essere la stanza della lavatrice.

Il mattino dopo, dopo il caffè, ci infilammo in una 500. Io avevo la mia enorme valigia e la mia chitarra. E c’era il figlio, che era grande e grosso e c’era il padre che guidava. Io ero letteralmente stipata sul sedile di dietro con la mia valigia miracolosamente accatastata sul mio grembo e la chitarra schiacciata sul sedile – se si può chiamare così – oltre me. Così andammo a Roma (vivevano nei sobborghi) con le valigie sopra la mia testa. Io non potevo vedere assolutamente nulla dal finestrino perché tutti i mie oggetti personali, compreso un cappotto afgano che puzzava come una capra, erano sopra di me.

Arrivati a Piazza Di Spagna mi scaricarono insieme alle valigie e alla mia “pelliccia” e mi dissero ciao. C’era il presepe, allestito per le festività e quello fu il mio primo impatto con la città. Non potevo credere a tanta magnificenza e mi scesero le lacrime per la bellezza e la meraviglia. Ero finalmente arrivata!

Con molta difficoltà trascinai le mie valigie su per le scale e trovai un alloggio. Avevo il nome di un amico di un amico di un amico e lo chiamai. Comiciò così la mia avventura italiana.

Avevo portato con me tutto quanto sapevo di fare - chitarra, scrivere, 4 chili di chincaglierie (per fare collane ed altri monili), alcuni attrezzi. Il primo lavoro che trovai fu di cantare in piano bar e piccoli locali.


Com'è stato il tuo impatto di cittadina americana quando sei arrivata (a Roma o a Milano)?

Part of this I think I answered above. However, I felt like the photos and images I had seen for so many years, that I had drunk so thirstily from magazines, books and movies, had come alive! For some time, I just couldn’t believe it.

Through Marcello, the fiorentino friend of a friend of a friend, I met a very wealthy half-Italian, half South American man and we had a month or two long love fling. He was very impulsive and also got into fights just about every time we went to the fancy restaurants around the Piazza de Spagna and Piazza del Popolo, but he was an architect and very intelligent, with many interests and also full of spirit of adventure. During this time, I started to learn Italian (possibly my first word was “Madonna” as I heard “Madonna” this and “Madonna” that ALL the time), constantly carrying around a little dictionary, looking up words furiously and asking lots of questions. Pretty soon I knew how to ask, “What is the word for that?” or “What does that mean?” or “How do you say that?” and I was putting small phrases together. Thankfully, with my musical ear, languages come rather easily to me and I had no fear in trying to speak or make myself understood, even if I got a lot of weird looks and laughter.

I lived with Antonio, the architect in his apartment on the exclusive street very close to the Piazza de Spagna, where all the art galleries were - I can’t remember the name of that street. He had a multi-level penthouse there – very beautiful and much more luxurious than anything I had ever seen. He took me to Sicilia as he wanted to buy scaccia pensieri where they came from. I stayed in the incredible hotel in Taormina that was once a monastery and we traveled all over the island, buying scaccia pensieri, playing them, listening to people play them and visiting the Greek (or Roman??) ruins on that island. All of this of course was totally amazing to me.

He also loved my music and I spent hours playing and singing for him, or bringing my guitar to the restaurants where we went in the evening, near where he lived or to Trastevere and playing, entertaining the guests there with spontaneous concerts.

So when all good things came to an end and he wanted to move on in relationships (I knew this would not be a lasting one as he never had lasting relationships), I at least felt that I could potentially make a living singing.

Through Marcello, I got in touch with an impresario and got my first singing job in Firenze. So I moved to Firenze to sing at this very hip piano bar, a place where all the cool people hung out.

Beh, in parte ti ho risposto prima. Comunque mi sentivo come nelle foto che avevo visto per anni, foto che mi ero “bevuta” da assetata da giornali, riviste e film. Erano lì, vivi. Per un po’ di tempo, non riuscivo a crederci.

Attraverso Marcello, un fiorentino amico dell’amico di un mio amico, conobbi un facoltoso uomo, mezzo italiano e mezzo sudamericano con cui ebbi una storia d’amore lunga un mese o due. Era molto impulsivo e spesso litigavamo quando andavamo a mangiare nei fantastici ristoranti che ci sono a Piazza Del Popolo e Piazza Di Spagna. Era un architetto intelligente con molti interessi e grande spirito d’avventura. Durante questo tempo, cominciai a studiare l’italiano (probabilmente la prima parola che imparai fu Madonna giacchè sentivo dire “Madonna” di qua e “Madonna” di là) costantemente portandomi appresso il vocabolario, ricercando termini furiosamente e facendo tante domande. Abbastanza presto imparai a dire “come si dice” o “ qual è la parola per” o “cosa significa” e potevo mettere insieme piccole frasi di senso compiuto. Grazie al mio orecchio musicale, le lingue non mi risultavano difficili e non avevo paura di parlare o di cercare di farmi capire, anche se vedevo sguardi meravigliati e risate.

