Intervista ad Alberto Testa
( a cura di Christian Calabrese )
Avevo quattordicianni e studiavo per diventare perito aeronautico. Studiavo anche un po’ musica e un po’ fisarmonica. Il mio sogno pero’ era quello di fare il cantante ma non cantavo molto bene. Negli spettacoli studenteschi venivo presentato come front-man ma non cantavo, fischiavo. Fischiavo benissimo, fra i denti, sorridendo. E piacevo alle ragazze. Poi, a sedici anni, sono partito volontario come paracadutista dell’aeronautica (un lancio solo ma da 300 metri). Gl inglesi mi catturarono con altri paracadutisti, tra i quali mio fratello Enrico di diciotto mesi piu’ grande di me. Gli inglesi ci regalarono agli americani e finimmo in prigionia nel Texas dove, nonostante lo sfinimento del lavoro forzato in fonderia, si faceva qualche spettacolo, Cantavo, suonavo la fisarmonica, fischiavo le canzoni italiane che mi ricordavo e quelle che mi scrivevo io. Anche li’ fortunatamente piacevo. Ma non c’erano ragazze. Cosa hai pensato/provato dopo aver visto la prima etichetta di un disco con su scritto il tuo nome e dopo il tuo primo successo? Il primo disco non me lo ricordo. Mi ricordo la prima stampa di quello che si chiamava ‘mandolino’: non volevo dire a mio padre che facevo una cosa poco seria come scrivere canzoni e cosi’ e’ stata pubblicata la musica di ‘Valentino’ (lanciata in radio dal Quartetto rRdar) con le seguenti scritte in copertina: Musica di Mario Bertolazzi – Parole di Santos (lo pseudonimo ‘Santos’ lo avevo scelto perche’ sono nato a Santos in Brasile) pero’ gli uffici SIAE lo hanno bocciato perche’ pare ci fosse un altro autore con quel nome e cosi’ sulla mia prima canzone... non c’ero. Il primo successo fu nel ’54 una canzone scritta su musica di Gigi Cichellero. Per il testo ho dovuto farmi aiutare da Danpa perche’ arrivato a meta’ non riuscivo a finirlo: era ‘La ragazza col Montgomery’ lanciata da Paolo Bacilieri. Puoi vedere la storia nel mio sito al sintagma ‘Un po’ di musica e un po’ di moda’. Nel 1956 eri in gara a Sanremo con una canzone intitolata IL CANTICO DEL CIELO cantata da Tonina Torrielli e se non sbaglio dovrebbe essere stato quello il tuo primo Festival. Che ricordi hai? Avevo avuto qualche piccolo risultato appunto con ‘La ragazza col montgomery’, ‘Valentino’, ‘T’amo e t’amero’’ lanciata da Natalino Otto... e cosi’ Carlo Alberto Rossi si fido’ ad affidarmi una sua musica. Il testo piacque a lui e alla commissione per Sanremo e cosi’ ho avuto la prima soddisfazione sanremese. Il festival si svolgeva ancora al teatro del casino’ di Sanremo e una delle giurie sparse in tutta italia presso le sedi RAI era invece li’ dentro il teatro. Ne facevano parte gli spettatori che avevano il biglietto del colore estratto a sorte subito prima dell’inizio della gara. Il mio biglietto era bianco. Fu estratto il bianco: mi fecero accomodare in giuria e – a distanza di piu’ di 50 anni, posso confessarlo – votai per ‘La vita e’ un paradiso di bugie’ che mi sembro’ la canzone piu’ bella del concorso. Onestamente devo dire anche che mi sarei vergognato moltissimo a votare per una cosa mia e che - comunque - un voto non avrebbe spostato le posizioni di classifica. Ho preferito avere la coscienza tranquilla. L’anno dopo, sempre a Sanremo, eri in gara con una canzone dal titolo UN SOGNO