Ho vissuto con Antonio, l’architetto, in un appartamento in una via molto esclusiva vicino a Piazza Di Spagna, dove ci sono le galleria d’arte. Non mi ricordo il nome della via [Via Margutta, n.d.r]. Aveva un appartamento a più livelli veramente splendido e molto più lussuoso di ogni cosa che avevo visto prima. Mi portò in Sicilia e mi comprò uno scacciapensieri. Stetti in un incredibile hotel a Taormina che una volta era un monastero e viaggiammo attraverso l’isola comprando scaccia pensieri, suonandoli, ascoltando gente che li suonava e visitando le rovine greche (o romane?). Tutto questo fu assolutamente sorprendente per me.

Lui amava anche la mia musica e passavo delle ore a cantare e suonare per lui o portando la chitarra nei ristoranti dove andavamo la sera, intrattenendo i clienti con concerti estemporanei.

Però tutte le cose belle hanno una fine. Sapevo che non sarebbe stata durevole come relazione (così come lui non ne ha mia avute)e sentivo che potevo vivere cantando.

Sempre attraverso Marcello, il mio amico fiorentino, mi misi in contatto con un impresario che mi trovò un lavoro a Firenze. Era un piano bar molto alla moda, bazzicata da tutta gente “figa”.

Chi ti ha inoltrato nell'ambiente musicale italiano?

Singing in Firenze was great and I spent six months there. I made many friends and was invited to homes of weathy people on the weekends to sing for them, hang out with them. Then the impresario sent me to Milano, to sing at a very hot club called Il Senato (on the same street). It had a piano bar upstairs, with a restaurant, and downstairs it had another part of the restaurant and a club where some of the finest jazz musicians in the world either did gigs or came after their concerts. I met and heard jazz greats like Keith Jarrett and others there as they came to jam after their concerts, until early in the morning.

I quickly developed quite a following of fans at Il Senato and the place was packed, becoming more and more of a hang out for people in the music and other industries. I met various up and coming musicians there and also Danny Besquet, who managed talent later on, such as Nikka Costa and others. We would all play and sing for hours and hours and guest musicians also came to sit in, with acoustic guitars and other acoustic instruments. We had a great time and the atmosphere was charged with creativity and vitality. This is where I finally met Claudio Fabi.

He came as a customer often and we started to talk. My Italian was getting pretty good by then and I could definitely carry on a conversation, but Claudio spoke excellent English and we spoke in English. After visiting the club many times, and listening to me sing and play, he invited me to the Numero Uno. By that time, I had heard of Numero Uno and knew it was the best, most “happening” music label. I also of course knew and loved Battisti and his music. More than all the other Italian singer-songwriters, I was crazy about his music.

I also liked the music of Mina, Ornella Vanoni, Luigi Tenco, Gino Paoli, Fabrizio de Andre. Those are a few of the ones I remember having a first impact on me.

So I went to see Claudio Fabi at the Numero Uno, played my songs for him, did some simple provini that day. And before I left, I had a signed recording and publishing contract in my hand! No checking with attorneys or anything else, I just jumped at the chance to be in this amazing group and atmosphere. To me it was the most incredible honor.

Cantare a Firenze è stato grande e in tutto ci stetti sei mesi. Feci parecchie amicizie, anche gente facoltosa e nei weekend li frequentavo, cantando e suonando per loro. Poi l’impresario mi mandò a Milano, in un locale veramente alla moda, chiamato IL SENATO, che stava in una via da cui il locale ha preso il nome.

Incontrai parecchi musicisti e tra loro c’era anche Danny Besquet, che più tardi avrebbe gestito persone come Nikka Costa ed altri. Suonavamo e cantavamo per ore ed ore. Caricati da tanta vitalità e creatività. C’era una grande atmosfera. Lì incontrai Claudio Fabi.

Venne come cliente e cominciammo a parlare. Il mio italiano migliorava e si perfezionava al punto che potevo tranquillamente portare avanti una conversazione. Ma Claudio parlava un eccellente inglese. Dopo essere venuto molte volte al locale a sentirmi cantare mi invitò alla Numero Uno. Conoscevo la Numero Uno e sapevo benissimo che era l’etichetta più vitale del momento. Conobbi naturalmente Battisti e la sua musica. Più di tanti altri cantautori italiani, ero completamente impazzita per la sua musica.

Mi piacevano anche Mina, Ornella Vanoni, Luigi Tenco [naturalmente era già morto, n.d.r], Paoli e De Andrè. Questi erano quelli che ricordi mi impressionarono da subito.

Così andai da Claudio Fabi alla Nunero Uno cantando delle mie canzoni e facendo dei provini. E prima che uscissi avevo firmato e avevo un contratto tra le mie mani! Non controllando di avere dei procuratori o altro, saltai di gioia per questa occasione di essere all’interno di questo formidabile gruppo. Per me fu un incredibile onore.

Com'era a quel tempo, il panorama musicale in Italia e cosa ne pensavi?

It was just fantastic. So much talent, so much energy. We followed our dreams, worked together and had lots and lots of fun. When I met Patrick Djivas and he moved in with me, our home was a place that music happened all the time. We didn’t really plan things, but we would hear the doorbell ring, then another and another and all of a sudden we were all playing music, listening, jamming together, making harmonies, cooking and eating and then making more music. Passing around a joint too...

When she was in town, Patty Pravo, Nicoletta, would ring our buzzer – usually at some god-awful time of night, like three in the morning – and want to come in to play music, talk. And we were falling asleep on our feet – we didn’t want to seem rude or not glad to see her.

Numero Uno was a place that we all visited and then many of us worked together, either in the studio, singing back up or whatever. There were so many exciting groups and singer-songwriters. And in Milano, where I lived, there were also plenty of small clubs where we could listen to music or go to dance. There was plenty of alternative music and art being developed too – Battiato, music and art happenings, the first multimedia events too. Gianni Sassi, who was a big advertising mogul was the center of most of the really cutting edge stuff. He had groups like Area, with the great Demetrio Stratos and others on his recording lable. There was some outrageous fluff too, like Renato Zero, the Pooh and others, but a lot of the music was very powerful. There were some great girl singers as well – Patty Pravo, of course Mina as always, Gianna Nannini, Mia Martini…I was friends with all of these people and collaborated at some point in time with most of them in some way.

Anyway, it was a very exciting, very creative and high energy time. We had fun, lived with passion. It was a very full and important time of my life and I think for the music too. The Italian cantautori were so talented and they just kept coming and coming with great music, meaningful lyrics. I certainly do think of that time and, even though I seem to live very much in the present (that is just me!) I do definitely miss the friendships, the collaboration and just the great great music of that time.

Era veramente fantastico! Così tanti talenti, così tanta energia….seguivamo i nostri sogni lavorando molto e divertendoci da matti. Quando incontrai Patrick Djivas e lui traslocò da me, la nostra casa era un posto dove la musica era ovunque, per tutto il tempo. Non pianificavamo nulla ma il campanello suonava e la gente entrava ed entrava ed improvvisamente tutti insieme suonavamo, ascoltavamo musica, facevamo delle jam sessions improvvisate. Si creava un armonia positiva,cucinavamo mangiavamo e naturalmente ci passavamo gli spinelli [molto caratteristico dell’epoca, questo passaggio! n.d.r].

Quando era a Milano, anche Patty Pravo veniva a bussare, certe volte ad ore fuori dalla grazia di dio, come le tre di notte. Ed entrava per ascoltare musica o per parlare. Noi ci addormentavamo esausti, senza per questo passare per gente maleducata o che non avesse piacere di averla fra noi.

La Numero Uno era un’etichetta dove si stava tutti insieme e ognuno di noi lavorava nei dischi degli altri, facendo cori o altro. C’erano tanti gruppi e cantanti, cantautori. E Milano era una città piena di locali dove si poteva ascoltare la musica. C’era molta musica alternativa che si sviluppava di continuo: Battiato. Con la sua musica ed i suoi “happenings”, i primi eventi multimediali. Gianni Sassi, uno dei più grandi “baroni” del mondo dei media era il centro di questi eventi. Aveva gli Area e Demetrio Stratos nella sua etichetta. C’erano anche dei pasticcioni come Renato Zero e i Pooh [ehm..n.d.r]. Ma c’erano anche delle grandissime cantanti come Mina, Patty Pravo, Mia Martini, Gianna Nannini. Sono stata amica di tutte loro ed in alcuni momenti ho collaborato con la maggior parte di loro.

Comunque era proprio bello! C’era creatività, voglia di fare ed energia. Credo sia stato il momento più importante della mia vita e della mia musica. I cantautori italiani era davvero talentuosi e la loro musica era meravigliosa così come i loro testi, pieni di significato (proprio come adesso, con Tiziano Ferro e Gigi D’Alessio! n.d.r) Quando penso a quei periodi , sebbene viva nel presente, mi mancano molto le amicizie, le collaborazioni e tutta quella grandissima musica di quel periodo!

Quando hai incontrato Lucio Battisti la prima volta e che effetto ti ha fatto?

I had already been a long time fan of Lucio. I had first heard his music when I was singing in the piano bar in Firenze. The piano player there (with whom I had an infatuation at that time) sang his songs and I heard them at people’s houses, on the radio. So I already loved his music and I knew he was the numero uno of the Numero Uno.