DI CRISTALLO cantata da Jula De Palma e Carla Boni. Ma fu eliminata. Essendo - all’epoca – Sanremo, una tappa molto importante per un autore (od un cantante), come prendesti questa esclusione? Si tratta di una delle mie migliori canzoni. Lo pensavo allora e lo penso adesso. Esecuzioni splendide. Avevo scommesso con Malgoni che la mia canzone sarebbe arrivata ultima mentre lui sosteneva che ultima sarebbe stata la sua: ‘Scusami’. La sua si piazzo’ al terzo posto e fu un buon successo. La mia mi fece vincere la scommessa: ultima, cioe’ diciannovesima perche’ quell’anno la commissione non aveva trovato venti canzoni degne di partecipare al festival… e si fermo’ a diciannove! L’esclusione dalla finale mi dispiacque ma tieni conto che proprio quell’anno diventai ‘socio’ della SIAE per merito delle canzoni abbastanza fortunate che avevo scritto nei primi cinque anni di appartenenza alla societa’ autori. D’altra parte la canzone – su una stupenda musica non facile di Pino Calvi – diceva: “L’amore e’ un sogno di cristallo che rende tutto limpido e piu’ bello... e’ fatto di musica e silenzio e’ un paradiso visto in trasparenza...” ...e altra roba cosi’! Non potevo pretendere. Ecco, di queste prime canzoni, magari un po’ più ingenue (perché figlie dei loro tempi) hai sentimenti di rigetto, come a dire “fanno parte di un periodo che non m’appartiene più” oppure hanno sempre un posto nei tuoi ricordi? Ho appena risposto! Le considero ottime e figlie dei ‘miei’ tempi, che magari erano un po’ anticipatini, casomai… Hai sempre scritto moltissimo. E si sa, quando si scrive molto, non sempre tutte le ciambelle riescono col buco. C’è addirittura chi scriveva due o tre canzoni al giorno (quasi sempre brutte) delle quali una la firmava solamente (giacchè poteva farlo dato che il padre era un pezzo grosso dell’industria fonografica). Ecco, tu come inquadri la tua “smisurata” produzione?
Com’è stato che ad un certo punto sei diventato anche cantante? E quanti dischi hai inciso? E qual è quello a cui sei più affezionato e quello che ha venduto di più? Dopo un bel po’ di successi come autore, ho tentato di approfittare della mia fortuna, tornando al mio primo amore: la professione del cantante. Volevo essere spiritoso e ironico. In realta’ non ho combinato niente di buono e ho abbandonato quasi subito. Sono affezionato a “Vestita di rosso” perche’ trovo che e’ una bellissima canzone anche adesso. Avrei dovuto cantarla io a Sanremo nel 1962 ma la mia casa discografica evidentemente non credeva molto in me e preferi’ lasciarla affidare ai bravissimi Fausto Cigliano e Mario Abbate. Loro fecero del loro meglio ma non era davvero la canzone per loro. Solo Marino Marini riusci’ a farla funzionare in giro per l’Europa con soddisfazione. La mia carriera fini’ li’ o forse con l’altro mio disco “Chiaro di luna a Paullo” per il quale ti prego di consultare il mio sito. Nel 1965 hai scritto una canzone bellissima che poi avrebbe partecipato (nel ’66) a Sanremo: per me è una delle più belle mai presentate ad un Festival: LA NOTTE DELL’ADDIO, resa superba dalla voce caldissima e sexy di Iva Zanicchi. Non ebbe grande successo: forse troppo raffinata ed elegante, forse troppo poco sanremese. Com’è nata e soprattutto (come potrei essere indotto a pensare) è nata proprio per la voce di Iva?
Adesso penserai “è la prima intervista che faccio alla quale non devo rispondere a domande sui miei successi”. Ma come dice Ron (imbeccato da Lucio Dalla) “raccontare dei successi… e dei fiaschi non parlarne mai” non credo dia un esatto ritratto della persona di cui si vuole raccontare qualcosa. Però è giusto e doveroso assecondare la vanità dell’intervistato; quindi rimaniamo al Sanremo 1966: IO TI DARO’ DI PIU’ e MAI MAI VALENTINA ebbero invece molto successo. Perfino Gaber, di solito “tenuto a distanza” dalle classifiche discografiche vendette molto bene e lo stesso Pat Boone, nel 1966 oramai una pretty-face decaduta , ritrovò un sussulto di notorietà. Quale di queste due canzoni ti piaceva di più, considerando che la prima è rimasta nel tempo mentre la seconda molto di meno? Io non paragonerei due canzoni tanto diverse e nate con intenzioni tanto diverse. ‘Io ti daro’ di più’ e’ la dichiarazione d’amore di una persona che se ne frega dell’amore che riceve perche’ e’ troppo convinta dell’amore che sta offrendo: una cosa totale che anche se finira’ male, non importa! L’importante per il protagonista non e’ essere amati ma amare! Ti diro’ che personalmente credo che essere amati, se non si ama, non serva assolutamente a darci “neppure l’ombra della sperata felicita’”… L’altra canzone invece e’ una dolce, ingenua, tenera dichiarazione di un uomo romantico in un momento romantico della propria vita, magari dopo tante batoste… a una giovane donna… non so… forse un inno alla purezza. Quel che so di certo e’ la grande professionalita’ del – come tu dici - ‘pretty-face decaduto’ Pat Boone. Il cantante, appena e’ sceso dal palco e’ venuto da me a scusarsi per aver sbagliato una parola del testo (italiano!). La piu’ breve vita di ‘Mai mai mai Valentina’ probabilmente deriva dal fatto che – giustamente – Gaber non l’ha piu’ cantata, perlomeno, non spesso, visto il cambio di genere… e Pat Boone e’ tornato in America! Invece Ornella e la stessa Berti hanno continuato ad eseguire ‘Io ti daro’ di piu’. Nel 1968, un Modugno in crisi, presentò insieme a Tony Renis, IL POSTO MIO, quella che io giudico la prima canzone del trittico : questa, GRANDE GRANDE GRANDE e NONOSTANTE LEI. Tutte e tre hanno nel testo e nella musica, delle analogie. Il/la protagonista che si arrende al partner o che si dichiara vinto/a con: amarezza ed un filo di speranza (NONOSTANTE LEI) con sottomissione (IL POSTO MIO) e con rabbia (GRANDE GRANDE GRANDE). Tutte accompagnate da una musica malinconica, ariosa e molto melodica. C’è un filo rosso che lega queste tre canzoni o sono venute, così, per caso? Tra l’altro, anche VORREI AVERTI NONOSTANTE TUTTO ha una tematica similare. ‘Nonostante lei’ e’ amara perche’ c’e’ anche la zampa di Mogol. ‘Vorrei averti nonostante tutto’ e’ pure un po’ amarognola perche’ c’e’ anche la zampa del carissimo e tenerissimo Virca (Virginio Capitini di Vigevano, paroliere di fiducia di Danilo Vaona)… le altre due, cioe’ ‘Il posto mio’ e ‘Grande grande grande’ sono talmente mie che ci sono dentro totalmente, nel bene e nel male. Quello che penso delle reazioni sia femminili che maschili nei rapporti d’amore e’ proprio dentro quelle due canzoni. Il filo rosso sono io perche’ - come sai - un autore scrive sempre lo stesso libro, la stessa canzone… lo stesso piccolo-grande niente che ha dentro di se’! GRANDE GRANDE GRANDE, QUANDO QUANDO QUANDO, FRIN FRIN FRIN: tre volte la stessa parola nel