I met him in the office one day and he was introduced to me. I was surprised at how un-starlike he seemed – not too tall, sweet face and smile, quiet, a bit pudgy. We didn’t say too much that day. He seemed shy and I definitely was a bit intimidated.

Io già ero una fan di lungo corso di Lucio. Ho sentito per la prima volta la sua musica quando ero a Firenze, al piano bar. Il pianista (della quale ero infatuata!) cantava le sue canzoni , le stesse che ascoltavo nelle case della gente e per radio. Quindi, già amavo la sua musica e sapevo che la Numero Uno era veramente la “numero uno” in assoluto.

L’ho incontrato la prima volta in ufficio e si presentò. Fui sorpresa di quanto non sembrasse una star: non molto alto, una faccia dolce e sorridente, tranquillo, un po’ tracagnotto Non parlammo molto, quel giorno. Sembrava timido ed io ero un po’ intimidita da lui.

Della Numero Uno, quali altri cantanti hai conosciuto? E con quali andavi particolarmente d'accordo?

I became really good friends with Eugenio Finardi. His mother was American, so he spoke fluent English. I wrote two lyrics for him: Spacey Stacey and Hard Rock Honey which came out on the Numero Uno lable. Tony Renis took me under his wing. I was pretty broke all the time, so he and his wife Elettra Morini would invite me to dinner at their house, feed me and Tony would usually slip me some money as I was leaving, doing it in a very casual way so I wouldn’t be embarrassed.

Then of course, I met Patrick Djivas, bass player first for the Area and when I met him, he had just joined PFM. We met at Franco Mamone’s office, one very cold February. Mamone was starting to manage me and he had been the long time manager for PFM. Patrick and I were waiting in the waiting room for a moment to talk to Mamone. Patrick had just returned from visiting his mother in Nice and he was a bit nervous as he had all of his suitcases and belongings in his car, parked below. He didn’t have an apartment at that time. I think maybe he was staying with Demetrio?

Anyway, we were talking (he spoke good English, although my Italian was pretty good by then, but I enjoyed being able to relax and speak my own language) and we started talking about Chinese food – not sure how that came up. So he asked me if I wanted to go to dinner. I said yes. After we both spoke to Mamone, Patrick followed me home with his car. I was riding my little red motorbike and it was FREEZING outside. I had an icicle on the end of my nose by the time I got home and I could barely feel my fingers.

When we arrived at my flat, Patrick asked if he could leave his bags inside and also change his clothes. I agreed. We both changed and went to the Chinese restaurant. We talked for hours and kept on talking at home, which led to other things. And he was still there in the morning. He didn’t leave for the next twelve years.

I was kind of the baby at the Numero Uno, or at least they treated me like that. Alberto Radius was always very kind to me, teasing me like a little sister. And the others of the Flora, Fauna e Cemento and Formula Tre were the same. Bruno Lauzi was always very kind and thoughtful to me. He had a kind of ironic and quiet sense of humor and a big voice, for such a small person. I also wrote some really good lyrics for Ivan Fossati (who was the boyfriend of Mia Martini at the time, who was insanely jealous – for no good reason), but I’m not sure these were ever released, although I have the provini. I’m not sure Ivan Fossati was ever actually under contract to Numero Uno, but he spent a lot of time with us and the various musicians there

I got to be very close and good friends with the others in PFM of course. We toured together and I wrote the lyrics for two of their albums, Chocolate Kinds and Jet Lag.

I was also particularly good friends with Ivan Graziani. In fact, I was probably the reason that Ivan finally got discovered – he was a great, dynamic talent – and got his contract with Numero Uno. Patrick and I met him when he was playing at a very small little club. We immediately loved his eccentric guitar playing (but I HATED for him to play my very precious Martin guitar as he banged on it and always pulled the cords so hard that they would break!) and high-pitched singing voice. I would bring my guitar there and Patrick would watch or play too, bringing along a tiny portable battery run loudspeaker for his bass guitar as Ivan and I would sing and play, harmonizing.

I brought Ivan to play on various provini that I was making and even took him to Rome with me afterwards when my contract switched over to the “mother” RCA there. In any case, Patrick and I were very close friends with him and his wife Anna, who was a lovely person and very pretty.

Divenni molto amica di Eugenio Finardi. Sua madre era americana e per questo lui parlava un inglese fluente. Scrissi due testi per lui: SPACEY STACEY e HARD ROCK HONEY che uscirono con la Numero Uno [1973, n.d.r]. Tony Renis mi prese sotto la sua protezione. Ero abbastanza in bolletta in quel periodo così sua moglie Elettra Morini mi invitava a mangiare da loro e Tony mi allungava spesso dei soldi quando stavo per uscire, con fare casuale, per non farmi sentire imbarazzata.