titolo. Cos’è, scaramanzia o paura che la gente, al momento dell’acquisto del disco, si scordi il nome della canzone? Nessuna scaramanzia ma ogni tanto mi piace ripetere. Avevo fatto per Bertolazzi ‘Pero’ pero’ pero’’ nel 1954(?), Mai mai mai Valentina per Gene Colonnello, ‘Cara cara’ per Cozzoli, ‘E e e e’ per Augusto Martelli… SONO UNA DONNA NON SONO UNA SANTA, una canzone che nella finalissima di Canzonissima del 6 gennaio 1972 fu considerata la più “trash” (all’epoca non usava questa parola) insieme a LA COSA PIU’ BELLA di Claudio Villa. E che condizionò moltissimo la carriera della povera Rosanna Fratello , prigioniera per sempre di questa canzone. E anche un po’ contraddittoria, se vogliamo: da NON SONO MADDALENA a SONO UNA DONNA NON SONO UNA SANTA è un bel passo indietro! Per di più ci fu chi scrisse che la canzone era molto demagogica e che rappresentava un Sud arretrato, che all’epoca s’era già smarcato da questi tabù ancestrali. Maddalena e la non-santa sono la stessa persona con la stessa mentalita’. La prima – gia’ sposata – dice “non lasciarmi troppo da sola, con la scusa che pensi che sono una santa…”, la non-santa dice “non mettermi troppo in tentazione proprio adesso che stiamo per sposarci… poi magari mi convinci e mi metti nelle grane! Lo sai che cavolo di famiglia ho io! Tutti addosso a controllarmi!”… quella che definisci la “povera” Rosanna Fratello ha sempre ringraziato me e Sciorilli per il successo trionfale che la canzone le ha procurato. Anche Giorgio Calabrese all’epoca mi ha accusato di avere scritto una canzone retrograda… ma le canzoni si scrivono e si scrivevano non solo per gli adolescenti! Si scrivono e si scrivevano per tutti! E allora io domanderei alle famiglie che hanno giovani figlie adesso… nel 2008… non nel 1972… cosa pensano dei rapporti sessuali dei giovani… poi tornerei col pensiero a 36 anni fa! Ora non rincorrermi con una scopa: CUORE PELLEGRINO di Mino Reitano. La classica “marchetta”? Non ricordo di aver fatto “marchette” oltre alle traduzioni a pagamento, fatte in serie per canzoni che venivano solo stampate obbligatoriamente dagli editori italiani che avevano cataloghi stranieri in esclusiva. Tutto il resto l’ho fatto perche’ mi piaceva farlo, perche’ volevo farlo, perche’ mi divertiva farlo, perche’ dovevo farlo, perche’ se avessi detto di no qualcuno ci avrebbe sofferto… e cosi’ via. Per Mino Reitano ho scritto con amore e amicizia perche’ riconosco che nella sua semplicita’ e’ un artista popolare di valore. Gli ho voluto e gli voglio bene anche se gli incontri di lavoro non sono frequenti. Quando lavoro per lui tengo conto della sua mentalita’ e tento di fare in modo che quel che canta abbia credibilita’ presso il suo pubblico. Chi non lo conosce non ha idea dello spirito e dell’anima che mette in ogni sua opera. Parliamo di una persona veramente a modo che conosci bene, che non ha avuto la fortuna che meritava e che sebbene abbia scritto belle canzoni rimaste nella storia della musica italiana, quasi non gliene viene riconosciuto il merito. Lui è Memo Remigi: cos’ha che non ha mai veramente funzionato in lui per quel che riguarda il successo di pubblico? Troppo milanese? Poco appeal? Troppo perbene ed educato? Non aveva le physique du rôle?
Hai scritto delle sigle che hanno venduto molto, come CICALE, L’ARIA DEL SABATO SERA, DISCO BAMBINA. Canzoni che hanno acceso la fantasia soprattutto di tanti bambini. Che ricordo hai di questi successi?