Quando conobbi Patrick Djivas, era il bassista degli Area ed era appena passato alla PFM. Ci incontrammo negli uffici di Franco Mamone, in un febbraio molto freddo. Mamone stava cominciando a produrmi ed era stato a lungo il produttore della PFM. Patrick ed io stavamo aspettando il nostro turno per andare a parlare con Mamone. Era molto nervoso perché era di ritorno da Nizza, dove era andato a trovare la madre ed aveva lasciato la macchina carica di valigie, parcheggiata sotto. Non aveva un suo appartamento in quel periodo. Pensavo abitasse con Demetrio.

Cominciammo a parlare. Sebbene parlassi l’italiano abbastanza bene, lui mi parlò in inglese, così fui felice di rilassarmi parlando la mia lingua. Cominciammo a parlare del cibo cinese (non so come venne fuori questo argomento). Mi chiese se volessi andare a cena. Dopo parlato con Mamone, mi seguì con la sua macchina. Io ero in motocicletta. Io avevo il naso come un ghiacciolo e quando arrivai a casa potevo appena sentirmi le dita.

Quando venne su a casa, Patrick mi chiese se poteva portare su le valigie e se si poteva cambiare. Acconsentii e lo feci anche io. Andammo al ristorante cinese e parlammo per ore ed ore. Portammo i nostri discorsi su in casa e la mattina dopo era ancora lì. Non se ne andò per i successivi 12 anni.

Io ero come la ragazzina della Numero Uno, o almeno loro mi trattavano così. Alberto Radius è sempre stato gentile con me, vezzeggiandomi come fossi la sorellina. E gli altri della Flora Fauna & Cemento e la Formula Tre facevano lo stesso. Bruno Lauzi era anche lui molto carino con me ed aveva sempre un pensiero. Aveva una forte ironia, uno spiccato senso dell’humore ed una grande voce, per essere così piccolo. Scrissi anche del buoni testi per Ivano Fossati, che a quel tempo stava insieme a Mia Martini, che era molto gelosa di lui, in maniera quasi insana e senza motivo. Non so se siano mai usciti su disco, comunque ho i provini. Non sono sicuro che Ivano Fossati avesse un contratto con la Numero Uno ma passava moltissimo tempo con noi.

Ero molto intima degli altri della PFM. Andavamo in tour insieme e scrissi i testi di due dei loro album, CHOCOLATE KINGS e JET LAG.

Ero anche molto amica di Ivan Graziani. Probabilmente fui la causa per la quale Ivan fu scoperto dopo tanto tempo ed ebbe il suo contratto con la Numero Uno [veramente Ivan Graziani ebbe il suo primo contratto con la Numero Uno già nel 1969 n.d.r] . Io e Patrick lo sentimmo suonare in un piccolo locale e ci piacque subito il suo modo di suonare la chitarra così eccentrico e la sua voce così acuta (ma odiavo prestargli la mia preziosa chitarra Martin perché la suonava e la utilizzava in maniera così violenta, pressando le corde così duramente che sembravano si spezzassero) tanto saliì sul palco anche io palco con la mia chitarra e Patrick fece lo stesso portandosi una batteria portabile per la sua chitarra basso. con la sua batteria, cantando e suonando, armonizzandoci a vicenda.

Portai Ivan a suonare in vari provini che stavo facendo e quando passai alla casa madre RCA venne con me a Roma. Io e Patrick eravamo molto amici e lo eravamo anche di sua moglie Anna che era una donna adorabile e veramente carina.

Ti ricordi quale aria si respirava in quella label?

We were very aware that the Numero Uno was a place for the sharpest talents, the artists that people watched. Although it was part of RCA, during most of the time I was under contract, the artists and management of Numero Uno considered ourselves our own group. Of course, with Battisti and Mogol as the heads of the company, basically we could write our own tickets, we could do no wrong. We felt pretty invincible. Of course there were certainly the usual little disagreements and such as everyone wanted to make sure their records were pushed, that they were appreciated. But I think everyone also realized what a special thing it was to be a part of this label. Tutti noi eravamo consapevoli che la Numero Uno fosse un posto per persone brillanti, per artisti che la gente voleva. Sebbene fosse una parte della RCA, durante la maggior parte del tempo in cui ero sotto contratto con l’etichetta, gli artisti e il management della Numero Uno erano considerati una cosa a parte. Naturalmente, con Mogol e Battisti ai posti di comando, non potevamo certo sbagliare. Ci sentivamo invincibili. Certo, naturalmente c’erano delle piccole incomprensioni o disaccordi perché ognuno di noi voleva che il proprio disco fosse spinto di più, che fosse apprezzato. Penso che ognuno si rendesse perfettamente conto che cosa particolare fosse, far parte di questa etichetta.