Il primo ricordo che ho di ‘Disco bambina’ e ‘L’aria del sabato sera’ e’ che i testi sono merito soprattutto del co-autore Giorgio Calabrese. Per quanto riguarda ‘Cicale’ – scritta davvero da me in toto - c’e’ una storia che racconto volentieri. Se non ti dispiace pero’ te la racconto come e’ pubblicata sul mio sito: Era un periodo in cui le sigle andavano tantissimo e c’erano interpreti giuste e convincenti. Siamo in un'altra epoca, gli anni ottanta. Gli autori classici cominciano a diradare la loro produzione perché quasi tutti i cantanti si scoprono anche autori. Allora ci si rivolge sempre ad una “clientela” affezionata oppure si ripiega sulla tv, che fino ad allora era considerata per un autore di canzoni, quasi un secondo lavoro. Nei ’90 è quasi la prassi. Tra l’altro abbiamo delle frequentazioni televisive comuni; ci siamo trovati fianco a fianco in SCOMMETTIAMO CHE, PROVE E PROVINI DI SCOMMETTIAMO CHE, PAPAVERI E PAPERE, MILLE LIRE AL MESE. Per quel che mi riguarda, non ho un bel ricordo di quel periodo. Nel senso, mi piaceva il 10% della gente con cui dovevo lavorare e nonostante la mia giovanissima età mi sentivo già un sopravvissuto perché ero abituato – da bambino e da più grande - ad andare su set televisivi di ben altro spessore ed importanza. E quell’importanza (che la sentivi a pelle) dietro le quinte di trasmissioni come FANTASTICO, DOMENICA IN, SERATA D’ONORE fino ad arrivare ad EUROPA EUROPA in quei giorni (1991-1996) già era smorzata. Sei d’accordo con queste due analisi (decadenza della canzone in generale e della tv del periodo?)
Negli anni ’90 le cose andavano peggiorando fino ad esaurirsi in questi ultimi anni, dove la canzone così com’era vista e vissuta fino a qualche tempo prima praticamente non esiste più, dove l’Hit Parade non ha ragione di esistere perché i dischi non si vendono neanche a tirarteli appresso e dove i singoli sono stati sostituiti dalle suonerie per i cellulari !!! Cioè, la rilevazione dei dati di vendita si fa attraverso il download per la Vodafone, la Tim etc. Che ne pensi di tutto questo? Credo di aver gia’ risposto qui sopra… E cosa ne pensi di internet per ciò che concerne la musica? La musica su internet non viene diffusa con la qualita’ che la buona musica registrata dovrebbe avere. Scaricare da internet lo ritengo utile per motivi professionali ma non per la beatitudine dell’ascolto. Siamo arrivati alla fine: spero che questa intervista sia stata un po’ diversa dalla solite alle quali sei abituato. Mi ha fatto molto piacere fartela perché – tornando alle nostre frequentazioni tv – sei stata la prima persona che in un ambiente lavorativo mi ha visto con occhi diversi, che non ha visto in me solo il “ragazzetto” di vent’anni in un posto forse troppo grande per lui, che mi ha trattato da uomo, facendomi capire ed insegnandomi tante piccole cose (tipo quando quella volta la Vanoni a MILLE LIRE AL MESE creò uno psicodramma con Guardì e Ferrio e stemmo fino alle due al Delle Vittorie!) Non mi ricordavo lo “psicodramma” vanoniano. Forse mi sentivo anch’io un ragazzetto non ancora cresciuto! In quanto alle interviste, me ne hanno fatte talmente poche che davvero non ricordo come erano. So soltanto - perche’ e’ cosa veramente recentissima – che in occasione dei 50 anni di carriera di Mina e del mio contemporaneo compleanno, mi e’ stato chiesto come ha reagito Mina alla notizia della morte del marito (separato o divorziato ma pur sempre padre di Benedetta…) travolto da un’auto negli Stati Uniti. Per non scendere sul loro piano, non ce li ho mandati (gli autori) e agli innocenti o rassegnati conduttori ho risposto che Mina e’ un’ottima cantante per la quale ho lavorato – e lavorerei ancora - con amore, fingendo di non aver capito la domanda. Detto questo, ti saluto e vorrei che dicessi qualcosa al nostro (ben nutrito) pubblico sempre onnivoro di fatti salienti alla musica italiana d’alto livello. Cari amici di Chris e – spero – amici miei (non obbligatoriamente con le mie stesse idee) , spero che nella canzone italiana continuiate a cercare buona musica, possibilmente originale… e testi che dicano davvero qualcosa come quelli di Paoli e Ligabue, di De Andre’ e Vasco, di Tenco e Dalla e Daniele e i Negramaro e chi volete voi… ma semplici, popolari e universali. Volendo, ce n’e’ di roba buona!
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