Come mai hai inciso IL NOSTRO CARO ANGELO in inglese (OUR DEAR ANGEL)?

It was Lucio’s (and probably Mogol’s/Guilio’s) decision. Being young and thinking only of my music and all, what I really wanted to do was sing my own songs. But I realized that I had to start somewhere. I guess I was flattered that Lucio wanted me to sing his song and also write the lyrics. Of course it was a good decision he made. E’ stato Lucio (e probabilmente Mogol). Essendo giovane e pensando solo alla mia musica, quello che volevo era cantare solo le mie canzoni. Ma mi rendevo conto che dovevo cominciare pure in qualche modo . Ero compiaciuta del fatto che Lucio mi facesse cantare una sua canzone e scrivere anche il testo. Una buona decisione.

Qual era la canzone di Lucio che ti piaceva di più?

Wow… where do I start? There were (and still are) so many… I guess my first favorite was “Emozioni.” It always brought tears to my eyes. “Ancora Tu,” “E Penso a Te,” “Mio Canto Libero,” “Amarsi un Po.” Those are the ones that come to mind, but many many MANY great songs. Wow..da dove devo cominciare?? Ce n’erano (e ancora ce ne sono) così tante… Penso che la mia favorita fosse EMOZIONI. Mi ha sempre commosso. ANCORA TU, E PENSO A TE, IL MIO CANTO LIBERO, AMARSI UN PO’. Queste sono quelle che mi vengono in mente. Ma ce ne sono molte altre ancora..

Hai mai fatto qualche trasmissione tv? Se sì, quale?

There were a couple of transmissions, but I don’t remember which ones. When I got into photography, after the singing career, there was an idea to make a series of me as photographer and interviewer for bands and singers. We did a couple of episodes but it never went anywhere. Ci sono state un paio di trasmissioni, ma non ricordo quale. Quando cominciai come fotografa, dopo la carriera di cantante, c’era un’idea c’era l’idea di una serie di interviste tv a gruppi e cantanti. Facemmo un paio di puntate e poi la cosa finì lì.

Dimmi un cantante italiano di quegli anni che ti piaceva molto ed uno che non ti piaceva per niente.

Hmmm…as I already mentioned, I liked Mina, Mia Martini. I also liked Claudio Baglioni, Riccardo Cocciante (not always though). I’m sure there are others, but I would need to see a list of who was recording then! Hmmmmm.. come ho già ditto, mi piaceva Mina e Mia Martini. Ma anche Claudio Baglioni e Riccardo Cocciante (non tutto, ovviamente). Sono sicura che ce ne sono altri ma dovrei vedere una lista per individuarli.

Qual è stato il primo disco che hai comprato nella tua vita?

Hmmm… Probably, one of the records of the Kingston Trio, a folk group in the US. Certainly the Beatles were among the first. I also really liked Joan Baez. I guess those were the earliest ones, but I don’t recall the very FIRST one. Probabilmente uno dei Kingston Trio, un gruppo folk americano [quelli di TOM DOOLEY, n.d.r]. Poi naturalmente i Beatles furono tra i primi che comprai. Mi piaceva molto anche Joan Baez. Ecco, credo che questi erano tra i dischi che comprai ma non saprei ricordarmi quale fu IL PRIMO.

E l'ultimo?

Cold play Greatest Hits. Il greatest Hits dei Cold Play.

Quale disco regaleresti sempre?

Maybe... Donald Fagan, “The Nightfly,” or Steely Dan, “Aja” or “Gaucho” or Joni Mitchell – a couple of hers. Forse... Donald Fagen (THE NIGHTFLY) o Steely Dan (AJA o GAUCHO) o Joni Mitchell, un paio dei suoi.


Quando hai smesso di incidere e perchè?

When Numero Uno switched my contract to RCA, I still had a lot of enthusiasm and things going as the head of RCA, Melis, loved me and wanted me in Rome, involved in projects all the time. But then disco music started creeping into the scene. And before you knew it, absolutely EVERYTHING was disco music. It was very frustrating and I just didn’t feel comfortable writing or singing that music. I wrote a few lyrics to disco type songs – one for Pino Massara for a group called Boney M, a song called “Margherita (Love in the Sun)” which was a fairly good hit and a cute disco-type song.

But I was more and more frustrated and Patrick urged me to get into photography, which came very naturally to me. So, with much reluctance (and a very bad and undoubtedly childish attitude and lots of grumbling and complaining!) that is what I did. I NEVER thought in a million years that I would give up my singing and writing, recording as a career, but, other than occasional writing, I did.

Under the visionary guidance of Melis, head of the powerful RCA label at that time, I also wrote translations for the biggest hits of artists such as Antonello Venditti and Francesco de Gregori. I don’t know if these English versions were ever released. But Melis had in mind to get the impressive talents of the young singer-songwriter “cantautori” out into the world, beyond the borders of Italy.

I actually also recorded an album with Claudio Fabi producer – all my songs. This was supposed to be released by RCA, but for some reason it was not. I think there were plans to re-cut some songs and then things fell apart. I don’t even have a copy of this, very unfortunately, but I would think that somewhere in the archives of the RCA, it is still there. How I would love to have this!

I did write a song with Tony Renis, “Christmas in Love,” about a year ago though. It was the theme song for a Danny De Vito movie of the same name and it won the Donatello for Best Original Song in a Motion Picture for 2006. It was also nominated for a Golden Globe award here in the US. So I am not quite dead yet ?

Quando passai alla RCA, ancora avevo molto entusiasmo e voglia di fare e il capo della RCA (Ennio Melis) mi voleva molto bene e voleva che andassi a Roma, coinvolgendomi in progetti per tutto il tempo. Ma poi la discomusic irruppe improvvisamente e prima che tu te ne fossi accorta, TUTTO era discomusic! Ero molto frustrata e scoraggiata perché non mi sentivo a mio agio con quel genere di musica. Scrissi un paio di testi per canzoni “disco” – una per Pino Massara per un gruppo chiamato Boney M. che si chiamava MARGHERITA (LOVE IN THE SUN) che fu un buon hit e un esempio carino di discomusic.

Ma mi sentivo sempre più frustrata e Patrick mi spingeva verso la fotografia, che tra l’altro mi era congeniale. Così, con molta riluttanza ed infantilismo misti a continui mugugni e lamentele, questo è quello che feci. Non avrei mai pensato (MAI!) d smettere di cantare e scrivere. Ma è quello che feci, eccetto sporadiche ed occasionali collaborazioni.

Sotto la guida sognatrice di Melis, capo della potentissima RCA, scrissi traduzioni per artisti come Venditti e De Gregori. Non so se queste versioni in inglese furono mai edite ma Melis era intenzionato a far conoscere la generazione giovane cantautoriale al di fuori dal confine italiano.

Registrai anche un album con Claudio Fabi come produttore, di tutte mie composizioni. Doveva uscire per la RCA ma poi non fu così. C’era l’idea di rifare alcuni brani ma poi la cosa cadde (era il 1978, n.d.r). Purtroppo non ho una copia di questo disco ma credo che in RCA ci sia. Come mi piacerebbe averlo! [cara Marva, sapessi a quanti di noi piacerebbe avere tante di quelle cose che gli archivi delle case discografiche tengono a marcire, per loro grandissima ignoranza! n.d.r]

Scrissi anche una canzone con Tony Renis, CHRISTMAS IN LOVE, circa un anno fa [per il film di De Sica, n.d.r]. Era la canzone per un film di Danny De Vito e vinse il Donatello per la migliore canzone originale di un film del 2006. E’ stata anche nominata al Golden Globe qui in Usa. Come vedi, non sono ancora morta!

Hai nostalgia dei momenti "italiani"?

Oh yes – absolutely! The years I lived in Italy were probably the best years of my life – so creative, full of love, fun, ideas, plans, dreams, laughter, good friends, good food. Assolutamente! Gli anni in cui vissi in Italia sono stati probabilmente i migliori della mia vita. Così creativi, pieni di amore, divertimento, idee, piani, sogni, risate, amici e buon cibo


Cosa fa, Marva, adesso ? Dove vive?

I live outside of Los Angeles, in a place called Hesperia, in the High Desert. I do a lot of writing, photography, design, editing. For a hobby I raise show cats (Oriental Shorthairs), I cook. I am also a professional cat behaviorist! At the moment I am in the middle of writing a book about the three years I spent living in Puerto Rico when I was a very young woman (before I went to Italy). And sometimes I also write songs – I would like to do more of that. Anyone interested?? Vivo appena fuori Los Angeles in un posto chiamato Hesperia, nel deserto (High Desert). Scrivo molto, faccio molte foto, design, editing. Per hobby coltivo gatti orientali, cucino [non i gatti, spero!, n.d.r]. Sono anche una professionista del comportamento felino. Al momento sto scrivendo un libro che tratta dei tre anni che ho vissuto a Puerto Rico quando era una ragazza (ancora prima di venire in Italia). E qualche volta scrivo canzoni. Mi piacerebbe scriverne di più. A qualcuno interessa??

Hai lavorato insieme ad altri cantanti italiani? La canzone di Marcella Bella OH OH OH! è la tua?

I remember her… Since you mentioned it, I went and looked and found an old copy of the lyrics I wrote for this song – hadn’t thought about it in so long, it was only a vague memory. But yes, I wrote it. Patty Pravo sang a song of mine that was originally titled, “Sometimes Man.” Ivan Graziani and I wrote the Italian lyrics and Nicoletta and RCA decided to call the Italian version, “Marva,” which was a bit embarrassing for me. But she did an unusual and beautiful interpretation of the song.

I actually collaborated for a long time with Battisti as he and Mogol wanted me to write the lyrics for Lucio’s first English album. So I went to stay at Lucio’s house for many days over several months’ time while we worked on the lyrics and he did provini with musicians (including Ivan Graziani, Patrick Djivas and Claudio Pascoli, a very talented flute and clarinet player) of these songs. Someone on the internet contacted me a couple of years ago and kindly sent me a CD of these songs – not sure how he got this. Anyway, on it you can certainly hear Lucio’s genius.

After doing the provini in Italy, Lucio and I went to California. We lived (in separate apartments of course) at the famous Chateau Marmont, where John Belushi had died the year before. Lucio and I were there for nine months – coming back home to Italy for occasional visits and Patrick also came to stay with me a couple of times there. At the end of all that work – and I think the lyrics were really good, really reflected both Mogol’s style and Lucio’s flare, Mogol was getting jealous of the enthusiasm and interest for the English lyrics by the US RCA people and by the producer, George Martin, and he decided I was getting too much attention. So he replaced me and they then completely re-wrote and changed the lyrics. But it was a fantastic time and experience, both, living at the Chateau Marmont, which was a legendary apartment hotel, and also working with the genius that was Lucio Battisti.

Back in Italy, I wrote English lyrics for the Banco del Mutuo Soccorso – not sure if these were ever recorded. I toured, singing with Mia Martini, with Mina on her “last” concert tour – singing back up vocals with those ladies. I did quite a few tours, opening for PFM, English rock groups, such as Tempest, did plenty of concerts all over Italy, sometimes as opening act, sometimes on my own. I collaborated on many Italian TV and radio jingles for commercials.

Mi ricordo di lei. Quando me l’hai ricordata sono andata a vedere ed ho trovato le parole di questa canzone (nell’album METAMORFOSI del 1974, n.d.r). Ne avevo un vago ricordo. Patty Pravo cantò una mia canzone che originariamente era intitolata SOMETIMES MAN. Ivan Graziani ed io scrivemmo le parole e la RCA e Patty la vollero chiamare MARVA. Che fu un pochino imbarazzante per me. Ma lei ne fece una bellissima interpretazione.

Collaborai anche con Lucio quando Mogol mi chiese di scrivergli i testi per il suo album in inglese. Così andai a stare a casa di Lucio per molti giorni mentre per mesi Lucio faceva provini di queste canzoni accompagnato da Ivan Graziani, Djivas e Claudio Pascoli (un talentuoso falutista e clarinettista). Qualcuno su internet mi contattò un paio di anni fa e mi mandò un cd di queste canzoni. Non so come fece ad averle. Comunque, da lì puoi evincere la genialità di Lucio.

Fatti i provini, Lucio ed io andammo in California. Abitavamo (in appartamento separati, naturalmente) al famoso Chateau Marmont dove John Belushi morì l’anno prima [in realtà Belushi morì nel 1982 e quel periodo era il 1977, n.d.r]. Lucio ed io stemmo lì per nove mesi, tornando in Italia per brevi visite e in quelle occasioni Patrick tornò con me un paio di volte. Alla fine del lavoro -e penso che i testi fossero molto buoni perché riflettevano sia lo stile di Mogol e la brillantezza di Lucio, Mogol fu colto da gelosia per l’entusiasmo che la RCA americana aveva per i testi inglesi e lui (Mogol) ed il produttore George Martin decisero di farmi fuori. Mi rimpiazzarono e fecero riscrivere completamente i testi [carino come sempre, Mogol! n.d.r]. Ma fu un’esperienza fantastica: insieme a Lucio, vivere al Chateau Marmont e lavorare con quel genio di Lucio Battisti!

Tornata in Italia, scrissi dei testi in inglese per il Banco ma non sono sicuro se li abbiano mai incisi. Andai in tournèe con Mia Martini, con Mina nel suo ultimo concerto, facevo la vocalist insieme ad altre donne. Feci un bel po’ di tour con la PFM, i Tempest, un gruppo rock inglese ed altre serate, qualche volta come supporter d’apertura altre per conto mio. Collaborai anche per parecchie televisioni e radio per jingles.

Beh, che dire? Un bel trascorso italiano, bellissime frequentazioni (una che alla fine non si è rivelata tale). Un bel periodo. Questa intervista sicuramente ci ha aiutati a conoscere molto di più su Marva Jan Marrow e a rivelarci alcuni retroscena su cantanti vari e su Lucio Battisti.

Grazie Marva! E chissà se qualcuno dei lettori dell’intervista, un giorno passando da quelle parti, non ti venga a trovare. Io di certo, si!

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Christian Calabrese